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::: NEANCHE LA MORTE :::

- STORIA E ANALISI DELLA RESURREZIONE DI UN MITO -

(dalla Xena Warrior princess Subtext Virtual Seasons)

di A.Scaglioni

POMPEII (seconda parte)

La vista che si presenta a Xena e Olimpia non pare di primo acchito giustificare né lo sguardo preoccupato della guerriera né la gioia smodata di Loos, si tratta in fondo solo di una nuvola che sembra essersi posizionata sulla cima del Monte Vesuvio e quindi Olimpia non riesce a capire la ragione di tutta quell'agitazione, e quando Xena la esorta a prepararsi ad andarsene il più velocemente possibile da lì, pretende una spiegazione dalla compagna, e questa le risponde che il Vesuvio non è affatto un monte, ma un vulcano e che la nuvola sulla cima altro non è che il fumo che si leva dal magma incandescente nel suo interno.

XENA: Questo non è uno scherzo, Olimpia. Ho assistito a qualcosa di molto simile durante il mio soggiorno in Cina.
OLIMPIA: Che accadde?
XENA: La cima del vulcano saltò per aria in un'immensa esplosione. Non avevo mai visto niente del genere. La terra tremò sotto i nostri piedi per la violenza del colpo. Schizzi di liquido incandescente, più alti del Monte Olimpo volarono nel cielo, per poi scendere lungo i lati del vulcano come un fiume di fuoco che uccideva tutto quello che toccava. Una soffocante cenere nera cadeva come una tormenta, mutando il giorno nella notte più oscura. Morirono a migliaia davanti ai miei occhi, consumati da un ondata di fuoco e cenere.

La descrizione di Xena è sufficiente a far comprendere ad Olimpia la gravità della situazione e la necessità immediata di avvertire al più presto la popolazione di ciò che sta per avvenire. Trascinato via insieme a loro, il farneticante Loos che vorrebbe invece lasciare Pompei e tutti i suoi abitanti al loro destino, Xena e Olimpia si dirigono di corsa verso il centro della città che è già nel caos, perché gli animali presentendo il pericolo sono impazziti dal terrore, ribellandosi ai loro padroni e dandosi alla fuga, ma i placidi Pompeiani, che stanno appena risvegliandosi dai bagordi della sera precedente non vogliono invece prendere atto della situazione e preferiscono pensare che le due donne siano a loro volta uscite di senno a forza di frequentare il loro amico. Anche Marcella Flavia, tranquillamente intenta ai preparativi per l'apertura del locale, all'inizio non crede ad Olimpia, lasciandosi alla fine convincere solo per farla contenta, ma rifiutandosi di andarsene senza i suoi ritratti e le opere dei grandi poeti che ha appesi alle pareti. Xena raggiunge Olimpia, proprio mentre questa è impegnata ad aiutare l'amica a caricare la sua roba, ma in quel momento una fortissima scossa di terremoto, manda tutte a gambe all'aria e il soffitto del locale crolla su di loro. Miracolosamente illese le tre donne cercano di riprendersi, ma la loro attenzione è attirata da quella che potrebbe sembrare un'improvvisa nevicata, ma che immediatamente si rivela per una massiccia scarica di cenere che dalla cima del vulcano si sta progressivamente allargando su tutta la città, insieme a pezzi di roccia che come grandine cadono dall'alto in raffiche continue. Xena ordina a Marcella Flavia di procurare quattro cuscini, tre per loro ed uno per Loos, che li proteggeranno dalla caduta dei sassi. Intanto, nella città la gente ha finalmente capito le dimensioni del pericolo e per le strade si registrano autentiche scene di panico, con persone anziane o disabili, travolte nella fuga di massa verso il porto. Nel tragitto, Xena e Olimpia, tra il tentativo di proteggersi dai detriti che continuano a cadere e quello di tenere sotto controllo il sempre più folle Loos, fanno del loro meglio per cercare di trarre in salvo il maggior numero di persone. Una donna anziana le implora di salvare suo marito che non è in grado di camminare, e Xena affidatala a Olimpia, entra nella casa costringendo Loos a seguirla per darle una mano a prendere il vecchio, ma questi si rifiuta di aiutare il poveretto affermando che è stato Dio a condannarlo. Troppo disgustata anche per rispondergli ("E' questo che ti ha insegnato Evi sulla Via dell'Amore?"), Xena prende il vecchio in braccio ed esce di corsa dalla casa. Riunitasi di nuovo ad Olimpia e agli altri, Xena guida il gruppetto verso l'uscita della città, quando un boato alle loro spalle la spinge a voltarsi e guardare il vulcano e ciò che vede concretizza i suoi peggiori timori. La cima stessa è crollata all'interno della montagna, provocando la fuoriuscita di un'enorme massa di cenere e lapilli che stanno precipitando verso di loro a velocità impressionante. Con un urlo di avvertimento, Xena spinge tutti in uno stretto vicolo, ma Loos ormai completamente fuori di sé, resta immobile ad osservare la valanga che è ormai quasi su di loro e per lui non c'è più niente da fare, mentre con sguardo estatico rimane a guardare in faccia la sua morte ("La Mano di Dio! E' belliss..."). Xena, dopo aver praticamente spinto nel punto più riparato del vicolo Marcella Flavia e l'anziana coppia, si è attaccata ad Olimpia per impedirle di correre in un inutile soccorso di Loos, e stringe tra le braccia con tutte le sue forze la sua sposa, aspettando il passaggio dell'ondata scura o la loro morte. L'ondata passa come è arrivata, lasciando dietro di sé spaventosi miasmi di gas tossico che quasi costano la vita al vecchio, ma una volta superata la crisi respiratoria e accertatasi che tutti stiano più o meno bene, il gruppo esce dal suo riparo, quando la temperatura dell'aria è nuovamente accettabile, per trovarsi davanti ad una vista incredibile. Tutti coloro che si trovavano sulla strada all'arrivo dell'ondata sono ora diventati delle statue di pietra, completamente coperti da cenere ormai solidificatasi su di loro e ancora rovente, ma lo spettacolo più agghiacciante è costituito da ciò che resta di Loos. L'uomo è rimasto in piedi con le braccia levate al cielo come un monumento ideale alla sua follia.

