Episodio N. 10
di Nihal


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seconda parte

di Nihal

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INTRO

Vederla tornare forse fu ben peggiore che guardarla sparire all’orizzonte sul suo cavallo dorato. Durante la sua assenza, benché sapessi che fosse sciocco da parte mia, continuai a nutrire la segreta speranza che avremmo potuto trovare il modo di tornare ad essere felici insieme. Quando un messaggero giunse al castello per avvisare dell’arrivo imminente di un drappello di cavalieri, mi precipitai a rotta di collo sulle mura, il cuore che cercava in tutti i modi di farmi esplodere la gabbia toracica dall’interno. Anche mia sorella Eilan era evidentemente impaziente. Lì per lì non ne compresi la reale ragione: ai miei occhi era ancora un’amabile ed ingenua bambina.
Giunsero in vista del castello poco dopo il tramonto: Artù era alla testa di un’unità di cavalleria formata dai suoi uomini più fidati. Accanto a lui avanzava lei, splendente con la sua corazza nei raggi del crepuscolo. Vederla procedere accanto al mio sposo come suo secondo in comando mi spezzò il cuore: che spazio avremmo potuto trovare per essere noi stesse? Aveva avuto ragione, mesi prima, quando aveva definito il nostro viaggio insieme semplicemente un miraggio… Un’illusione, terribilmente felice, ma pur sempre una chimera.
Scendemmo ad accoglierli nell’atrio interno ed al mio fianco Eilan era fremente. Sorrisi e ricambiai l’abbraccio di Artù, mentre mi sentivo incredibilmente colpevole nel fingere di essere partecipe della sua gioia di giovane comandante vittorioso. Soffocai le lacrime che mi riempivano gli occhi, ma non riuscii a nasconderle ad Artù.
<<Ginevra, cos’hai?>> mi chiese con premura.
<<Nulla, sono felice tu sia tornato sano e salvo>> gli risposi prontamente, ricambiando il suo bacio.
Rientrai stretta al braccio del mio sposo, il viso contratto nell’espressione più serena che riuscii ad ottenere. Alle mie spalle Eilan avanzava al braccio di Lancillotto, sul volto una gioia che riconobbi a stento.
Una volta all’interno lasciai che il mio ruolo di regina, che speravo segretamente di poter abbandonare, risucchiasse anche i miei pensieri.
Partimmo pochi giorni dopo, il tempo necessario per permettere ai cavalieri ed alle cavalcature di ristorarsi dopo il lungo viaggio, fortunatamente erano tutti incolumi. Artù, infatti, era entrato nella reggia di re Urien senza colpo ferire ed altrettanto pacificamente aveva potuto deporre il vecchio sovrano per sostituirlo con uno dei suoi figli, con il quale aveva combattuto anni addietro. Solo dopo venni a sapere che quella stata carica era stata offerta a Lancillotto…
Eilan insistette per seguirmi a corte ed a lei si aggiunse la mia cara balia Dorilea. Grazie a loro riuscii a non pensare a cosa significasse tornare a Camelot…

 

CAPITOLO I

 

<<Da questa porta si accede ad un corridoio che porta alle mie stanze. In qualsiasi momento potrai raggiungermi>> disse Ginevra, facendo strada ad Eilan nella stanza che aveva fatto preparare per lei.
<<Se questa è la mia stanza, ho quasi paura ad immaginare quanto grandiosa sia la tua!>>
La fanciulla era a dir poco entusiasta e si affacciò all’ampia finestra.
<<Però la veduta non è quella della Carmelide>> aggiunse, con una sottile vena di nostalgia. Ginevra le cinse le spalle.
<<Guarda: stanno tornando i cavalieri!>> esclamò Eilan, cancellando di colpo la leggera tristezza che l’aveva colta poco prima.
<<Sir Lancillotto è tra loro?>> chiese, gli occhi che le sfavillavano. Ginevra non ebbe neppure bisogno di guardare all’esterno prima di risponderle.
<<No, Eilan. Sir Lancillotto è qui a palazzo: Artù lo ha nominato suo luogotenente. Dov’è il re, è tenuto ad essere lui, salvo che non abbia ordini diversi>> le rispose, omettendo però di riferirle delle sue insistenze perché Xena fosse una presenza costante a Camelot.
<<Capisco…>> si rivolse poi ancora verso l’esterno <<Sai se è promesso a qualcuna?>>
La domanda la colse totalmente impreparata, tant’è che esitò a trovare la risolutezza per parlare.
<<No… Non saprei dirti…Insomma, non deve certo dirlo a me!>>
Il suo imbarazzo nel risponderle non sfuggì alla fanciulla, che, tuttavia, lo accantonò come pudore e desiderio di riservatezza. Le sorrise leggermente maliziosa.
<<Quindi potrebbe sposare chiunque?>
Olimpia sbatté le palpebre più volte, ancora più sorpresa.
<<Purché sia disponibile e del suo rango>> le rispose infine, con voce neutra.
Eilan era sul punto di chiederle altro, ma la regina la interruppe.
<<Ora basta, Eilan. Vieni, voglio mostrarti la sala grande>>

 

