EPISODIO N. 6
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il racconto
di Xandrella Capitolo
9 - Tra incudine e martello Immobile
all’esterno della casa vedeva dalla finestra la luce ondeggiante del
camino acceso nella cucina. Si avvicinò alla porta e prima di aprirla,
rimase in silenzio ad ascoltare quali suoni provenivano dall’interno
ma non riuscì a sentire nulla. Aveva comprato quella casa con
i risparmi di una vita e lo aveva fatto esclusivamente per Olimpia.
Per renderla felice. Voleva donarle il punto di riferimento per gli
anni del tramonto, un nido tranquillo e accogliente in cui vivere insieme,
come aveva sempre sognato. Era lì che la stava conducendo prima dell’incidente
e già pregustava i sorrisi e la sorpresa dipinta sul suo volto. Beffardo
destino… Olimpia e la sua rivale avevano
inaugurato la loro casa mentre lei era lontana a pensare
alla felicità degli altri. Aprì
lentamente la porta e si ritrovò Brunilde dietro la porta, con
in mano la spada. -
Rilassati valchiria, sono io. - -
Xena… potevi anche bussare. – Ripose l’arma e tornò verso
il caminetto. -
Dov’è Olimpia? – Prima di ricevere risposta, la vide scendere
dalle scale con il sorriso stampato in volto. La donna, rimase sorpresa
a tal punto da non proferir parola. Era tornata… -
Olimpia… come ti senti? Hai ritrovato la memoria? – -
Sei già tornata… sto bene, ma non mi è ancora tornata la memoria – -
Ricorda qualcosa di tanto in tanto – aggiunse Brunilde
mentre scioglieva una treccina dei
biondi capelli davanti al fuoco. -
E’ già qualcosa… io sono tornata solo per stanotte. Domani
all’alba devo tornare da Iolao. – -
Come sta Stenelo? – domandò il bardo precedendo
la bionda amica. -
Si sta lentamente riprendendo per fortuna. – -
E’ una buona notizia – -
Voi invece cosa avete fatto in mia assenza? – Brunilde e Olimpia si
guardarono negli occhi comunicandosi qualcosa d’indecifrabile con lo
sguardo. -
Siamo state in casa. Nulla di particolare. Posso dirti solo che due
brutti ceffi ci hanno seguite quando abbiamo
lasciato il ricovero ma non sono mai stati un problema. – Omettere non
era mentire, ma in quel momento la donna si sentì artefice di un inganno. -
Brunilde gli ha dato una lezione e se la sono data a gambe! – commentò
entusiasta il bardo. -
Bene. Olimpia ho bisogno di parlarti, possiamo
salire di sopra? – -
Certo – Rispose con naturalezza, sapendo che dì li
a poco poteva diventare tutto più difficile. Perché
Xena era tornata e presto avrebbe preteso di tornare al suo
posto accanto a lei. Ma aveva ancora
un giorno da passare con l’amica. Questo rincuorante pensiero le tenne
compagnia lungo le scale. Il ritorno di Xena
era stato un duro colpo anche se doveva aspettarselo. Brunilde
si ritrovò da sola. Il tempo sembrava essersi fermato da quando lei
e Olimpia erano arrivate in quella casa e l’amicizia che stava crescendo,
rendeva ancora più doloroso il distacco.
Accarezzò il soprabito del bardo accanto a lei e se lo portò
al volto per sentirne il profumo. Era
perdutamente innamorata e non riusciva
a pensare ad altro. Anche tornare a casa tra
le altre valchirie e i valorosi guerrieri le sembrava inaccettabile
in quel momento. Non voleva lasciarla. Chissà cosa si stavano dicendo
in quel momento al piano di sopra… -
Come va con Brunilde, stai bene? – -
Si certo. A parte la memoria è tutto ok.
Direi che mi sto divertendo. – -
Bene, sono contenta. Ero un po’ preoccupata di lasciarti qui con lei.
