EPISODIO N. 8
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di Xandrella

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Capitolo 2 Una notte agitata

 

La voce di Grinilde risuonava tra le colonne di granito del palazzo di Odino sull’Asgard e nemmeno il costante scrosciare delle acque gelide del fiumiciattolo che attraversava le cinquecentoquaranta camere, riusciva a coprire il suo discorso.

Thor si appoggiò a uno dei muri di ghiaccio e iniziò ad origliare. L’altra voce che si alternava a quella della valchiria sembrava proprio quella di Odino… la cosa si faceva interessante. Lentamente sistemò il martello sul pavimento e iniziò ad accarezzarsi la barba e a sistemare ritmicamente la punta dei baffoni rossi.

-    Brunilde ha accettato la proposta? 

-    Di buon grado direi. Dopotutto le sto riservando un grande onore. L’amore che prova per quella greca ha reso il suo cuore puro più di ogni altra valchiria. Il suo spirito di sacrificio per amore di Olimpia mi ha molto colpito. – Ammise compiaciuto. – Piuttosto, hai convocato Xena o no? –

-    No. Ieri ho messo ai voti la sua chiamata e le mie compagne hanno deciso di non farla partecipare. Spero capirai… potevano generarsi dei problemi con Brunilde. –

-    Ancora lei! Sembra sia più importante della profezia che si sta avverando! Balder è morto per mano di suo fratello nonostante i nostri tentativi di tenerlo al sicuro, colpito da un innocuo rametto di vischio. E il vero colpevole, Loki è già fuggito dalla prigione che gli avevamo riservato. I chiari segni del crepuscolo si sono già manifestati. Mimir ha detto il vero. Non abbiamo molto tempo prima dell’arrivo dei giganti. – Grinilde gli accarezzò le spalle: poteva leggere la paura nei suoi occhi. Se un dio così saggio e coraggioso, il dio che amava, era terrorizzato all’idea di quel che poteva capitare, allora tutti avevano da temere. – Ci batteremo fino alla fine se sarà necessario e vinceremo per te. –

-    Ho sempre ammirato la tua forza d’animo Grinilde. Tu non mi hai mai deluso. – Le sorrise amorevolmente e le baciò la mano prima di portarsela sul cuore.

Nel corridoio Thor riprese il suo martello Mjollnir e caricatoselo sulla spalla,  si allontanò. Aveva sentito abbastanza e certe smancerie proprio non gli interessavano. Ripensò ai suoi fratelli: Balder e Loki. Il primo, il dio della Luce era amato e stimato da tutti, Asi e uomini, almeno quanto Loki era detestato. Il dio dell’inganno era dunque riuscito a liberarsi dalle catene che lo tenevano legato a tre grossi massi in una grotta, torturato dal veleno di un serpente. Di sicuro stava già organizzando le forze del male per l’assalto ad Asgard.

-    Credo che la vostra decisione avrà ben poco effetto. Sento che Xena si sta avvicinando. – aggiunse orgoglioso il signore degli Asi.

-    Come? Nessuno l’ha contattata, te l’assicuro. – Grinilde aveva lasciato che le valchirie discutessero senza il suo intervento sulla chiamata della principessa guerriera. Averla al loro fianco nella battaglia finale poteva tornare utile a tutti ma nonostante la restituzione dell’Oro del Reno, Xena risultava ancora una presenza sgradevole tra le schiere di Odino.

-    Lei mi rimane fedele. E’ una valchiria e una parte di lei avrà sicuramente avvertito la grande minaccia del Ragnarok. Vedrai Grinilde, Xena ascolterà la mia voce e lotterà al nostro fianco. Farò in modo che questo non rappresenti una minaccia per la nostra Brunilde. -  Niente poteva distogliere l’attenzione dal crepuscolo degli dei in quel momento. Il consiglio della valchiria era rimasto  inascoltato.

 

 

-    Brunilde! – mise i piedi giù dal letto e le corse incontro come una bambina che cerca rassicurazione dopo una grande paura – Dove sei stata?  E’ così buio là fuori, ero preoccupata. Ti faccio portare la cena? – Olimpia aveva ritrovato la parola. Fu di sicuro una nota positiva per Brunilde dopo la notizia che aveva ricevuto da Grinilde...

