EPISODIO N. 7
di Xandrella
di Xandrella Capitolo 8 – Divampa
l’incendio
-
E’ molto bella stasera. Continui a fissarla
da quando è iniziata la cena. Hai proprio perso la testa. –
-
Ssh! Abbassa la voce Grinilde per favore,
potrebbe sentirti. – Le due amiche avevano colto l’occasione per parlare
in privato a cena finita, allontanandosi dal resto della compagnia con
la scusa di verificare la fattura di una nuova spada che Brunilde aveva
acquistato durante il suo viaggio in Grecia.
-
Che problema hai? Tanto lo sa che la
ami, no? –
-
Si ma abbiamo litigato prima del vostro
arrivo. – Uno sguardo di rimprovero colpì Brunilde.
-
Ancora insisti con i buoni propositi?
Non farle perdere la pazienza, potresti rovinare tutto. Dammi retta
per una volta. – Il silenzio dell’amica confermò la sua teoria. – Forse
ti sei talmente abituata a guardarla da lontano che adesso hai paura
di essere felice. Non ti biasimo. Ma è ora che ti decida a far cambiare
le cose. – Una risata della poetessa attirò la loro attenzione verso
il tavolo dove le valchirie raccontavano con minuzia di dettagli una
clamorosa caduta da cavallo di Brunilde.
-
Stanotte ho sognato che Xena veniva a
riprenderla per riportarla in Grecia. – Aveva una tremenda paura di
perderla e Grinilde non poteva rassicurarla in alcun modo.
-
Potrebbe anche succedere. – disse con
involontaria cattiveria - L’importante è che trovi Olimpia decisa a rimanere
con te. Sono amica di Xena e mi dispiace per quello che le è successo,
ma preferisco vederti felice. –
-
Sarebbe terribile. E’ già stato fin troppo
straziante dover… - cercò il termine giusto per definire la loro dipartita
osservando accuratamente il contenuto del calice che aveva in mano.
Come se potesse leggerci la risposta - …“Scappare” in quel modo. Preferisco
non pensarci. – Svuotò il bicchiere e si appoggiò allo stipite della
porta. Olimpia la stava guardando. – Poco fa mi ha detto che vuole andarsene.
Credo si sia arresa al fatto che non voglio stare con lei. –
-
Non puoi permetterlo. Spero che almeno
questo ti faccia rinsavire. – Olimpia si era alzata dal tavolo e si
stava avvicinando.
-
Sono pentita, questo si. Spero di avere
ancora la possibilità di farle cambiare idea. –
-
Il dolce è in tavola, vi stiamo aspettando.
– Olimpia afferrò il bicchiere vuoto dalla mano di Brunilde e tornò
al tavolo per riempirle nuovamente la coppa di vino. A sorpresa, l’avvicinò
alle labbra e ne bevve un sorso.
-
Ti provoca. Come puoi vedere, hai ancora
modo di rimediare – commentò Grinilde maliziosa.
-
Ha solo bevuto un po’ troppo. E’ meglio
che la smetta o si sentirà male. – Il tempo trascorse piacevolmente così come Brunilde aveva
sperato. Quando i servitori ebbero terminato il loro andirivieni con
piatti e stoviglie da riportare in cucina e l’attenzione cominciò a
calare per l’ora tarda e la cena abbondante appena consumata, le amiche
iniziarono a dirigersi verso l’uscita tra complimenti e saluti. Spero
di rivederti presto con buone notizie Brunilde. – disse Flossinde -
Mi dispiacerebbe venire a sapere che rinunci al tuo incarico di valchiria
per vivere una vita normale. Credo che sentiremmo tutte la tua mancanza.
Anche Ortlinde, che in genere è così scontrosa con te. – le altre valchirie
annuirono dispiaciute. Nessuna di loro voleva che la compagna le abbandonasse.
-
Perché dovresti lasciare il tuo posto?
– chiese Olimpia, ignara della scelta a cui l’aveva posta Odino. La
donna non le aveva detto nulla volutamente, per non influenzare la sua
scelta di restare con lei. Ma Flossinde aveva parlato troppo e nessuno
ebbe il coraggio di rispondere alla domanda.
-
Dopo ti spiegherò con calma. – La poetessa
sembrava preoccupata: tornare ad una vita normale, non era certo una
decisione che una valchiria poteva prendere con gioia.
