EPISODIO N. 7
di Xandrella


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di Xandrella

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Capitolo 3 – Realtà o illusione?

Non appena furono entrate in casa, il tepore del camino acceso al centro della sala le avvolse. L’edificio interamente di legno, si stendeva su un unico piano illuminato  lungo i corridoi da fiaccole poste su treppiedi di ferro intarsiato. Per questo la luce non mancava mai, nonostante l’assenza di grosse finestre che al contrario erano piccole e rivestite di pelle. Gli arazzi e i tappeti dai bellissimi disegni, le giare di varia misura e le lance appese alle pareti con altre armi di buona fattura, erano segno che chi abitava quella grande casa era molto ricco.

Olimpia diede un’occhiata compiaciuta al salone mentre l’amica cercava di carpirne le impressioni dalle espressioni del suo volto. – Che ne dici? E’ molto diversa dalle case greche. Vieni, ti faccio vedere le camere e ti presento mia zia Fulla. E’ lei che si occupa della casa. Non saprei come fare se non ci fosse. Sono sempre in giro per occuparmi delle battaglie per conto di Odino e del ricovero e… - Si udì abbaiare rumorosamente e al frastuono fece seguito lo scalpiccio di due cani felici di rivedere la padrona di casa. Dietro di loro, faceva seguito la governante.

-         Brunilde! Sei tornata, fatti guardare…- Fulla era una donna alta e robusta, i capelli biondi erano raccolti sulla nuca con due grosse trecce e indossava sopra la tunica color porpora, un lungo grembiule bianco. Nonostante fosse avanti negli anni, conservava nei lineamenti segnati dal tempo, qualcosa che ad Olimpia ricordava Brunilde. - Sei dimagrita ragazza mia, stasera ti preparerò una cena degna della tavola di Odino. – disse scrutandola da capo a piedi dopo che l’ebbe aiutata a togliere la pesante pelliccia. – Non mi presenti la tua amica? Potevi avvertirmi che abbiamo ospiti a cena. Avrei iniziato prima a cucinare! – concluse indispettita senza dare a Brunilde il tempo di aprire bocca.

-         Zia sta tranquilla, avrai tempo per far assaggiare ad Olimpia tutti i tuoi piatti. Resterà qui con noi tutto il tempo che vorrà. E spero sia molto, molto, tempo – gli occhi delle due donne si cercarono, avevano entrambe bisogno di restare da sole e parlare. Il viaggio era finalmente finito, ora erano insieme. Olimpia le sorrise: non era un mistero la sua volontà di restare più a lungo possibile. Poi si rivolse a Fulla per le presentazioni di rito e venne letteralmente travolta dalle sue premure sulla cena, la sauna e i vestiti puliti che avrebbe rimediato dagli armadi di Brunilde (con immediate modifiche di misure della sarta di casa). Nutrì subito un’incondizionata simpatia per la dinamica zia, tant’è che a tavola le raccontò spontaneamente del viaggio e delle sue impressioni sulle terre del Nord, costringendola a sedersi a tavola con loro, cosa che Fulla faceva di rado, sempre alle prese con i piatti fumanti in arrivo dalle cucine.

Brunilde le ascoltava compiaciuta, intervenendo raramente quando Olimpia le chiedeva conferma sugli eventi o le rivolgeva una delle sue inesauribili domande sugli ingredienti delle pietanze della cena, a base di stufato di montone, aringhe e salmone, sui cani sempre in giro per la casa, l’abbigliamento di pelliccia e le case calde e accoglienti.

-         Perdonatemi sto parlando troppo. Dovrei essere stanca ma non credo che riuscirò ad addormentarmi tanto presto stanotte – concluse adagiandosi mollemente sulla panca con gli occhi ancora vispi e curiosi. – Sono così felice di essere qui che dormire mi sembra uno spreco di tempo -

-         Sei un’ottima compagnia ragazza, sono felice che Brunilde ti abbia portato fin qui. Bevi ancora un bicchiere di birra e vedrai che non ti sarà difficile dormire  più tardi! – suggerì Fulla, mentre afferrava gli ultimi piatti sporchi dal tavolo.