515 d. C, Isola di Avalon

Morgana arrancava nella fitta vegetazione del sottobosco che le si aggrappava alla veste azzurra, lacerandola in più punti. La voce di Viviana le risuonava ancora nella mente in tutta la sua rabbiosa potenza. Avalon le era preclusa e con essa tutta la saggezza che vi era racchiusa. Tuttavia aveva visto abbastanza. Un ghigno di soddisfazione le increspò le labbra ed i suoi occhi ebbero un baluginio oscuro. Aveva visto quanto potente era stata, ben più di quanto avesse mai immaginato. Maledisse Viviana, che era giunta un attimo prima che potesse riappropriarsi di quel potere, spezzando la sua trama. Però ora sapeva, e Viviana non avrebbe potuto far nulla per domare la bramosia che si era svegliata in lei. Ora sapeva chi era stata e chi sarebbe stata la chiave per ritornare a quella potenza.
“Selene…o dovrei chiamarti Xena?” pensò, chiudendo le palpebre e rivedendo se stessa accanto alla guerriera, vestita di pelli di cervo e con il viso imbrattato di sangue.
Era lei la porta che le avrebbe permesso di ritrovare la devastante potenza che aveva posseduto nella sua precedente incarnazione. Era a Camelot che doveva giungere e non ci sarebbe stato ostacolo sufficientemente aspro e possente da impedirle di andare avanti. Una risata al limite dell’isteria si levò fino a riempire l’aria. Era poco le importava che Viviana l’avesse scacciata.
“Non mi serve più il potere di Avalon, vecchia. Presto sarò in gradi di distruggere te e tutte le tue preziose sacerdotesse!”

<<Artù, non muovere un muscolo>>
Lancillotto sussurrò appena, incoccando lentamente una freccia al suo arco di mogano scuro. Il re si fermò, osservando il cavaliere immobile nella sua posizione. La freccia volò sibilando e si conficcò in un cespugli, da cui provenne un gemito soffocato. Lancillotto sorrise e, sceso da cavallo con un balzo, l’arco in spalla, si diresse verso il cespuglio, sollevando orgoglioso un piccolo cervo, la freccia ancora conficcata nel collo.
<<Accidenti, Lancillotto! Come diavolo facevi a sapere che era lì?>> Il re lo raggiunse mentre questi rimontava in sella.
<<Su, amico mio, non ti abbattere!>> lo canzonò il cavaliere, spronando con i talloni la sua cvalcatura.
<<Allora, Lancillotto…Che ne pensi di Camelot?>> chiese il sovrano, affiancandolo nell’andatura. Il cavaliere rimase in silenzio per un po’ prima di rispondere
<<Artù, sei fortunato a poter contare su comandanti tanto fedeli: tua padre non ha avuto la stessa occasione>> gli disse.
<<Non credi che…insomma… la mancanza di un erede possa…indebolire la mia posizione?>> insistette il re, evidentemente imbarazzato.
<<Non essere stupido: siete ancora giovani entrambi ed avete tempo a sufficienza per pensare ad un erede!>> sbottò Lancillotto.
<<Sì, lo so, però, sai…>> fece per continuare, ma il cavaliere gli fece cenno di tacere, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, gli fece cenno di fare molto piano.
<<C’è un animale nei paraggi>> sussurrò, riprendendo l’arco tra le mani dopo esser smontato.
Artù lo imitò pronto anch’egli a scoccare la sua freccia.
Un cinghiale selvatico emerse improvvisamente. Lancillotto fece appena in tempo a scansarsi dalla traiettoria della sua corsa, ma l’animale travolse il pieno il re, gettandolo a terra. Il cavaliere scoccò il dardo, riuscendo però solo a ferire il cinghiale.
<<Maledizione…>> l’imprecazione di Artù lo fece voltare di scatto. Notò immediatamente la chiazza scura di sangue sulle brache dell’uomo. Gli si avvicinò velocemente, ringraziando la dea che si trattasse soltanto di un taglio poco profondo.
<<Messa a tappeto da un cinghiale: molto edificante>> scherzò Artù, cercando di rimettersi in piadi.
<<Vedi che avevo ragione prima?>>
Lancillotto evitò il suo sguardo mentre lo aiutava a montare in sella.
<<Forza, torniamo al castello: qui non ho nulla per medicarti la ferita. È superficiale, ma non vorrei che si infetti…>> gli rispose, sviando dall’argomento.