-
Perdonami Brunilde, spero di non aver
combinato un guaio. – aggiunse rammaricata Flossinde prima di uscire
di casa.
-
Non preoccuparti, prima o poi avrei dovuto
parlarle. – Sperava di farlo il più tardi possibile o almeno, non quella
sera. Quando la porta si richiuse e furono rimaste da sole, Olimpia
continuò a seguire ogni suo passo con lo sguardo, in attesa di ascoltare
una spiegazione.
-
Non guardarmi in quel modo, non è niente
di grave. – Brunilde si lasciò seguire fino in camera sua, dove iniziò
a liberare i lunghi capelli ondulati dalle forcine davanti allo specchio.
Doveva liquidare quel discorso velocemente prima che la poetessa potesse
avvertire il peso dei suoi veri sentimenti nella scelta che stava per
affrontare.
-
Hai avuto problemi con Odino vero? –
-
No, non ci sono veri problemi. E’ solo
che, … negli ultimi tempi ho preso molte pause e non posso continuare
così. –
-
Ma la tua amica ha detto che è stato
Odino a chiederti di scegliere cosa vuoi fare. – Era poco dietro di
lei e vedeva l’apprensione nei suoi occhi riflessi allo specchio.
-
Si e sono d’accordo con lui. Ho bisogno
di mettere ordine nella mia vita e capire cosa è veramente importante
per me. – Cos’era davvero importante
per lei? Olimpia intuì la risposta…
-
Credo di essere stata troppo precipitosa
prima. Forse dovrei restare ancora un po’… - Resa e poi di nuovo speranza.
Il messaggio era eloquente abbastanza da lasciare Brunilde senza
parole col cuore in gola. – Sempre che tu mi voglia ancora qui, dopo
quello che ti ho detto. –
-
Ma certo che ti voglio qui. – Si affrettò
a risponderle, voltandosi. – Non ho mai voluto che te ne andassi. Io…
- chiuse gli occhi e sospirò, come in cerca del coraggio per parlare
- non riesco a dominare il desiderio di averti accanto. – Doveva dirle
la verità, non era più disposta a perdere la possibilità di essere felice.
– Probabilmente è tutto sbagliato ma, ho intenzione di recuperare il
tempo perso con te. – Qual era stato il vero errore? Amare in
silenzio la donna di un’altra? O non aver avuto in quei giorni il coraggio
di lottare per ciò che si ama? Iniziava a non avere più molta importanza…
Brunilde non riuscì ad aggiungere altro, il silenzio si prolungò fino
a diventare imbarazzante.
-
Dimmi di cosa hai bisogno per farlo e
te lo concederò – Fu come esprimere un desiderio. Vide il sorriso di
Olimpia nascere da un suo sguardo d’intesa e poi sognò ad occhi aperti
di giornate trascorse insieme in quell’accogliente casa, cavalcate,
nuotate, esperimenti in cucina, il tepore del camino e del suo corpo
accanto al suo, il pianto e le risa, la gioia e il dolore che avrebbero
condiviso in una vita intera… tutto le passò davanti agli occhi velocemente
e per la prima volta desiderò invecchiare, purchè le fosse rimasta accanto.
-
Resta. – disse con un dolce impeto. –
Non mi serve altro che il tuo cuore. Ma se non mi ami, esci adesso da
quella porta e non tornare. – Gli occhi le divennero lucidi e Olimpia
le accarezzò amorevolmente la guancia d’ebano - Voglio vederti felice.
E te lo ripeterò all’infinito se sarà necessario. –
-
Sarai tu a rendermi felice. – Olimpia
si sollevò in punta di piedi e le diede un solo bacio: l’attimo racchiuso
nel cuore che vale l’eternità perché contiene le emozioni di una vita.
Quella che stava per iniziare.
-
Baciami ancora… - domandò con gli occhi
chiusi e le labbra intrise del sapore di lei - non sto sognando vero? – In risposta ottenne
ciò che aveva chiesto mentre le braccia di Olimpia le avvolsero i fianchi.
-
Fammi restare stanotte… - La poetessa
lo sussurrò appena, prima di riprendere un lungo e appassionato bacio.
Ad ogni secondo che passava, Brunilde sentiva perdere il controllo delle
sue azioni. La poetessa si stava
impadronendo di ogni parte della sua mente e del suo corpo. Ne era quasi succube e prima che potesse abbandonarsi
completamente alle emozioni, trovò la forza di interromperla.