-         No Olimpia, non vorrei che ti sentissi male, magari non sei abituata a bere un bicchiere di troppo, meglio non correre rischi. – la premurosa Brunilde, allontanò il calice consegnandolo nelle mani di sua zia.

Fu in quel momento che il bardo rivide Xena in sua compagnia di notte nel bosco, adagiate su morbide coperte marroni a chiacchierare. Ricordava delle parole pronunciate dalla Principessa Guerriera sulla birra fresca e una serata romantica, la loro intesa, gli sguardi provocatori e…fu come scoprire qualcosa di cui si conosceva già l’esistenza ma si rivelava per la prima volta alla sua mente solo in quel momento. Lei e Xena insieme era quindi una realtà del passato. Un’esperienza perduta senza rimpianto, che aveva voluto a tutti i costi cancellare, ma che esisteva davvero. Rimase a bocca aperta con lo sguardo perso nel vuoto qualche minuto, Brunilde non disse nulla e invitò Fulla con un gesto a fare altrettanto. Quando l’attimo di luce terminò e il ricordo svanì, Olimpia trovò la mano di Brunilde pronta a stringere la sua sul tavolo.

-         Cos’era stavolta? – domandò con una morsa al cuore. Tutto poteva svanire in un istante se avesse recuperato totalmente la memoria.

-         Io e Xena… niente di chiaro – mentì – eravamo nel bosco a chiacchierare, ma… è durato veramente poco – Sentì lo sguardo preoccupato della valchiria cercare delle risposte nei suoi occhi e voleva sfuggirle. – Potrei avere decine di ricordi come questi nei prossimi giorni, non devi preoccuparti per me. – La valchiria annuì ma non le sembrava convinta - Piuttosto prima che si faccia tardi perché non mi mostri la casa? – Non pensare al passato, dimenticare invece di ricordare. Olimpia voleva annullare se stessa e rinascere accanto a quella creatura meravigliosa che la incantava senza una valida ragione. Non sapeva spiegarlo ma le era divenuta vitale la sua presenza in così poco tempo. Quello era amore? Meglio mentire piuttosto che turbarla con ricordi capaci di pungolare l’animo di chi ama con la gelosia.

Brunilde si affrettò ad alzarsi mentre cercava di dominare il respiro divenuto più agitato di quello del bardo.

Saltarono l’esterno della casa rinviando al giorno seguente e si aggirarono indisturbate per i corridoi lunghi e stretti che si aprivano su ampi saloni con al centro grossi camini. Ogni sala dava ad almeno tre camere e Olimpia volle sbirciare in ognuna: c’erano sale da pranzo, camere da letto, bagni, una sala dei trofei, un’armeria, una grande stanza armadio, la sauna e la cucina.

Olimpia non trovava il modo giusto per commentare tanta ricchezza per il timore di risultare invadente, ma Brunilde le offrì spontaneamente spiegazioni sulla sua famiglia quando furono giunte davanti alla camera da letto che, nel frattempo, Fulla le aveva preparato per la notte.

-         Mio padre era un nobile, proprietario di bande armate e con le sue tre navi da guerra ha solcato molti mari. Si è arricchito con i gioielli, le spezie e le ceramiche. Ha comprato, scambiato e venduto qualunque cosa. Quando ero piccola volevo sempre seguirlo e per questo motivo lo sentivo spesso litigare con mia madre che voleva tenermi a casa. Mi ha insegnato a combattere di nascosto, sai? – A quei ricordi sorrise interrompendo il racconto.

-         Credevo che fosse stato Odino a donarti tutta questa ricchezza. Mi sbagliavo. – commentò Olimpia appoggiandosi allo stipite della porta.

