EPISODIO N. 8
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di Xandrella

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Capitolo 12  Se vuoi la pace, prepara la guerra (si vis pacem, para bellum)

 

Il buio e il silenzio, rotto solo dai ticchettii e i suoni dimessi provenienti da angoli imprecisati della voragine, rendevano quell’attesa snervante. Olimpia di tanto in tanto, si ciondolava in avanti come unico rimedio al dolore alla spalla. Come se non bastasse, aveva sempre più freddo ma cercava di serrare le labbra e di controllare il tremito per evitare che Xena potesse accorgersene più di tanto. Non voleva mostrarle la propria debolezza; non ora che la sentiva così ostile.  Lei se ne stava ad occhi chiusi con le spalle rilassate contro la roccia. In certi momenti sembrava dormire poi all’improvviso riapriva gli occhi e la fissava con espressione vacua. Avrebbe pagato per i suoi pensieri…

-    E’ imbarazzante vero? – chiese all’improvviso, tenendo gli occhi chiusi. Ma riuscì comunque a percepire che Olimpia era quasi sobbalzata alla sua voce.

-    Cosa? –

-    Non fingere di non capire. Avrei preferito non vederti. – aggiunse secca. Perché continuare a tacere? Il destino le stava dando la possibilità di vuotare il sacco, di dirle ciò che aveva pensato di lei in quel lungo periodo. - Che scherzo del destino… – Olimpia non rispose ma sorrise amaramente.

-    Sicuramente Brunilde sarà preoccupata a morte sapendoti da sola con me. Non credo che si fidi considerato il modo in cui vi siete messe insieme. – Era provocatoria e avrebbe continuato finchè il bardo non avesse trovato il coraggio di controbattere.

-    Smettila! Non ti permetto… - si difese la donna voltandosi a guardarla. Ma la guerriera non le diede il tempo di finire la frase.

-    Cosa non mi permetti? Se fossi in te starei zitta. –

-    Xena tu avrai anche tutte le ragioni del mondo, ma non hai ancora capito come sono veramente andate le cose. – pronunciò quella frase tutta d’un fiato, con grande risolutezza.

-    Certo, mi serve una spiegazione dettagliata per capire che dopo anni insieme, te ne sei andata con un’altra. -  Il suo tono di voce era alto e le parole iniziarono a rimbombare nel vuoto. Ora anche lei stava tremando, ma di rabbia. - Sai perché ci sono stata male? Non tanto per ciò che poteva rappresentare per noi due il tuo tradimento, no. Quanto per il fatto che non ti credevo capace di un’azione simile. Per giorni e giorni mi sono tormentata pensando che saresti tornata indietro: “No,” mi dicevo. “Olimpia non mi farebbe mai una cosa del genere. Lei è… troppo onesta.” -  scandì quell’ultima parola con tanta amarezza che Olimpia si sentì improvvisamente sporca. Era lei la colpevole.

-    Io… mi dispiace… - fu l’unica cosa che riuscì a dire, ed era quella sbagliata.

-    Oh certo, adesso ti dispiace. Non me ne faccio niente della tua compassione sai? Proprio niente. – Si alzò e battè il pugno chiuso contro la roccia. Piccoli frammenti di terra e polvere si sbriciolarono sul lembo di terra che le sollevava dall’abisso. – Quanto tempo ci vorrà ancora! Non sopporto più questo posto. – Voleva scappare quanto più lontano possibile da lei e non vederla mai più. Stava diventando una tortura. La stanchezza o chissà cosa, la portarono per un attimo a un pensiero folle: saltare nel vuoto per risolvere tutto.

- Hai ragione, non posso dire niente. Però, l’idea che tu possa odiarmi è … non lo so, non riesco a sopportarlo. - Non riuscì a sollevare lo sguardo dai calzari. Attese un’altra risposta gelida che stavolta non arrivò. Quel silenzio rappresentò un permesso ad andare avanti a parlare. - Da quando ho recuperato la memoria ho desiderato tante volte tornare indietro. Non faccio altro che incolparmi e pentirmi di ogni cosa. Del dolore che ho causato a te e dell’inferno in cui ho trascinato Brunilde non appena ho riavuto i miei ricordi. - mentre parlava una lacrima iniziò a rigarle una guancia senza che se ne accorgesse. Xena sembrava reggere l’intera parete rocciosa, con le braccia tese contro il muro e il capo chino. - Non riesco a trovare una soluzione che possa andar bene per tutte. Credo che la cosa più giusta sia lasciare tutto com’ è ora e lasciare da parte i miei sentimenti per te. - singhiozzò e Xena questa volta lo sentì chiaramente.