-
Stiamo correndo troppo. – un altro bacio
e poi un altro ancora, domandarono le labbra di Olimpia. E Brunilde
non seppe negarsi. Non voleva. – Torna in camera tua amore, ti prego.
– Olimpia sorrise sentendosi chiamare in quel modo meraviglioso, tuttavia
acconsentì e sciolse l’abbraccio.
-
Come vuoi. Avremo tutto il tempo che
vogliamo. – con finta rassegnazione le pose un casto bacio sulle labbra
e si avviò lentamente alla porta seguita dallo sguardo estasiato della
valchiria - Stanotte e le successive lascerò sempre la porta aperta.
Ti aspetterò. – Richiuse la porta alle sue spalle mentre gioia e desiderio
turbavano Brunilde come non mai. Erano anni che non si sentiva così.
Nessuno era stato capace di accenderle il cuore in quel modo prima d’ora.
E adesso le divideva una porta e un attesa che non aveva ragione di
esistere. Il silenzio di quella stanza vuota le sembrò assordante. Si distese sul letto ancora vestita ma non aveva sonno,
si sentiva viva e pronta ad affrontare un nuovo capitolo di quella bellissima
storia con Olimpia. In pochi minuti elaborò ogni valida motivazione
che le permettesse di uscire dalla camera e raggiungerla. Stava sprecando
tempo! Si alzò. Non poteva dormire, i pensieri la tormentavano,
la soffocavano. Si avvicinò allo specchio e riprese a sciogliere le
ciocche dei capelli ancora raccolti.
Sistemò le aderenze del vestito sui fianchi dove pochi minuti
prima, le mani di Olimpia l’avevano tenuta stretta e fu scossa da un
brivido lungo la schiena. Fissò la sua immagine allo specchio e sorrise al pensiero
del ritrovato coraggio: – Te lo meriti – disse a voce alta. I capelli
le sembrarono sciupati, ma notò con piacere che erano ondulati e ne
ammirò il colore dorato. Osservò il candido colore della pelle del viso
e gli occhi azzurri. Rimase delusa nel vedere la sua immagine stanca
e si sorprese di come tutti quei dettagli, avevano assunto all’improvviso
grande importanza. Ma non riuscì a resistere alla tentazione in nome dell’aspetto
fisico. Dopotutto, Olimpia le aveva detto che l’amava, ed era pronta
a dimostrarglielo in ogni momento. Agghindarsi non avrebbe cambiato
le cose. Uscì dalla camera e si avvicinò alla porta socchiusa.
Il cuore le batteva forte e sperò che l’emozione non la tradisse. Spinse
lentamente, cercando di non far rumore e quando la richiuse alle spalle
venne avvolta dall’oscurità. Avanzò con passi incerti fino al bordo del letto, poi
sentì una mano afferrare la sua. Ciò che aveva immaginato mille volte
era diventato improvvisamente realtà e non le occorreva vedere ciò che
ora sentiva sulla sua pelle. Le labbra di Olimpia trovarono le sue con
tale facilità che Brunilde si stupì di quanto fosse brava a muoversi
nelle tenebre. Voleva riprendere la sua mano e accarezzarla, ma temeva
che un gesto incerto potesse rovinare quel momento magico.
-
Da quanto tempo mi aspetti? – Le disse
la calda voce di Olimpia, mentre dal buio emergeva un’ombra capace di
accarezzarla fino a farle confondere la realtà con il sogno. – Era già
scritto…- Non ebbe bisogno di
aggiungere nulla. Prese la mano di Brunilde nella sua e questo turbò
profondamente entrambe, tanto che le loro dita strinsero più forte la
presa.
-
No, ti sbagli. Se siamo qui, adesso,
è perché lo abbiamo voluto noi. – La valchiria l’attirò a se fino a
sentire il corpo di lei contro il suo e la strinse forte. - Voglio fare
l’amore con te – La baciò sulla bocca, come un amante, mentre scopriva
di poter osare lungo il suo corpo con ogni tipo di carezza. Le era concesso
stringere i suoi fianchi, ricacciare via la morbida stoffa del vestito
per scoprire angoli di pelle nuda. Poteva baciarla ovunque e donare
se stessa con altrettanta generosità. Lasciò che il vestito scivolasse
mollemente sul pavimento guidato dalle mani della sua amata e con lei
si abbandonò a una passione crescente. Cercò di fissare nella mente
la prima carezza dei suoi morbidi seni e come la mano di Olimpia avesse
guidato la sua, lungo il suo corpo, fino alla fine del ventre. Non avrebbe
mai dimenticato il suo primo sussulto e il respiro caldo di lei sul
suo collo. La spinse sul letto e ansante l’aiutò a spogliarsi completamente,
poi, con tenera prepotenza si adagiò sul suo corpo nudo dominando a
fatica la fretta di chi desidera con ardore possedere tutto e subito.