-         Infatti. Quando ho raggiunto l’età da marito mio padre mi ha promessa in sposa a un nobile del villaggio ma pochi giorni prima delle nozze Odino si è presentato in questa casa sotto mentite spoglie. Io e mia madre eravamo da sole quando ha attraversato le nostre terre con due guerriere a cavallo e ha minacciato di appiccare il fuoco alla casa, se non gli avessimo consegnato i nostri averi. Ho preso la spada e lo scudo di mio padre e ho sconfitto le due donne. Ho anche tenuto testa ad Odino per un po’, prima che mi mettesse a terra e mi rivelasse la sua identità. – Brunilde entrò nella stanza per controllare che ogni cosa fosse in ordine. Tutto doveva essere perfetto per la sua Olimpia. Il grande letto sembrava morbido e caldo con la coperta di pelle d’orso e i cuscini disposti ordinatamente contro la testiera del letto a baldacchino.

-         E ti ha chiesto se volevi essere una valchiria in quel momento? – domandò il bardo, impaziente di conoscere la fine del racconto.

-         Si è andata così. – rispose rimanendo concentrata su ben altro – Vuoi fare un bagno caldo? Posso farti riempire la vasca. – In un angolo della camera da letto c’era un’alta specchiera dai bordi color oro, intarsiati in modo da formare rami fioriti alla sommità e una vasca di ceramica accanto a un tavolino di legno colmo di sali da bagno e asciugamani.

-         Non vorrei dare troppo disturbo a tua zia. Possa fare da sola se mi dici dove posso prendere l’acqua calda. –

-         Non preoccuparti di questo. In casa abbiamo dei servitori. Vieni entra – così dicendo le afferrò delicatamente il polso e l’attirò nella stanza con fare amorevole, richiudendo la porta alle loro spalle. Non era più tempo per i racconti e le presentazioni, dovevano parlare. Per la prima volta dopo la partenza, Olimpia avvertì di nuovo una strana sensazione allo stomaco: erano da sole.

-         Abbiamo qualcosa da dirci, credo. – disse sedendosi sul letto in attesa che il bardo si avvicinasse.

-         Già… - Negli occhi di Brunilde leggeva il suo stesso imbarazzo. Dopo una breve pausa di silenzio in cui le sembrò che la donna stesse raccogliendo le idee, accettò il suo invito a sedersi accanto a lei e la guardò negli occhi verdi.

-         Non riesco a descriverti la gioia che provo avendoti qui con me. Potrei provarci  per ore e so che non ci riuscirei. – La voce le tremava e la commozione era tale che avrebbe potuto piangere di gioia – Vorrei tanto chiederti di rimanere, per sempre per avere la certezza di non perderti, ma… -

-         Brunilde no, io… - Olimpia voleva fermarla, dirle che non sarebbe mai tornata in Grecia ma la donna sigillò le sue parole ponendole un dito sulle labbra.

-         Ti prego lasciami finire. Io non voglio illudermi che tutto questo durerà per sempre. Ci siamo lasciate una persona alla spalle che sicuramente sta soffrendo molto in questo momento e io non riesco a dimenticarla perché posso capire come ci si sente. – E come non poteva? Amare qualcuno che non ti ama e vive lontano accanto a un’altra persona. Felice, senza mai chiedersi di te e della tua sofferenza perché non ne conosce l’esistenza. Così Brunilde si era sentita per anni e adesso i ruoli si erano capovolti all’improvviso. - Non riesco a togliermela dalla testa. Xena ha perso la persona che più amava a questo mondo e provo una profonda pena per lei. Sento ancora la sua presenza tra di noi. – Fu come palpare nell’aria un fantasma onnipresente nel loro silenzio. Olimpia non poteva negare che aveva ragione. Nemmeno lei aveva potuto accantonare i sensi di colpa conseguenti alla sua scelta. Ma poteva forse evitare la sofferenza di Xena?