<<Giungete da Avalon, dunque…>> Ginevra guardava sorridente e benevola, assisa tra le sue dame di corte, la donna vestita di blu profondo che le stava di fronte. Morgana abbassò il capo in una riverenza prima di risponderle.
<<Sì, mia signora. Sono una sacerdotessa consacrata alla Dea>>
La regina si accorse dei borbottii infastiditi di alcune fanciulle alle sue spalle.
<<Hanna, mia cara, hai qualche problema?>> le chiese, facendo finta di non aver compreso la ragione del loro disappunto.
<<Questo mi rallegra, perché sono certa che Lady Morgana troverà gradevole la vostra compagnia per tutto il tempo in cui si vorrà trattenere presso la corte>>
Ginevra sorrise alla sacerdotessa, ma lo scintillio che vide negli occhi di questa le lasciò uno strano senso di pericolo.
<<Maestà!>> un servo entrò velocemente nella sala. <<Il re è tornato, ma è ferito>> le disse concitato.
La regina si alzò immediatamente e gli andò incontro.
<<Dov’è ora?>> chiese.
<<Sir Lancillotto lo sta curando nelle sue stanze…>>
Ginevra aveva già varcato la soglia della porta quando la voce di Morgana la raggiunse.
<<Mia regina, sono stata istruita nell’arte della guarigione ad Avalon: potrei aiutare il re>>
La donna annuì e le fece cenno di seguirla.
“Non poteva accadere un evento più favorevole” pensò Morgana, sorridendo soddisfatta alle spalle della regina.
Quando entrarono, Artù era disteso su suo letto e canzonava la cura con cui Lancillotto gli stava ripulendo la ferita con del vino.
<<Sarebbe meglio se lo bevessimo, sai? Almeno ti toglierebbe quell’espressione truce dalla faccia!>> il sovrano alzò gli occhi ed incrociò quelli della sposa.
<<Ginevra!>> la salutò, tendendo le braccia verso di lei. Quando la regina si mosse verso Artù, Lancillotto vide alle sue spalle la figura della sacerdotessa. Aggrottò ancora di più la fronte.
“Cosa ci fa Morgana qui? Che Viviana l’abbia inviata a richiamarmi?” pensò mentre prendeva le fasce per bendare la ferita.
<<Artù, Lady Morgana giunge da Avalon, come sir Lancillotto>> disse Ginevra sciogliendo l’abbraccio con lo sposo e scambiandosi uno sguardo fugace con il cavaliere.
<<Si è offerta di prendersi cura della tua ferita>>
Artù si voltò verso Lancillotto, cercando il suo assenso.
<<Conosco Lady Morgana: era la protetta di mia madre, la Dama del Lago. Non credo, però, che sia necessario l’intervento di una consacrata per una banalità>> rispose <<Basterà che ti tenga lontano dal cavallo per qualche giorno e sarà perfettamente rimarginata>> concluse.
<<Però poteri accelerare la guarigione. Stasera stessa, sire, sarete in perfette condizioni>> intervenne la sacerdotessa.
<<E sia allora!>> disse Artù. <<Non fare quella faccia, amico mio: che figura faccio se si viene a sapere che basta un cinghiale per mettermi a letto?>>
Il cavaliere si alzò, contrariato, per far posto a Morgana. Guardò Ginevra negli occhi, ma la regina fece spallucce, anche lei impotente di fronte alla decisione de re. La sacerdotessa impose le mani sulla piccola lacerazione. Mentre recitava un’invocazione, che Lancillotto conobbe come composta nella lingua sacra di Avalon, un leggero bagliore si irradiò dalle sue palme. Quando ebbe finito, sul corpo dell’uomo non rimaneva che una leggerissima traccia rosata.
Artù sgranò gli occhi mettendosi immediatamente in piedi, mentre il cavaliere guardava con sospetto il sorriso ambiguo di Morgana. Non era riuscito a comprendere bene le parole della donna, eppure aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato.
<<Nemmeno tu mi hai mai curato così Lancillotto!>> esclamò il re, strappandolo al filo dei suoi pensieri.
<<Abbiamo avuto due istruzioni diverse>> intervenne Morgana, evitandogli l’impaccio di quella domanda.
<<Cara, avvisa il ciambellano di organizzare un banchetto: dobbiamo festeggiare l’arrivo di Lady Morgana a Camelot>> disse Artù rivolgendosi a Ginevra.
La regina annuì, seguita dalla sacerdotessa.
<<Artù, vado anch’io>> gli disse il cavaliere, uscendo prima che il re potesse aggiungere alcunché.
<<Lady Morgana!>> chiamò a gran voce.
La donna si fermò, voltandosi nella sua direzione. Il cavaliere le fece cenno di seguirlo lungo un corridoio laterale.
<<Ti ha mandata Viviana?>> le chiese freddamente, fissandola negli occhi.
<<Sì, Selene…>>
<<Abbassa la voce. Sono sir Lancillotto: Selene appartiene ad Avalon e non esiste oltre le nebbie>> si guardò intorno per assicurarsi che nessuno avesse sentito. Morgana sorrise, compiaciuta della forza che quel segreto rappresentava.
<<Cosa vuole la Dama del Lago da me?>> le chiese poi.
<<Da te? Assolutamente nulla. Cosa ti fa credere che mi abbia mandata qui per te?>> il suo tono sarcastico lo infastidì notevolmente.
<<Se non è per richiamarmi sotto il suo controllo, perché Viviana si è privata della sua protetta? O non è più così?>>
Per un attimo Morgana temette che la Guardiana della Luna sapesse che era stata scacciata dalla sacra isola, ma si tranquillizzò immediatamente. Aveva viaggiato troppo velocemente perché un messaggio di Viviana fosse giunto prima di lei presso Camelot.
<<La volontà della Dama non ha bisogno di spiegazioni>> rispose ieratica.
<<Sì, certo, le parole di Viviana sono le parole della Dea…>> rispose ironica. <<Smettila di prendermi in giro, Morgana. Tu non sei una sacerdotessa come le altre e mi sembra difficile che mia madre>> marcò particolarmente queste parole <<ti abbia tenuto all’oscuro dei suoi fini>> incrociò le braccia, in attesa di una risposta.
<<Viviana vuole che qualcuno ricordi ad Artù l’importanza del potere di Avalon su questa terra e sa benissimo che questo qualcuno non puoi essere tu. Hai rinnegato i tuoi voti, anche se vedo al tuo fianco un’arma della Dea>> disse, indicando con gli occhi la spada di Lancillotto, cui il cavaliere aveva istintivamente portato la mano.
<<Cosa io faccia delle mie armi non è affar tuo, Morgana. Non ho rinnegato i miei voti, ma mi sono stancata di essere un giocattolo nelle mani di Viviana, che fa la sua volontà, non quella della Dea!>> la rabbia le riempì il cuore immediatamente, sebbene fino ad allora era convita di averla sepolta per sempre.
<<Non si addice ad una Guardiana della Luna un simile rancore, Selene>> la schernì.
<<Taci!>> la guerriera arrivò ad un soffio dal suo viso. I loro sguardi si fronteggiarono. Morgana non fece una piega, limitandosi a sostenere con sfrontata sicurezza gli occhi fiammeggianti di Selene fissi nei suoi. Poi sorrise.
<<Sir Lancillotto, non è conveniente che ci trovino da soli: siete o no un uomo d’onore?>>
Il cavaliere le diede le spalle, allontanandosi a grandi falcate verso le stalle. Morgana contenne la sua soddisfazione a stento mentre si allontanava verso le stanze della regina: non aveva più dubbi. Ora era solo questione di tempo…
<<Lady Morgana, finalmente!>> la voce di una delle dame di Ginevra la fece voltare.
<<La regina ha fatto preparare la vostra stanza e vuole mostrarvela>>
La sacerdotessa annuì con falsa gentilezza, seguendo silenziosamente la giovane.

