EPISODIO N. 8
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il racconto
di Xandrella Capitolo
12 Se vuoi la pace, prepara la guerra (si vis pacem, para bellum)
Il
buio e il silenzio, rotto solo dai ticchettii e i suoni dimessi
provenienti da angoli imprecisati della voragine, rendevano quell’attesa
snervante. Olimpia di tanto in tanto, si ciondolava in avanti come
unico rimedio al dolore alla spalla. Come se non bastasse, aveva
sempre più freddo ma cercava di serrare le labbra e di controllare
il tremito per evitare che Xena potesse accorgersene più di tanto.
Non voleva mostrarle la propria debolezza; non ora che la sentiva
così ostile. Lei se ne stava
ad occhi chiusi con le spalle rilassate contro la roccia. In certi
momenti sembrava dormire poi all’improvviso riapriva gli occhi e
la fissava con espressione vacua. Avrebbe pagato per i suoi pensieri… - E’ imbarazzante vero? – chiese all’improvviso,
tenendo gli occhi chiusi. Ma riuscì comunque a percepire che Olimpia
era quasi sobbalzata alla sua voce. - Cosa? – - Non fingere di non capire. Avrei preferito
non vederti. – aggiunse secca. Perché continuare a tacere? Il destino
le stava dando la possibilità di vuotare il sacco, di dirle ciò
che aveva pensato di lei in quel lungo periodo. - Che scherzo del
destino… – Olimpia non rispose ma sorrise amaramente. - Sicuramente Brunilde sarà preoccupata a morte
sapendoti da sola con me. Non credo che si fidi considerato il modo
in cui vi siete messe insieme. – Era provocatoria e avrebbe continuato
finchè il bardo non avesse trovato il coraggio di controbattere. - Smettila! Non ti permetto… - si difese la donna
voltandosi a guardarla. Ma la guerriera non le diede il tempo di
finire la frase. - Cosa non mi permetti? Se fossi in te starei
zitta. – - Xena tu avrai anche tutte le ragioni del mondo,
ma non hai ancora capito come sono veramente andate le cose. – pronunciò
quella frase tutta d’un fiato, con grande risolutezza. - Certo, mi serve una spiegazione dettagliata
per capire che dopo anni insieme, te ne sei andata con un’altra.
- Il suo tono di voce era alto e le parole iniziarono
a rimbombare nel vuoto. Ora anche lei stava tremando, ma di rabbia.
- Sai perché ci sono stata male? Non tanto per ciò che poteva rappresentare
per noi due il tuo tradimento, no. Quanto per il fatto che non ti
credevo capace di un’azione simile. Per giorni e giorni mi sono
tormentata pensando che saresti tornata indietro: “No,” mi dicevo.
“Olimpia non mi farebbe mai una cosa del genere. Lei è… troppo onesta.”
- scandì quell’ultima parola
con tanta amarezza che Olimpia si sentì improvvisamente sporca.
Era lei la colpevole. - Io… mi dispiace… - fu l’unica cosa che riuscì
a dire, ed era quella sbagliata. - Oh certo, adesso ti dispiace. Non me ne faccio
niente della tua compassione sai? Proprio niente. – Si alzò e battè
il pugno chiuso contro la roccia. Piccoli frammenti di terra e polvere
si sbriciolarono sul lembo di terra che le sollevava dall’abisso.
– Quanto tempo ci vorrà ancora! Non sopporto più questo posto. –
Voleva scappare quanto più lontano possibile da lei e non vederla
mai più. Stava diventando una tortura. La stanchezza o chissà cosa,
la portarono per un attimo a un pensiero folle: saltare nel vuoto
per risolvere tutto. - Hai ragione, non posso
dire niente. Però, l’idea che tu possa odiarmi è … non lo so, non
riesco a sopportarlo. - Non riuscì a sollevare lo sguardo dai calzari.
Attese un’altra risposta gelida che stavolta non arrivò. Quel silenzio
rappresentò un permesso ad andare avanti a parlare. - Da quando
ho recuperato la memoria ho desiderato tante volte tornare indietro.
Non faccio altro che incolparmi e pentirmi di ogni cosa. Del dolore
che ho causato a te e dell’inferno in cui ho trascinato Brunilde
non appena ho riavuto i miei ricordi. - mentre parlava una lacrima
iniziò a rigarle una guancia senza che se ne accorgesse. Xena sembrava
reggere l’intera parete rocciosa, con le braccia tese contro il
muro e il capo chino. - Non riesco a trovare una soluzione che possa
andar bene per tutte. Credo che la cosa più giusta sia lasciare
tutto com’ è ora e lasciare da parte i miei sentimenti per te. -
singhiozzò e Xena questa volta lo sentì chiaramente. - Non dirlo mai più.
