EPISODIO N. 7
di Xandrella


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di Xandrella

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Capitolo 3 – Realtà o illusione?

 

Non appena furono entrate in casa, il tepore del camino acceso al centro della sala le avvolse. L’edificio interamente di legno, si stendeva su un unico piano illuminato  lungo i corridoi da fiaccole poste su treppiedi di ferro intarsiato. Per questo la luce non mancava mai, nonostante l’assenza di grosse finestre che al contrario erano piccole e rivestite di pelle. Gli arazzi e i tappeti dai bellissimi disegni, le giare di varia misura e le lance appese alle pareti con altre armi di buona fattura, erano segno che chi abitava quella grande casa era molto ricco.

Olimpia diede un’occhiata compiaciuta al salone mentre l’amica cercava di carpirne le impressioni dalle espressioni del suo volto. – Che ne dici? E’ molto diversa dalle case greche. Vieni, ti faccio vedere le camere e ti presento mia zia Fulla. E’ lei che si occupa della casa. Non saprei come fare se non ci fosse. Sono sempre in giro per occuparmi delle battaglie per conto di Odino e del ricovero e… - Si udì abbaiare rumorosamente e al frastuono fece seguito lo scalpiccio di due cani felici di rivedere la padrona di casa. Dietro di loro, faceva seguito la governante.

-         Brunilde! Sei tornata, fatti guardare…- Fulla era una donna alta e robusta, i capelli biondi erano raccolti sulla nuca con due grosse trecce e indossava sopra la tunica color porpora, un lungo grembiule bianco. Nonostante fosse avanti negli anni, conservava nei lineamenti segnati dal tempo, qualcosa che ad Olimpia ricordava Brunilde. - Sei dimagrita ragazza mia, stasera ti preparerò una cena degna della tavola di Odino. – disse scrutandola da capo a piedi dopo che l’ebbe aiutata a togliere la pesante pelliccia. – Non mi presenti la tua amica? Potevi avvertirmi che abbiamo ospiti a cena. Avrei iniziato prima a cucinare! – concluse indispettita senza dare a Brunilde il tempo di aprire bocca.

-         Zia sta tranquilla, avrai tempo per far assaggiare ad Olimpia tutti i tuoi piatti. Resterà qui con noi tutto il tempo che vorrà. E spero sia molto, molto, tempo – gli occhi delle due donne si cercarono, avevano entrambe bisogno di restare da sole e parlare. Il viaggio era finalmente finito, ora erano insieme. Olimpia le sorrise: non era un mistero la sua volontà di restare più a lungo possibile. Poi si rivolse a Fulla per le presentazioni di rito e venne letteralmente travolta dalle sue premure sulla cena, la sauna e i vestiti puliti che avrebbe rimediato dagli armadi di Brunilde (con immediate modifiche di misure della sarta di casa). Nutrì subito un’incondizionata simpatia per la dinamica zia, tant’è che a tavola le raccontò spontaneamente del viaggio e delle sue impressioni sulle terre del Nord, costringendola a sedersi a tavola con loro, cosa che Fulla faceva di rado, sempre alle prese con i piatti fumanti in arrivo dalle cucine.

Brunilde le ascoltava compiaciuta, intervenendo raramente quando Olimpia le chiedeva conferma sugli eventi o le rivolgeva una delle sue inesauribili domande sugli ingredienti delle pietanze della cena, a base di stufato di montone, aringhe e salmone, sui cani sempre in giro per la casa, l’abbigliamento di pelliccia e le case calde e accoglienti.

-         Perdonatemi sto parlando troppo. Dovrei essere stanca ma non credo che riuscirò ad addormentarmi tanto presto stanotte – concluse adagiandosi mollemente sulla panca con gli occhi ancora vispi e curiosi. – Sono così felice di essere qui che dormire mi sembra uno spreco di tempo -

-         Sei un’ottima compagnia ragazza, sono felice che Brunilde ti abbia portato fin qui. Bevi ancora un bicchiere di birra e vedrai che non ti sarà difficile dormire  più tardi! – suggerì Fulla, mentre afferrava gli ultimi piatti sporchi dal tavolo.

-         No Olimpia, non vorrei che ti sentissi male, magari non sei abituata a bere un bicchiere di troppo, meglio non correre rischi. – la premurosa Brunilde, allontanò il calice consegnandolo nelle mani di sua zia.

Fu in quel momento che il bardo rivide Xena in sua compagnia di notte nel bosco, adagiate su morbide coperte marroni a chiacchierare. Ricordava delle parole pronunciate dalla Principessa Guerriera sulla birra fresca e una serata romantica, la loro intesa. Fu come scoprire qualcosa di cui si conosceva già l’esistenza ma si rivelava per la prima volta alla sua mente solo in quel momento. Lei e Xena insieme era quindi una realtà del passato. Un’esperienza perduta senza rimpianto, che aveva voluto a tutti i costi cancellare, ma che esisteva davvero. Rimase a bocca aperta con lo sguardo perso nel vuoto qualche minuto, Brunilde non disse nulla e invitò Fulla con un gesto a fare altrettanto. Quando l’attimo di luce terminò e il ricordo svanì, Olimpia trovò la mano di Brunilde pronta a stringere la sua sul tavolo.