– -
Non dovevi. Anzi sto pensando di partire con lei per le terre di
Odino tra qualche giorno. Vorrei rivedere i posti di cui mi sta
raccontando in questi giorni. – Il volto di Xena
si rabbuiò. -
Un simile viaggio non era nei nostri progetti Olimpia. Volevamo rilassarci
un po’ a Tebe in questo periodo. Capisco che
tu non lo ricordi, ma andare nelle Terre del Nord lo trovo folle in
questo periodo. – -
E perché? Capisco che noi due siamo sempre insieme e non ci
separiamo mai, ma credo di essere libera di
scegliere di passare un po’ di tempo con una mia amica. – Di fronte
a un simile ragionamento, Xena
non potè fare obiezione. Magari al suo ritorno
avrebbe trovato la donna nuovamente cosciente di sé e sicuramente avrebbe
desistito dal suo intento. -
Va bene, Olimpia. Quando tornerò ne riparleremo.
- Capitolo
10 – Con la morte nel cuore Olimpia
dormiva profondamente quando Xena
raccolse le sue cose e uscì di casa. Brunilde la seguì: Non poteva lasciarla
andare senza parlarle.
-
Hai qualcosa da dirmi immagino.
Sapevo che non dormivi – legava con tutta calma le briglie di
Argo Secondo, in attesa di uno dei suoi discorsi pieni di buoni
propositi.
-
Volevo solo che sapessi che Olimpia in
questi giorni sta male perché non riesce a ricordare. Mi riferisco anche
al vostro rapporto. Le parlo molto di voi due insieme,
ma è difficile capire cosa si prova per una persona che non ti è accanto.
–
-
Già… quando tornerò andrà meglio. Adesso
dovrà avere un po’ di pazienza. -
-
Ho paura che inizi a sentirsi in secondo
piano rispetto ai tuoi impegni –
-
Era inevitabile in questo momento. Grazie
per avermi messo al corrente della cosa. Quando
tornerò saprò cosa fare. – La principessa guerriera montò a cavallo, voleva chiederle
come avevano trascorso il tempo da sole, ma mostrare a Brunilde la sua
insicurezza non le piaceva affatto. - Ci rivedremo
al tramonto – concluse lanciando il cavallo al galoppo.
-
Si, al tramonto… - sussurrò rassegnata,
quando la guerriera era ormai lontana. Quando raggiunse
la proprietà di Talos, vide un gran numero
di guardie e servitori in fermento nei campi. Prima di potersi immettere
nel viale, due uomini a cavallo le sbarrarono la strada. – Chi sei
guerriera? – Avrebbe
dovuto affrontarli, non poteva tornare indietro ed era sicuramente successo
qualcosa a Metamira… - Sono
Xena, cosa volete? –
-
Il nostro padrone vuole parlarti. Seguici.
– Non poteva, non c’era abbastanza tempo. Talos
voleva sicuramente spiegazioni su cosa aveva da dire a sua moglie la
mattina precedente e probabilmente, Metamira
era già scappata e la stavano cercando.
-
Signori, perdonatemi ma dovrò declinare
il vostro gentile invito. Ho altro da fare. – sguainò la spada pronta
a difendersi. L’attacco non si fece attendere, i due
si scagliarono al galoppo contro di lei con le armi in mano.
Sollevò le gambe tenendole unite e calciando disarcionò il primo avversario.
Dal secondo fece giusto in tempo a difendersi da un colpo di spada.
Lo scontro continuò a terra e con pochi colpi Xena riuscì a costringerli alla resa, doloranti ma non feriti.
Rimontò a cavallo diretta questa volta a casa di Iolao. Con
una mano cancellò la condensa dal vetro, fuori tutto
sembrava immobile, perfino le bianche nuvole, gli alberi e i
fili d’erba del prato. Eppure niente si era fermato, il tempo correva via veloce e
il sole si stava alzando nel cielo. Presto sarebbe calato e con esso sarebbero presto scomparsi quei giorni meravigliosi: croce
e delizia della sua vita. Non avrebbe potuto immaginare di meglio per
quel folle viaggio in Grecia…
-
Cosa farai quando sarai tornata a casa? – domandò Olimpia ad occhi
bassi mentre ripiegava le coperte, inginocchiata
davanti al camino.