OLIMPIA: Oh, Loos... Perché?
XENA: Per arroganza. Presunzione. Sicurezza ipocrita delle proprie azioni.
OLIMPIA(riflettendo): Credo di sentirmi più a mio agio pensando che l'urgenza della sua ricerca lo abbia spinto oltre il limite.
XENA: Può essere in parte vero.
OLIMPIA: Bene. Allora è così che lo ricorderò. Nel modo migliore.

Ma non c'è tempo per piangere nessuno, l'enorme nube nera che nasce dal vulcano sta rapidamente oscurando il cielo, e giunte al porto insieme a molti altri cittadini in fuga, Xena e Olimpia si mettono alla ricerca di un mezzo per andarsene. Presente sul molo vi è la grande nave, comandata da Plinio il Vecchio, una conoscenza di Xena (di cui però non eravamo al corrente) che è felice di rivederla, ma incredibilmente, l'uomo sembra non rendersi conto della gravità della situazione ed afferma che a causa delle avverse condizioni atmosferiche, si fermerà lì fino al giorno dopo per portare poi in salvo con calma la popolazione. Inutilmente, Xena cerca di fargli capire che le "avverse condizioni" non sono provocate dai venti, ma dalle scosse telluriche sottomarine che l'eruzione vulcanica sta provocando, troppo convinto da sue passate esperienze in materia, Plinio resta irremovibile e parte verso l'entroterra dove conta di fermarsi per la notte da amici. Scuotendo la testa davanti ad una simile decisione che rappresenta una condanna a morte, Xena e Olimpia riprendono la ricerca di una nave che possa portarle via di lì, ed alla fine aiutandosi con le torce per l'oscurità che ormai regna quasi totalmente, riescono ad individuarne una, ma l'imbarcazione, piccola e a remi, non può ospitare più di venti, venticinque persone contro le cinquanta e più a cui si è allargato il loro gruppo. Xena carica a bordo anziani, donne e bambini, costringendo gli altri a tirare a sorte i pochi posti rimasti, senza esitare a calmare i più esagitati con metodi bruschi, quindi a pieno carico, parte dirigendosi a Micenum, il luogo più lontano dalla catastrofe cui possano pensare di arrivare in quelle condizioni. Ma, una volta al largo, onde altissime sballottano la barca e occupati a remare in modo da non rovesciarsi, gli occupanti si accorgono troppo tardi di una nave che emerge improvvisamente dalle tenebre circostanti, speronandoli. L'ultima sensazione di Olimpia, prima di perdere i sensi, è il corpo di Xena stretto al suo, per impedirle di cadere in mare. E' ormai giorno, sulla spiaggia di Micenum, quando la ragazza torna in sé in mezzo agli altri naufraghi che stannno lentamente riprendendosi, ma il suo cuore ha un sobbalzo quando si accorge che tra loro non c'è Xena. Anche Marcella Flavia che giace vicino a lei non sa dove sia. Ricorda solo che la guerriera le ha salvato la vita portandola a riva. Disperata, Olimpia comincia a cercarla e finalmente la scorge, lacera e ferita, mentre trascina a riva dei corpi, quelli dei due anziani che avevano portato in salvo da Pompei. Adagiati i due cadaveri, l'uno accanto all'altro, senza più energie, Xena crolla a sedere sulla sabbia, mentre Olimpia le si avvicina, inginocchiandosi accanto a lei e passandole un braccio intorno alla schiena.