-         Cos’era stavolta? – domandò con una morsa al cuore. Tutto poteva svanire in un istante se avesse recuperato totalmente la memoria.

-         Io e Xena… niente di chiaro – mentì – eravamo nel bosco a chiacchierare, ma… è durato veramente poco – Sentì lo sguardo preoccupato della valchiria cercare delle risposte nei suoi occhi e voleva sfuggirle. – Potrei avere decine di ricordi come questi nei prossimi giorni, non devi preoccuparti per me. – La valchiria annuì ma non le sembrava convinta - Piuttosto prima che si faccia tardi perché non mi mostri la casa? – Non pensare al passato, dimenticare invece di ricordare. Olimpia voleva annullare se stessa e rinascere accanto a quella creatura meravigliosa che la incantava senza una valida ragione. Non sapeva spiegarlo ma le era divenuta vitale la sua presenza in così poco tempo. Meglio mentire piuttosto che turbarla con ricordi capaci di pungolare l’animo di chi ama con la gelosia.

Brunilde si affrettò ad alzarsi mentre cercava di dominare il respiro divenuto più agitato di quello del bardo.

Saltarono l’esterno della casa rinviando al giorno seguente e si aggirarono indisturbate per i corridoi lunghi e stretti che si aprivano su ampi saloni con al centro grossi camini. Ogni sala dava ad almeno tre camere e Olimpia volle sbirciare in ognuna: c’erano sale da pranzo, camere da letto, bagni, una sala dei trofei, un’armeria, una grande stanza armadio, la sauna e la cucina.

Olimpia non trovava il modo giusto per commentare tanta ricchezza per il timore di risultare invadente, ma Brunilde le offrì spontaneamente spiegazioni sulla sua famiglia quando furono giunte davanti alla camera da letto che, nel frattempo, Fulla le aveva preparato per la notte.

-         Mio padre era un nobile, proprietario di bande armate e con le sue tre navi da guerra ha solcato molti mari. Si è arricchito con i gioielli, le spezie e le ceramiche. Ha comprato, scambiato e venduto qualunque cosa. Quando ero piccola volevo sempre seguirlo e per questo motivo lo sentivo spesso litigare con mia madre che voleva tenermi a casa. Mi ha insegnato a combattere di nascosto, sai? – A quei ricordi sorrise interrompendo il racconto.

-         Credevo che fosse stato Odino a donarti tutta questa ricchezza. Mi sbagliavo. – commentò Olimpia appoggiandosi allo stipite della porta.

-         Infatti. Quando ho raggiunto l’età da marito mio padre mi ha promessa in sposa a un nobile del villaggio ma pochi giorni prima delle nozze Odino si è presentato in questa casa sotto mentite spoglie. Io e mia madre eravamo da sole quando ha attraversato le nostre terre con due guerriere a cavallo e ha minacciato di appiccare il fuoco alla casa, se non gli avessimo consegnato i nostri averi. Ho preso la spada e lo scudo di mio padre e ho sconfitto le due donne. Ho anche tenuto testa ad Odino per un po’, prima che mi mettesse a terra e mi rivelasse la sua identità. – Brunilde entrò nella stanza per controllare che ogni cosa fosse in ordine. Tutto doveva essere perfetto per la sua Olimpia. Il grande letto sembrava morbido e caldo con la coperta di pelle d’orso e i cuscini disposti ordinatamente contro la testiera del letto a baldacchino.

-         E ti ha chiesto se volevi essere una valchiria in quel momento? – domandò il bardo, impaziente di conoscere la fine del racconto.

-         Si è andata così. – rispose rimanendo concentrata su ben altro – Vuoi fare un bagno caldo? Posso farti riempire la vasca. – In un angolo della camera da letto c’era un’alta specchiera dai bordi color oro, intarsiati in modo da formare rami fioriti alla sommità e una vasca di ceramica accanto a un tavolino di legno colmo di sali da bagno e asciugamani.

-         Non vorrei dare troppo disturbo a tua zia. Posso fare da sola se mi dici dove posso prendere l’acqua calda. –

-         Non preoccuparti di questo. In casa abbiamo dei servitori. Vieni entra – così dicendo le afferrò delicatamente il polso e l’attirò nella stanza con fare amorevole, richiudendo la porta alle loro spalle. Non era più tempo per i racconti e le presentazioni, dovevano parlare. Per la prima volta dopo la partenza, Olimpia avvertì di nuovo una strana sensazione allo stomaco: erano da sole.

-         Abbiamo qualcosa da dirci, credo. – disse sedendosi sul letto in attesa che il bardo si avvicinasse.