-    No grazie, non ho fame. Credo che a quest’ora sia meglio dormire. Spero di non averti svegliata. – Si avvicinò al camino per sistemare i ciocchi di legno non del tutto arsi, per ravvivare la debole fiamma crepitante. Era il modo migliore per evitare il suo sguardo. La vista di quegli occhi verdi e limpidi le faceva male…

-    Ti stavo aspettando, non dormivo. Ho bisogno di parlarti. – Brunilde trovò cattivo da parte sua risponderle che avrebbe fatto meglio a dire quel che doveva al momento giusto. Perciò rimase in silenzio e si voltò a guardarla, in attesa di una spiegazione a cui, probabilmente, non avrebbe creduto.

-    Ti devo chiedere scusa per quello che è successo oggi. Mi dispiace così tanto… - disse quasi di getto per poi interrompersi subito dopo. La parte migliore del discorso era la più difficile. – Tu avevi il diritto di sapere che ho recuperato la memoria ma… avevo paura di deluderti e di farti soffrire. Come sta accadendo adesso. –

Poteva ribattere che stava dicendo una cosa sacrosanta: era suo diritto sapere e averlo chiesto tante volte non era servito, ma non disse nulla. Potevano ignorare l’accaduto? Rimanere insieme era possibile, se a volerlo erano in due.

-    In questo momento vorrei solo abbracciarti e non riparlarne più, perché credimi, è inutile farlo. Io voglio restare accanto a te. Il passato è passato e io voglio vivere con te il presente. –

Nel gioco di luce e ombra del fuoco, Brunilde intravide le lacrime cadere lungo le guance della compagna. Questo poteva bastare per farle vedere le cose in modo diverso. Vederla piangere le era insopportabile: avrebbe fatto qualsiasi cosa per non farla soffrire. Era sempre stato così. Dopotutto, le stava chiedendo di rimanere insieme ed era quello che il suo cuore desiderava.

- Anch’io vorrei restare accanto a te. Ma tu… ami Xena e non credo che possiamo ignorarlo. Non mentire a te stessa per affetto nei miei confronti. – Affetto… era davvero solo questo ciò che provava? Brunilde attese fiduciosa una smentita mentre Olimpia nascondeva il viso tra le mani, singhiozzando. Si vergognava tremendamente. Ancora una volta stava tradendo i sentimenti di chi aveva riposto in lei fiducia e amore. E questa volta ne era pienamente consapevole.

-    Io posso dimenticarla, con te sto bene e non voglio perderti. – le si avvicinò cercando di stringere le sue mani fredde e immobili lungo i fianchi. – Ti prego Brunilde dimentichiamo questa storia e continuiamo la nostra vita insieme. Io ho bisogno di te, non lo capisci? Non voglio più sentirti dire che amo Xena, io non lo accetto! – si morse le labbra cercando di contenere il pianto. Era questo che Olimpia cercava di fare: reprimere e ignorare ciò che provava. Brunilde si domandò per chissà quanto tempo sarebbe riuscita a rimanere in silenzio se non l’avesse scoperta. Mesi, forse anni… e magari un giorno sarebbe andata via all’improvviso senza una spiegazione, ne un messaggio. No, Olimpia non ne sarebbe stata capace. O forse si?...

-    Non possiamo fingere. Non chiedermi di farlo. Mi costa dirlo ma ti voglio solo se mi ami. L’idea che tu possa pensare a un’altra ogni volta che ti sfioro mi rende pazza di gelosia… E chissà quante volte è già accaduto. – concluse con un orribile dubbio nella mente, cercando di ritrarsi di qualche passo nel tentativo di sfuggire alla sua torbida immaginazione.

-    Perché no? Dammi una possibilità! Non ho il diritto di fare in modo che questa storia funzioni? So che lo vuoi anche tu e insieme possiamo essere felici, io ne sono sicura. – disse muovendosi nella sua direzione ancora una volta.

