EPISODIO N. 6
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di Xandrella

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Capitolo 5 – Segreti e bugie

 

Quando spinse delicatamente la porta chiedendo permesso, si accorse che era solo accostata ed entrò in punta di piedi.

Iolaosono Xena… c’è nessuno? -  avanzò lentamente nel corridoio e poi nella cucina dove vide il compagno di avventure di Hercules seduto al tavolo a capo chino con lo sguardo assente.

- Iolao! … Stai bene? – rimase immobile accanto a lui aspettando una reazione. La casa era avvolta nella semioscurità nonostante la bella giornata di sole e sentiva un debole lamento provenire dalla camera da letto.

- Xena… sei proprio tu? – La fissò con gli occhi pieni di lacrime e lo sguardo stanco.

- Che ti succede? Hai bisogno di aiuto? Perché siete al buio? –

- Stanotte una guardia è venuta a svegliarci per darci cattive notizie di Stenelo e … sono rimasto qui fino al tuo arrivo. – chinò nuovamente lo sguardo in un punto non definito del tavolo vinto dal dolore.

- …Anch’io vengo per lui. E’ al ricovero qui a Tebe, te l’hanno detto? –

-…Si…- La sua risposta non sorprese Xena. Sapeva dei problemi che aveva avuto con il ragazzo ma ne ignorava la motivazione.

- Perché allora sei rimasto qui? Devi andare da lui, Iolao. Qualunque sia il motivo per cui…-

- No Xena! – l’interruppe bruscamente ritrovando le forze - Ti prego, lasciami solo. Non immischiarti in questa faccenda.- Conosceva la sua tenacia e con le buone maniere di certo non l’avrebbe convinta a desistere dal suo intento.

- Mi rifiuto di credere che lasceresti morire tuo figlio senza dargli la possibilità di parlarti un’ultima volta. – Xena vide l’effetto delle sue parole sul volto dell’uomo: una lacrima silenziosa scese lungo la guancia seguendo il solco di una ruga. Iolao era combattuto tra l’amore di padre e il suo orgoglio.

- Ti ha chiamato tutta la notte. Qualunque cosa abbia fatto, perdonalo. Sta già soffrendo abbastanza. –

- …Lo so… posso immaginarlo. –  Rimase immobile a testa bassa mentre parlava e sapeva che Xena non se ne sarebbe andata senza di lui.

- Hai ragione a dire che dovrei stare al mio posto ma ti conosco abbastanza per sapere che non può esserti indifferente la sua sorte. –

- Ha commesso un abominio. Non puoi neanche immaginare…- le parole gli morirono in gola rotte dal pianto strozzato. La mano di Xena gli strinse la spalla tentando di confortarlo.

- Vorrei poterti aiutare. Adesso devi alzarti e seguirmi Iolao. Potrebbe essere troppo tardi se continui ad aspettare. Ci sono rimorsi che non ti lascerebbero vivere in pace. Li provo anch’io per mio figlio Seleuco. Non lasciarlo da solo in questo momento…-

- E va bene. – Accettò infine, alzandosi a fatica dalla sedia. – Portami da lui. – Xena gli sorrise approvando la sua decisione. – Non te ne pentirai, ne sono sicura. –

- Non lo so… Io sono vecchio Xena e non reggerò a questo dolore. –

Non vi fu risposta. I due uscirono di casa montarono i rispettivi cavalli e lasciarono la quiete della campagna dirigendosi verso la città mentre i pensieri di Xena cercavano di dare un senso alle parole dell’amico. Cosa aveva fatto Stenelo per meritare tanta freddezza da suo padre?

 

Nel frattempo Olimpia e Brunilde avevano quasi raggiunto il luogo indicato dalla Principessa Guerriera dopo aver affrontato un piccolo incidente: due banditi avevano attaccato le due donne con il solo intento di uccidere il bardo dichiarandolo apertamente. Si trattava di una vendetta ai danni di Xena. Evidentemente, l’indisposizione della bionda al ricovero non era passata inosservata e qualche furbo voleva cogliere l’occasione per far pagare qualche vecchio torto subito alla principessa guerriera. Brunilde era riuscita a metterli in fuga senza problemi e a rassicurare la compagna.

-         Xena allora ha molti nemici? – domandò riparandosi gli occhi dal sole con una mano per guardare in volto la valchiria.