- Non dirlo mai più. - Si voltò con il dito puntato contro di lei e s’inginocchiò ai suoi piedi. - Non ne hai il diritto! - Negli occhi azzurri e gonfi di lacrime, Olimpia vide il suo stesso dolore. Forse, dietro tanta sofferenza e rabbia, l’amore di Xena per lei era sopravvissuto. Forse c’era ancora la speranza di ricostruire tutto. Ma si sa, la speranza è la più grande delle illusioni.

- Xena, io ti amo ancora e non posso farne a meno. -

- No. Non puoi dirmi questo. - Erano così vicine eppure mai così lontane. - Io ho lottato contro me stessa per riuscire a rialzarmi e andare avanti da sola. Ho pensato seriamente di non farcela. Tu non hai la minima idea… - Non poteva dirle che aveva sofferto così tanto da invocare la morte. Quel dolore era privato e aveva giurato a sè stessa di non condividerlo mai con nessuno. Era stata la sconfitta più grande che avesse mai subito, ma non le avrebbe dato la soddisfazione di saperlo.

- Hai ragione tu: non ne ho il diritto. E’ stato solo un momento di debolezza. Non posso più permettermelo. C’è un’altra persona lassù che non lo meriterebbe. -

- Non dipingerla come una dea. Non con me. Ti ha circuito fin dal primo momento che ti ha conosciuto anni fa. Per amor tuo e per la fiducia che avevo in te, l’ho lasciata fare. Tante, troppe volte. Sei andata a letto con lei quando eravate da sole in quei maledetti giorni, vero? - la domanda sembrò scandalizzare Olimpia che sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta.

- No! - proruppe prima che Xena riprendesse a parlare.

- Lascia stare, non so neanche perché te l’ho chiesto. Ormai non ha nessuna importanza. - quella domanda l’aveva assillata giorno e notte per mesi e continuava a tormentarla. Il pensiero di Olimpia e Brunilde a letto insieme riusciva ancora a infiammarla di rabbia.

- La verità è che ci siamo baciate ma non siamo andate oltre. Puoi non credermi ma Brunilde era contraria alla nostra relazione all’inizio. -

- Non m’interessa e non te l’ho neanche chiesto. - si coprì gli occhi con le mani poi massaggiò le tempie: desiderava strappare quei pensieri dalla testa. La loro prima volta, i baci, le carezze… Tutto alle sue spalle!

Doveva tirar fuori tanta rabbia accumulata o sarebbe scoppiata dinanzi agli occhi di Olimpia. Con che coraggio cercava di raccontarle certi particolari? A cosa mirava?

- Dobbiamo smetterla di parlare di questa storia. Non ha alcun senso. - le mani le tremavano e incrociò le braccia per nasconderle.

- Invece credo che affrontare il problema ci abbia fatto bene. - disse il bardo in tono pacato avvicinandosi ancora di più al viso della ex compagna.

- Parla per te. Il tuo benessere non è più una mia priorità comunque! - lo sguardo di disapprovazione che le rivolse Olimpia aggiunse alcool al fuoco.

- Non guardarmi in quel modo! Pensavi veramente che con qualche chiacchiera saresti riuscita a farti perdonare? -

- No certo. Io merito la tua condanna ma lascia che ti ricordi qualche nome: Hercules, Marte e Antonio. Mai una volta ho osato chiederti spiegazioni in tanti anni, perché temevo le tue risposte. E ti ho perdonato Xena.  -

- Non puoi tirare in ballo queste persone, lo sai bene che non è la stessa cosa! -

- Perché tu avevi bisogno di un uomo ogni tanto? E’ questa la differenza? - Un sonoro schiaffo arrossì la guancia di Olimpia. La principessa guerriera aveva perso il controllo.

- Lo hai fatto finalmente. Ammettilo: non desideravi altro! –

 

 

Capitolo 13  Scheletri nell’armadio

 

Il dialogo non stava andando per il verso giusto. Di certo Olimpia sapeva che ribattere alle accuse del suo tradimento ricordando le scappatelle di Xena, non avrebbe di certo sistemato le cose. Si pentì subito di aver parlato. Ma uno schiaffo in risposta non se lo aspettava proprio. Xena non poteva pensare di aver ragione su tutti i fronti. Su quell’argomento avrebbe dovuto cedere e ragionare. Ragionare sulle necessità e le motivazioni altrui, che per quanto incomprensibili, possono avere una logica. Se Xena fosse stata al suo posto quando lei era intenta a trastullarsi tra le braccia di un altro, come avrebbe reagito? Lei aveva capito e giustificato la compagna pur di restarle accanto. Non avrebbe mai lasciato che avventure insignificanti potessero minare un rapporto tanto prezioso e forte.

Perché lei era “la sentimentale” della coppia. La vera roccia a cui Xena poteva aggrapparsi tutte le volte che ne aveva bisogno.

