EPISODIO N. 7
di Xandrella


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di Xandrella

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Capitolo 8 – Divampa l’incendio

 

-         E’ molto bella stasera. Continui a fissarla da quando è iniziata la cena. Hai proprio perso la testa. –

-         Ssh! Abbassa la voce Grinilde per favore, potrebbe sentirti. –  Le due amiche avevano colto l’occasione per parlare in privato a cena finita, allontanandosi dal resto della compagnia con la scusa di verificare la fattura di una nuova spada che Brunilde aveva acquistato durante il suo viaggio in Grecia.

-         Che problema hai? Tanto lo sa che la ami, no? –

-         Si ma abbiamo litigato prima del vostro arrivo. – Uno sguardo di rimprovero colpì Brunilde.

-         Ancora insisti con i buoni propositi? Non farle perdere la pazienza, potresti rovinare tutto. Dammi retta per una volta. – Il silenzio dell’amica confermò la sua teoria. – Forse ti sei talmente abituata a guardarla da lontano che adesso hai paura di essere felice. Non ti biasimo. Ma è ora che ti decida a far cambiare le cose. – Una risata della poetessa attirò la loro attenzione verso il tavolo dove le valchirie raccontavano con minuzia di dettagli una clamorosa caduta da cavallo di Brunilde.

-         Stanotte ho sognato che Xena veniva a riprenderla per riportarla in Grecia. – Aveva una tremenda paura di perderla e Grinilde non poteva rassicurarla in alcun modo.

-         Potrebbe anche succedere. – disse con involontaria cattiveria -  L’importante è che trovi Olimpia decisa a rimanere con te. Sono amica di Xena e mi dispiace per quello che le è successo, ma preferisco vederti felice. –

-         Sarebbe terribile. E’ già stato fin troppo straziante dover… - cercò il termine giusto per definire la loro dipartita osservando accuratamente il contenuto del calice che aveva in mano. Come se potesse leggerci la risposta - …“Scappare” in quel modo. Preferisco non pensarci. – Svuotò il bicchiere e si appoggiò allo stipite della porta. Olimpia la stava guardando. – Poco fa mi ha detto che vuole andarsene. Credo si sia arresa al fatto che non voglio stare con lei. –

-         Non puoi permetterlo. Spero che almeno questo ti faccia rinsavire. – Olimpia si era alzata dal tavolo e si stava avvicinando.

-         Sono pentita, questo si. Spero di avere ancora la possibilità di farle cambiare idea. –

-         Il dolce è in tavola, vi stiamo aspettando. – Olimpia afferrò il bicchiere vuoto dalla mano di Brunilde e tornò al tavolo per riempirle nuovamente la coppa di vino. A sorpresa, l’avvicinò alle labbra e ne bevve un sorso.

-         Ti provoca. Come puoi vedere, hai ancora modo di rimediare – commentò Grinilde maliziosa.

-         Ha solo bevuto un po’ troppo. E’ meglio che la smetta o si sentirà male. –

 

 

Il tempo trascorse piacevolmente così come Brunilde aveva sperato. Quando i servitori ebbero terminato il loro andirivieni con piatti e stoviglie da riportare in cucina e l’attenzione cominciò a calare per l’ora tarda e la cena abbondante appena consumata, le amiche iniziarono a dirigersi verso l’uscita tra complimenti e saluti. Spero di rivederti presto con buone notizie Brunilde. – disse Flossinde - Mi dispiacerebbe venire a sapere che rinunci al tuo incarico di valchiria per vivere una vita normale. Credo che sentiremmo tutte la tua mancanza. Anche Ortlinde, che in genere è così scontrosa con te. – le altre valchirie annuirono dispiaciute. Nessuna di loro voleva che la compagna le abbandonasse.

-         Perché dovresti lasciare il tuo posto? – chiese Olimpia, ignara della scelta a cui l’aveva posta Odino. La donna non le aveva detto nulla volutamente, per non influenzare la sua scelta di restare con lei. Ma Flossinde aveva parlato troppo e nessuno ebbe il coraggio di rispondere alla domanda.

-         Dopo ti spiegherò con calma. – La poetessa sembrava preoccupata: tornare ad una vita normale, non era certo una decisione che una valchiria poteva prendere con gioia. 