-         E’ inevitabile quando ci si oppone alla malvagità di signori della guerra, sovrani, ladri e assassini tutti i giorni. Comunque stai tranquilla, fin quando ci sarò io non ti capiterà niente. –

-         Lo sono, sei davvero brava in battaglia. –

-         Lo sei anche tu… –

-         Davvero? Spero di ritrovare presto la memoria allora! Avrei dato una lezione volentieri a quei brutti ceffi. – Olimpia sembrava davvero tranquilla, quasi divertita dall’accaduto e Brunilde avrebbe voluto che il tempo non passasse mai ora che era in sua compagnia. Presto Xena sarebbe tornata e avrebbe dovuto separarsi di nuovo da lei…

-         Siamo arrivate, è quella la casa che mi ha indicato Xena. – Circondata dai vivaci colori dei lunghi fili d’erba e da tulipani scarlatti che ondeggiavano lentamente al leggero alito di vento di quella calda mattina di sole, la piccola casa dal tetto rosso sembrò a Brunilde quasi un sogno. Lì avrebbe trascorso forse un’intera giornata in compagnia del bardo. Forse l’unica della sua vita…

-         E’ davvero un bel posto…- esclamò Olimpia lasciando l’amica alle spalle per avvicinarsi alla porta di legno. La donna accarezzò le rifiniture delle pietre levigate unite tra loro dalla calce e annusò curiosa l’odore di quelle mura nuove.

-         Vieni entriamo subito in casa. Non vorrei che qualcuno ci avesse seguito.-

Due mandate di chiave e furono subito all’interno. Aprirono le tre finestre del piano terra e avvicinarono le due sedie e il piccolo tavolo, al camino nuovo di zecca. Nessun altro mobile in quella enorme cucina.

-         Manca praticamente tutto ma è sempre meglio che dormire al ricovero! – disse il bardo sbirciando la fine delle scale che davano al piano superiore.

-         Già. Non era ancora pronta per essere abitata. Presto la renderete accogliente con poca spesa, ne sono sicura. –

-         Io e Xena verremo a vivere qui? Pensavo che la nostra vita fosse girare il mondo… -

-         Infatti. Credo che questa casa dovrà essere il vostro “rifugio” di tanto in tanto. Una parte di te sente il bisogno di fermarsi e vivere una vita tranquilla con lei. Ti ha fatto un grande regalo. -

- Già… Vorrei cogliere qualche papavero per dare un po’ di colore a questa casa. E’ così vuota… -  disse cambiando argomento mentre si avvicinava alla finestra dove poteva godere della vista del prato in fiore.

- Appassiranno in fretta ma almeno avrai qualcosa da fare mentre cerco della legna per accedere il fuoco. –

- Non fare tardi però, inizio già ad aver fame e vorrei preparare la cena. Ho l’occorrente nella sacca per preparare uno stufato di verdure. –

-Ti ricordi come si fa?! – Olimpia annuì vistosamente sorridendole in modo birichino - Ebbene si! –

- Povera me. L’unica cosa che avrei preferito persa nella tua memoria è già tornata a galla...-

 

 

Iolao si avvicinò lentamente al capezzale del figlio. Era emaciato e con le labbra screpolate dalla prolungata sete causata dalla febbre. Non appena il ragazzo lo vide accanto a sé, ebbe un sussulto e cercò la forza per afferrargli il braccio.

- Padre… -

- Sono qui figliolo…- Gli afferrò le mani e questo bastò a rassicurarlo della sua reale presenza.

- Perdonami padre. Ti prego, perdonami. – Iolao non rispose e Xena gli afferrò la spalla per spingerlo quasi con la forza a una risposta rassicurante per il giovane, ormai in fin di vita.

- …Ti perdono. – sussurrò lentamente senza aggiungere altro.

- Io sto morendo… lo so… lasciami vedere mio figlio almeno una volta, ti prego. Dimmi dov’è… - Un segreto stava venendo a galla alla presenza della Principessa Guerriera. E Iolao sapeva che sarebbe andata in capo al mondo pur di sistemare le cose tra lui e suo figlio.

- Con sua madre. – disse freddamente - Ti ho mentito: Metamira ha partorito in Dacia ma ha tenuto il bambino. Non lo abbiamo lasciato con nessuna famiglia di pastori. Talos è davvero innamorato di lei e ha avuto il buon cuore di accettare nella sua famiglia un figlio non suo. Al bambino tra qualche anno diranno che è un trovatello accolto in casa loro. – Ci volle poco per far ricondurre gli eventi a Xena ma rimase in attesa che Iolao terminasse il racconto.

- Perché non me lo avete detto? E’ mio figlio… -

- Cosa vuoi ancora Stenelo? Hai avuto il mio perdono ma non chiedermi altro. – Lo sguardo del vecchio era duro e colmo di risentimento e la guerriera lo spinse lontano dal letto dove Stenelo non poteva ascoltare.

- Cosa fai? Vuoi ucciderlo prima della malattia? –

- Lasciami Xena voglio tornare a casa. Non sarei mai dovuto venire qui! –

- Vinci il tuo orgoglio, non essere testardo. Non avrai più modo di rimediare se adesso vai via. –

- Io non ho niente a cui rimediare. E’ lui che ha commesso un’ignobile azione –

- Hai certamente ragione. Non è facile per te sapere che tuo figlio ha amato la sua stessa sorella, ma loro ormai sono lontani e Metamira è felice con un’altra persona. Stenelo non avrà mai altrettanta fortuna. Accontentalo. –

- Non è così semplice Xena. Metamira non è la mia vera figlia. Aveva solo due anni quando l’accolsi in casa mia. Era l’unica sopravvissuta della sua famiglia ad un incendio. Li ho cresciuti allo stesso modo e hanno creduto di essere fratello e sorella per anni. Sono scappati insieme il giorno prima delle nozze di Metamira con il figlio del capovillaggio. Ti lascio immaginare cosa sia successo quando tutti hanno saputo della loro fuga. – Il racconto era riuscito a lasciare Xena senza parole.