XENA(con voce roca): Non ho potuto salvarli. Io... Lui non poteva nuotare, e lei... lei non ha voluto lasciarlo. Ho cercato di trascinarla via, di raggiungere lui, ma... C'era un bambino e quando io... quando sono tornata, era annegata.

Tendendosi verso di lei, Olimpia le accarezza i capelli bagnati, e appoggia il mento sulla sua spalla.

OLIMPIA(dolcemente): Hai fatto tutto ciò che potevi. Nessuno avrebbe potuto fare di più.
XENA: Io avrei potuto. Avrei potuto impegnarmi di più. Io...
OLIMPIA: No. No, ascoltami. Io so cosa hai fatto. Così come lo sa Marcella Flavia. E tutte quelle altre persone. (indicando uomini, donne e bambini che stanno tornando alla coscienza intorno a loro) Tu le hai salvate, Xena. Hai salvato me. Saremmo morti senza di te. E lo sai.
XENA: No. Io...

Olimpia osserva l'anziana coppia. La loro espressione, nella morte, è serena.

OLIMPIA: Guardali. Sono morti, sì. Ma sono morti insieme. E' quello che avrebbero voluto. E' quello che vorrei io. (Sorridendo, prende il viso di Xena e lo volta verso il suo.) Hai fatto più di quanto chiunque altro avrebbe mai potuto sperare, e io ti amo. (Aprendo le braccia, vi accoglie Xena, lasciando che la guerriera le appoggi la testa sulla spalla, e stringendola forte.) Io ti amo.

Dietro di loro, le onde s'infrangono sulla spiaggia, mentre in lontananza è ancora visibile il pennacchio nero di fumo e cenere che sale dal Vesuvio. Più tardi, mentre il sole tramonta, dipingendo le ceneri ancora presenti nell'aria di una moltitudine di splendidi colori, Xena e Olimpia, dall'alto di una collina osservano Pompei e il vulcano, ormai tornato in apparenza la pacifica montagna che tutti amavano e nessuno temeva. La città appare come pietrificata, una immensa tomba per i morti che contiene nelle sue strade e nei suoi palazzi, immersa in un eterno silenzio. A poca distanza da loro, Plinio il Giovane, il nipote dell'uomo che avevano incontrato, sta componendo su una pergamena un epitaffio per il suo defunto zio.

OLIMPIA: Credi che tornerà mai più nessuno a Pompei?
XENA: Ne dubito. La gente dice che la città sia maledetta, e con un mostro del genere che vi incombe sopra, non la biasimo.
OLIMPIA: Forse. (Un piacevole silenzio cade tra loro. Poi...) Xena?
XENA: Mmh?
OLIMPIA: Pensi che un giorno forse, tra molto tempo, qualcuno possa venire qui e chiedersi cosa sia successo?
XENA(riflettendo): Può darsi. Ma se lo faranno, non credo che dovranno chiedersi alcunché.
OLIMPIA: Perché dici così?
XENA(scrollando la spalle): Perchè con bardi come te, e come Plinio laggiù, che danno voce alla storia, penso che sapranno già cosa successe a Pompei ed al suo popolo.

Sorridendo, Olimpia la stringe a sè con un braccio, poi torna a sedersi per osservare la vista del tramonto su Pompei.

OLIMPIA: E' davvero bellissima.
XENA(guardando lei col vento tra i capelli): Davvero bellissima.

