EPISODIO N. 8
stampa
il racconto
di Xandrella Capitolo
5 Pensieri nell’ombra
Olimpia tirò le tende e accese due candele sulla scrivania
traballante. Aveva ricavato un alloggio di pochi metri quadri in un
angolo del deposito dopo aver accantonato coperte, erbe medicinali
e decine di ampolle sul fondo della camera. Il sacco deforme e pieno
di paglia che le avrebbe fatto da giaciglio aveva uno strano odore
e l’idea di coricarsi nonostante la faticosa giornata di lavoro non
l’attraeva affatto. Perché non era a casa con Brunilde? Non
avrebbe mai dovuto lasciarsi convincere che una pausa era la cosa
migliore da fare. L’ultima notte che avevano trascorso insieme rendeva
ancora più assurda quella decisione. Si erano amate con passione e
sebbene Brunilde non avesse mai risposto una sola volta ai suoi “Ti
amo”, sapeva che erano stati i sentimenti a guidare ogni carezza e
ogni bacio di quella notte. Voleva uscire di corsa dalla casa dei
Cigni e correre da lei per mettere fine a quella sofferenza inutile.
Tutta colpa di Xena! Era lei la causa. Ormai la Principessa
Guerriera l’aveva di sicuro dimenticata o al massimo, la odiava. Ci
pensava spesso e non era un’idea semplice da accettare. Come avrebbe
reagito se l’avesse rivista? Insulti e parole di disprezzo? Oppure
non le avrebbe nemmeno rivolto la parola? Xena era ancora molto importante
per lei. Più di quanto volesse ammettere. Il desiderio di rivederla
aumentava col tempo invece di diminuire ma con essa anche la paura
della sua reazione. Allora, su cosa doveva riflettere? Lei
e Xena avevano preso strade diverse e tornare indietro era impensabile.
Di sicuro Brunilde meritava un amore sincero da parte sua e solo questo
l’avrebbe convinta a rimanere qualche giorno lontana da lei. Il giorno in cui i
ricordi tornarono prepotentemente nella sua vita, stava imparando
semplici passi di danza tra le risa e le chiacchiere della amiche
di Brunilde. Forse il vorticare tra persone nuove che si avvicendavano
a farle da cavaliere, oppure i fumi del vino e le luci ondeggianti
dei grandi fuochi accesi nel cortile avevano liberato la sua mente.
Era accaduto all’improvviso ed era corsa a nascondersi per evitare
che Brunilde potesse leggere sul suo volto tanta angoscia. Come aveva
potuto lasciare Xena per seguire un’altra donna? Il loro amore aveva
resistito agli anni e a mille ostacoli per finire poi in quel modo.
Aveva preso un abbaglio pensando di non amarla più. Un errore da cui
era nata la sua nuova vita con Brunilde. Chissà se Xena la odiava… Slegò il laccio di cuoio della pergamena e rilesse lentamente
le parole della poesia scritta qualche giorno prima: Quando ogni notte la luce tace
Cercò
di non pensare a quanto fosse scomodo il giaciglio e si sdraiò lentamente.
Chiuse gli occhi e volle immaginare l’adorata valchiria alle sue spalle,
sotto le coperte. Non meritava una donna così buona. Lei l’amava incurante
dei difetti e dei suoi errori. Molto lontano invece, Xena aveva ragione
di detestarla per il male ricevuto. Ma non poteva fare a meno di pensare
a lei. Le augurò a bassa voce la buonanotte, dovunque si trovasse
e si addormentò.
Nei
movimenti agili e sciolti del nuoto, i lunghi e lisci capelli bruni
ora avvolgevano il suo corpo e ora si aprivano a ventaglio, fluttuando
nell’acqua come un mantello di seta al soffiar del vento. Con poche
bracciate raggiunse la riva del laghetto e uscì dall’acqua, avvolgendosi
in un morbido telo. Si era svegliata prima dell’alba in preda agli
incubi. Riposare, nonostante la stanchezza per il viaggio, diventava
sempre più difficile: di notte le premonizioni sul Ragnarok e di giorno
era il pensiero del pericolo imminente che incombeva su Olimpia, ad
impegnare la sua mente. Ma questo, non lo avrebbe mai ammesso. Ufficialmente,
rispondeva alla chiamata di Odino per ricambiare l’aiuto ricevuto
anni prima, con il dono delle mele d’oro. Quel prezioso regalo aveva
permesso a Marte e Venere, tra i pochi superstiti del crepuscolo degli
dei greci, di recuperare i loro poteri, bilanciando con Amore e Guerra
il futuro delle generazioni. Alzò
lo sguardo verso i colori rosa e azzurro pastello dell’alba e ripensò
ai suoi viaggi con Olimpia. Le forme delle nuvole avevano nomi, somigliavano
a cose o persone. Olimpia aveva un’innata fantasia e con lei ogni
giornata trascorreva all’insegna del buonumore. Com’era cambiata la
sua vita… - E’ solo un’alba con stupide nuvole! – sbottò ad alta voce,
lanciando il telo sul giaciglio disfatto. Ma quella che inizialmente
sembrava la fievole luce di una delle poche stelle ancora visibili
al mattino, divenne un bagliore che andava allargandosi prendendo
forma. “E’
una valchiria a cavallo” afferrò la spada e attese, finché riconosciuta
la donna, abbandonò l’arma. Per un attimo aveva temuto di trovarsi
di fronte a Brunilde e il cuore aveva preso un ritmo forsennato nel
petto. Desiderava sfidarla, vederla in difficoltà sotto i suoi colpi.