-    Come puoi esserne sicura? Guardaci… fino a ieri ero sicura che mi amassi, ero sicura che sarebbe durata per sempre, ero sicura che non sarei mai più stata una valchiria! E adesso, che fine hanno fatto le mie certezze? – Sentì un doloroso nodo salire fino alla gola. Era meglio smettere di parlare. Ormai il suo buon senso aveva deciso per entrambe.

-    Cosa vuoi fare allora? Mi costringerai a tornare in Grecia? – concluse incredula. Era quella la donna che aveva perso la testa per lei e si era lasciata convincere che tra di loro sarebbe durata per sempre? Possibile che Brunilde si stesse comportando come Xena? Era sempre stata lei a prendere le decisioni più importanti per entrambe.

-    Io non lo voglio, ma ho il diritto di chiederti un po’ di tempo per rifletterci. Non ci vedremo per un po’ e quando avrai deciso cosa fare… -

-    Cosa? No, non puoi chiedermi questo! –

-    Olimpia tu ami un’altra donna, è vero o no? – alzò il tono perdendo per un attimo il controllo.

-    Io… non lo so. – rispose freddamente. I suoi dubbi erano lì davanti a lei e non poteva mentire ancora. Brunilde aveva ragione: una pausa serviva. Doveva capire quel che voleva veramente e solo nella lontananza avrebbe compreso.

-    Se non lo sai allora … allora sarà meglio che io vada via per un po’. –

-    No. Andrò io. Non sarebbe giusto, questa è casa tua. Al ricovero hanno bisogno di me e avrò abbastanza tempo per riflettere. – Da sola. L’idea di doversi separare era dolorosa e fino a quel momento non l’aveva mai sfiorata. Nemmeno quando immaginava di essere con Xena, lontano, in Grecia. Voleva bene a Brunilde, gliene voleva davvero. Adesso non poteva dimenticare ciò che rappresentava per lei. Non l’avrebbe scelta per ripiego, era impossibile. Ma come cancellare l’idea fissa per la principessa guerriera? Nemmeno la lontananza riusciva a distruggere un sentimento tanto forte tornato prepotentemente in lei giorno e notte.

Si, doveva rimanere da sola per un po’. Anzi, tutto il tempo necessario.

Ormai stavano piangendo entrambe. Era giunto il momento di salutarsi e chissà per quanto tempo non si sarebbero viste… Olimpia l’avvolse in un forte abbraccio e con le guance umide di pianto sfiorò quelle di lei. Inalò il profumo dei suoi capelli e rimase così stretta per un po’, preparandosi inutilmente alla privazione e alla solitudine. Brunilde era meravigliosa. Quanto avrebbe resistito senza di lei?

Abbandonò la carezza del suo morbido viso e incontrò i suoi occhi tristi. – Mi mancherai, non sai quanto. – Lei annuì soltanto: era inutile rispondere che ne avrebbe sofferto allo stesso modo, se non di più. Con il dorso della mano le accarezzò il viso prima di baciarla con passione. Un lungo e intenso bacio che rendeva ancora più assurdo il loro allontanamento forzato. Olimpia spinse le mani di Brunilde su i suoi fianchi e la costrinse a seguirla verso il letto. – Non me ne andrò stanotte… - le disse tenendole il viso tra le mani, prima di baciarla ancora. La donna si lasciò convincere: lasciò cadere sul pavimento uno a uno ogni indumento, prima di raggiungere il letto e sdraiarsi sopra di lei.

 

 

Capitolo 3 Premonizioni

 

La neve sporca di terra e sangue insozzava i suoi candidi calzari e la leggera armatura argentea. Sfiancata dalla fatica e dal dolore, mosse lentamente alcuni passi verso le compagne valchirie e i guerrieri che disperatamente cercavano con la forza di avere la meglio sul lupo mostruoso Fenrir ormai libero dalle catene. Doveva aiutarli o la fine sarebbe presto giunta per tutti loro. Olimpia, dov’era Olimpia…cercava disperatamente il suo volto tra mille senza trovarne traccia.