- Si voltò con il dito puntato contro di lei e s’inginocchiò ai
suoi piedi. - Non ne hai il diritto! - Negli occhi azzurri e gonfi
di lacrime, Olimpia vide il suo stesso dolore. Forse, dietro tanta
sofferenza e rabbia, l’amore di Xena per lei era sopravvissuto.
Forse c’era ancora la speranza di ricostruire tutto. Ma si sa, la
speranza è la più grande delle illusioni. - Xena, io ti amo ancora
e non posso farne a meno. - - No. Non puoi dirmi
questo. - Erano così vicine eppure mai così lontane. - Io ho lottato
contro me stessa per riuscire a rialzarmi e andare avanti da sola.
Ho pensato seriamente di non farcela. Tu non hai la minima idea…
- Non poteva dirle che aveva sofferto così tanto da invocare la
morte. Quel dolore era privato e aveva giurato a sè stessa di non
condividerlo mai con nessuno. Era stata la sconfitta più grande
che avesse mai subito, ma non le avrebbe dato la soddisfazione di
saperlo. - Hai ragione tu: non
ne ho il diritto. E’ stato solo un momento di debolezza. Non posso
più permettermelo. C’è un’altra persona lassù che non lo meriterebbe.
- - Non dipingerla come
una dea. Non con me. Ti ha circuito fin dal primo momento che ti
ha conosciuto anni fa. Per amor tuo e per la fiducia che avevo in
te, l’ho lasciata fare. Tante, troppe volte. Sei andata a letto
con lei quando eravate da sole in quei maledetti giorni, vero? -
la domanda sembrò scandalizzare Olimpia che sgranò gli occhi e rimase
a bocca aperta. - No! - proruppe prima
che Xena riprendesse a parlare. - Lascia stare, non so
neanche perché te l’ho chiesto. Ormai non ha nessuna importanza.
- quella domanda l’aveva assillata giorno e notte per mesi e continuava
a tormentarla. Il pensiero di Olimpia e Brunilde a letto insieme
riusciva ancora a infiammarla di rabbia. - La verità è che ci
siamo baciate ma non siamo andate oltre. Puoi non credermi ma Brunilde
era contraria alla nostra relazione all’inizio. - - Non m’interessa e non
te l’ho neanche chiesto. - si coprì gli occhi con le mani poi massaggiò
le tempie: desiderava strappare quei pensieri dalla testa. La loro
prima volta, i baci, le carezze… Tutto alle sue spalle! Doveva tirar fuori tanta rabbia accumulata
o sarebbe scoppiata dinanzi agli occhi di Olimpia. Con che coraggio
cercava di raccontarle certi particolari? A cosa mirava? - Dobbiamo smetterla di parlare di questa
storia. Non ha alcun senso. - le mani le tremavano e incrociò le
braccia per nasconderle. - Invece credo che affrontare il problema
ci abbia fatto bene. - disse il bardo in tono pacato avvicinandosi
ancora di più al viso della ex compagna. - Parla per te. Il tuo benessere non è
più una mia priorità comunque! - lo sguardo di disapprovazione che
le rivolse Olimpia aggiunse alcool al fuoco. - Non guardarmi in quel modo! Pensavi
veramente che con qualche chiacchiera saresti riuscita a farti perdonare?
- - No certo. Io merito la tua condanna
ma lascia che ti ricordi qualche nome: Hercules, Marte e Antonio.
Mai una volta ho osato chiederti spiegazioni in tanti anni, perché
temevo le tue risposte. E ti ho perdonato Xena.
- - Non puoi tirare in ballo queste persone,
lo sai bene che non è la stessa cosa! - - Perché tu avevi bisogno di un uomo ogni
tanto? E’ questa la differenza? - Un sonoro schiaffo arrossì la
guancia di Olimpia. La principessa guerriera aveva perso il controllo.
- Lo hai fatto finalmente. Ammettilo:
non desideravi altro! –
Capitolo 13 Scheletri nell’armadio
Il dialogo non stava andando per il verso giusto. Di
certo Olimpia sapeva che ribattere alle accuse del suo tradimento
ricordando le scappatelle di Xena, non avrebbe di certo sistemato
le cose. Si pentì subito di aver parlato. Ma uno schiaffo in risposta
non se lo aspettava proprio. Xena non poteva pensare di aver ragione
su tutti i fronti. Su quell’argomento avrebbe dovuto cedere e ragionare.
Ragionare sulle necessità e le motivazioni altrui, che per quanto
incomprensibili, possono avere una logica. Se Xena fosse stata al
suo posto quando lei era intenta a trastullarsi tra le braccia di
un altro, come avrebbe reagito? Lei aveva capito e giustificato
la compagna pur di restarle accanto. Non avrebbe mai lasciato che
avventure insignificanti potessero minare un rapporto tanto prezioso
e forte. Perché lei era “la sentimentale” della
coppia. La vera roccia a cui Xena poteva aggrapparsi tutte le volte
che ne aveva bisogno. Certo, la sua storia con Brunilde rappresentava una scelta
radicale, un grande amore da salvaguardare a discapito del precedente.