-         Sono io l’unica che dovrebbe avere dei rimorsi. Tu non centri, sei rimasta al tuo posto e non avresti fatto nulla per convincermi a seguirti. Io non potevo restare in Grecia sapendo che ti avrei perso. Dovevo essere onesta con Xena e soprattutto con me stessa. Io … - trattenne il respiro e ripensò ai momenti più coinvolgenti di quegli ultimi giorni - Credo di amarti. – rivelò, mentre Brunilde la fissava incredula a bocca aperta, nonostante da qualche giorno avesse intuito, sperato, sognato  che quella frase così semplice, eppure così difficile da dire, fosse autentica.

-         No, non ripeterlo più. Ti prego, non illudermi. – scattò in piedi, rifiutandosi di continuare il discorso - Quando ritroverai la memoria capirai di aver commesso un grosso errore e non so se avrò la forza di vederti tornare in Grecia. –

-         Non accadrà. – nei suoi occhi brillava il fuoco della determinazione. Poteva lasciare che Brunilde si tormentasse al pensiero di Xena, ma non doveva dubitare dei suoi sentimenti.

-         Si invece. Tutto tornerà come prima. – le disse malinconica, accarezzandole la guancia rossa e calda per la vicinanza al fuoco del camino - Ma lascia che ti dica che la tua convinzione in questo momento ti rende irresistibile. Io ti amo davvero Olimpia. Non tentarmi. – Istintivamente lo sguardo della valchiria venne attirato dalle labbra appena dischiuse del bardo. - Le tue parole hanno un effetto più travolgente della passione che potresti offrirmi. –

 Il bardo scosse la testa: non era riuscita  a convincerla del suo amore ma aveva tutto il tempo che le occorreva per farle cambiare idea. Lasciò che un casto bacio sulla guancia le augurasse la buonanotte e si ritrovò da sola. Non aveva avuto tempo per immaginare la sua prima notte a casa di Brunilde ma ci pensò solo in quel momento. Se è questo che vuole…Del resto doveva dimostrarle che la sua non era solo un’infatuazione o una travolgente passione. Mentre si riprometteva di resisterle, si domandò dove fosse la sua camera e se già dormiva… frenò i suoi pensieri e iniziò a sistemare gli effetti personali nell’armadio. Prese dalla sacca la pergamena dono di Brunilde, l’aprì e si sdraiò sul letto a rileggere le vicende dell’Oro del Reno. Solo chi avrebbe maledetto l’amore sarebbe riuscito a forgiare l’anello del potere. Adorava quella storia! Scorse ogni riga del racconto poi, mentre la riavvolgeva, guardò attentamente il disegno di una valchiria in sella al suo cavallo alato armata di tutto punto con elmo, corazza, schinieri, scudo e lancia. Somigliava incredibilmente a Brunilde… “Le valchirie scendono sui campi di battaglia, per comando di Odino, invisibili ai combattenti. Dei guerrieri caduti, raccolgono i più forti e valorosi e li conducono nella sala del Wal dove bevono l’idromele che ridà la vita agli eroi.” Recitava così la pergamena.

-Perchè Odino ha deciso di ospitare tanti eroi nella propria reggia? – Pensò alla fine della lettura, senza riuscire a trovare una risposta. Peccato non poterlo domandare alla valchiria a quell’ora…

 

 

Capitolo 4 – Svegliarsi una mattina

 

Olimpia era sveglia da un po’ ma non aveva intenzione di abbandonare il tepore delle coperte tanto in fretta. Da uno spiraglio delle cortine del suo letto a baldacchino, rimase a guardare le gocce di pioggia che rigavano la finestra della sua camera avvolta nell’oscurità. Nonostante le condizioni climatiche, sentiva che quella sarebbe stata una splendida giornata in compagnia di Brunilde. La sera precedente si era conclusa con un discorso poco rassicurante sul loro rapporto ma il bardo non si era lasciata intimorire: aveva intenzione di dimostrare fermamente ciò che provava senza mezzi termini.