Selene sentiva i muscoli del suo cavallo contrarsi sotto di lei nello slancio della corsa. Le sembrava di avere ancora di fronte agli occhi il sorriso soddisfatto di Morgana che la sbeffeggiava spudoratamente. C’era qualcosa in quella donna che la inquietava profondamente: non si fidava di lei, né di Viviana. La sua cavalcatura cominciò a rallentare, sfiancata dall’andatura cui l’aveva costretta e si diresse spontaneamente verso una polla d’acqua poco distante.
Scese da cavallo e lasciò che l’animale si riposasse mentre lei si sedeva all’ombra di un grosso albero. Chiuse gli occhi per calmare i suoi pensieri, ma fu pressoché inutile. Cominciava ad essere difficile gestire tre identità contemporaneamente. La tentazione di tornare ad Avalon a spron battuto fu forte, ma il pensiero di Ginevra era un veto che non poteva trascurare. In particolar modo ora che Morgana era a Camelot. Sentiva che non poteva lasciarla sola, non ora che erano entrambe consapevoli del loro passato. I ricordi della loro vita precedente erano ancora avvolti da una fitta coltre se non per pochi stralci… Chiuse gli occhi e sentì addosso una stanchezza che la schiacciava. Per quanto si sforzasse, non riuscì ad impedire che i suoi muscoli si rilassassero. Si lasciò cullare dal senso di torpore e si addormentò. La sua mente si riempì di immagini che sovrapponevano sogno e ricordo.

In quando ospite d’onore, Morgana sedeva alla destra del re, di fronte a Ginevra, che continuava a voltarsi per scandagliare la sala. Assaggiò appena le portate, stretta in una morsa di nervosismo. Neppure si accorse dell’interesse crescente che Artù stava mostrando verso la sacerdotessa. Il sole era tramontato da poco, ma di Lancillotto nessuna traccia. Nessuno sapeva dove fosse andato né quando. Non aveva ottenuto alcuna notizia se non che il posto del suo cavallo nella stalla era vuoto. Tossì rumorosamente più di una volta per ottenere l’attenzione del sovrano.
<<Vorrei ritirarmi nelle mie stanze>> gli disse sottovoce.
L’uomo la guardò preoccupato.
<<Stai bene?>> le chiese. Si limitò ad annuire per rassicurarlo.
<<Vai pure allora>> fu la risposta di Artù.
Con eleganza si alzò, allontanandosi  a passo svelto. Stava per correre un rischio enorme, oltre che potenzialmente molto stupido. Entrò nelle sue stanze, ben attenta ad evitare la servitù. Con  velocità si spogliò, sostituendo l’abito con pratici calzoni e casacca. Legò i capelli in una coda e sistemò il letto in modo che sembrasse che vi stesse dormendo.
Indossato il mantello scuro si allontanò con quanta più circospezione le fu possibile,  diretta verso le stalle. Ringraziò la sua buona stella per non aver incontrato nessuno: sarebbe stato imbarazzante, oltre che complicato, trovare una scusa plausibile. L’odore di fieno e di sterco le colpì le narici con forza, ma si sforzò di ignorarlo. Aveva appena sellato una giumenta scura docile quando lo scalpiccio di zoccoli la fece sobbalzare. Si nascose all’ombra ed attese. Quando riconobbe il viso chiaro di Lancillotto sospirò, saltandogli praticamente al collo. Il cavaliere, evidentemente sorpreso, ricambiò impacciato l’abbraccio. La regina gli sorrise.
<<Sono stata in pensiero…>> si giustificò, notando la sua freddezza.
Il cavaliere si sforzò di sorridere per nascondere le tracce di inquietudine dal suo viso. Le accarezzò dolcemente una guancia.
<<Sto bene, Olimpia>> sussurrò. Quel nome fece tremare entrambe.
<<Sicura che vada tutto bene?>> insistette la regina.
La guerriera distolse lo sguardo, evitando la profondità della sua espressione.
<<Non avresti dovuto rischiare così tanto>> le rispose, evitando l’argomento.
Olimpia le prese le mani, costringendola a guardarla in viso.
<<Sai bene quanto me che, pur negandolo, non potrai mai, non potremo mai, ignorare chi siamo>> Un silenzio teso calò tra le due. Olimpia posò il capo sul suo petto, lasciandosi abbracciare. Poteva sentire il battito forte della guerriera scandire inesorabilmente il tempo.
<<Xena, io…>> fece per dire la regina, ma la mora le mise l’indice sulle labbra.
<<Shh… Ce ne preoccuperemo domani>> le disse con un sorriso, il primo forse realmente sincero.
<<Ora è meglio se fai ritorno alle tue stanze. Io entrerò dall’ingresso laterale: sarebbe alquanto equivoco se ci vedessero insieme. Non voglio destare sospetti inutili>> concluse, sciogliendo l’abbraccio.
<<Sii cauta>> le sussurrò, poi sparì nell’ombra.