Nessun paragone poteva reggere con le relazioni di Xena. - Non ti sto chiedendo di perdonarmi in
nome degli errori che hai commesso in passato. Non credo che certi
conti si possano pareggiare in questo modo. - la guerriera sembrava
aver perso la parola. Probabilmente era pentita di averla colpita
in volto. - Vorrei solo che tu capisca che non l’ho voluto, io non
l’ho cercato! Non merito il tuo perdono per quel che ho fatto, ma
non odiarmi per aver creduto che la felicità fosse all’improvviso
da un’altra parte. Perché non ero in me e i sentimenti non si comandano.
- - E’ così importante per te sapere che
non ti odio? - - Si lo è… e non posso più ripeterne il
motivo. - - Mi dispiace, non volevo colpirti. - - Me lo meritavo almeno uno schiaffo, no?
- accennò a un sorriso ma Xena rimase impassibile. - Non lo so Olimpia. Non so se riesco a
cancellare quello che provo. E’ come se tutto il dolore si fosse
condensato giorno per giorno fino a diventare rancore. Le nostre
strade devono rimanere divise. Per il bene di tutte e due. - - Vorrei tanto una possibilità per farti
cambiare idea ma Brunilde non soffrirà ancora per causa mia. Le
ho promesso che sarei rimasta accanto a lei e se devo soffrire per
rimediare ai miei errori, preferisco che almeno una di noi sia felice.
- Xena avrebbe tanto voluto chiederle cosa ci trovava in
quella dannata valchiria da proteggerla tanto e con tanto ardore,
ma tornò a sedere al suo posto senza ribattere. Inutile aggiungere
altro.
Capitolo
14 Il giuramento
-
Trovala, trovala hai capito? Devi
riportala in superficie e poi conducila al sicuro da zia Fulla.
Io vi troverò. - Brunilde parlava al suo cavallo alato guardandolo
negli occhi. Le mani gli tenevano fermo il muso davanti alla sua
faccia per evitare che il frastuono della battaglia lo distraesse
da un messaggio tanto importante. - Ora va, vola via e non
tornare indietro finchè non l’avrai trovata. - agitò le braccia
per spingerlo ad andare lontano da lei. Ma l’animale esitava ad
abbandonare la sua padrona in un momento tanto pericoloso. - VAI!
E’ UN ORDINE! - gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Interminabili ore erano trascorse dal momento in cui Olimpia e Xena
erano precipitate nella crepa che si era aperta nella terra, a causa
dell’attacco del gigante Surtr. Non poteva attendere ancora a lungo
i soccorsi. L’immagine di
Olimpia riversa a terra priva di vita, le gelava il sangue. No,
non poteva essere morta! Approfittò di un momento tranquillo per privarsi del
suo cavallo. Le compagne
era lontane sul campo di battaglia e riuscivano a spalleggiarsi
tra loro restando unite. Solo Grinilde restava sempre nei paraggi
a guardarle le spalle. Il cavallo alla fine si librò in volo finchè
la terra lo inghiottì. Si
sentì più sola che mai in quel momento. Il frastuono della battaglia
si fece forte intorno a lei. Qualcuno le si avvicinava alle spalle;
si voltò rapida con la spada in pugno. -
Perché hai mandato via il tuo cavallo? – Era Grinilde che aveva
osservato la scena ed era già pronta a rimproverarla. -
Posso combattere anche così, sono troppo in pensiero per lei, dovevo
fare qualcosa. - -
Prendi il mio cavallo. - aggiunse la donna senza pensarci due volte. -
No Grinilde, non sarebbe giusto e non vedo perché dovrei farlo.
-
-
Monta e non fare storie. - l’ordine
venne ascoltato. Brunilde non poteva dimenticare che aspettava un
bambino. Una creatura troppo cara a Grinilde. Come unica ricompensa
per la protezione che le stava offrendo, la valchiria non poteva
contestarla. Afferrò le redini del cavallo mentre l’amica già si
apprestava allo scontro con un seguace del malvagio dio Loki, sobillatore
della rivolta.
-
Grinilde aspetta! – le corse incontro
e le afferrò le mani sporche di sangue e polvere – Promettimi che
non dirai mai a Olimpia del bambino, se dovessimo vincere la guerra.