-         Già… - Negli occhi di Brunilde leggeva il suo stesso imbarazzo. Dopo una breve pausa di silenzio in cui le sembrò che la donna stesse raccogliendo le idee, accettò il suo invito a sedersi accanto a lei e la guardò negli occhi verdi.

-         Non riesco a descriverti la gioia che provo avendoti qui con me. Potrei provarci  per ore e so che non ci riuscirei. – La voce le tremava e la commozione era tale che avrebbe potuto piangere di gioia – Vorrei tanto chiederti di rimanere, per sempre per avere la certezza di non perderti, ma… -

-         Brunilde no, io… - Olimpia voleva fermarla, dirle che non sarebbe mai tornata in Grecia ma la donna sigillò le sue parole ponendole un dito sulle labbra.

-         Ti prego lasciami finire. Io non voglio illudermi che tutto questo durerà per sempre. Ci siamo lasciate una persona alla spalle che sicuramente sta soffrendo molto in questo momento e io non riesco a dimenticarla perché posso capire come ci si sente. – E come non poteva? Amare qualcuno che non ti ama e vive lontano accanto a un’altra persona. Felice, senza mai chiedersi di te e della tua sofferenza perché non ne conosce l’esistenza. Così Brunilde si era sentita per anni e adesso i ruoli si erano capovolti all’improvviso. - Non riesco a togliermela dalla testa. Xena ha perso la persona che più amava a questo mondo e provo una profonda pena per lei. Sento ancora la sua presenza tra di noi. – Fu come palpare nell’aria un fantasma onnipresente nel loro silenzio. Olimpia non poteva negare che aveva ragione. Nemmeno lei aveva potuto accantonare i sensi di colpa conseguenti alla sua scelta. Ma poteva forse evitare la sofferenza di Xena?

-         Sono io l’unica che dovrebbe avere dei rimorsi. Tu non centri, sei rimasta al tuo posto e non avresti fatto nulla per convincermi a seguirti. Io non potevo restare in Grecia sapendo che ti avrei perso. Dovevo essere onesta con Xena e soprattutto con me stessa. Io … - trattenne il respiro e ripensò ai momenti più coinvolgenti di quegli ultimi giorni - Credo di amarti. – rivelò, mentre Brunilde la fissava incredula a bocca aperta, nonostante da qualche giorno avesse intuito, sperato, sognato  che quella frase così semplice, eppure così difficile da dire, fosse autentica.

-         No, non ripeterlo più. Ti prego, non illudermi. – scattò in piedi, rifiutandosi di continuare il discorso - Quando ritroverai la memoria capirai di aver commesso un grosso errore e non so se avrò la forza di vederti tornare in Grecia. –

-         Non accadrà. – nei suoi occhi brillava il fuoco della determinazione. Poteva lasciare che Brunilde si tormentasse al pensiero di Xena, ma non doveva dubitare dei suoi sentimenti.

-         Si invece. Tutto tornerà come prima. – le disse malinconica, accarezzandole la guancia rossa e calda per la vicinanza al fuoco del camino - Ma lascia che ti dica che la tua convinzione in questo momento ti rende irresistibile. Io ti amo davvero Olimpia. Non tentarmi. – Istintivamente lo sguardo della valchiria venne attirato dalle labbra appena dischiuse del bardo. - Le tue parole hanno un effetto più travolgente della passione che potresti offrirmi. –

 Il bardo scosse la testa: non era riuscita  a convincerla del suo amore ma aveva tutto il tempo che le occorreva per farle cambiare idea. Lasciò che un casto bacio sulla guancia le augurasse la buonanotte e si ritrovò da sola. Non aveva avuto tempo per immaginare la sua prima notte a casa di Brunilde ma ci pensò solo in quel momento. Se è questo che vuole…Del resto doveva dimostrarle che la sua non era solo un’infatuazione o una travolgente passione. Mentre si riprometteva di resisterle, si domandò dove fosse la sua camera e se già dormiva… frenò i suoi pensieri e iniziò a sistemare gli effetti personali nell’armadio. Prese dalla sacca la pergamena dono di Brunilde, l’aprì e si sdraiò sul letto a rileggere le vicende dell’Oro del Reno. Solo chi avrebbe maledetto l’amore sarebbe riuscito a forgiare l’anello del potere. Adorava quella storia! Scorse ogni riga del racconto poi, mentre la riavvolgeva, guardò attentamente il disegno di una valchiria in sella al suo cavallo alato armata di tutto punto con elmo, corazza, schinieri, scudo e lancia. Somigliava incredibilmente a Brunilde… “Le valchirie scendono sui campi di battaglia, per comando di Odino, invisibili ai combattenti. Dei guerrieri caduti, raccolgono i più forti e valorosi e li conducono nella sala del Wal dove bevono l’idromele che ridà la vita agli eroi.” Recitava così la pergamena.

-Perchè Odino ha deciso di ospitare tanti eroi nella propria reggia? – Pensò alla fine della lettura, senza riuscire a trovare una risposta. Peccato non poterlo domandare alla valchiria a quell’ora…