- Lasciami tornare a casa. Voglio salutare mio figlio e andare via senza ripensare a tutta questa storia. Mi ha tormentato anche troppo. – La donna annuì senza replicare. Non poteva pretendere altro da lui ma avrebbe sicuramente cercato di risolvere la situazione da sola. Mentre Iolao si riavvicinava al letto, lanciò un’occhiata alla finestra dove il tramonto ormai vicino, ombreggiava con i suoi colori a tinte tenui  la pianura e la casa dal tetto rosso dove Olimpia e Brunilde erano sicuramente già arrivate da diverse ore. Si domandò cosa stessero facendo completamente da sole. Ma doveva lavorare per un bene superiore quella notte: non le avrebbe ancora raggiunte. Dopotutto, Olimpia era al sicuro e non doveva temere niente per lei.

 

Capitolo 6 – Come api al miele

 

Olimpia e Brunilde avevano cenato davanti al fuoco del camino sedute sulle rispettive coperte di pelliccia parlando senza mai fermarsi delle vicende della mela d’oro e del coraggio di Xena nel riparare i suoi errori del passato.

-         Cosa si prova a diventare una fiamma eterna? – chiese alla fine del racconto il bardo, decantando nel ruvido bicchiere di legno, il poco vino rimasto.

Brunilde rimase spiazzata dalla domanda e dovette riflettere prima di parlare. – Posso rispondere per me, ma non credo che la sensazione sia la stessa per qualunque valchiria. –

-         Allora provaci – Vuotò il bicchiere tutto d’un fiato e prese a fissare la vivida fiamma che ardeva sul ciocco di legno più grande del camino. Aveva le gote e le labbra rosse per il calore del fuoco ma Brunilde iniziava a sospettare che anche i due bicchieri di nettare che le aveva offerto, iniziavano a giocare la loro parte.

-         Ho lasciato che l’amore s’impadronisse di me. In modo violento e senza pensare a nient’altro. Credo che tu non regga molto bene il vino Olimpia…Ti gira la testa vero? –

-         … Si, ma è quasi piacevole. – Spalancò gli occhi sul bicchiere vuoto poi si lasciò cadere all’indietro sulla morbida coperta.

-         Se Xena arrivasse adesso trovandoti in questo stato ci sarebbe da ridere! – Qualche secondo per immaginare la scena tragicomica e un largo sorriso si dipinse sulle loro facce. - Proviamo a dormire, basta con i racconti. – sistemò le coperte e si coricò su un fianco alla sua destra.

Olimpia chiuse gli occhi nell’illusione di poter cancellare quell’ultima scena vissuta, ma rivide se stessa in un bosco di alti abeti, sentì il freddo pungente della neve appena caduta e … vide un orrendo mostro, quasi un tronco terrificante che si aggirava silenzioso e all’erta alla sua ricerca. Correva lontano da lui cercando riparo in un posto sicuro e mentre vinceva incespicando gli ostacoli delle radici e della neve davanti a lei, vide Brunilde che le indicava la strada, invitandola al silenzio. Era forse un incubo? Spalancò gli occhi sollevandosi dal letto e annaspò in cerca di qualcosa di familiare intorno a sé. La valchiria inizialmente preoccupata lesse nel suo sguardo smarrito la risposta: aveva ricordato qualcosa.

Le afferrò la mano e catturò il suo sguardo – Cosa hai visto? –

-         Un mostro ci inseguiva in un bosco. Era orrendo, sembrava che avesse la corteccia al posto della pelle. –

-         Era Grindel. La valchiria di cui ti ho raccontato fino a poco fa. Non essere agitata, è un buon segno. Inizi a ricordare Olimpia, non sei contenta? –

-         Spero che i prossimi siano migliori di questo. –

Brunilde sorrise – Te lo auguro, mia cara. Cerca di restare calma quando riesci a ricordare. E’ importante altrimenti tutto s’interrompe. –

-         Cercherò di seguire il tuo consiglio. Era la prima volta che mi capitava e non riuscivo a capire… -

-         Hai ragione. Adesso cerca di riposare. – La teneva ancora per mano senza accorgersene e la strinse più forte prima di lasciarla andare.

-         Buonanotte cara, è ora di dormire! -  Il bardo si sistemò sotto le coperte e chiuse gli occhi solo quando Brunilde ebbe fatto lo stesso. Non li aprì mai finchè il sonno la vinse, per paura di essere sorpresa a guardarla.

-         Sogni d’oro… -  sussurrò piano l’altra dopo un , temendo di svegliarla, mentre il cuore le batteva forte nel petto ascoltando il respiro tranquillo di lei.