– la donna esitò colpita dalla richiesta insensata – Ti prego. Voglio
che sia libera di scegliere. –
-
Io non ti capisco. Con questo bambino
voi sarete felici insieme ne sono sicura. Lei finalmente saprà gettarsi
il passato alle spalle e… -
-
No. – l’interruppe Brunilde - Lei
non mi ama. E tu lo sai bene quanto me. Tu mi aiuterai a crescere
il bambino e io saprò accettare il ritorno di Olimpia in Grecia
solo grazie a voi due. – Grinilde scosse la testa. Brunilde aveva
la felicità a portata di mano ma ancora una volta era pronta a sacrificarla
in nome di quella di Olimpia. Quanto non la meritava! Possibile
che l’amore per Xena fosse così forte da non accorgersi che la persona
che aveva accanto fosse straordinaria?
-
Giuramelo Grinilde. Non abbiamo più
tempo per parlare ma toglimi questo peso dal cuore. –
-
E va bene, te lo giuro. – l’amica
le sorrise stringendole più forte le mani.
-
Grazie, sei una grande amica. –
Capitolo
15 La fine del Ragnarok
Dopo
sei giorni di battaglia, la guerra giungeva finalmente a conclusione.
Le schiere di Odino al terzo giorno avevano subito una rovinosa
sconfitta. Alcuni degli Asi erano morti, tra cui, Tyr, Thor e Freyr nel tentativo di uccidere i mostri
Midhgardhr, Garmr e il gigante Surtr. I guerrieri alla vista di
caduti così importanti avevano perso l’ottimismo e la disperazione
si era ben presto appropriata dei loro animi. Anche due valchirie
erano morte: Ortlinde e Gutrune. I loro corpi rimasero sul campo perché
le altre compagne non ebbero modo di dar loro degna sepoltura o
di trarli in un posto sicuro. La salvezza giunse al quarto giorno,
quando, come stabilito in precedenza da Odino, l’esercito dei guerrieri
invincibili del Valahalla giunse a sfiancare il nemico ormai stanco
da tre giorni di guerra ininterrotta. Le forze in campo finalmente
si pareggiarono e i giganti iniziarono a cadere l’uno dopo l’altro.
Le sorti della battaglia vennero rovesciate finchè al quinto giorno
il nemico iniziò a ritirarsi sconfitto. Le viscere della terra accolsero
nuovamente i ribelli e Loki e i suoi seguaci, fuggirono verso terre
sconosciute. Per loro non ci sarebbe mai stato perdono. Xena,
che aveva ripreso a combattere dopo il salvataggio del cavallo di
Brunilde, finiva i moribondi colpendoli alla gola con la sua spada.
Uno sporco lavoro che non aveva mai amato fare. Di tanto in tanto
aveva visto le valchirie sul campo nei giorni precedenti, ma non
si era mai affiancata a loro nella battaglia, preferiva combattere
da sola. Si
guardò intorno. Aveva la vista annebbiata per la debolezza e per
la prima volta non vide nessuno duellare sul campo. Rise di gusto:
la guerra era finita e avevano vinto. Affondò la spada nel corpo
lamentoso di un orrendo nano e nel contempo si sentì autorizzata
a desiderare un bagno caldo e un giaciglio su cui dormire almeno
un giorno intero. Erano anni che non partecipava a una battaglia
di quella portata e concluse che ne avrebbe fatto a meno volentieri
per il resto della sua vita.
-
Xena… – era la voce di Brunilde.
Si voltò e vide una donna che sotto uno spesso strato di terra e
sangue incrostato poteva essere la sua rivale in amore. Persino
i capelli che ricordava di un lucente color oro, erano sporchi di
chiazze marroni.
-
Brunilde, vedo che anche tu come
me, sei fresca e linda come un fiore di campo. –
-
Non dirmelo, non riesco più a stare
in piedi. – e così dicendo aiutandosi con la spada, scivolò a sedere
al suolo. Il momento di parlare da sole era finalmente arrivato.
-
Ti ho visto combattere in questi
giorni. Ho ordinato al mio cavallo di condurre Olimpia a casa, da
mia zia. Mi stupisce che si sia lasciato montare anche da te. –
Brunilde trovava la cordialità della loro conversazione alquanto
assurda. Forse la colpa era della stanchezza e dei combattimenti
venuti a nausea in quei giorni, a renderle così pacifiche l’una
con l’altra.
-
Diciamo che non era bendisposto ma
l’ho convinto. –
-
Come stava lei? – era troppo curiosa
di avere sue notizie per continuare a tergiversare. Vedere la principessa
guerriera sul campo di battaglia le aveva dato buone speranze in
quegli ultimi due giorni.
-
Ha una spalla slogata ma sta bene.
–
-
Per fortuna. Hai sete? – le porse
il suo piccolo otre quasi vuoto, che Xena rifiutò ringraziando.
-
Credo che tornerò subito in Grecia.
Niente mi trattiene qui. Ormai la guerra è vinta. – Brunilde annuì. – Hai ragione. – poteva invitarla a restare
per mille motivi ma bastava l’unica ragione per cui fosse necessario
vederla partire che la indusse a tacere. - Cosa ti ha detto Olimpia?