<<Quali pensieri la incupiscono, maestà?>> chiese Morgana, mantenendo la sua voce in un tono morbido e carezzevole. Artù le indirizzò un mezzo sorriso.
<<È molto attenta, Lady Morgana…>> le rispose, fissandola negli occhi e rimase sorpreso dalla fermezza con cui la donna sostenne il suo sguardo. Sorrise ancora.
<<Mi perdoni, sire, ma ad Avalon non siamo abituate ad abbassare gli occhi di fronte a nessuno>> gli disse, intuendo i suoi pensieri.
Artù era evidentemente affascinato da quella figura così misteriosa.
<<Cosa vi porta da Avalon a Camelot?>> le chiese, versandosi del vino.
Morgana rimase in silenzio alcuni istanti prima di rispondere.
<<La Dama del Lago ha ritenuto giusto che Camelot e la sua corte potessero contare sull’appoggio della Dea, sire>> gli disse. L’uomo bevve un sorso senza staccare gli occhi dalla donna.
<<Sono felice che la tua signora abbia preso questa decisione>> concluse.
Morgana sorrise, sfiorando discretamente la mano del re. 

CAPITOLO II

Vissi quegli anni in uno stato di euforico torpore, troppo spesso accompagnato da laceranti sensi di colpa. Mentire ad Artù, cui non avrei potuto rimproverare nulla come sposo e come compagno, mi faceva sentire una traditrice, ma come potevo chiedere a me stessa di allontanarmi da Xena? Anche se allora i ricordi della nostra vita precedente erano piuttosto vaghi, non potevo negare il profondo legame che ci univa. Sebbene sapessi che non avremmo mai potuto riprendere quella vita, saperla accanto a me era una giusta consolazione. Ero la sposa del Re di Britannia e non potevo minare la pace che Artù aveva conquistato mettendo in discussione la sua figura, fuggendo con il suo secondo in comando. Tuttavia il destino è una forza che non sempre possiamo sconfiggere.

 