-         Perdonami Brunilde, spero di non aver combinato un guaio. – aggiunse rammaricata Flossinde prima di uscire di casa.

-         Non preoccuparti, prima o poi avrei dovuto parlarle. – Sperava di farlo il più tardi possibile o almeno, non quella sera. Quando la porta si richiuse e furono rimaste da sole, Olimpia continuò a seguire ogni suo passo con lo sguardo, in attesa di ascoltare una spiegazione.

-         Non guardarmi in quel modo, non è niente di grave. – Brunilde si lasciò seguire fino in camera sua, dove iniziò a liberare i lunghi capelli ondulati dalle forcine davanti allo specchio. Doveva liquidare quel discorso velocemente prima che la poetessa potesse avvertire il peso dei suoi veri sentimenti nella scelta che stava per affrontare.

-         Hai avuto problemi con Odino vero? –

-         No, non ci sono veri problemi. E’ solo che, … negli ultimi tempi ho preso molte pause e non posso continuare così. –

-         Ma la tua amica ha detto che è stato Odino a chiederti di scegliere cosa vuoi fare. – Era poco dietro di lei e vedeva l’apprensione nei suoi occhi riflessi allo specchio.

-         Si e sono d’accordo con lui. Ho bisogno di mettere ordine nella mia vita e capire cosa è veramente importante per me. – Cos’era davvero importante per lei? Olimpia intuì la risposta…

-         Credo di essere stata troppo precipitosa prima. Forse dovrei restare ancora un po’… - Resa e poi di nuovo speranza.  Il messaggio era eloquente abbastanza da lasciare Brunilde senza parole col cuore in gola. – Sempre che tu mi voglia ancora qui, dopo quello che ti ho detto. –

-         Ma certo che ti voglio qui. – Si affrettò a risponderle, voltandosi. – Non ho mai voluto che te ne andassi. Io… - chiuse gli occhi e sospirò, come in cerca del coraggio per parlare - non riesco a dominare il desiderio di averti accanto. – Doveva dirle la verità, non era più disposta a perdere la possibilità di essere felice. – Probabilmente è tutto sbagliato ma, ho intenzione di recuperare il tempo perso con te. – Qual era stato il vero errore? Amare in silenzio la donna di un’altra? O non aver avuto in quei giorni il coraggio di lottare per ciò che si ama? Iniziava a non avere più molta importanza… Brunilde non riuscì ad aggiungere altro, il silenzio si prolungò fino a diventare imbarazzante.

-         Dimmi di cosa hai bisogno per farlo e te lo concederò – Fu come esprimere un desiderio. Vide il sorriso di Olimpia nascere da un suo sguardo d’intesa e poi sognò ad occhi aperti di giornate trascorse insieme in quell’accogliente casa, cavalcate, nuotate, esperimenti in cucina, il tepore del camino e del suo corpo accanto al suo, il pianto e le risa, la gioia e il dolore che avrebbero condiviso in una vita intera… tutto le passò davanti agli occhi velocemente e per la prima volta desiderò invecchiare, purchè le fosse rimasta accanto.

-         Resta. – disse con un dolce impeto. – Non mi serve altro che il tuo cuore. Ma se non mi ami, esci adesso da quella porta e non tornare. – Gli occhi le divennero lucidi e Olimpia le accarezzò amorevolmente la guancia d’ebano - Voglio vederti felice. E te lo ripeterò all’infinito se sarà necessario. –

-         Sarai tu a rendermi felice. – Olimpia si sollevò in punta di piedi e le diede un solo bacio: l’attimo racchiuso nel cuore che vale l’eternità perché contiene le emozioni di una vita. Quella che stava per iniziare.

-         Baciami ancora… - domandò con gli occhi chiusi e le labbra intrise del sapore di lei -  non sto sognando vero? – In risposta ottenne ciò che aveva chiesto mentre le braccia di Olimpia le avvolsero i fianchi.

-         Fammi restare stanotte… - La poetessa lo sussurrò appena, prima di riprendere un lungo e appassionato bacio. Ad ogni secondo che passava, Brunilde sentiva perdere il controllo delle sue azioni.  La poetessa si stava impadronendo di ogni parte della sua mente e del suo corpo.  Ne era quasi succube e prima che potesse abbandonarsi completamente alle emozioni, trovò la forza di interromperla.