A proposito della sua memoria, intendo. – sapeva che il suo sguardo
aveva assunto improvvisamente un’espressione dura ma era pronta
da tempo a discutere con Xena.
-
Sta tranquilla, non si è gettata
tra le mie braccia se è questo che ti preoccupa. – rinfoderò la
spada e pensò che avrebbe fatto meglio a partire all’istante prima
di incappare in una lite con la valchiria.
-
Xena devi portarla via con te. –
proruppe, pronta a convincerla.
-
Che cosa? –
-
Si, Olimpia probabilmente non ha
avuto il coraggio di chiedertelo ma una cosa è certa: questo non
è più il suo posto da quando ha recuperato la memoria. –
-
A che gioco stai giocando? – Xena
era furente. Cosa poteva essere capitato tra Olimpia e Brunilde
da indurle a discorsi così folli? Possibile che non fossero capaci
di risolvere tra loro la cosa? Aveva già confessato a malincuore
al bardo quanto aveva sofferto la loro separazione e adesso ecco
che la rivale tornava all’attacco con un discorso simile. Maledisse
quel posto e la guerra che aveva appena combattuto: doveva rimanere
in Grecia, lontano da loro. Non voleva più soffrire per quella storia,
si era fatta del male abbastanza e sentiva di non meritarlo.
-
E’ la verità. –
-
Ma cosa… tu non puoi dirmi una cosa
del genere! O hai forse dimenticato che sei stata tu a convincerla
a seguirti? Ti sei stancata del giocattolo e ora credi di poterlo
restituire? No, non funziona così. –
-
Xena, io l’amo e non ne ho mai fatto
mistero. Quello che provo per lei è diventato più forte ma ho chiaro
davanti agli occhi che ho fatto di Olimpia un’infelice. Il suo posto
è accanto a te. – quelle parole le costavano molto. Ma aveva un
obiettivo e cercò di non pensare a sé stessa e concentrarsi solo
sui sentimenti di Olimpia.
-
Bè, è un problema vostro! Io non
voglio più avere niente a che fare con lei! E’ una traditrice e
non la perdonerò mai per quello che ha fatto. –
-
Tu sei solo una donna ferita adesso.
Ma sono sicura che quello che provi per lei è più vivo che mai.
Devi solo trovare la forza di perdonarla e… -
-
Ora basta Brunilde! Non accetto consigli
da te. Mi fai schifo, sei peggio di lei. – la sua voce risuonò alta
nel campo e due guerrieri si fermarono ad osservarle interrompendo
il loro compito di sistemazione dei cadaveri.
-
Non ti permetto d’insultarmi. Se
aprissi gli occhi solo per un attimo capiresti che Olimpia mi ha
seguito spontaneamente solo perché aveva perso la memoria. Quello
che provava per me era solo un’illusione. E io volevo essere illusa…
-
-
Può darsi, ma resta il fatto che
lei mi ha tradito. Non la rivoglio, è troppo tardi. La discussione
per quanto mi riguarda, finisce qui. Come pensavo non è stato un
piacere rivederti. Addio. – s’incamminò voltandole le spalle. Non
aveva più il suo cavallo ma avrebbe raggiunto la Grecia anche a
piedi se fosse stato necessario. Pur di far sparire il volto di
Brunilde dalla sua vista.
-
Hai sempre la testa più dura del
marmo! Sappi che non appena la vedrò farò in modo che ti segua.
Unite o separate, Olimpia farà ritorno in Grecia. – la determinazione
della valchiria annullò quella di Xena. La guerriera si voltò sconcertata.
-
Io… non ti capisco. Hai distrutto
la nostra vita insieme e adesso nonostante dici di amarla ancora,
vuoi cacciarla via? –
-
Lei ama te. Quale altra motivazione
vuoi? – questa volta fu Brunilde ad alzarsi e andarsene. Con un
fischio richiamò il suo cavallo e volò via lasciando Xena a gridare
il suo nome a gran voce: - Brunilde! Non farlo! – diede un calcio
a un elmo abbandonato e inveì contro di lei, inascoltata.
Capitolo
16 Per il tuo bene
Macerie e ancora polvere attendevano Brunilde nel posto dove fino a pochi giorni fa si ergeva la sua splendida e grande casa. Tutto distrutto. Pensò che non poteva essere diversamente visto che allo stesso modo di lì a poco si sarebbe sgretolata anche la sua vita con Olimpia. L’ingresso non esisteva più. Non ebbe l’animo di chiamare qualcuno e continuò ad aggirarsi tra le mura ancora in piedi osservando quello che restava dei mobili e delle stanze. Metà soffitto era crollato, distruggendo tutte le stanze dell’ala d’ingresso. Camminava piano Brunilde, la stanchezza di colpo si fece più pesante e cadde in ginocchio scoppiando a piangere. I suoi padri avevano vissuto in quella grande casa per anni e anni. Perché tutto doveva crollare con lei? Si
rialzò e avvicinatasi alla grande fontana dell’atrio che ormai non
zampillava più acqua fresca e pulita, si specchiò nella pozza stagnata.