Certo, la sua storia con Brunilde rappresentava una scelta radicale, un grande amore da salvaguardare a discapito del precedente. Nessun paragone poteva reggere con le relazioni di Xena.

- Non ti sto chiedendo di perdonarmi in nome degli errori che hai commesso in passato. Non credo che certi conti si possano pareggiare in questo modo. - la guerriera sembrava aver perso la parola. Probabilmente era pentita di averla colpita in volto. - Vorrei solo che tu capisca che non l’ho voluto, io non l’ho cercato! Non merito il tuo perdono per quel che ho fatto, ma non odiarmi per aver creduto che la felicità fosse all’improvviso da un’altra parte. Perché non ero in me e i sentimenti non si comandano. -

- E’ così importante per te sapere che non ti odio? -

- Si lo è… e non posso più ripeterne il motivo. -

- Mi dispiace, non volevo colpirti. -

- Me lo meritavo almeno uno schiaffo, no? - accennò a un sorriso ma Xena rimase impassibile.

- Non lo so Olimpia. Non so se riesco a cancellare quello che provo. E’ come se tutto il dolore si fosse condensato giorno per giorno fino a diventare rancore. Le nostre strade devono rimanere divise. Per il bene di tutte e due. -

- Vorrei tanto una possibilità per farti cambiare idea ma Brunilde non soffrirà ancora per causa mia. Le ho promesso che sarei rimasta accanto a lei e se devo soffrire per rimediare ai miei errori, preferisco che almeno una di noi sia felice. -

Xena avrebbe tanto voluto chiederle cosa ci trovava in quella dannata valchiria da proteggerla tanto e con tanto ardore, ma tornò a sedere al suo posto senza ribattere. Inutile aggiungere altro.

 

Capitolo 14 Il giuramento

 

-         Trovala, trovala hai capito? Devi riportala in superficie e poi conducila al sicuro da zia Fulla. Io vi troverò. - Brunilde parlava al suo cavallo alato guardandolo negli occhi. Le mani gli tenevano fermo il muso davanti alla sua faccia per evitare che il frastuono della battaglia lo distraesse da un messaggio tanto importante. - Ora va, vola via e non  tornare indietro finchè non l’avrai trovata. - agitò le braccia per spingerlo ad andare lontano da lei. Ma l’animale esitava ad abbandonare la sua padrona in un momento tanto pericoloso. - VAI! E’ UN ORDINE! - gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Interminabili ore erano trascorse dal momento in cui Olimpia e Xena erano precipitate nella crepa che si era aperta nella terra, a causa dell’attacco del gigante Surtr. Non poteva attendere ancora a lungo i soccorsi.  L’immagine di Olimpia riversa a terra priva di vita, le gelava il sangue. No, non poteva essere morta!

Approfittò di un momento tranquillo per privarsi del suo cavallo.  Le compagne era lontane sul campo di battaglia e riuscivano a spalleggiarsi tra loro restando unite. Solo Grinilde restava sempre nei paraggi a guardarle le spalle. Il cavallo alla fine si librò in volo finchè la terra lo inghiottì.

Si sentì più sola che mai in quel momento. Il frastuono della battaglia si fece forte intorno a lei. Qualcuno le si avvicinava alle spalle; si voltò rapida con la spada in pugno.

- Perché hai mandato via il tuo cavallo? – Era Grinilde che aveva osservato la scena ed era già pronta a rimproverarla.

- Posso combattere anche così, sono troppo in pensiero per lei, dovevo fare qualcosa. - 

- Prendi il mio cavallo. - aggiunse la donna senza pensarci due volte.

- No Grinilde, non sarebbe giusto e non vedo perché dovrei farlo. -

-         Monta e non fare storie. - l’ordine venne ascoltato. Brunilde non poteva dimenticare che aspettava un bambino. Una creatura troppo cara a Grinilde. Come unica ricompensa per la protezione che le stava offrendo, la valchiria non poteva contestarla. Afferrò le redini del cavallo mentre l’amica già si apprestava allo scontro con un seguace del malvagio dio Loki, sobillatore della rivolta.

-         Grinilde aspetta! – le corse incontro e le afferrò le mani sporche di sangue e polvere – Promettimi che non dirai mai a Olimpia del bambino, se dovessimo vincere la guerra. – la donna esitò colpita dalla richiesta insensata – Ti prego. Voglio che sia libera di scegliere. –

-         Io non ti capisco. Con questo bambino voi sarete felici insieme ne sono sicura. Lei finalmente saprà gettarsi il passato alle spalle e… -

-         No. – l’interruppe Brunilde - Lei non mi ama. E tu lo sai bene quanto me. Tu mi aiuterai a crescere il bambino e io saprò accettare il ritorno di Olimpia in Grecia solo grazie a voi due. – Grinilde scosse la testa. Brunilde aveva la felicità a portata di mano ma ancora una volta era pronta a sacrificarla in nome di quella di Olimpia. Quanto non la meritava! Possibile che l’amore per Xena fosse così forte da non accorgersi che la persona che aveva accanto fosse straordinaria?