517 d. C., Camelot

<<Sir Lancillotto, non danzate?>> la voce di Eilan era poco percepibile tra le melodie dei musici che riempivano la sala.
<<Solo se costretto, mia signora>> rispose, sorridendo ed inchinandosi leggermente alla giovane dama.
<<E potrei essere io a costringervi?>> insistette la ragazza, accarezzandosi una ciocca fulva che le cadeva sulla spalla. Con eleganza il cavaliere le porse il braccio, unendosi alle altre coppie che danzavano. Morgana seguì con lo sguardo la figura dei due, notando l’espressione della giovane mentre avanzava al fianco del più fiero dei cavalieri di Artù.
Accanto a quell’uomo Eilan si sentiva raggiante ed ogni volta che egli la sollevava aveva la sensazione di sfiorare le stelle. Lancillotto si inchinò e non si accorse che la rotazione delle dame gli aveva posto di fronte Ginevra stessa. Quando alzò gli occhi ebbe un impercettibile sussulto, mascherando però la sua espressione in una riverenza.
<<Il re ha organizzato davvero tutto alla perfezione>> le sussurrò mentre danzavano. <<È addirittura giunto mio cugino da Escalot>>
<<Eppure non ho ancora ricevuto i suoi omaggi, cavaliere>> gli rispose sorridendo.
<<Attenda ancora un po’, mia regina: le prometto che celebrerò il suo genetliaco degnamente>>
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa mentre si allontanavano per tornare ai rispettivi compagni. Ginevra non mancò di notare la gioia della sorella nel ritrovare il braccio del suo cavaliere. Aggrottò la fronte, lievemente preoccupata.
<<Qualcosa tu turba, Ginevra?>> le chiese Artù sollevandola con dolcezza.
<<No, affatto…. È tutto perfetto>> gli rispose, cercando di non fargli intuire la direzione del suo sguardo.
Quando i musici terminarono, Lancillotto dedicò una riverenza alla giovane Eilan, facendo per congedarsi.
<<Siete un ottimo danzatore, cavaliere. Per quale motivo non amate partecipare?>> gli chiese con sguardo limpido. L’uomo era sul punto di rispondere, ma il cugino lo precedette, cingendogli le spalle con un braccio.
<<È troppo discreto, mia signora!>> disse Learco, sorridendo. <<Ha anche una voce meravigliosa, eppure non canta mai!>> aggiunse. La fanciulla spalancò gli occhi per l’entusiasmo.
<<Davvero? E con quale strumento vi accompagnate?>> gli chiese.
<<Ad Avalon ho appreso a suonare la cetra, ma…>> la ragazza lo interruppe bruscamente.
<<Ma è meraviglioso! Voglio assolutamente ascoltarvi!>> esclamò, chiamando un servitore affinché portasse una cetra.
<<Mia signora, non credo sia opportuno: sono presenti musici ben più abili di me questa sera…>> le disse, nel tentativo di sviare l’attenzione da sé.
<<Su, Lancillotto: onoraci con la tua voce!>> insistette Learco, sorridente. Il cavaliere avrebbe voluto fulminarlo con il solo sguardo.
<<È da troppo tempo che non mi esercito>> insistette ancora, mentre il servitore gli porgeva, riverente, lo strumento.
<<Non fatevi pregare, sir Lancillotto! Ad Avalon la Dama del Lago non fa che osannare la vostra voce>> si inserì Morgana con aria di sfida. Lancillotto sostenne il suo sguardo con espressione glaciale.
<<Se me lo chiede una sacerdotessa, non posso certo rifiutare>> disse poi.
Si sedette su di una panca, sfiorando le corde con le dita per saggiarne l’accordatura. I musici tacquero e tutti i presenti si voltarono nella sua direzione. Attese che i sovrani si avvicinassero prima di cominciare. Morgana osservava la scena con sguardo indecifrabile ed un sorriso soddisfatto ad incresparle le labbra.
Mentre il cavaliere cantava del lungo viaggio di un eroe verso la sua amata, Ginevra sentì le lacrime pungerle gli occhi ed un brivido correrle lungo la schiena. Eilan, seduta al fianco di Lancillotto, non faceva nulla per mascherare l’ormai evidente trasporto verso l’uomo. Al sovrano non sfuggì e sorrise: sarebbe stato felicissimo se il più fidato dei suoi cavalieri avesse sposato la sorella minore della sua regina. Si ripromise di parlarne sia a Ginevra che a Lancillotto.
Quando il cavaliere tacque, un silenzio emozionato calò su tutta la sala: Ginevra dovette lottare per trattenere le lacrime che le riempivano gli occhi.
<<Non sapevo di avere un amico bardo!>> esclamò Artù mentre il cavaliere deponeva la cetra con gentilezza.
Immediatamente i suoi occhi corsero a quelli di Ginevra, scambiandosi un sorriso di intesa. Morgana non si allontanò più dalla coppia reale, ben attenta, però, a cogliere ogni cenno da parte di Lancillotto. Quando poi il cavaliere chiese congedo, lo seguì discretamente, desiderosa di trovare conferma ai suoi sospetti. Giunsero fino ad un parapetto interno piuttosto appartato da cui, tuttavia, si poteva godere di una meravigliosa veduta della valle, ora avvolta nei raggi d’argento della luna piena. Si confuse tra le ombre, attendendo con pazienza.
Xena si poggiò sulla balaustra di pietra, chiudendo gli occhi e stringendo tra le mani un piccolo sacchetto in pelle scura. Riconobbe immediatamente la cadenza dei passi che sentiva avvicinarsi con cautela. Sorrise senza neppure aprire gli occhi.
<<C’è una luna meravigliosa…>> disse poi, percependo la presenza di Olimpia al suo fianco. Si voltò verso di lei.
“Ecco la dolce Olimpia…” pensò Morgana, soddisfatta, mentre nella sua mente cominciava a comporsi il mosaico perfetto per la sua vendetta.
La guerriera le prese una mano e le fece scivolare nel palmo un monile. La regina lo sollevò con mani tremanti, osservandone le rifiniture minuziose, incise con meticolosa grazia sulla superficie d’argento.
<<È meraviglioso…>> riuscì a dire, porgendoglielo affinché glielo allacciasse al polso.
<<Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Buon genetliaco, Olimpia>> le rispose. Le sorrise complice, notando però la nuvola che aveva oscurato la gioia negli occhi della donna. L’abbracciò senza neppure il bisogno di chiederle cosa la turbasse tanto.
<<Xena…io…>> fece per dire la donna, ma l’altra le fece cenno di tacere, dopo aver sciolto l’abbraccio, guardandola negli occhi.
<<Shh>> le accarezzò con dolcezza le guance.
<<Perché non possiamo fuggire?>> chiese Olimpia, più a se stessa. Xena si sforzò ancora di sorriderle.
<<Se fuggissimo, non ci sarebbe posto dove potremmo trovar pace, lo sai bene>> le disse, cercando di credere lei stessa alle sue parole.
<<Qui possiamo ugualmente stare insieme, nonostante tutto>> si sarebbe derisa da sola tanto era consapevole dell’assurdità con cui voleva rasserenarla. Olimpia sorrise, comprendendone le ragioni.
<<Ma non siamo libere: io sono incatenata al mio trono e tu sei…>> la guardò negli occhi <<un uomo! Il solo parlarci può essere oggetto di pettegolezzo!!>> sbottò, quasi con rabbia.
<<Ora è meglio che rientri: i festeggiamenti sono per te>> le disse poi.
Xena la osservò andar via, poi, indossato il mantello, si avviò nella direzione opposta.
Morgana uscì dall’ombra sorridente.
“Goditi questa felicità, guerriera, perché non te ne lascerò neppure una goccia”