Stava guardando una donna vecchia e provata dagli stenti. Era davvero
lei quella? Immerse le mani e iniziò a lavarsi le braccia, il viso
e il collo. Continuò a fissare
l’acqua mossa finchè non riuscì a specchiarsi nuovamente.
-
Brunilde, sei tornata finalmente!
La guerra è finita allora! – Olimpia arrancando tra i massi le si
avvicinò. Ma la donna rimase immobile a fissare l’acqua. - Stai
bene? –
-
Si, sto bene. – si voltò e le accarezzò
il braccio bloccato comodamente al torace da un lembo di stoffa
che aveva legato intorno al collo.
-
Oh la mia spalla va già molto meglio,
non preoccuparti. Sapevo che non mi avresti lasciato lì sotto. –
-
Già. – Olimpia capiva che qualcosa
non andava ma voleva immaginare che si trattasse di qualcosa legato
alla battaglia.
-
Hai fame o vuoi subito fare un bagno?
Scusami, ti starai domandando quando è crollato tutto. Tua zia dice
che alle prime violente scosse di terremoto uno dei giganti ha attraversato
questa zona. – ma Brunilde sembrava non ascoltare nemmeno.
-
Olimpia, devi preparare le tue cose.
– lo aveva detto davvero. Lei che diceva di amarla più di ogni altra
cosa al mondo era pronta a cacciarla via dalla sua vita.
-
Perché dove andiamo? – chiese innocente
il bardo.
-
Io da nessuna parte ma tu… tu devi
tornare a casa, in Grecia. – Olimpia fece per proferir parola ma
venne immediatamente interrotta. Aveva già intuito il discorso.
– Non puoi più restare qui. Ho parlato con Xena, non so se ti aspetterà
ma voglio che torni in Grecia oggi stesso, con lei. Questa storia
è durata già abbastanza ed è ora di scrivere la parola fine. –
-
No. Non ci credo. Tu non puoi cacciarmi
via. –
-
E’ necessario. Tu non avresti mai
il coraggio di andartene spontaneamente. Perciò prenderò io questa
decisione al tuo posto. –
-
Ma perché? Ne avevamo già parlato
prima della battaglia, no? Io voglio restare qui, con te. – Brunilde scosse la testa rassegnata. – Non puoi restare.
Tu non mi ami e io non voglio costruire il mio futuro sulla menzogna.
Abbiamo tutti sofferto abbastanza per tutto questo. Io, tu e Xena.
E’ ora che ogni cosa torni al suo posto. – Gli occhi di Olimpia erano improvvisamente lucidi. –
Non so cosa lei ti abbia detto ma io ho deciso di stare con te.
Non c’è stato niente tra noi lì sotto, te lo giuro. –
-
Lo so, non hai bisogno di giurare
niente. Tu sei la persona più onesta che conosca. – La poetessa
ripensò alle parole di Xena riguardo alla sua condotta: per lei
ormai era solo una traditrice, una persona in cui non avrebbe mai
più riposto fiducia. Brunilde al contrario aveva un’opinione di
lei talmente alta, da sentire di non meritarla neanche. – Non so
se tu e Xena un giorno tornerete insieme. Quello che so ora, è che
le nostre strade devono dividersi. Sono sicura che in cuor tuo sai,
che questa è la decisione più giusta da prendere. – La donna non rispose e prese a fissare inspiegabilmente
il pavimento mentre una lacrima le rigava il volto. Come poteva
darle torto? Brunilde aveva il diritto di tirarsi indietro. La loro
pausa si era rivelata inutile. Per giorni si era tormentata nel
tentativo di convincersi che doveva restare con lei per un milione
di motivi a cui il cuore si rifiutava di dare ascolto. Non riuscì
a trovare le parole ma si lanciò al suo collo per abbracciarla,
prorompendo in un pianto disperato. Doveva arrendersi alla sua decisione. - Non devi reagire così. Lo sai che odio vederti piangere.
– con la morte nel cuore si separò da lei e le diede un ultimo dolce
bacio sulle labbra. – Abbi cura di te. Se un giorno, chissà, dovessi
ritrovare quello che ti legava a me, mi troverai qui ad aspettarti.