-
Credo… che tornerò a casa. Ho bisogno
di starmene un po’ per conto mio prima di riprendere il lavoro con le
altre valchirie. Mi dedicherò a curare i malati del ricovero. – Olimpia
invece sarebbe tornata alla vita di sempre con Xena.
Inutile chiederlo! – Allora,
cosa ti va di fare oggi? –
-
Non lo so… mi piacerebbe fare tante cose e nessuna in particolare perché
non sono dell’umore. –
-
… Ti capisco ma sarebbe un vero peccato lasciare passare così la
giornata, non trovi? – Si limitò ad annuire ma
non aveva nulla da proporle.
-
Leggimi qualcuna delle tue pergamene.
Mi piacerebbe molto ascoltare le tue poesie. – Olimpia sembrò contenta
della scelta, prese la sacca che non aveva ancora aperto dopo l’incidente,
e tirò fuori a caso dei lunghi fogli arrotolati e legati da fili di
spago. Iniziò a leggere racconti
in versi quasi tutti aventi come protagonista Xena
e le sue avventure e diverse poesie d’amore. A volte i ricordi la catturarono
nei sogni ad occhi aperti: rivide luoghi e personaggi che credeva
sconosciuti e fu anche in grado di riconoscerne alcuni. Brunilde l’ascoltava
rapita ma già con la morte nel
cuore. Non fu necessario il riposo tra una lettura e l’altra: nessuna
delle due sembrava stanca di quelle storie narrate con tanta dedizione
in anni di avventure e di amore per Xena. -
Xena! Sapevo saresti tornata. – Iolao arrancava verso la porta d’ingresso senza il suo bastone.
– Metamira e il bambino sono
stati qui. La sua serva li accompagnava con un carretto per aiutarla
a portare via Stenelo dal ricovero. Sono andati via per sempre.– Attese
un commento, una risposta, un segnale. Ma Xena non fiatò. – Spero che gli Dei li proteggano
e riescano ad arrivare lontano da Talos.
- -
Li hai perdonati, dunque – -
Non so se spettava a me farlo, ma ho capito in questi ultimi anni che
mi preme solo la loro felicità. Per fortuna non hanno
lo stesso sangue Xena, solo questa è
la loro fortuna. Per anni sono stati fratello e sorella in questa casa e adesso… - -
Non pensare ai commenti della gente amico mio. E’ il più grande errore
che si possa fare. – -
Già… ma l’ho capito troppo tardi. Ho messo nella testa
dei miei figli la vergogna e il rimorso per riscattarli dai giudizi
degli estranei. La verità è che sono stato un pessimo padre. – -
No. Tu hai cresciuto e tenuto unita la tua famiglia per tutti questi
anni. E i tuoi figli ti vogliono ancora molto bene. – -
Ho spinto Metamira a sposare comunque
Talos anche se non lo amava, Xena.
Come ho potuto… - -
L’amore vince sempre e ha rimediato da solo. Non devi più colpevolizzarti
adesso. Il passato è fatto di ricordi. I tuoi ragazzi adesso saranno
felici insieme. Stenelo è quasi guarito dalla
sua malattia e potrà finalmente crescere suo
figlio. Adesso devi solo tenerti in forze perché sono sicura che uno
di questi giorni li vedrai bussare alla tua porta. – Iolao
sorrise, il peggio era passato e Xena aveva
preso parte alla sua rinascita. -
Grazie Xena, non dimenticherò mai quello che
hai fatto per noi. – -
Non ho fatto proprio niente. Tua figlia ha dimostrato un grande
coraggio in questi giorni. Mi ricorda qualcuno che girava il mondo in
compagnia del figlio di Giove…- -
Già, non vedo l’ora che Hercules torni dal
suo ultimo viaggio per raccontargli tutto. Vieni di
là, mia moglie vorrà salutarti. Che sciocco, ti ho lasciata
sulla porta. – Il
momento migliore che Xena preferiva: il lieto fine delle sue imprese. Certamente sarebbe passata al
ricovero per controllare l’effettiva fuga di Stenelo,
ma poi avrebbe fatto ritorno da Olimpia. La sua Olimpia… l’aveva lasciata