Improvvisamente un boato spaventoso e una fitta coltre di terra e fango si elevò ben oltre le loro teste, avvicinandosi minacciosa verso di loro: il ponte dell’arcobaleno Bifrost, che collegava il cielo e la terra, si stava sgretolando velocemente. I nani innalzavano le loro asce al cielo in segno di vittoria mentre gli elfi malvagi prendevano il sopravvento sulle prime file dell’esercito di Odino.

Heimdallr giaceva esangue nel fango con gli occhi sbarrati. Il ponte preso e il suo custode barbaramente ucciso. Chi sarebbe stato il prossimo a cadere?

In quello scenario spaventoso, Xena vide avvicinarsi una creatura a cavallo. Il tramonto, che sarebbe presto diventato la notte più lunga della sua vita, si illuminava al passaggio di quel potente cavaliere. Con in pugno la spada, falciava i nemici con rapidi e acrobatici spostamenti sulla sella. Odino aveva dunque messo da parte la paura della fine e si batteva al massimo delle forze, fianco a fianco con i suoi guerrieri. Il suo arrivo fece crescere in lei la speranza: poteva ancora esserci un nuovo giorno.

Ma vedendolo sempre più vicino capì ben presto che si sbagliava. Una lunga chioma bionda scivolava leggera sulle sue spalle, contenuta dall’elmo da valchiria. Senza arrestare la corsa, balzò a terra, librando la spada nella sua direzione. Ebbe il tempo di guardarla negli occhi solo per un attimo: Brunilde era una guerriera bellissima e spietata. La foga della battaglia era capace di darle alla testa e di trasformarla in una macchina da guerra. Era meglio combatterle a fianco che averla per nemica. La resa dei conti era arrivata: la loro resa dei conti. Sguainò la spada pronta a difendersi dal primo poderoso colpo ma dopo l’impatto, respinto a fatica, la vide scomparire alle sue spalle. Quando si voltò, un elfo nemico pronto a colpirla a morte, era a pochi centimetri dalla sua schiena. Ma Brunilde lo aveva preceduto: la sua arma lo aveva trapassato da parte a parte, all’altezza del cuore. L’elfo tentò di dire qualcosa ma dalla sua bocca uscì solo un rivolo di sangue prima di cadere al suolo privo di vita e unirsi a molti altri suoi compagni.

Brunilde le aveva salvato la vita. Era impensabile, quasi assurdo. Rimase in attesa di un indizio che potesse smentire quel gesto inspiegabilmente altruista ma ottenne un sorriso benevolo. Lei che le avrebbe volentieri inferto ogni tipo di pena, per il male che le aveva causato portandole via Olimpia, adesso doveva ringraziarla. Non sapeva se ne sarebbe stata capace: la odiava profondamente.

Rabbrividì e con un sussulto aprì gli occhi sulla calma oscurità notturna del bosco. Niente neve, nessuna guerra e al posto di Brunilde, sotto una massa informe di pelli di montone, il buon amico Fillide.

Aveva solo sognato o forse no? Troppi dettagli così straordinariamente credibili erano probabilmente solo causati dal discorso con Marte e da una digestione difficile… ma una parte di lei si rifiutava di essere realistica. Dopotutto, era stata una valchiria e magari una parte di lei poteva ancora avvertire un pericolo imminente sulle terre del Nord. E Olimpia era proprio lì… Tentò di ricacciare le preoccupazioni tra le fantasie più fervide di una fredda notte invernale, poi chiuse gli occhi e si riaddormentò.

 

 

Capitolo 4 Partenze

 

Ieri è successa una cosa terribile. Sono ancora molto scossa e spero che Brunilde non si accorga di niente. Ho cercato inutilmente di controllarmi, di non pensare al passato. Ma alla fine è tornato. Come sono arrivata a questo? Solo ora mi rendo conto che senza ricordi non siamo niente. Io amavo, soffrivo e semplicemente vivevo, in un modo che avevo imparato con gli anni, come giusto. Ero Olimpia: la contadina, il bardo, la compagna di Xena, la guerriera. Avevo degli ideali e mi circondavo di cose e persone a me care perché avevano avuto un ruolo nella mia vita. Come ho potuto cancellarle? Un incidente ha annullato me stessa. Ma ne ha anche creata un’altra. Solo ora mi rendo conto di quanto male ho causato a Xena e me ne pento. Io l’amo e una parte di me adesso desidera prepotentemente tornare indietro, chiedere perdono e ricominciare da dove ho lasciato.