Aveva atteso per anni quel momento e non doveva rovinarlo. Nascose i
loro corpi intrecciati sotto una coperta di pelliccia e scoprì che Olimpia
approvava ogni sua incerta iniziativa. Cercava le sue labbra umide dapprima
sul collo, poi sui seni turgidi e sempre più giù. La passione sostituì
completamente l’imbarazzo e ogni gesto divenne del tutto naturale quando
l’istinto prese il sopravvento con i movimenti ritmici e sinuosi dei
loro corpi. E Brunilde ebbe la prova che la poetessa sapeva amarla al
suo stesso modo. Olimpia era sua: tra le sue braccia, sotto il peso
del suo corpo, sopra e dentro di lei. Il piacere che ne scaturiva generava
una sensazione di dominio e potere che non aveva mai provato prima e
che rendeva unica quella notte di passione. Il buio custodì il loro
segreto tutta la notte. Capitolo 9 – Un
vuoto incolmabile Sussultò nel sonno e si ritrovò seduta tra le pieghe
scomposte della morbida coperta di pelliccia con la fronte madida di
sudore. Anche quella notte Olimpia era stata protagonista dei suoi incubi.
Si, incubi, perché da giorni ormai non riusciva più a riposare tranquilla.
Si distese nuovamente, sforzandosi di riposare ancora. Le stelle erano
ancora chiare nel cielo e Argo dormiva accanto a un albero poco distante
da lei. Iniziò nuovamente a pensare a Olimpia, a cosa stava facendo
lontano da lei, se era felice con Brunilde e se pensava mai a lei. Ma
una domanda più di tutte l’assillava: aveva
recuperato la memoria? Questo quesito alimentava giorno per giorno
la speranza di rivederla tornare da lei, magari profondamente pentita.
E si chiedeva se le avrebbe perdonato l’insensatezza della sua scelta.
Molte volte era stata tentata di partire per le terre di Odino, decisa
a riportarla indietro o almeno per verificare se stava bene. Ma poi
demordeva, guidata dall’orgoglio e dal rispetto delle scelte della donna
per la sua stessa vita. Aveva impegnato quelle tristi giornate nella ricerca
di una persona disposta a comprare la casa che era destinata ad accogliere
il tempo del tramonto per lei e Olimpia, ma che si era rivelata la fonte
delle sue sventure. Pur di cancellare per sempre dalla sua esistenza
quelle mura, l’aveva ceduta a un prezzo molto inferiore a quello sborsato
per acquistarla. L’acquirente si era addirittura insospettito, di fronte
all’offerta stracciata di Xena, ed era stato sul punto di rifiutare
prima di portare a termine un vero affare. Purtroppo, aver ripreso la vita girovaga di sempre, lasciandosi
alle spalle quella casa, non l’aveva aiutata a dimenticare la scena
dell’addio di Olimpia, che si ripeteva continuamente nella sua testa
a qualunque ora del giorno e della notte. Solo Venere di tanto in tanto le faceva visita e cercava
di proporle ogni genere di distrazione, dopo l’iniziale tentativo di
spingerla a sfogarsi, fallito miseramente. Era comparsa con quattro
dei suoi schiavi, disposti a combattere con lei con ogni genere di arma.
La volta successiva le aveva offerto una combinazione di rilassanti
massaggi e bagni profumati, infine, dopo l’ennesimo rifiuto di Xena,
le aveva portato ben cinque splendide fanciulle, nel tentativo di farle
dimenticare Olimpia almeno per una notte. Non solo la principessa guerriera
aveva rifiutato, ma era andata su tutte le furie di fronte alla proposta
indecente. Perciò, da un paio di giorni la dea dell’Amore evitava di
farsi vedere da quelle parti, anche perché a corto di idee. Si rigirò più volte nel letto ma non le riusciva di tenere
gli occhi chiusi. Chissà se dormiva
accanto all’altra tutte le notti…se la cercava o si lasciava svegliare
come faceva con lei… sentì il respiro mancare e fu costretta ad
alzarsi. L’aria umida e fredda della notte riusciva a tranquillizzarla
per un po’. Argo si agitò alle sue spalle, sbuffando per farle avvertire
la sua presenza vigile. - Mi dispiace averti svegliato anche stanotte. Tu lo
sai perché non riesco a dormire vero? – gli accarezzò il muso e si asciugò
gli occhi lucidi cercando di ricacciare via le lacrime. – A te non manca
mai? – Argo mosse la testa come se avesse capito la domanda della sua
padrona. E la guerriera lo interpretò come un si. - A me no. Un peso di meno Xena, credi a me. – Marte
era comparso alle sue spalle e le accarezzava la schiena in modo ambiguo.