-         Giuramelo Grinilde. Non abbiamo più tempo per parlare ma toglimi questo peso dal cuore. –

-         E va bene, te lo giuro. – l’amica le sorrise stringendole più forte le mani.

-         Grazie, sei una grande amica. –

 

 

Capitolo 15 La fine del Ragnarok

 

Dopo sei giorni di battaglia, la guerra giungeva finalmente a conclusione. Le schiere di Odino al terzo giorno avevano subito una rovinosa sconfitta. Alcuni degli Asi erano morti, tra cui, Tyr, Thor e Freyr nel tentativo di uccidere i mostri Midhgardhr, Garmr e il gigante Surtr. I guerrieri alla vista di caduti così importanti avevano perso l’ottimismo e la disperazione si era ben presto appropriata dei loro animi. Anche due valchirie erano morte: Ortlinde e Gutrune. I loro corpi rimasero sul campo perché le altre compagne non ebbero modo di dar loro degna sepoltura o di trarli in un posto sicuro. La salvezza giunse al quarto giorno, quando, come stabilito in precedenza da Odino, l’esercito dei guerrieri invincibili del Valahalla giunse a sfiancare il nemico ormai stanco da tre giorni di guerra ininterrotta. Le forze in campo finalmente si pareggiarono e i giganti iniziarono a cadere l’uno dopo l’altro. Le sorti della battaglia vennero rovesciate finchè al quinto giorno il nemico iniziò a ritirarsi sconfitto. Le viscere della terra accolsero nuovamente i ribelli e Loki e i suoi seguaci, fuggirono verso terre sconosciute. Per loro non ci sarebbe mai stato perdono.

Xena, che aveva ripreso a combattere dopo il salvataggio del cavallo di Brunilde, finiva i moribondi colpendoli alla gola con la sua spada. Uno sporco lavoro che non aveva mai amato fare. Di tanto in tanto aveva visto le valchirie sul campo nei giorni precedenti, ma non si era mai affiancata a loro nella battaglia, preferiva combattere da sola.

Si guardò intorno. Aveva la vista annebbiata per la debolezza e per la prima volta non vide nessuno duellare sul campo. Rise di gusto: la guerra era finita e avevano vinto. Affondò la spada nel corpo lamentoso di un orrendo nano e nel contempo si sentì autorizzata a desiderare un bagno caldo e un giaciglio su cui dormire almeno un giorno intero. Erano anni che non partecipava a una battaglia di quella portata e concluse che ne avrebbe fatto a meno volentieri per il resto della sua vita.

-         Xena… – era la voce di Brunilde. Si voltò e vide una donna che sotto uno spesso strato di terra e sangue incrostato poteva essere la sua rivale in amore. Persino i capelli che ricordava di un lucente color oro, erano sporchi di chiazze marroni.

-         Brunilde, vedo che anche tu come me, sei fresca e linda come un fiore di campo. –

-         Non dirmelo, non riesco più a stare in piedi. – e così dicendo aiutandosi con la spada, scivolò a sedere al suolo. Il momento di parlare da sole era finalmente arrivato.

-         Ti ho visto combattere in questi giorni. Ho ordinato al mio cavallo di condurre Olimpia a casa, da mia zia. Mi stupisce che si sia lasciato montare anche da te. – Brunilde trovava la cordialità della loro conversazione alquanto assurda. Forse la colpa era della stanchezza e dei combattimenti venuti a nausea in quei giorni, a renderle così pacifiche l’una con l’altra.

-         Diciamo che non era bendisposto ma l’ho convinto. –

-         Come stava lei? – era troppo curiosa di avere sue notizie per continuare a tergiversare. Vedere la principessa guerriera sul campo di battaglia le aveva dato buone speranze in quegli ultimi due giorni.

-         Ha una spalla slogata ma sta bene. – 

-         Per fortuna. Hai sete? – le porse il suo piccolo otre quasi vuoto, che Xena rifiutò ringraziando.

-         Credo che tornerò subito in Grecia. Niente mi trattiene qui. Ormai la guerra è vinta. –

Brunilde annuì. – Hai ragione. – poteva invitarla a restare per mille motivi ma bastava l’unica ragione per cui fosse necessario vederla partire che la indusse a tacere. - Cosa ti ha detto Olimpia? A proposito della sua memoria, intendo. – sapeva che il suo sguardo aveva assunto improvvisamente un’espressione dura ma era pronta da tempo a discutere con Xena.