-         Stiamo correndo troppo. – un altro bacio e poi un altro ancora, domandarono le labbra di Olimpia. E Brunilde non seppe negarsi. Non voleva. – Torna in camera tua amore, ti prego. – Olimpia sorrise sentendosi chiamare in quel modo meraviglioso, tuttavia acconsentì e sciolse l’abbraccio.

-         Come vuoi. Avremo tutto il tempo che vogliamo. – con finta rassegnazione le pose un casto bacio sulle labbra e si avviò lentamente alla porta seguita dallo sguardo estasiato della valchiria - Stanotte e le successive lascerò sempre la porta aperta. Ti aspetterò. – Richiuse la porta alle sue spalle mentre gioia e desiderio turbavano Brunilde come non mai. Erano anni che non si sentiva così. Nessuno era stato capace di accenderle il cuore in quel modo prima d’ora. E adesso le divideva una porta e un attesa che non aveva ragione di esistere. Il silenzio di quella stanza vuota le sembrò assordante.

Si distese sul letto ancora vestita ma non aveva sonno, si sentiva viva e pronta ad affrontare un nuovo capitolo di quella bellissima storia con Olimpia. In pochi minuti elaborò ogni valida motivazione che le permettesse di uscire dalla camera e raggiungerla. Stava sprecando tempo!

Si alzò. Non poteva dormire, i pensieri la tormentavano, la soffocavano. Si avvicinò allo specchio e riprese a sciogliere le ciocche dei capelli ancora raccolti.  Sistemò le aderenze del vestito sui fianchi dove pochi minuti prima, le mani di Olimpia l’avevano tenuta stretta e fu scossa da un brivido lungo la schiena.

Fissò la sua immagine allo specchio e sorrise al pensiero del ritrovato coraggio: – Te lo meriti – disse a voce alta. I capelli le sembrarono sciupati, ma notò con piacere che erano ondulati e ne ammirò il colore dorato. Osservò il candido colore della pelle del viso e gli occhi azzurri. Rimase delusa nel vedere la sua immagine stanca e si sorprese di come tutti quei dettagli, avevano assunto all’improvviso grande importanza.

Ma non riuscì a resistere alla tentazione in nome dell’aspetto fisico. Dopotutto, Olimpia le aveva detto che l’amava, ed era pronta a dimostrarglielo in ogni momento. Agghindarsi non avrebbe cambiato le cose.

Uscì dalla camera e si avvicinò alla porta socchiusa. Il cuore le batteva forte e sperò che l’emozione non la tradisse. Spinse lentamente, cercando di non far rumore e quando la richiuse alle spalle venne avvolta dall’oscurità.

Avanzò con passi incerti fino al bordo del letto, poi sentì una mano afferrare la sua. Ciò che aveva immaginato mille volte era diventato improvvisamente realtà e non le occorreva vedere ciò che ora sentiva sulla sua pelle. Le labbra di Olimpia trovarono le sue con tale facilità che Brunilde si stupì di quanto fosse brava a muoversi nelle tenebre. Voleva riprendere la sua mano e accarezzarla, ma temeva che un gesto incerto potesse rovinare quel momento magico.

-         Da quanto tempo mi aspetti? – Le disse la calda voce di Olimpia, mentre dal buio emergeva un’ombra capace di accarezzarla fino a farle confondere la realtà con il sogno. – Era già scritto…-  Non ebbe bisogno di aggiungere nulla. Prese la mano di Brunilde nella sua e questo turbò profondamente entrambe, tanto che le loro dita strinsero più forte la presa.