Il saluto contrariato della principessa che si aspettava non si fece
attendere: una gomitata sul naso mise le distanze all’istante tra i
due. - Marte. Mi aspettavo la tua entrata in scena. La notizia
presto o tardi doveva giungere alle tue infide orecchie. Risparmiami
i salamelecchi e lasciami sola. – Tagliò corto la donna con aria sprezzante.
Dopotutto non aveva abbastanza pazienza da declinare in modo gentile
la sua corte serrata in quel momento. - Sapevo che di quella biondina non potevi fidarti. Le
donne sono tutte uguali, avresti dovuto saperlo. – - Non accetto lezioni da te sull’argomento e non intendo
darti spiegazioni. – - Non metterti sulla difensiva. Non sono qui per dirti
che avevo ragione, volevo solo offrirti l’aiuto che ti serve. – Il dio
della guerra non aveva mai dato nulla senza ottenere qualcosa in cambio
e Xena lo sapeva bene. - Non ho bisogno di niente, voglio solo essere lasciata
in pace. – Sapeva che avrebbe dovuto sorbirsi le sue spiegazioni e una
recita gratuita del migliore attore dell’Olimpo. Non era mai riuscita
a toglierselo dai piedi in poche battute. Ma stava parlando bene, le donne sono tutte uguali… anche lei aveva tradito in passato ma
ad Olimpia era sempre rimasta fedele, nonostante le tentazioni. Aveva
riposto in lei massima fiducia e l’amore che provava l’aveva cambiata
anche sotto questo profilo. Era diventata una donna fedele e devota
alla sua compagna. E per questo si sentiva tradita due volte. - Non ti sto offrendo soluzioni ma un valido appoggio.
Se dovessi decidere di andare a riprendertela, puoi contare su di me.
– - Ti sbagli Marte, non costringerò Olimpia a tornare
da me. Lei ha scelto volont…- - Si, lo so. E’ stata lei ad andarsene. Ma se recupera
la memoria come tutti ci aspettiamo, credi forse che la valchiria la
lascerà tornare a casa? – Marte le stava aprendo la mente su un’ipotesi
che non aveva ancora preso in considerazione. Poteva
avere ragione…Era rimasta in silenzio, comunicando la sua sorpresa
e di questo, Marte sembrava molto soddisfatto. – Io al suo posto non
la lascerei partire - - No Brunilde non farebbe mai una cosa del genere… -
Dal suo tono traspariva poca convinzione e a Marte ormai, bastava insistere. - Ricordati che per quanto la tua rivale in amore sia
una guerriera leale e valorosa, l’ha circuita fino al punto di convincerla
a seguirla. Non sto dicendo che la terrà prigioniera ma potrebbe fare
in modo che Olimpia non torni a casa se è brava come penso con le parole.
Sicuramente in questi giorni non si saranno solo guardate negli occhi.
Potrebbe far leva su quello che c’è stato tra loro e metterle in testa
che tu non la riprenderesti con te. – Il dubbio s’insinuò nella guerriera
e la divorò rapidamente. Doveva assicurarsi che Olimpia fosse
felice e non voleva tornare in Grecia. Che fosse davvero Brunilde
la donna che voleva accanto a sé. Ma poteva mettere da parte il suo
orgoglio ferito? Le promesse che aveva fatto a se stessa? Voleva cancellarla
dal suo cuore, seguire la sua strada in solitudine perché meritava di
rifarsi una vita. Lo doveva a se stessa. - E chi ti dice che io la rivoglia con me dopo quello
che mi ha fatto? – Si era voltata a guardarlo con occhi ardenti d’orgoglio.