-         Sta tranquilla, non si è gettata tra le mie braccia se è questo che ti preoccupa. – rinfoderò la spada e pensò che avrebbe fatto meglio a partire all’istante prima di incappare in una lite con la valchiria.

-         Xena devi portarla via con te. – proruppe, pronta a convincerla.

-         Che cosa? –

-         Si, Olimpia probabilmente non ha avuto il coraggio di chiedertelo ma una cosa è certa: questo non è più il suo posto da quando ha recuperato la memoria. –

-         A che gioco stai giocando? – Xena era furente. Cosa poteva essere capitato tra Olimpia e Brunilde da indurle a discorsi così folli? Possibile che non fossero capaci di risolvere tra loro la cosa? Aveva già confessato a malincuore al bardo quanto aveva sofferto la loro separazione e adesso ecco che la rivale tornava all’attacco con un discorso simile. Maledisse quel posto e la guerra che aveva appena combattuto: doveva rimanere in Grecia, lontano da loro. Non voleva più soffrire per quella storia, si era fatta del male abbastanza e sentiva di non meritarlo.

-         E’ la verità. –

-         Ma cosa… tu non puoi dirmi una cosa del genere! O hai forse dimenticato che sei stata tu a convincerla a seguirti? Ti sei stancata del giocattolo e ora credi di poterlo restituire? No, non funziona così. –

-         Xena, io l’amo e non ne ho mai fatto mistero. Quello che provo per lei è diventato più forte ma ho chiaro davanti agli occhi che ho fatto di Olimpia un’infelice. Il suo posto è accanto a te. – quelle parole le costavano molto. Ma aveva un obiettivo e cercò di non pensare a sé stessa e concentrarsi solo sui sentimenti di Olimpia.

-         Bè, è un problema vostro! Io non voglio più avere niente a che fare con lei! E’ una traditrice e non la perdonerò mai per quello che ha fatto. –

-         Tu sei solo una donna ferita adesso. Ma sono sicura che quello che provi per lei è più vivo che mai. Devi solo trovare la forza di perdonarla e… -

-         Ora basta Brunilde! Non accetto consigli da te. Mi fai schifo, sei peggio di lei. – la sua voce risuonò alta nel campo e due guerrieri si fermarono ad osservarle interrompendo il loro compito di sistemazione dei cadaveri.

-         Non ti permetto d’insultarmi. Se aprissi gli occhi solo per un attimo capiresti che Olimpia mi ha seguito spontaneamente solo perché aveva perso la memoria. Quello che provava per me era solo un’illusione. E io volevo essere illusa… -

-         Può darsi, ma resta il fatto che lei mi ha tradito. Non la rivoglio, è troppo tardi. La discussione per quanto mi riguarda, finisce qui. Come pensavo non è stato un piacere rivederti. Addio. – s’incamminò voltandole le spalle. Non aveva più il suo cavallo ma avrebbe raggiunto la Grecia anche a piedi se fosse stato necessario. Pur di far sparire il volto di Brunilde dalla sua vista.

-         Hai sempre la testa più dura del marmo! Sappi che non appena la vedrò farò in modo che ti segua. Unite o separate, Olimpia farà ritorno in Grecia. – la determinazione della valchiria annullò quella di Xena. La guerriera si voltò sconcertata.

-         Io… non ti capisco. Hai distrutto la nostra vita insieme e adesso nonostante dici di amarla ancora, vuoi cacciarla via? –

-         Lei ama te. Quale altra motivazione vuoi? – questa volta fu Brunilde ad alzarsi e andarsene. Con un fischio richiamò il suo cavallo e volò via lasciando Xena a gridare il suo nome a gran voce: - Brunilde! Non farlo! – diede un calcio a un elmo abbandonato e inveì contro di lei, inascoltata.

 

Capitolo 16 Per il tuo bene

 

Macerie e ancora polvere attendevano Brunilde nel posto dove fino a pochi giorni fa si ergeva la sua splendida e grande casa. Tutto distrutto. Pensò che non poteva essere diversamente visto che allo stesso modo di lì a poco si sarebbe sgretolata anche la sua vita con Olimpia. L’ingresso non esisteva più. Non ebbe l’animo di chiamare qualcuno e continuò ad aggirarsi tra le mura ancora in piedi osservando quello che restava dei mobili e delle stanze. Metà soffitto era crollato, distruggendo tutte le stanze dell’ala d’ingresso. Camminava piano Brunilde, la stanchezza di colpo si fece più pesante e cadde in ginocchio scoppiando a piangere. I suoi padri avevano vissuto in quella grande casa per anni e anni. Perché tutto doveva crollare con lei?