PS: Nel corso della sua lunga saga, Xena si è trovata direttamente o indirettamente coinvolta in molti momenti topici della storia (in alcuni casi, violentando un po' la cronologia ufficiale così come ci è stata insegnata, ma in fondo che importa?). Due esempi sono il già citatissimo "One Against An Army", terza stagione, in cui viene "riletta" la battaglia delle Termopili, e "A Good Day" ("Xena e la battaglia di Farsalo"), quarta stagione, che vede l'inserimento di Xena nello scontro tra Cesare e Pompeo a Farsalo. Tra i tanti avvenimenti, mancava sicuramente forse la più straordinaria catastrofe che le antiche cronache ci abbiano tramandato: la distruzione di Pompei. Il cinema fin quasi dalle sue origini ne è stato affascinato, per il modo repentino in cui in poche ore, una delle città più ricche e ben frequentate dell'epoca, fu spazzata via dall'eruzione del Vesuvio, e si è spesso sbizzarrito nel mostrarci con dovizia di particolari la morte orribile che si abbatté sui suoi abitanti in quel giorno d'estate del 79 d.C. Quindi non è certo mancata la materia a coloro che hanno utilizzato quel palcoscenico per raccontare le loro storie come, appunto nel nostro caso, Sue Beck che firma questo doppio episodio, partendo come abbiamo già visto, da una storia pre-esistente di DJWP. L'autrice riesce in parte a ricreare soprattutto in questa seconda parte la tensione del romanzo originale, anche se per ovvie ragioni deve semplificare molto la trama (mancano qui molti personaggi le cui storie parallele giungono al loro tragico epilogo contemporaneamente, tra i miasmi tossici e le cascate di cenere rovente dell'eruzione, e che DJWP ci fa rivivere con grande abilità e forza di suggestione in "Seven Days in Pompeii"), e la scena finale, che ci rimanda invece con la memoria alla conclusione di "Tsunami", uno dei migliori episodi della terza stagione, è estremamente efficace e ben "diretta". Bellissimo anche il momento in cui la figura di Loos, classico sterotipo del fanatismo religioso che confina con la follia, incontra la sua fine, destinato a restare per sempre immobilizzato nella morte come in perenne estasi di fronte alla maestosità della forza della natura che lui interpreta come "la mano di Dio". Meno convincente invece, l'inserimento nella vicenda, di Plinio il Vecchio (prefetto romano che veramente trovò la morte a Pompei), non tanto per il personaggio in sé, quanto perché non trovo molto credibile che con la sua grande nave a disposizione, una come Xena, avrebbe trascurato la possibilità di impadronirsene con qualunque mezzo pur di portare in salvo quanta più gente fosse possibile.