Poi penso alla nuova me, quella che vive felice con Brunilde in un’immensa casa e si prende cura degli ammalati della Casa dei Cigni. Questa ora è la mia vita. E non voglio cambiarla perché fino a ieri la credevo perfetta e c’è chi, accanto a me, la crede ancora tale. Brunilde mi ha dato tanto e non voglio deluderla. Credo di amare due donne e so che non potrò mai più essere felice.

La valchiria abbandonò la pergamena sul letto e si rannicchiò tra le coperte calde e odorose che Olimpia aveva abbandonato in punta di piedi, poco meno di un’ora prima. Quella notte si erano amate intensamente consapevoli che, probabilmente, sarebbe stata l’ultima che passavano insieme. Aveva finto di dormire perché non riusciva a guardarla mentre se ne andava. E adesso piangeva senza controllo, in quella stanza che le aveva viste felici per lungo tempo e che improvvisamente, quella mattina, le sembrava così grande e vuota. Aveva trovato quella pergamena nell’armadio, confusa tra le poesie, i racconti e chissà quali altri segreti lasciati al silenzio della carta. Quelle confidenze rubate e lette velocemente, le lasciavano una grande amarezza ma anche una speranza: quella di vederla tornare indietro.

Aveva detto di essere felice con lei e questo doveva pur contar qualcosa! Xena ormai era il passato, ed era lontana, in Grecia. Lei era il presente e la felicità a portata di mano.

Si alzò dal letto completamente nuda e incurante del freddo, cercò tra i vestiti in un angolo dell’armadio, l’armatura da valchiria. Se Olimpia aveva ripreso coscienza di sé anche lei avrebbe fatto lo stesso. Desiderava tornare nel Valahalla e riprendere il suo posto. Voleva essere amata per quello che era.

Si vestì lentamente davanti allo specchio cercando sul suo corpo i segni di una novità tanto assurda, quanto meravigliosa. Parlarne ad Olimpia… il solo pensiero la esaltava ma doveva tacere. Per il bene della donna che amava.

 

- Xenaaaaa! Aspettami hai dimenticato questo! – Fillide si affannava a rincorrerla  per il terreno scosceso col rischio ad ogni passo di scivolare con la faccia nel fango.

– Che ci fai ancora qui? Non ci siamo salutati ore fa? – La principessa guerriera accarezzò Argo, piuttosto contrariato all’idea di doversi fermare tra le rocce.

-    Si lo so, ma ho pensato che tra le poche cose che dovresti portarti dietro in questo lungo viaggio, non possa mancare questa. – le porse una spada lunga e sottile avvolta in un fodero di cuoio.  L’elsa scintillava al sole come argento appena lucidato.

-    Te ne sei ricordato. Hai ragione potrebbe tornarmi ancora utile. – l’afferrò dalle mani dell’amico e ne scoprì lentamente una parte di lama. Sopra di essa una magnifica incisione raffigurava guerrieri vichinghi che agitavano in aria le loro spade. – E’ la danza delle spade in onore di Odino, vero? – domandò retorico per dimostrare la sua buona memoria in fatto di racconti e storie, ascoltati accanto al fuoco da Xena.

-    Si è così. Questa spada rivedrà le terre del Nord. – E chissà chi avrebbe rivisto lei…Cercava di scacciare il pensiero di Olimpia, ma non ci riusciva. Eppure non poteva negare che stava affrontando quel viaggio anche per cercarla. Il regno dei potenti Asi stava probabilmente per finire e lei era pronta a correre in loro soccorso. In che veste? Valchiria, guerriera pronta ad aiutare vecchi amici in difficoltà, o come donna ossessionata dalla sua ex compagna? Assicurò la spada a una funicella accanto alla sella e agli altri bagagli, salutò nuovamente il figlio di Corilo e riprese la marcia. Il cammino da fare era lungo e difficile in quella stagione.

 

di Xandrella

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