– Era come ipotizzare il lieto fine di una favola. Sapeva che non
sarebbe accaduto. Era questo, il finale della loro storia: doloroso
e triste. Brunilde celò le sue lacrime chiudendo gli occhi. Poi
si allontanò nella sala dei trofei a riporre il suo corno, in attesa
che Olimpia raccogliesse le sue poche cose e andasse via. Si sentiva
già incredibilmente sola mentre studiava ogni suo rumore nella stanza
accanto. Quando ebbe finito, riattraversò l’atrio pieno di calcinacci
e si fermò davanti all’ingresso della sala dei trofei. Brunilde
non si voltò. - Non ti dimenticherò mai. Dirti grazie è poco. Io… ti
auguro ogni bene. Addio cara Brunilde. – detto questo uscì. Quando lo scalpiccio degli zoccoli del cavallo si fu
allontanato, Brunilde pianse e gridò forte il suo dolore straziante.
Con lei finirono a terra molti trofei di guerra senza più valore.
Zia Fulla e gli altri servitori la sentirono piangere per ore, ma
nessuno di loro trovò il coraggio di andare a parlarle. Quando si risvegliò china su un fianco, non seppe dire
se si fosse addormentata o se era svenuta. Si alzò e più stanca
che mai, barcollò fino a quello che restava della sua camera da
letto. La parete che dava sul giardino era crollata e il soffitto
vibrava paurosamente a ogni minimo rumore. Sul cuscino Olimpia le
aveva lasciato la spilla a forma di cigno che mesi addietro le aveva
regalato. La strinse forte e si rannicchiò sul letto polveroso ad
aspettare che il tempo passasse e la conducesse sempre più lontano
da lei.
Capitolo
17 Germogli
Xena
aveva da poco salutato Grinilde e con un nuovo cavallo si preparava
a un lungo viaggio di ritorno verso casa. Aveva consegnato il ramo
dell’albero della vita alla valchiria affinché potesse piantarlo
al posto del precedente ormai morto sull’Asgard. L’albero della
vita che regge i tre mondi. Cielo, terra e inferi. Tutta la terra
ben presto sarebbe rinata. Quel pensiero positivo la rincuorava
e sentiva che quel viaggio era pur valso a qualcosa. Rivedere Olimpia
aveva risvegliato il suo amore per lei ma anche il dolore per il
tradimento che non riusciva a perdonarle. Lo aveva fatto per una
giusta causa e una volta tornata in Grecia avrebbe trovato il modo
di distrarsi e lasciare che il tempo sopisse nuovamente quei pensieri
tristi. Sentì
un altro cavallo alle sue spalle che galoppava veloce. Si avvolse
meglio nel mantello e cercò di distinguere chi fosse. Olimpia…
d’istinto si voltò e riprese il cammino. Era
lì, stava arrivando. Brunilde aveva davvero avuto il coraggio di
mandarla via? Si sentì chiamare da quella voce inconfondibile, una,
due volte. Alla terza si fermò e aspettò che parlasse.
-
Xena, torno in Grecia. Posso fare
il viaggio con te? – domandò timida come la prima volta che l’aveva
incontrata. Era solo una giovane contadina chiacchierona…
-
Non è il caso. E poi perché torni
in Grecia? Ah lascia perdere! – incitò il cavallo a riprendere il
cammino e se la ritrovò a fianco – Seguimi se vuoi, ma non parlare.
Sono stanca. – La guardò con occhi porcini: sembrava arrabbiata
col mondo intero. Ma in realtà era molto felice di riaverla accanto.
-
Non preoccuparti. Non è il momento
giusto neanche per me. – il pensiero di Brunilde occupava pienamente
la sua mente. Ma avrebbero avuto tanto tempo per parlare. Così ripresero
il viaggio. Insieme.
Capitolo
18 Reagire
La voce di Olimpia che la chiamava si confuse con quella di Grinilde e Fulla finchè non aprì gli occhi e capì che non aveva solo sognato.
-
Si è svegliata, parlale tu. Puoi
fare molto più di noi. – detto questo la zia di Brunilde si allontanò,
lasciandole sole. La valchiria si avvicinò, prese una coperta ai
piedi del letto e adagiatala sulle gambe dell’amica, si sedette
accanto a lei, accarezzandole i capelli.
-
Alla fine lo hai fatto davvero. –
Brunilde cercò di asciugare gli occhi rossi e umidi con il dorso
della mano.
-
Dimmi che ho fatto bene amica mia.
Adesso sono così pentita. –
-
Ma certo che hai fatto bene. Non
aveva senso tenerla qui con te. Il suo atteggiamento nei tuoi confronti
sarebbe cambiato e tu ne avresti sofferto sempre più. Se non ti
amava anche le migliori intenzioni sue e tue insieme avrebbero fallito.
– Brunilde aprì il pugno chiuso rivelando la spilla di cristallo
a forma di cigno.
-
Me l’ha restituita. La conserverò
per il bambino; almeno avrà un suo ricordo. – La danza delle luci nel cielo, la notte che
le aveva fatto quel dono, attraversarono rapide la sua mente. Forse
non era mai stata più felice.
-
Dovresti alzarti da questo letto.