Olimpia l’aveva ferita nel profondo e Marte poteva leggerglielo nello
sguardo. - Speravo che tu lo dicessi. Ma ti avrei appoggiato se
avessi voluto lottare per riaverla con te. – - Risparmiati, non intendo farlo. Voglio riposarmi per
un po’… poi riprenderò i miei viaggi. Se ti aspetti che torni a guidare
una delle tue armate in qualche folle guerra, ti sbagli. Una delusione
d’amore non mi renderà stupida fino a questo punto. Olimpia conserverà
per sempre il merito di avermi cambiato. Non farò passi indietro solo
perché lei adesso non c’è più. – Al termine di questa frase sospirò.
Aveva rielaborato la sua vita in teoria ma non in pratica. La ferita
era ancora aperta e non riusciva ancora ad accettare l’accaduto. Avere
i nervi saldi con Marte le costava fatica in quel momento. - Bene, vedo che hai le idee molto chiare. E’ un buon
segno, ti stai riprendendo più in fretta di quello che pensavo. – Marte
sorrise compiaciuto, Xena riusciva sempre a sorprenderlo per la sua
caparbietà. – Non intendo sparire, sappilo. Per qualunque cosa puoi
chiamarmi – - Mi stai offrendo una spalla su cui piangere? – commentò
ironica la guerriera. Non sarebbe mai riuscita a fidarsi del dio della
guerra. - Lo sai che ti amo Xena. – - Per favore, non ricominciare con questa storia. Non
mi butterò tra le tue braccia perché mi sento sola e abbandonata. Non
sono quel tipo di donna. – - Lo so. Preferiresti una guerriera dalle curve generose.
– ridacchiò Marte, fingendo di non aver capito le parole della mora.
Si divertiva a prenderla in giro o a giocarle qualche colpo basso quando
si sentiva umiliato o sminuito dal suo atteggiamento. E in questo Xena
era maestra. - Può darsi. Ad ogni modo, ti ringrazio del pensiero
disinteressato che hai avuto. – Una nota d’ironia accompagnò il saluto
mentre il dio della guerra si dissolveva alla sua solita maniera senza
lasciare traccia. Fulla bussava ripetutamente alla porta di Olimpia da
diversi minuti e non era la prima volta che terminava il suo giro di
perlustrazione nella casa, alla ricerca della nipote e della sua ospite,
dinanzi alla camera della giovane.
-
Olimpia cara, sei in camera? Il sole
è alto e ormai l’ora della colazione è passata da un pezzo. Devo preparare
il pranzo? – Ma dalla camera non giungeva nessuna risposta e la governante
riprese a bussare più insistentemente di prima.
-
Zia, cosa stai facendo? – Brunilde era
arrivata di soppiatto alle sue spalle facendola sobbalzare.
-
Oh, benedetta ragazza! Allora sei qui!
– Lo sguardo attento e indagatore di Fulla corse al vestito candido
che Brunilde aveva indossato durante la cena della sera precedente.
– Perché hai ancora quel vestito? –
-
Se proprio vuoi saperlo ho trascorso
la notte nel Valalla e adesso se non ti dispiace mi occupo io di Olimpia.
– Attese che le facesse largo dinanzi alla porta e sorrise cordialmente
di fronte a uno sguardo sospettoso, prima che si decidesse a tornare
verso la cucina.
-
Vado a preparare il pranzo allora. Dovrai
bussare molto forte, la tua amica ha il sonno pesante. – e si allontanò
farfugliando qualcosa su quanto possano far male al riposo i banchetti
a tarda ora. Dopo aver verificato di essere sola, Brunilde sgattagliolò
in camera della poetessa trovandola in attesa dietro la porta. – Ti
ha creduto? Mi dispiace che tu abbia dovuto scavalcare la finestra.
Se ci fossimo svegliate prima… -
-
Non preoccuparti. Adesso è tutto a posto.
Volevo solo evitarti il supplizio delle sue domande. Fulla non è un
problema, è solo molto curiosa. – Quel piccolo segreto era intrigante
e divertente. Le due complici si guardarono sorridendo come bambine
che giocano a nascondino. Brunilde fu tentata di farle delle domande
sulla notte appena trascorsa ma concluse che era perfettamente inutile
e imbarazzante. In fondo aveva sentito sotto la sua pelle ogni emozione
e fremito della sua Olimpia e questo doveva bastarle. Le sarebbe bastato
ogni giorno che il destino le avrebbe donato accanto a lei.
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