<<Devo partire immediatamente>> il viso di Ginevra si era fatto mortalmente pallido mentre il messaggero finiva di riferire le notizie che portava dalla Carmelide. Artù le prese la mano nel tentativo di rassicurarla.
<<Certo, Ginevra. Darò immediatamente disposizioni perché organizzino una scorta ed al massimo entro due giorni…>>
La regina lo interruppe con un fermo diniego del capo.
<<No, voglio partire adesso>> ripeté, alzandosi dal trono di scatto.
<<Ma…>> il sovrano fece per seguirla, ma si fermò quando ne incrociò gli occhi.
<<Artù, mio padre sta male…è anziano e molto probabilmente è in fin di vita. Come puoi chiedermi di aspettare anche solo un momento?>> mantenne a stento la voce salda, ma non poté controllare le lacrime che le rigavano il viso.
Il sovrano, corrucciato, assentì con un gesto del capo.
<<E sia… Preparati. Però Lancillotto dovrà scortarti>> concluse, facendo cenno ad un paggio affinché andasse a chiamare il cavaliere.
Con un’abilità che sorprese se stessa, Ginevra mascherò il sobbalzo di gioia con un’espressione di malcelata rassegnazione, poi si congedò, dirigendosi a grandi falcate nelle sue stanze e sperando che Eilan, appresa la notizia, accettasse di aspettare che venisse disposta una scorta. Non era affatto certa che Artù le avrebbe lasciate partire entrambe con un solo cavaliere, sebbene si trattasse di Lancillotto.
Vedendo arrivare il paggio trafelato, Lancillotto si fermò, tergendosi la fronte con una manica dell’ampia blusa bianca che indossava. Fermandosi cominciò a sentire il peso della spada farsi gravoso, percependo solo allora un po’ di stanchezza dopo lo sfibrante allenamento. Attese con calma che il ragazzo lo raggiungesse, appoggiandosi all’arma che aveva conficcato nel terreno del piccolo cortile.
<<Il re…vuole che…lo raggiungiate….immediatamente>> riuscì a dire mentre si fermava, piegandosi in due per prendere fiato.
Il cavaliere aggrottò le sopracciglia mentre si allacciava il cinturone con il fodero e riponeva la spada.
<<È accaduto qualcosa?>> chiese mentre si avviavano verso il castello.
<<Un messaggero dalla Carmelide ha riferito della malattia del sovrano>>
L’espressione del cavaliere si incupì. Non disse più neppure una parola fino a quando furono nella sala del trono. Il re non gli diede neppure modo di aprire bocca.
<<Preparati. Accompagnerai Ginevra fino in Carmelide nel più breve tempo possibile. Le sue dame la raggiungeranno con una scorta>> disse secco, con un’espressione che non ammetteva repliche.

<<Eilan, non essere irragionevole>> sbottò Ginevra mentre si allacciava il mantello da viaggio sulle spalle. La fanciulla la guardava furente ed addolorata.
<<Come fai a dire una cosa del genere? È anche mio padre!>> gli occhi le si erano velati e la voce era sul punto di spezzarsi.
<<Dobbiamo viaggiare il più velocemente possibile e ci rallenteresti troppo, Eilan. Si tratta di attendere solo qualche giorno!>> non aveva la minima intenzione di cambiare la sua posizione.
<<Bugiarda! Vuoi stare da sola con Lancillotto, ecco cos’è!>>
Ginevra si fermò immediatamente, guardandola con un’espressione sconvolta.
<<Il fatto che tu sia mia sorella non significa che tu possa insultarmi impunemente>> la voce le si era fatta bassa e roca. Le si avvicinò, fermandosi ad un soffio dal suo viso.
<<Tu rimarrai qui e partirai con tutte le altre dame quando sarete pronte. E se dovessi osare un’altra volta insinuare una cosa del genere, sappi che non esiterò neppure un istante ad esiliarti, anche in Cornovaglia, se necessario>> il suo sguardo era fermo negli occhi dell’altra che non ebbe il coraggio di aggiungere altro.
<<Bene>> disse poi Ginevra prima di uscire sbattendo la porta alle sue spalle. Ignorò volutamente i singhiozzi che provenivano dalla stanza, avanzando con passi quasi militari verso le stalle. Sicuramente Xena era già pronta. Difatti la vide già in sella, in attesa. Senza dirle una parola montò sulla cavalcatura che era stata preparata per lei e le fece cenno di avviarsi. Spronarono gli animali ed uscirono dalla cinta muraria al piccolo trotto per poi procedere al galoppo.
Morgana le vide allontanarsi fino a scomparire. Era pronta ad agire.