Prima trovi la forza di rimetterti in piedi e meno penserai. Hai
bisogno di distrarti e io sono qui per questo. –
-
Devo fare ancora una cosa. Anzi,
tu la farai per me così sparirà per sempre la tentazione di romperla.
– infilò una mano nella stretta tasca del vestito e ne tirò fuori
una fiala. – Questa è la memoria di Olimpia. Odino me l’aveva regalata
pensando che mi avrebbe fatto piacere distruggerla. – Grinilde capì che la decisione di lasciare libera
Olimpia non era stata improvvisa ma meditata – Potevi impedirle
di recuperare i suoi ricordi o distruggerli per sempre. Sei… nessuno
avrebbe fatto lo stesso al tuo posto. Se il cuore non fosse cieco,
quella donna dovrebbe…- ma Brunilde la fissò negli occhi
per la prima volta da quando era arrivata e s’interruppe.
-
Ti prego, non dire altro. Non potevo
farlo. Mi sentivo in colpa per averla coinvolta nella reincarnazione
di Odino senza che lo sapesse. Io avrò il nostro bambino e lei farà
ritorno a casa come desiderava. – Quella notte, l’ultima in cui
si erano amate su quel letto, Odino era presente. Con il suo grande
potere unito all’amore della valchiria per Olimpia, il padre degli
Asi aveva sacrificato la sua esistenza divina per lasciare che Brunilde
custodisse la sua nuova vita. In quel modo Odino era sopravvissuto
al Ragnarok, la cui profezia lo voleva certamente morto.
-
Io ti sono grata per quello che hai
fatto. Amerò il tuo bambino e lo proteggerò sempre. – Brunilde sapeva
che Grinilde non avrebbe mai mancato a quella promessa. Doveva soffrire
molto per la mancanza dell’amato padre degli Asi e avrebbe riversato
sul nascituro tutto il suo amore. Adesso le due donne avevano qualcosa
in più che le accomunava. Il loro legame si faceva più forte.
-
Avremo entrambi bisogno di te. Prendi,
portala via e rimettila al suo posto con le altre - e le mise in mano la fragile fiala.
-
Non prima che ti abbia visto reggerti
sulle tue gambe fino alla cucina. Coraggio. – l’aiutò ad alzarsi
e sorreggendola per il braccio l’accompagnò fino alla cucina di
Fulla.
Capitolo
19 Un nuovo inizio
Dopo aver percorso un giorno di cammino decisero di riposare per la notte. Avevano parlato pochissimo anche perché Xena era talmente stanca che era riuscita in più di un’occasione a dormicchiare a cavallo. Iniziare un lungo viaggio non era cosa da fare dopo una guerra. Si rintanarono all’ingresso di una piccola grotta. L’aria era davvero molto fredda quella notte e i mantelli e il piccolo fuoco non riuscivano a scaldare abbastanza. Si avvicinarono accanto alla debole fiamma e scaldarono il pane gelato che erano riuscite a comprare a caro prezzo da un contadino. L’uomo si era lamentato tutto il tempo con la valchiria Xena delle perdite che aveva subito per la guerra. - In che parte della Grecia sei diretta? – chiese Olimpia sbocconcellando il suo pezzo di pane. - Cercherò Fillide ad Atene, per ora non ho programmi. – le rivolse uno sguardo incerto prima di rigirarle la domanda – e tu? – - Non lo so. – rispose dopo una rapida riflessione. Era accaduto tutto così in fretta: pochi giorni prima aveva una compagna, una casa e un lavoro. Adesso era in viaggio senza una meta. Riconquistare Xena era ancora così lontano dai suoi pensieri in quel momento. La sua mente non osava pensarci. Brunilde era troppo vicina. Si sentiva legata a lei e oltretutto, non sarebbe stata capace di forzare il perdono di Xena. Avrebbe dovuto conquistarlo, giorno per giorno e forse chissà, prima o poi sarebbero tornate insieme. - Com’è stato recuperare la memoria? – chiese d’un tratto la principessa guerriera tenendo gli occhi fissi sulla cena frugale. Anche lei rifletteva sulla presenza di Olimpia di nuovo al suo fianco. Se s’interessava a come aveva recuperato i ricordi, allora, una speranza di riappacificazione esisteva. - Un vero trauma. All’improvviso ho ritrovato la parte di me che mi mancava e nello stesso tempo, mi sono accorta di averne perduta un’altra per sempre. – Si riferiva a lei e sapeva che l’avrebbe capito. - Sono stanca, credo che mi metterò subito a dormire. – tagliò corto la donna alzandosi a sistemare la coperta. - Sai credo che verrò anch’io ad Atene. A meno che tu abbia qualcosa in contrario. – - No, fa come ti pare. – concluse asciutta scomparendo sotto la pesante coperta di pelliccia. - Buonanotte Xena – - Buonanotte –
Fine di Xandrella |