Si rialzò e avvicinatasi alla grande fontana dell’atrio che ormai non zampillava più acqua fresca e pulita, si specchiò nella pozza stagnata. Stava guardando una donna vecchia e provata dagli stenti. Era davvero lei quella? Immerse le mani e iniziò a lavarsi le braccia, il viso e  il collo. Continuò a fissare l’acqua mossa finchè non riuscì a specchiarsi nuovamente.

-         Brunilde, sei tornata finalmente! La guerra è finita allora! – Olimpia arrancando tra i massi le si avvicinò. Ma la donna rimase immobile a fissare l’acqua. - Stai bene? –

-         Si, sto bene. – si voltò e le accarezzò il braccio bloccato comodamente al torace da un lembo di stoffa che aveva legato intorno al collo.

-         Oh la mia spalla va già molto meglio, non preoccuparti. Sapevo che non mi avresti lasciato lì sotto. –

-         Già. – Olimpia capiva che qualcosa non andava ma voleva immaginare che si trattasse di qualcosa legato alla battaglia.

-         Hai fame o vuoi subito fare un bagno? Scusami, ti starai domandando quando è crollato tutto. Tua zia dice che alle prime violente scosse di terremoto uno dei giganti ha attraversato questa zona. – ma Brunilde sembrava non ascoltare nemmeno.

-         Olimpia, devi preparare le tue cose. – lo aveva detto davvero. Lei che diceva di amarla più di ogni altra cosa al mondo era pronta a cacciarla via dalla sua vita.

-         Perché dove andiamo? – chiese innocente il bardo.

-         Io da nessuna parte ma tu… tu devi tornare a casa, in Grecia. – Olimpia fece per proferir parola ma venne immediatamente interrotta. Aveva già intuito il discorso. – Non puoi più restare qui. Ho parlato con Xena, non so se ti aspetterà ma voglio che torni in Grecia oggi stesso, con lei. Questa storia è durata già abbastanza ed è ora di scrivere la parola fine. –

-         No. Non ci credo. Tu non puoi cacciarmi via. –

-         E’ necessario. Tu non avresti mai il coraggio di andartene spontaneamente. Perciò prenderò io questa decisione al tuo posto. –

-         Ma perché? Ne avevamo già parlato prima della battaglia, no? Io voglio restare qui, con te. –

Brunilde scosse la testa rassegnata. – Non puoi restare. Tu non mi ami e io non voglio costruire il mio futuro sulla menzogna. Abbiamo tutti sofferto abbastanza per tutto questo. Io, tu e Xena. E’ ora che ogni cosa torni al suo posto. –

Gli occhi di Olimpia erano improvvisamente lucidi. – Non so cosa lei ti abbia detto ma io ho deciso di stare con te. Non c’è stato niente tra noi lì sotto, te lo giuro. –

-         Lo so, non hai bisogno di giurare niente. Tu sei la persona più onesta che conosca. – La poetessa ripensò alle parole di Xena riguardo alla sua condotta: per lei ormai era solo una traditrice, una persona in cui non avrebbe mai più riposto fiducia. Brunilde al contrario aveva un’opinione di lei talmente alta, da sentire di non meritarla neanche. – Non so se tu e Xena un giorno tornerete insieme. Quello che so ora, è che le nostre strade devono dividersi. Sono sicura che in cuor tuo sai, che questa è la decisione più giusta da prendere. –

La donna non rispose e prese a fissare inspiegabilmente il pavimento mentre una lacrima le rigava il volto. Come poteva darle torto? Brunilde aveva il diritto di tirarsi indietro. La loro pausa si era rivelata inutile. Per giorni si era tormentata nel tentativo di convincersi che doveva restare con lei per un milione di motivi a cui il cuore si rifiutava di dare ascolto. Non riuscì a trovare le parole ma si lanciò al suo collo per abbracciarla, prorompendo in un pianto disperato. Doveva arrendersi alla sua decisione.

- Non devi reagire così. Lo sai che odio vederti piangere. – con la morte nel cuore si separò da lei e le diede un ultimo dolce bacio sulle labbra. – Abbi cura di te. Se un giorno, chissà, dovessi ritrovare quello che ti legava a me, mi troverai qui ad aspettarti. – Era come ipotizzare il lieto fine di una favola. Sapeva che non sarebbe accaduto. Era questo, il finale della loro storia: doloroso e triste. Brunilde celò le sue lacrime chiudendo gli occhi. Poi si allontanò nella sala dei trofei a riporre il suo corno, in attesa che Olimpia raccogliesse le sue poche cose e andasse via. Si sentiva già incredibilmente sola mentre studiava ogni suo rumore nella stanza accanto.