-         No, ti sbagli. Se siamo qui, adesso, è perché lo abbiamo voluto noi. – La valchiria l’attirò a se fino a sentire il corpo di lei contro il suo e la strinse forte. - Voglio fare l’amore con te – La baciò sulla bocca, come un amante, mentre scopriva di poter osare lungo il suo corpo con ogni tipo di carezza. Le era concesso stringere i suoi fianchi, ricacciare via la morbida stoffa del vestito per scoprire angoli di pelle nuda. Poteva baciarla ovunque e donare se stessa con altrettanta generosità. Lasciò che il vestito scivolasse mollemente sul pavimento guidato dalle mani della sua amata e con lei si abbandonò a una passione crescente. Cercò di fissare nella mente la prima carezza dei suoi morbidi seni e come la mano di Olimpia avesse guidato la sua, lungo il suo corpo, fino alla fine del ventre. Non avrebbe mai dimenticato il suo primo sussulto e il respiro caldo di lei sul suo collo. La spinse sul letto e ansante l’aiutò a spogliarsi completamente, poi, con tenera prepotenza si adagiò sul suo corpo nudo dominando a fatica la fretta di chi desidera con ardore possedere tutto e subito. Aveva atteso per anni quel momento e non doveva rovinarlo. Nascose i loro corpi intrecciati sotto una coperta di pelliccia e scoprì che Olimpia approvava ogni sua incerta iniziativa. Cercava le sue labbra umide dapprima sul collo, poi sui seni turgidi e sempre più giù. La passione sostituì completamente l’imbarazzo e ogni gesto divenne del tutto naturale quando l’istinto prese il sopravvento con i movimenti ritmici e sinuosi dei loro corpi. E Brunilde ebbe la prova che la poetessa sapeva amarla al suo stesso modo. Olimpia era sua: tra le sue braccia, sotto il peso del suo corpo, sopra e dentro di lei. Il piacere che ne scaturiva generava una sensazione di dominio e potere che non aveva mai provato prima e che rendeva unica quella notte di passione. Il buio custodì il loro segreto tutta la notte.

 

Capitolo 9 – Un vuoto incolmabile

 

Sussultò nel sonno e si ritrovò seduta tra le pieghe scomposte della morbida coperta di pelliccia con la fronte madida di sudore. Anche quella notte Olimpia era stata protagonista dei suoi incubi. Si, incubi, perché da giorni ormai non riusciva più a riposare tranquilla. Si distese nuovamente, sforzandosi di riposare ancora. Le stelle erano ancora chiare nel cielo e Argo dormiva accanto a un albero poco distante da lei. Iniziò nuovamente a pensare a Olimpia, a cosa stava facendo lontano da lei, se era felice con Brunilde e se pensava mai a lei. Ma una domanda più di tutte l’assillava: aveva recuperato la memoria? Questo quesito alimentava giorno per giorno la speranza di rivederla tornare da lei, magari profondamente pentita. E si chiedeva se le avrebbe perdonato l’insensatezza della sua scelta. Molte volte era stata tentata di partire per le terre di Odino, decisa a riportarla indietro o almeno per verificare se stava bene. Ma poi demordeva, guidata dall’orgoglio e dal rispetto delle scelte della donna per la sua stessa vita.

Aveva impegnato quelle tristi giornate nella ricerca di una persona disposta a comprare la casa che era destinata ad accogliere il tempo del tramonto per lei e Olimpia, ma che si era rivelata la fonte delle sue sventure. Pur di cancellare per sempre dalla sua esistenza quelle mura, l’aveva ceduta a un prezzo molto inferiore a quello sborsato per acquistarla. L’acquirente si era addirittura insospettito, di fronte all’offerta stracciata di Xena, ed era stato sul punto di rifiutare prima di portare a termine un vero affare.

Purtroppo, aver ripreso la vita girovaga di sempre, lasciandosi alle spalle quella casa, non l’aveva aiutata a dimenticare la scena dell’addio di Olimpia, che si ripeteva continuamente nella sua testa a qualunque ora del giorno e della notte.

Solo Venere di tanto in tanto le faceva visita e cercava di proporle ogni genere di distrazione, dopo l’iniziale tentativo di spingerla a sfogarsi, fallito miseramente. Era comparsa con quattro dei suoi schiavi, disposti a combattere con lei con ogni genere di arma. La volta successiva le aveva offerto una combinazione di rilassanti massaggi e bagni profumati, infine, dopo l’ennesimo rifiuto di Xena, le aveva portato ben cinque splendide fanciulle, nel tentativo di farle dimenticare Olimpia almeno per una notte. Non solo la principessa guerriera aveva rifiutato, ma era andata su tutte le furie di fronte alla proposta indecente. Perciò, da un paio di giorni la dea dell’Amore evitava di farsi vedere da quelle parti, anche perché a corto di idee.

Si rigirò più volte nel letto ma non le riusciva di tenere gli occhi chiusi. Chissà se dormiva accanto all’altra tutte le notti…se la cercava o si lasciava svegliare come faceva con lei… sentì il respiro mancare e fu costretta ad alzarsi. L’aria umida e fredda della notte riusciva a tranquillizzarla per un po’. Argo si agitò alle sue spalle, sbuffando per farle avvertire la sua presenza vigile.