da sola proprio quando aveva più bisogno di lei. Avrebbe trovato
il modo di farsi perdonare dedicandosi completamente a lei per un po’
di tempo. Nella loro casa, finalmente insieme. Capitolo
11 – La scelta Eccomi sono tornata. Tutto può ricominciare
da dove abbiamo lasciato. Xena era
in anticipo in quel freddo pomeriggio di fine inverno. Bussò alla porta
ed entrò, impaziente di attendere che qualcuno arrivasse
ad aprire. Dentro non trovò nessuno, sicuramente Brunilde ed Olimpia
erano di sopra. Diede un’occhiata
al mobilio scarno: tutto da rifare e da completare, pensò. Sotto la finestra metterò uno scrittoio dove la mia compagna potrà scrivere
i suoi racconti. Lo farò io stessa levigando il legno nelle giornate
d’estate nel nostro cortile. I
passi delle due donne lungo le scale la riportarono alla realtà. – E’
tutto a posto. Stenelo si è ripreso ed è partito
con la donna che ama. E Iolao
è in pace con se stesso e con loro. – -
Bene… - Nessun entusiasmo, niente domande sull’accaduto. Qualcosa non andava come doveva in Olimpia. Brunilde si avvicinò alla
sua borsa pronta davanti alla porta. Era giunta la triste ora dei saluti.
La caricò in spalla e si voltò verso Olimpia. Gli occhi lucidi, lo sguardo
fiero come sempre e nessuna inclinazione di
tristezza nella voce – E’ ora che io vada. – Un
“No…” del bardo infranse la lastra di autocontrollo
di entrambe e il terrore di ciò che provava la sua compagna per quella
donna s’impadronì di Xena.
-
Perdonami Xena… perdonami, ma io non voglio
che se ne vada! –
-
Cosa devo perdonarti? – chiese temendo la risposta.
-
No Olimpia, fermati! – gridò Brunilde
senza avere il coraggio di superare la mora che era tra lei e la donna
che amava. Come sempre, era lei il suo ostacolo.
-
Io voglio andare via con lei. – disse
trattenendo il respiro, pronta a subire qualunque sua reazione pur di
non perdere Brunilde.
-
Olimpia il tuo posto è
qui, accanto a me – sentenziò la guerriera.
-
Io sono libera di scegliere Xena, non sono
una tua proprietà. Non capisco perché tanto accanimento. Lasciami andare
e non opporti in questo modo morboso, ti prego. Tra qualche tempo tornerò
non temere. – Cosa poteva aggiungere?
La decisione era stata presa e nulla l’avrebbe
fermata. – E va bene, se è questo che vuoi.
Va pure. – Brunilde uscì mestamente di
casa, richiudendo la porta alle sue spalle. Nessun vincitore era mai
uscito di scena in quel modo. Non voleva mortificare oltre la guerriera,
che nonostante tutto, stimava profondamente. Respirò a pieni polmoni
l’aria fredda e pulita e con un lungo fischio richiamò il suo cavallo
alato. -
Ci rivedremo presto, ne sono sicura. Abbi cura
di te. – -
Abbine tu di te stessa, soprattutto. Se dovesse capitarti qualcosa no te lo perdonerei mai. – -
Non temere. – Le diede un bacio sulla guancia e caricò le borse in spalla,
già pronte accanto alla porta. Dopo averle regalato
un ultimo dolce sorriso, richiuse la porta alle sue spalle. Rimase solo
il silenzio intorno a Xena in quella casa
così grande e vuota… In
groppa al cavallo alato, Olimpia si stringeva alla schiena della valchiria:
protetta, felice, amata. Salirono fino a toccare le nuvole finchè
la terra con le sue case, i laghi, e i campi sembrarono piccoli e scuri.
Volavano insieme, verso una terra lontana e una nuova vita. Non scriveremo
un lieto fine. La vita riserva sempre delle sorprese e le carte
si rimescolano sul tavolo verde. A volte tutto torna come prima, altre
volte no. Esistono solo equilibri in cui possiamo
sperare di rimanere più o meno a lungo nel tempo. |