Quando ebbe finito, riattraversò l’atrio pieno di calcinacci e si fermò davanti all’ingresso della sala dei trofei. Brunilde non si voltò.

- Non ti dimenticherò mai. Dirti grazie è poco. Io… ti auguro ogni bene. Addio cara Brunilde. – detto questo uscì.

Quando lo scalpiccio degli zoccoli del cavallo si fu allontanato, Brunilde pianse e gridò forte il suo dolore straziante. Con lei finirono a terra molti trofei di guerra senza più valore. Zia Fulla e gli altri servitori la sentirono piangere per ore, ma nessuno di loro trovò il coraggio di andare a parlarle.

Quando si risvegliò china su un fianco, non seppe dire se si fosse addormentata o se era svenuta. Si alzò e più stanca che mai, barcollò fino a quello che restava della sua camera da letto. La parete che dava sul giardino era crollata e il soffitto vibrava paurosamente a ogni minimo rumore. Sul cuscino Olimpia le aveva lasciato la spilla a forma di cigno che mesi addietro le aveva regalato. La strinse forte e si rannicchiò sul letto polveroso ad aspettare che il tempo passasse e la conducesse sempre più lontano da lei.

 

Capitolo 17 Germogli

 

Xena aveva da poco salutato Grinilde e con un nuovo cavallo si preparava a un lungo viaggio di ritorno verso casa. Aveva consegnato il ramo dell’albero della vita alla valchiria affinché potesse piantarlo al posto del precedente ormai morto sull’Asgard. L’albero della vita che regge i tre mondi. Cielo, terra e inferi. Tutta la terra ben presto sarebbe rinata. Quel pensiero positivo la rincuorava e sentiva che quel viaggio era pur valso a qualcosa. Rivedere Olimpia aveva risvegliato il suo amore per lei ma anche il dolore per il tradimento che non riusciva a perdonarle. Lo aveva fatto per una giusta causa e una volta tornata in Grecia avrebbe trovato il modo di distrarsi e lasciare che il tempo sopisse nuovamente quei pensieri tristi.

Sentì un altro cavallo alle sue spalle che galoppava veloce. Si avvolse meglio nel mantello e cercò di distinguere chi fosse. Olimpia… d’istinto si voltò e riprese il cammino.

Era lì, stava arrivando. Brunilde aveva davvero avuto il coraggio di mandarla via? Si sentì chiamare da quella voce inconfondibile, una, due volte. Alla terza si fermò e aspettò che parlasse.

-         Xena, torno in Grecia. Posso fare il viaggio con te? – domandò timida come la prima volta che l’aveva incontrata. Era solo una giovane contadina chiacchierona…

-         Non è il caso. E poi perché torni in Grecia? Ah lascia perdere! – incitò il cavallo a riprendere il cammino e se la ritrovò a fianco – Seguimi se vuoi, ma non parlare. Sono stanca. – La guardò con occhi porcini: sembrava arrabbiata col mondo intero. Ma in realtà era molto felice di riaverla accanto.

-         Non preoccuparti. Non è il momento giusto neanche per me. – il pensiero di Brunilde occupava pienamente la sua mente. Ma avrebbero avuto tanto tempo per parlare. Così ripresero il viaggio. Insieme.

 

 

 

 

Capitolo 18 Reagire

 

La voce di Olimpia che la chiamava si confuse con quella di Grinilde e Fulla finchè non aprì gli occhi e capì che non aveva solo sognato.

-         Si è svegliata, parlale tu. Puoi fare molto più di noi. – detto questo la zia di Brunilde si allontanò, lasciandole sole. La valchiria si avvicinò, prese una coperta ai piedi del letto e adagiatala sulle gambe dell’amica, si sedette accanto a lei, accarezzandole i capelli.

-         Alla fine lo hai fatto davvero. – Brunilde cercò di asciugare gli occhi rossi e umidi con il dorso della mano.

-         Dimmi che ho fatto bene amica mia. Adesso sono così pentita. –

-         Ma certo che hai fatto bene. Non aveva senso tenerla qui con te. Il suo atteggiamento nei tuoi confronti sarebbe cambiato e tu ne avresti sofferto sempre più. Se non ti amava anche le migliori intenzioni sue e tue insieme avrebbero fallito. – Brunilde aprì il pugno chiuso rivelando la spilla di cristallo a forma di cigno.

-         Me l’ha restituita. La conserverò per il bambino; almeno avrà un suo ricordo. –  La danza delle luci nel cielo, la notte che le aveva fatto quel dono, attraversarono rapide la sua mente. Forse non era mai stata più felice.