WATER, WATER EVERYWHERE

Come abbiamo già visto in passato, il rapporto tra le nostre due protagoniste e il mare è decisamente problematico. A prescindere dal mal di mare, ormai cronico credo di Olimpia, non c'è traversata lunga o corta che non porti con sé dei guai per loro, e infatti, all'inizio di questo episodio (presumibilmente di ritorno dalla loro "vacanza" a Pompei, ma non è specificato), le ritroviamo vittime dell'ennesimo naufragio sulle coste di un isola non identificata. Due uomini le trovano distese sulla spiaggia, ferite e prive di conoscenza e senza esitare le portano con loro. Le due donne si risvegliano, abbastanza confuse, l'una accanto all'altra in un ambiente che non può che aumentare la loro confusione. Sembra infatti pervaso di una strana luminescenza bluastra di dubbia provenienza, e come se non bastasse, entrambe sembrano aver subito prime cure con degli strani bendaggi autoadesivi, mai visti prima. I loro vestiti e le loro armi sono spariti, ma in compenso, i loro misteriosi salvatori sembrano intenzionati a rimetterle rapidamente in forma, vista la tavola riccamente imbandita preparata evidentemente per il loro risveglio. Coprendosi alla meglio i corpi nudi con le coperte del letto su cui si sono risvegliate, Xena e Olimpia decidono di rifocillarsi, in attesa di capire meglio cosa stia succedendo e dove si trovino. Intanto, però, a loro insaputa ogni loro mossa è tenuta sotto stretta sorveglianza su schermo da un gruppetto di persone, uomini e donne, sedute intorno ad un tavolo in una grande sala. C'è un vivace dibattito in corso, infatti l'arrivo delle due donne, che loro definiscono come "quelle di sopra", ha gettato lo scompiglio tra di loro. Le loro regole di rispetto per ogni vita li obbligano a prestare soccorso a due esseri umani in pericolo, ma il timore che l'esistenza del loro popolo venga diffusa li obbliga altrettanto a costringerle a rimanere nella loro città. Ma prima di pensare a sistemi coercitori di qualunque genere, prevale l'opinione della maggioranza di provare a persuaderle con le buone, mostrando loro le ricchezze e i progressi tecnologici che la loro civiltà può offrire. Così tre membri del consiglio, Vera, Soteres e Gedeone, comandante in capo dell'esercito, si recano dalle due donne ancora un po' perplesse, presentandosi come rappresentanti del governo della città di Atlantide (proprio così, il continente sommerso, non mi direte che non l'avevate ancora immaginato, vero?) e riconsegnando loro gli indumenti, puliti e stirati, fanno chiaramente capire che tratterranno per il momento le loro armi, finché almeno non avranno ottenuto il loro assenso a rimanere in quel luogo. La proposta non viene accolta evidentemente con entusiasmo dalle ospiti, ma i tre le invitano a fare un giro per il loro mondo prima di giudicarli. Per guadagnare tempo e studiare un modo per andarsene, Xena e Olimpia accettano di seguirli. Come spiegano le loro guide, il popolo sottomarino una volta aveva provato ad unirsi a quello di superficie, ma il timore che "quelli di sopra" cercassero d'impadronirsi delle loro tecnologie per la guerra, aveva indotto i loro antenati a cercare rifugio sotto il mare e ad evitare ogni ulteriore contatto tra le due civiltà. E lo spettacolo che si presenta davanti ai loro occhi è davvero inusuale: la città che si estende a perdita d'occhio è completamente coperta da una cupola trasparente che le permette di vivere sott'acqua senza alcun disagio; inoltre l'illuminazione artificiale è fornita dall'acqua stessa con un procedimento simile a quello delle moderne centrali idroelettriche, gli ospedali dispongono di tecnologie di gran lunga più avanzate di quelli presenti sulla superficie e un sistema di trasmissione a cristalli ottici permette di tenere costantemente sotto controllo la situazione in ogni stanza (stesso sistema utilizzato per controllare loro due precedentemente). I cristalli ottici sono ricavati dal fondo del mare da personale specializzato e adeguatamente equipaggiato per la ricerca e lo scavo a grandi profondità. Insomma il mondo in cui viene offerto loro di vivere è sicuramente affascinante, ma anche solo l'idea di essere prigioniera, sia pur in una prigione dorata, non sorride affatto a Xena, ed una volta sole le due compagne cercano di fare il punto della situazione.

OLIMPIA: D'accordo... Xena, ma vivere qui è davvero peggio che morire?
XENA: Sì.
OLIMPIA: Ma pensa quanto è confortevole la vita quaggiù. Le case sono riscaldate senza bisogno di fuoco. Hanno acqua calda e fredda a volontà...
XENA: Buon per loro.
OLIMPIA: Hanno un sistema fognario...
XENA. I Romani hanno un sistema fognario. Guarda dove li ha portati.
OLIMPIA: Ti sei mai fermata a pensare che dopo tutto ciò che ci è capitato recentemente forse è il modo per qualcuno di dirci di rallentare?
XENA(sospirando e sedendosi accanto a lei): Forse. E io vorrei rallentare. Ma non qui.