Rimuginando su questi pensieri, indossò la lunga veste di velluto color argento che Brunilde le aveva fatto consegnare la sera precedente e si rimirò alla specchiera. Si sentiva bella e leggermente più nordica vestita in quel modo. Lasciò la camera alla ricerca del percorso giusto per raggiungere la cucina. Quella enorme casa poteva essere definita una reggia disposta su un solo piano, tant’è che il bardo ebbe la sensazione di essersi persa, mentre usciva da uno dei corridoi, trovandosi di fronte a un’ala della casa che credeva di non aver mai visto prima. Riconobbe la stanza delle armi e presa dalla curiosità per l’oggetto posto sul tavolo, entrò, ripromettendosi di non attardarsi per la colazione. Si avvicinò lentamente al maestoso corno e vide che all’interno era contenuto un liquido dai colori cangianti e lucenti, che sicuramente non era una bevanda destinata ai mortali…

-         Olimpia, cosa ci fai qui? Credevo dormissi. – Fulla l’aveva sorpresa in una stanza dove non era opportuno entrare.

-         Perdonami, la casa è grande è non riuscivo a trovare la cucina. – si scusò allontanandosi immediatamente dal corno di Brunilde.

-         Non vorrai fare colazione con l’Idromele spero! Coraggio, vieni via da lì, Brunilde è molto gelosa del suo corno e ha ragione: senza quello, - disse additandolo vistosamente - Non potrebbe chiamarsi valchiria! – Olimpia fissò l’oggetto un’ultima volta, prima che la governante richiudesse la porta.

-         Allora, hai dormito bene? Hai fame? – Le premure di Fulla erano in grado di metterle agitazione. – Si ho dormito magnificamente. Ah! Grazie per il bagno di ieri sera. –

-         Figurati. Ti ho preparato un po’ di cose per colazione, non so cosa ti piace mangiare alla mattina così ho preferito non far mancare nulla a tavola. Scommetto che non hai mai assaggiato la zuppa dolce con l’uva passa e la cannella. Devi provarla! – Olimpia ormai aveva capito che Fulla era una donna che non andava mai contraddetta, la ringraziò più volte prima di raggiungere la cucina, seguita dai festosi cani di Brunilde.

-         Brunilde non è qui? Credevo fosse già in piedi… - commentò delusa quando non la vide seduta al lungo tavolo di legno della sala da pranzo.

-         Certo, da un pezzo. Mi ha detto di riferirti che andava a salutare un’amica e che sarebbe tornata presto per portarti a vedere un paio di posti. – Un’amica…il bardo non fece altro che pensare a quale compagnia si stava dedicando Brunilde mentre lei era rimasta a casa. La gelosia in quel momento era fuori luogo ma non riusciva a dimenticare che era stata messa da parte il primo giorno che passava nelle terre di Odino.  Forse il rimorso o la semplice assonanza, le riportò alla mente Xena… chissà cosa stava facendo.

 

 

Capitolo 5 – Scelte e Consigli

 

- Ecco Brunilde! – Il vento scompigliava i lunghi capelli biondi che uscivano dagli elmi mentre le Valchirie arrivavano alla spicciolata, da direzioni diverse, nel posto solitario dove si riunivano ogni giorno prima di raggiungere il Valalla. Era un breve pianoro circondato da macigni, sulla cima di una montagna inaccessibile. Alla base di un’altissima rupe si apriva una piccola caverna. Neri abeti le formavano attorno una fitta cortina. Chiazze di muschio ricoprivano le rocce. Il lavoro non mancava mai e anche se poco allegro, le fanciulle non perdevano la gioia di vivere. Non versavano mai una lacrima sui corpi degli eroi caduti sul campo di battaglia. Tanto sapevano che un sorso del sacro idromele li avrebbe fatti rivivere per la gloria di Odino, re degli dei nordici.

Mentre Brunilde si avvicinava, cinque delle nove valchirie erano già arrivate all’appuntamento e se ne stavano sdraiate sulle rocce a raccontarsi le loro avventure, come soldatacci stanchi di cavalcare e di menare le mani. – Dove hai lasciato il tuo corno? – domandò Ortlinde con tono inquisitorio.