- Mi dispiace averti svegliato anche stanotte. Tu lo sai perché non riesco a dormire vero? – gli accarezzò il muso e si asciugò gli occhi lucidi cercando di ricacciare via le lacrime. – A te non manca mai? – Argo mosse la testa come se avesse capito la domanda della sua padrona. E la guerriera lo interpretò come un si.

- A me no. Un peso di meno Xena, credi a me. – Marte era comparso alle sue spalle e le accarezzava la schiena in modo ambiguo. Il saluto contrariato della principessa che si aspettava non si fece attendere: una gomitata sul naso mise le distanze all’istante tra i due.

- Marte. Mi aspettavo la tua entrata in scena. La notizia presto o tardi doveva giungere alle tue infide orecchie. Risparmiami i salamelecchi e lasciami sola. – Tagliò corto la donna con aria sprezzante. Dopotutto non aveva abbastanza pazienza da declinare in modo gentile la sua corte serrata in quel momento.

- Sapevo che di quella biondina non potevi fidarti. Le donne sono tutte uguali, avresti dovuto saperlo. –

- Non accetto lezioni da te sull’argomento e non intendo darti spiegazioni. –

- Non metterti sulla difensiva. Non sono qui per dirti che avevo ragione, volevo solo offrirti l’aiuto che ti serve. – Il dio della guerra non aveva mai dato nulla senza ottenere qualcosa in cambio e Xena lo sapeva bene.

- Non ho bisogno di niente, voglio solo essere lasciata in pace. – Sapeva che avrebbe dovuto sorbirsi le sue spiegazioni e una recita gratuita del migliore attore dell’Olimpo. Non era mai riuscita a toglierselo dai piedi in poche battute. Ma stava parlando bene, le donne sono tutte uguali… anche lei aveva tradito in passato ma ad Olimpia era sempre rimasta fedele, nonostante le tentazioni. Aveva riposto in lei massima fiducia e l’amore che provava l’aveva cambiata anche sotto questo profilo. Era diventata una donna fedele e devota alla sua compagna. E per questo si sentiva tradita due volte.

- Non ti sto offrendo soluzioni ma un valido appoggio. Se dovessi decidere di andare a riprendertela, puoi contare su di me. –

- Ti sbagli Marte, non costringerò Olimpia a tornare da me. Lei ha scelto volont…-

- Si, lo so. E’ stata lei ad andarsene. Ma se recupera la memoria come tutti ci aspettiamo, credi forse che la valchiria la lascerà tornare a casa? – Marte le stava aprendo la mente su un’ipotesi che non aveva ancora preso in considerazione. Poteva avere ragione…Era rimasta in silenzio, comunicando la sua sorpresa e di questo, Marte sembrava molto soddisfatto. – Io al suo posto non la lascerei partire -

- No Brunilde non farebbe mai una cosa del genere… - Dal suo tono traspariva poca convinzione e a Marte ormai, bastava insistere.

- Ricordati che per quanto la tua rivale in amore sia una guerriera leale e valorosa, l’ha circuita fino al punto di convincerla a seguirla. Non sto dicendo che la terrà prigioniera ma potrebbe fare in modo che Olimpia non torni a casa se è brava come penso con le parole. Sicuramente in questi giorni non si saranno solo guardate negli occhi. Potrebbe far leva su quello che c’è stato tra loro e metterle in testa che tu non la riprenderesti con te. – Il dubbio s’insinuò nella guerriera e la divorò rapidamente. Doveva assicurarsi che Olimpia fosse felice e non voleva tornare in Grecia. Che fosse davvero Brunilde la donna che voleva accanto a sé. Ma poteva mettere da parte il suo orgoglio ferito? Le promesse che aveva fatto a se stessa? Voleva cancellarla dal suo cuore, seguire la sua strada in solitudine perché meritava di rifarsi una vita. Lo doveva a se stessa.

- E chi ti dice che io la rivoglia con me dopo quello che mi ha fatto? – Si era voltata a guardarlo con occhi ardenti d’orgoglio. Olimpia l’aveva ferita nel profondo e Marte poteva leggerglielo nello sguardo.