-         Dovresti alzarti da questo letto. Prima trovi la forza di rimetterti in piedi e meno penserai. Hai bisogno di distrarti e io sono qui per questo. –

-         Devo fare ancora una cosa. Anzi, tu la farai per me così sparirà per sempre la tentazione di romperla. – infilò una mano nella stretta tasca del vestito e ne tirò fuori una fiala. – Questa è la memoria di Olimpia. Odino me l’aveva regalata pensando che mi avrebbe fatto piacere distruggerla. –

 Grinilde capì che la decisione di lasciare libera Olimpia non era stata improvvisa ma meditata – Potevi impedirle di recuperare i suoi ricordi o distruggerli per sempre. Sei… nessuno avrebbe fatto lo stesso al tuo posto. Se il cuore non fosse cieco, quella donna  dovrebbe…- ma Brunilde la fissò negli occhi per la prima volta da quando era arrivata e s’interruppe.

-         Ti prego, non dire altro. Non potevo farlo. Mi sentivo in colpa per averla coinvolta nella reincarnazione di Odino senza che lo sapesse. Io avrò il nostro bambino e lei farà ritorno a casa come desiderava. – Quella notte, l’ultima in cui si erano amate su quel letto, Odino era presente. Con il suo grande potere unito all’amore della valchiria per Olimpia, il padre degli Asi aveva sacrificato la sua esistenza divina per lasciare che Brunilde custodisse la sua nuova vita. In quel modo Odino era sopravvissuto al Ragnarok, la cui profezia lo voleva certamente morto.

-         Io ti sono grata per quello che hai fatto. Amerò il tuo bambino e lo proteggerò sempre. – Brunilde sapeva che Grinilde non avrebbe mai mancato a quella promessa. Doveva soffrire molto per la mancanza dell’amato padre degli Asi e avrebbe riversato sul nascituro tutto il suo amore. Adesso le due donne avevano qualcosa in più che le accomunava. Il loro legame si faceva più forte.

-         Avremo entrambi bisogno di te. Prendi, portala via e rimettila al suo posto con le altre -  e le mise in mano la fragile fiala.

-         Non prima che ti abbia visto reggerti sulle tue gambe fino alla cucina. Coraggio. – l’aiutò ad alzarsi e sorreggendola per il braccio l’accompagnò fino alla cucina di Fulla.

 

 

Capitolo 19 Un nuovo inizio

 

Dopo aver percorso un giorno di cammino decisero di riposare per la notte. Avevano parlato pochissimo anche perché Xena era talmente stanca che era riuscita in più di un’occasione a dormicchiare a cavallo. Iniziare un lungo viaggio non era cosa da fare dopo una guerra. Si rintanarono all’ingresso di una piccola grotta. L’aria era davvero molto fredda quella notte e i mantelli e il piccolo fuoco non riuscivano a scaldare abbastanza. Si avvicinarono accanto alla debole fiamma e scaldarono il pane gelato che erano riuscite a comprare a caro prezzo da un contadino. L’uomo si era lamentato tutto il tempo  con la valchiria Xena delle perdite che aveva subito per la guerra.

-         In che parte della Grecia sei diretta? – chiese Olimpia sbocconcellando il suo pezzo di pane.

-         Cercherò Fillide ad Atene, per ora non ho programmi. – le rivolse uno sguardo incerto prima di rigirarle la domanda – e tu? –

-         Non lo so. – rispose dopo una rapida riflessione. Era accaduto tutto così in fretta: pochi giorni prima aveva una compagna, una casa e un lavoro. Adesso era in viaggio senza una meta. Riconquistare Xena era ancora così lontano dai suoi pensieri in quel momento. La sua mente non osava pensarci. Brunilde era troppo vicina. Si sentiva legata a lei e oltretutto, non sarebbe stata capace di forzare il perdono di Xena. Avrebbe dovuto conquistarlo, giorno per giorno e forse chissà, prima o poi sarebbero tornate insieme.

-         Com’è stato recuperare la memoria? – chiese d’un tratto la principessa guerriera tenendo gli occhi fissi sulla cena frugale. Anche lei rifletteva sulla presenza di Olimpia di nuovo al suo fianco. Se s’interessava a come aveva recuperato i ricordi, allora, una speranza di riappacificazione esisteva.

-         Un vero trauma. All’improvviso ho ritrovato la parte di me che mi mancava e nello stesso tempo, mi sono accorta di averne perduta un’altra per sempre. – Si riferiva a lei e sapeva che l’avrebbe capito.

-         Sono stanca, credo che mi metterò subito a dormire. – tagliò corto la donna alzandosi a sistemare la coperta.

-         Sai credo che verrò anch’io ad Atene. A meno che tu abbia qualcosa in contrario. –

-         No, fa come ti pare. – concluse asciutta scomparendo sotto la pesante coperta di pelliccia.

-         Buonanotte Xena –

-         Buonanotte –

 

 

                                                             Fine    

di Xandrella

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