-         Non sono qui per riprendere il mio lavoro. – tagliò corto Brunilde, dirigendosi  verso Grinilde.

-         Oh certo, non a tutte è concesso fare viaggi e scendere sul campo di battaglia quando se ne ha voglia. – ghignò la valchiria a voce alta in modo che tutte potessero sentire il suo sfogo. Brunilde indietreggiò per raccogliere le sue provocazioni: - Se hai qualche problema, dovresti lamentarti con Odino. Comunque non ti do torto, non è da tutte godere di un simile trattamento di favore. – Lo sguardo di Ortlinde si fece carico d’odio.

Tra tutte le valchirie Brunilde era considerata la più temeraria nel trasgredire gli ordini. Sorprendente era la predilezione del dio nei suoi confronti, che in più di un’occasione l’aveva perdonata e lasciata al suo incarico. Nessuna delle valchirie avrebbe dimenticato tanto presto l’atto di misericordia con cui, da fiamma eterna, era stata riportata nella sua forma umana, al termine delle vicende dell’oro del Reno dal loro Sommo Padre. E la pazienza con cui veniva accolta ogni sua richiesta di dedicarsi al ricovero, trascurando il campo di battaglia e i suoi guerrieri, era per alcune, incomprensibile. Con gli anni, questo trattamento di favore aveva attirato l’invidia silenziosa di alcune compagne che, nonostante tutto, rimanevano in silenzio, per dovere di ubbidienza al volere di Odino.

Grinilde, la prediletta, si frappose alle due donne con mano ferma, afferrando entrambe per un braccio - Fate silenzio ora, sta arrivando – Una grande nuvola rossastra avanzava rapida e minacciosa, carica di lampi, e quando un bagliore luminoso proruppe in mezzo a loro, comparve il re degli Asi avvolto nel suo mantello color della notte. Con la barba e i capelli lunghi e grigi, la figura alta e poco muscolosa poteva sembrare un uomo qualsiasi, tanto nascondeva bene la sua potenza dietro sembianze di gente semplice.

-         Ho un compito per voi anche oggi. Una battaglia si sta svolgendo a sud e so già chi merita la vittoria. Stasera porterete alla mia tavola nel Valalla ottantotto guerrieri. – Le valchirie erano tutte in piedi, composte e in ascolto - Ma prima che vi dica i loro nomi, lasciatemi da solo con Brunilde – Con un leggero inchino del capo, le bionde fanciulle si congedarono in fretta lasciando i due da soli.

-         Odino rinnovami il tuo favore, sono tornata – lo salutò con un sincero sorriso, come una figlia saluta il padre che non vede da tempo, sicura che il suo ritorno sia atteso e lieto.

-         E’ ancora tuo Brunilde. – disse secondo l’usanza -  Nel Valalla si vocifera che sei tornata con la ragazza greca per cui hai tanto penato in questi anni. E’ la verità? –

-         I tuoi occhi vedono ogni cosa, non potrei tenerti nulla celato. Olimpia è con me e questo mi rende piena di gioia. –

-         Bene e immagino che tu sia qui per chiedermi qualcosa … - soggiunse, portandola al cuore di un discorso che poteva già intuire senza l’uso dei poteri divini.

-         Sento il bisogno di dedicarmi per un po’ alla mia dolce ospite e sono sicura che sarai generoso come sempre nel concedermi ancora qualche tempo lontano dal Valalla. – Aveva riflettuto su come formulare la richiesta nel modo giusto per diverso tempo e quella le era sembrata la formula migliore. Ma Odino mugugnò poco persuaso e le rispose in fretta:

- Le tue sorelle penseranno che ti preferisco a loro. Ma prima che tu possa rispondermi che saprai essere riconoscente e sottomessa ai miei ordini, ti rispondo concedendoti sette giorni. – La delusione si dipinse sul volto di Brunilde: aveva grandi progetti e solo sette giorni per realizzarli. Aveva sperato inutilmente nella comprensione del dio questa volta.