- Speravo che tu lo dicessi. Ma ti avrei appoggiato se avessi voluto lottare per riaverla con te. –

- Risparmiati, non intendo farlo. Voglio riposarmi per un po’… poi riprenderò i miei viaggi. Se ti aspetti che torni a guidare una delle tue armate in qualche folle guerra, ti sbagli. Una delusione d’amore non mi renderà stupida fino a questo punto. Olimpia conserverà per sempre il merito di avermi cambiato. Non farò passi indietro solo perché lei adesso non c’è più. – Al termine di questa frase sospirò. Aveva rielaborato la sua vita in teoria ma non in pratica. La ferita era ancora aperta e non riusciva ancora ad accettare l’accaduto. Avere i nervi saldi con Marte le costava fatica in quel momento.

- Bene, vedo che hai le idee molto chiare. E’ un buon segno, ti stai riprendendo più in fretta di quello che pensavo. – Marte sorrise compiaciuto, Xena riusciva sempre a sorprenderlo per la sua caparbietà. – Non intendo sparire, sappilo. Per qualunque cosa puoi chiamarmi –

- Mi stai offrendo una spalla su cui piangere? – commentò ironica la guerriera. Non sarebbe mai riuscita a fidarsi del dio della guerra.

- Lo sai che ti amo Xena. –

- Per favore, non ricominciare con questa storia. Non mi butterò tra le tue braccia perché mi sento sola e abbandonata. Non sono quel tipo di donna. –

- Lo so. Preferiresti una guerriera dalle curve generose. – ridacchiò Marte, fingendo di non aver capito le parole della mora. Si divertiva a prenderla in giro o a giocarle qualche colpo basso quando si sentiva umiliato o sminuito dal suo atteggiamento. E in questo Xena era maestra.

- Può darsi. Ad ogni modo, ti ringrazio del pensiero disinteressato che hai avuto. – Una nota d’ironia accompagnò il saluto mentre il dio della guerra si dissolveva alla sua solita maniera senza lasciare traccia.

 

 

Fulla bussava ripetutamente alla porta di Olimpia da diversi minuti e non era la prima volta che terminava il suo giro di perlustrazione nella casa, alla ricerca della nipote e della sua ospite, dinanzi alla camera della giovane.

-         Olimpia cara, sei in camera? Il sole è alto e ormai l’ora della colazione è passata da un pezzo. Devo preparare il pranzo? – Ma dalla camera non giungeva nessuna risposta e la governante riprese a bussare più insistentemente di prima.

-         Zia, cosa stai facendo? – Brunilde era arrivata di soppiatto alle sue spalle facendola sobbalzare.

-         Oh, benedetta ragazza! Allora sei qui! – Lo sguardo attento e indagatore di Fulla corse al vestito candido che Brunilde aveva indossato durante la cena della sera precedente. – Perché hai ancora quel vestito? –

-         Se proprio vuoi saperlo ho trascorso la notte nel Valalla e adesso se non ti dispiace mi occupo io di Olimpia. – Attese che le facesse largo dinanzi alla porta e sorrise cordialmente di fronte a uno sguardo sospettoso, prima che si decidesse a tornare verso la cucina.

-         Vado a preparare il pranzo allora. Dovrai bussare molto forte, la tua amica ha il sonno pesante. – e si allontanò farfugliando qualcosa su quanto possano far male al riposo i banchetti a tarda ora.

Dopo aver verificato di essere sola, Brunilde sgattagliolò in camera della poetessa trovandola in attesa dietro la porta. – Ti ha creduto? Mi dispiace che tu abbia dovuto scavalcare la finestra. Se ci fossimo svegliate prima… -

-         Non preoccuparti. Adesso è tutto a posto. Volevo solo evitarti il supplizio delle sue domande. Fulla non è un problema, è solo molto curiosa. – Quel piccolo segreto era intrigante e divertente. Le due complici si guardarono sorridendo come bambine che giocano a nascondino. Brunilde fu tentata di farle delle domande sulla notte appena trascorsa ma concluse che era perfettamente inutile e imbarazzante. In fondo aveva sentito sotto la sua pelle ogni emozione e fremito della sua Olimpia e questo doveva bastarle. Le sarebbe bastato ogni giorno che il destino le avrebbe donato accanto a lei.