Tuttavia riuscire a fuggire da Atlantide non sarà facile, ma come si dice le vie della provvidenza sono misteriose ed infinite, e quella sera, in giro per le strade, Xena e Olimpia s'imbattono in un gruppo di uomini che equivocando la loro richiesta d'informazioni, cercando di allungare le mani dove non dovrebbero. Ne consegue che ad "allungare le mani" sono invece proprio le nostre che con una mirabile sincronia operano in coppia la classica "stretta" alla gola di due degli sventurati molestatori, per essere poi subito dopo però raggiunte da Gedeone che le arresta per aggressione. Trasferite nel carcere cittadino (che come tutto il resto è molto più confortevole di qualsiasi altro), Xena e Olimpia ricevono la visita del loro avvocato incaricato d'ufficio di difenderle. L'impresa appare subito complicata e quindi quando in tribunale il giudice propone una pena ridotta ad un solo anno di lavoro nelle miniere di cristalli ottici, l'avvocato le consiglia di accettare e pochi giorni dopo le due donne vengono trasferite alle miniere. Ma qui hanno la sorpresa di scoprire che probabilmente non dovranno lambiccarsi troppo il cervello per trovare un modo di tornare a casa, dato che il caposquadra che dovrebbe sorvegliarle in realtà ha sentito parlare di loro, e ha deciso di organizzare la loro fuga "perché lassù hanno molto più bisogno di voi" e, riconsegnate loro armi ed indumenti spiega come con l'ausilio di ciò che assomiglia in tutto e per tutto ad una muta da sommozzatori potranno farsi trasportare dalle forti correnti sotterranee fino ad una caverna dove potranno sbarazzarsi delle pesanti maschere e respiratori per attrezzarsi per l'ultima parte del viaggio che le riporterà in superficie. Seguendo le istruzioni, Xena e Olimpia raggiungono la caverna da dove è già visibile il foro da dove dovranno lanciarsi per riemergere nel loro mondo, e qui trovano degli oggetti che possono essere descritti solo come moderne tavole da surf , grazie alle quali sperimentando con grande divertimento questo inedito modo di viaggiare con un salto impressionante atterrano pochi momenti dopo su un campo all'aperto dove finalmente possono riposare, nella speranza di non sentir mai più parlare di Atlantide, neanche nei versi di un rinomato bardo che si esibisce quella sera nella locanda in cui hanno trovato alloggio, perché quella storia loro "l'hanno già sentita".

PS: Se seguendo questa mia disamina della SVS vi siete fatti l'idea che i miei episodi preferiti siano individuabili dallo spazio che concedo loro e quindi per logica che quelli che liquido più in fretta siano quelli che mi piacciono di meno, diciamo subito che non è vero (beh, non del tutto, almeno). Ad esempio, "Beau & Arrow" della settima stagione, a cui ho concesso obiettivamente poco spazio, è in realtà un episodio piacevolissimo, ma difficile da riassumere perché ciò che vi accade non ha una trama lineare a cui fare riferimento e s'incentra essenzialmente sugli scherzi che Xena e Olimpia si fanno l'un l'altra nel corso della storia. Mentre in altri casi, può essere capitato che un episodio non mi entusiasmasse, ma magari poteva contare su uno sviluppo di trama che permetteva un riassunto più dettagliato. Per cui io ho sempre cercato di attenermi a quello che è lo scopo principale di questo lavoro: quello cioè di narrare il seguito della saga di Xena e Olimpia, partendo dalla fine della serie tv, il più fedelmente possibile senza lasciarmi condizionare da gusti personali (anche perché non è detto che ciò che non piace a me non possa piacere ad altri) e lasciando ai soli post scriptum finali il compito di esprimere eventuali giudizi in merito. Ma l'eccezione che conferma la regola potrebbe essere proprio questo "Water, Water Everywhere". La trama, forse più adatta a qualche episodio di Hercules che non di Xena, (non a caso l'ultimo episodio della terza stagione della serie sul semidio s'intitola proprio "Atlantis", "Hercules e l'isola di Atlantide"), esula dal filo narrativo della saga, trasporta Xena e Olimpia in un ambiente totalmente estraneo, anche se potenzialmente intrigante, se vogliamo, che le porta a contatto con una civilta molto più avanzata della loro, ma poi non sfrutta le possibilità della storia, concentrandosi sulla loro fuga, risolta per altro in maniera abbastanza estemporanea e semplicistica, con l'unico elemento divertente costituito dall'utilizzo delle tavole da surf , ma anche questo appena accennato. Insomma non vorrei sembrare troppo critico con questo episodio in particolare, in fondo elementi discutibili nella serie sono rintracciabili in molti altri episodi sia televisivi che on web (anche in alcuni sui quali mi sono profuso in elogi), e dopotutto la storia si lascia seguire senza lode né infamia, ma ad essere sincero devo ammettere, anche a causa probabilmente degli alti livelli a cui la SVS ci ha abituati, che lo trovo un po' troppo sotto la media. Inoltre devo segnalare un'incongruenza abbastanza grave per uno staff generalmente sempre molto attento alle logiche interne della saga: appena due episodi fa, nella prima parte di "Pompeii", l'agenzia di viaggi Felafel, pubblicizzava una crociera ad Atlantide, sottintendendo che l'isola non fosse ancora affondata e con buona pace di ogni presunta segretezza. Anche se la prendiamo solo come una battuta, costituisce comunque un elemento di disturbo in più per poter giudicare questo episodio un mezzo incidente di percorso.







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