-         Se vuoi essere una valchiria devi scegliere di tornare con le tue sorelle nel Valalla. Ma se vorrai dedicarti a questa donna e ai tuoi affari, lascia il tuo posto a chi saprà onorarlo ogni giorno della sua vita completamente. – Odino non stava più parlando di una concessione, ma di una scelta. L’amore per Olimpia, il ricovero, il viaggio in Grecia e infine la vita che aveva sempre sognato con la poetessa l’avevano allontanata enormemente dal suo compito senza che se ne rendesse conto. E ora doveva fermarsi a riflettere su quale strada preferiva percorrere. Non sarebbe stato facile. La notizia la lasciò spiazzata, incapace di chiedere spiegazioni su mancanze che, in fondo, poteva benissimo immaginare. Stava per parlare, scusarsi, e rispondere avventatamente che il suo posto era lì, con le altre valchirie, ma le parole le mancarono ripensando ad Olimpia a casa ad aspettarla tornare…

 

Quando Odino ebbe impartito i suoi ordini e fu lontano dalla montagna, Grinilde e Brunilde passeggiarono indisturbate tra gli abeti, raccontandosi gli avvenimenti occorsi in quel periodo di lontananza. Le due erano diventate buone amiche quando la vicenda dell’Oro del Reno si concluse con la restituzione del metallo, ed entrambe, profondamente segnate dalla vicenda, trovarono comprensione nell’ascolto e nel dialogo che l’altra poteva offrirle.

-         Credi che resterà? – domandò la valchiria al termine del racconto.

-         Lo vorrei tanto, m’illudo che possa essere così ogni volta che mi guarda. – sospirò, come arresa a un destino già scritto – Ma so che non accadrà. E ho paura di non avere la forza per sopravvivere quando la vedrò andar via. – Olimpia e Xena di nuovo insieme, lontano. E lei? Come avrebbe fatto a ricominciare la sua vita dopo averla avuta accanto? Sentì improvvisamente freddo e si strinse nelle spalle, scossa da un brivido.

-         Coraggio non abbatterti, Olimpia ha voluto seguirti e sono sicura che prova veramente qualcosa. Quando ritroverà la memoria non si dimenticherà di te e di quello che c’è stato tra voi. – Parlava con la convinzione di chi aveva saputo amare in silenzio, soffrire e aspettare, ed ora era felice accanto a Odino, il grande amore della sua vita.

Brunilde sorrise amaramente – Sto frenando la cosa, sai? Ieri sera le ho detto che intendo comportarmi da amica e niente di più. – La sua rivelazione produsse l’effetto atteso: Grinilde era rimasta a bocca aperta, incapace di trovare una logica nella sua scelta.

-         Non ti capisco. Puoi avere quello che hai sempre desiderato, e adesso per paura te lo lasci scappare? – fece uno sforzo per non alzare la voce.

-         E’ la cosa giusta. – motivò serafica, martoriando un ago di pino tra le mani affusolate.

-         Hai diritto di essere felice. Smettila di sacrificarti per gli altri e pensa a te stessa per una volta. Potresti pentirtene Brunilde, ricordalo. – La dolcezza non era nell’indole di Grinilde, ma riuscì comunque a dimostrarle il suo affetto con quell’avvertimento. – Quanto alle condizioni di Odino, dovevi aspettartelo. Lui ha bisogno di una valchiria ed è giusto che tu decida cosa vuoi fare della tua vita a questo punto. Quello che conta, è che tu sia felice. Scegli in base a questo e non te ne pentirai. -

-         Non posso essere così egoista con la persona che amo. La felicità di Olimpia mi sta molto più a cuore della mia – Sapeva che l’amica non l’avrebbe appoggiata questa volta. Seguire il suo consiglio sarebbe stato facile in quelle condizioni. Olimpia in quei giorni pendeva dalle sue labbra e non aspettava altro che un segno, un primo passo per una vera relazione. Ripensò al bacio al lago e sentì la felicità straordinariamente vicina…