<<Olimpia, dobbiamo fermarci: il sole è tramontato da molto>> disse Xena dopo essersi affiancata al cavallo dell’altra.
<<Non possiamo fermarci! Potremmo non arrivare in tempo!>> le rispose secca Olimpia, spronando ancora la sua cavalcatura, che, stremata, avanzava a stento.
<<Fermati: non vedi che non ce la fa più? Ed anche tu hai bisogno di riposo>>
La guerriera temette di aver usato un tono troppo duro, ma tenne a bada i suoi sensi di colpa, attendendo che anche l’altra tirasse le redini. Smontata da cavallo, le si avvicinò e l’aiutò a scendere, stringendola quando le crollò tra le braccia in preda ad una crisi di pianto. Lasciò che sfogasse la sua ansia in silenzio.
<<Shh.. Ora calmati>> le disse poi con dolcezza, facendola sedere sul suo mantello mentre improvvisava un piccolo accampamento. Le porse la borraccia dell’acqua.
<<Capisco che tu non voglia mangiare, ma bevi almeno un po’>> le disse di fronte al suo cenno di rifiuto.
Intorno a loro stava calando un buio fitto, ma non c’era nulla con cui accendere un fuco ed era poco sicuro allontanarsi in quelle condizioni. Xena le si sedette accanto, cingendole le spalle. Olimpia continuò a fissare un punto indefinito di fronte a sé, con lo sguardo perso.
<<Olimpia?>> la chiamò, cercando di ottenerne l’attenzione. Quando finalmente incrociò i suoi occhi smeraldini, il dolore che vi lesse le strinse il cuore. Le prese le mani tra le sue con delicatezza.
<<Tuo padre vivrà, Olimpia, non temere. Dobbiamo solo dare alcune ore ai cavalli per riposarsi…>> le disse con un filo di voce. La regina annuì chiudendo gli occhi e cercando di assaporare il calore delle sue mani.
<<Me lo prometti?>> le chiese d’un tratto riaprendo gli occhi. Xena la guardò interrogativa.
<<Cosa devo prometterti?>>
<<Che almeno tu non mi lascerai>>
La guerriera sentì il cuore sobbalzare, ma si sforzò di non darlo a vedere.
<<Non preoccuparti, neppure tuo padre ti lascerà. Farò del mio meglio…>>
Olimpia la interruppe scuotendo la testa.
<<Non ti ho chiesto questo, Xena…>>
Tra le due scese un silenzio saturo di emozioni contrastanti.
<<Olimpia, non potrei lasciarti neppure se lo volessi…. Ora però cerca di riposare: dobbiamo alzarci presto per ripartire>> concluse, alzandosi per arrangiare due giacigli.
Sentì i passi di Olimpia dirigersi verso di lei e la donna le si mise accanto, sdraiandosi poi in modo da stringersi a lei. La guerriera prese ad accarezzarle i lunghi capelli biondi ed attese che il suo respiro si facesse regolare pirma di chiudere gli occhi.
<<Xena?>> sentire la sua voce la sorprese: era certa che si fosse addormentata profondamente.
<<Dimmi>>
<<Guardami negli occhi>>
La guerriera aprì le palpebre e si voltò verso di lei, incrociandone lo sguardo.
<<Ho paura>> le disse la regina d’un tratto. Xena si sforzò di sorriderle e di rassicurarla.
<<Non hai nulla da temere: ci sono io qui con te>>
Le posò, poi, un bacio sulla fronte. La regina annuì, sforzandosi di calmare i suoi pensieri
<<Ora cerca di riposare: sei troppo stanca per affliggerti ancora>>
Alla guerriera non sfuggì l’ombra che l’aveva colta. Corrugò le sopracciglia, interrogativa.
<<Stamattina Eilan ha insinuato che tra noi ci fosse qualcosa>> confessò, sentendo la collera che si risvegliava.
<<Devi ammettere che qualche sospetto potrebbe nascere: ti ricordo che io sono un cavaliere>> aggiunse la guerriera, assumendo un tono più serio.
<<Io sono la regina: sono al di sopra di ogni sospetto!>>> esclamò Olimpia.
<<Ti piace proprio dirlo, eh?>> le accarezzò la gota con la mano per calmarla. <<Non preoccuparti: Artù non è tipo da dare ascolto a simili voci>> la rassicurò.
<<Ora riposa, Olimpia>> disse.

<<Sire, cosa vi affligge?>> chiese Morgana al sovrano, notando il suo sguardo cupo. Con fare gentile prese la caraffa del vino e gli riempì la coppa istoriata.
<<Sono solo in pensiero per la regina, lady Morgana>> le rispose, sorridendo forzatamente.
La sacerdotessa prese tra le sue la mano che l’uomo teneva posata sul tavolo, fissandolo negli occhi intensamente.
<<Sire, l’avete affidata a sir Lancillotto: darebbe la sua vita per proteggerla. Sapete che vi è molto fedele…lo sono entrambi>> disse, sfruttando la situazione che le si era offerta. L’uomo ebbe un lievissimo sobbalzo, ma non disse nulla.
Morgana era ben attenta a che il suo calice fosse sempre pieno, continuando ad offrirgli dolci parole di conforto. Quando poi Artù fece per alzarsi, gli fu immediatamente accanto non appena lo vide barcollare.
<<Permettetemi di accompagnarvi, maestà. Non siete in grado di arrivare alle vostre stanze da solo>> la sua voce era bassa e soffusa. L’uomo accennò ad un assenso e lasciò che la donna lo conducesse lungo le scale fino alle sue stanze. Con voluta tenerezza lo aiutò a sdraiarsi e gli tolse gli stivali, cercando di sfilargli il corpetto di cuoio. Si trovava ad un soffio dal suo viso quando Artù aprì gli occhi. Dopo poco lui l’attirò a sé baciandola senza che lei opponesse alcuna resistenza. Lasciò che la spogliasse e che l’amasse, mostrandosi docile e voluttuosa ai suoi desideri. Quando poi fu certa che si fosse addormentato, si strinse le lenzuola attorno al corpo nudo e sorrise.
“Bene, Ginevra…o dovrei dire Olimpia. Presto il tuo caro sposo non avrà occhi che per me”
Gli accarezzò il viso beffarda: lui era la chiave per distruggere Olimpia e con lei Xena. Pregustò la sua vendetta spavalda, certa che in questa vita non sarebbe uscita sconfitta dalla lotta.