Assaporare il suo dolore e sentire la paura nel suo respiro. Solo
lei riusciva a restituirle la crudeltà del passato. Da quando Olimpia
l’aveva abbandonata, aveva maturato la convinzione che la responsabilità
di quel gesto era soprattutto della sua compagna. Ma auto-convincersi
di questo, non era bastato a impedirle di odiare profondamente Brunilde. Gli
zoccoli del cavallo affondarono con violenza nella terra più volte,
fino ad arrestarne la corsa. La donna tolse l’elmo d’argento e scese
da cavallo avvicinandosi alla principessa guerriera che nel frattempo
si rivestiva. - Grinilde, dunque sei venuta a cercarmi. – si
strinsero la mano in attesa che l’altra parlasse per prima. Era passato
molto tempo dal loro ultimo incontro ma i convenevoli dovevano cedere
il passo a questioni ben più urgenti. - Xena… avrai intuito il motivo della mia visita.
Credo che tu abbia avuto delle premonizioni come tutte le valchirie,
negli ultimi tempi – - Già, ma a questo punto preferisco ascoltare
una spiegazione dalla tua voce. – - Posso confermarti che il Ragnarok, il Crepuscolo
si sta avvicinando. Odino ritiene che ci siano chiari segni per poterlo
pensare. – - Lo temevo purtroppo. – - Se pensi che questa sia anche la tua guerra,
Odino sarà felice di averti al suo fianco. Se non te la senti invece,
capiremo i tuoi motivi. – con delicatezza le stava dicendo che tutti
sapevano di Olimpia e Brunilde. Per un attimo dubitò di avere il coraggio
di presentarsi sotto gli sguardi commiserevoli delle valchirie. Chissà
quante volte le avevano viste insieme…felici. Le avrebbe viste
con i suoi stessi occhi. No, non poteva sopportarlo. Era troppo e
troppo presto. Ma… se avesse detto no, cosa avrebbero pensato di lei?
La principessa guerriera che rifiuta di aiutare chi le ha perdonato
gravi errori e prestato aiuto nel momento del bisogno… - Niente può impedirmi di aiutare i miei amici.
– pronunciò parole decise, proibendo ai suoi pensieri di dominarla.
- Grazie Xena. Non lo dimenticheremo. Se ci sarà
un futuro per noi, Odino… - - Sono io che devo saldare il mio debito. - l’interruppe
Xena - Non serve aggiungere altro. Piuttosto ora che sei qui, se mi
evitassi questo lungo viaggio, te ne sarei grata. – - Ma certo. Preparati e partiamo subito. -
Capitolo
6 Il cuore trema
Tra
le valchirie calò il silenzio. Brunilde era lì, dinanzi a loro, con
l’armatura scintillante e la spada sul fianco. Sorrideva compiaciuta
di tanto stupore disegnato sui loro volti. Quella mattina, il suo
cavallo alato era arrivato a casa prima dell’alba e lei era corsa
nel cortile ad accarezzarlo, sussurrandogli in un orecchio “il suo
bentornato”. L’armatura le era stata riconsegnata giorni prima da
Odino stesso e ora che poteva di nuovo indossarla, sentiva di aver
ritrovato sè stessa. Quella parte che aveva abbandonato in nome della
felicità con Olimpia. Peccato che proprio la donna che tanto amava,
quel giorno non era lì, a godere con lei di quel trionfo personale. Aveva
pianto nel riprendere il suo corno dal piedistallo mentre zia Fulla
spiava ammirata la sua vestizione. La valchiria era tornata, felice
di riprendere il suo posto e di tornare nel Valalla. Ortlinde
strabuzzò gli occhi – Per tutti gli Asi, quando… cosa ci fai tu qui?
– la prima ad avvicinarsi per abbracciarla fu Siglinda e le altre
la imitarono subito dopo, circondandola. Un caloroso saluto era quello
che si aspettava dopo un’assenza che sembrava definitiva, quanto dolorosa.
-
Siamo felici di riaverti con noi Brunilde – disse a nome di tutte
Gutrunde. -
Specie perché così avremo una persona in più per la battaglia del
crepuscolo! – ridacchiò Ortlinde. -
Sei sempre la solita! Tieni a freno la lingua! – rimproverò stizzosa
la compagna. -
Vedo che qui non si sono perse le ”buone abitudini”. Piuttosto, non
vedo Grinilde… - tra tanti volti conosciuti mancava infatti, proprio
quello a lei più caro. -
E’ andata a cercare Xena. Manca solo lei – fingendo che la cosa potesse
risultarle indifferente, Ortlinde l’aveva gettata nel panico. Una
cattiveria gratuita recitata con maestria. -
Grinilde è andata da Xena? E’ stato Odino a darle questo compito?
– domandò a sguardi imbarazzati che si eclissavano dal suo. Solo la
perfida Ortlinde ebbe il coraggio di rispondere. -
Non lo sappiamo. Il re degli Asi non si fa vedere da un po’ di giorni
da queste parti ma credo proprio che sia stato lui ad ordinare la
sua chiamata. – Gutrune con una gomitata alla compagna prese la parola.
- Noi non volevamo Xena. Il suo ritorno è stato messo ai voti e abbiamo
espresso il nostro rifiuto. Devi crederci Brunilde. – -
Si è vero. – aggiunse un’altra valchiria, prendendo la parola. - Ma Odino è preoccupato per il Ragnarok e avrà
voluto diversamente. Sono giorni che non scendiamo in battaglia perché
non viene a dirci quali campioni condurre nel Valahalla. Ad Asgard
c’è grande fermento tra gli Asi per organizzare le difese. Aspettiamo
il ritorno di Grinilde, sperando che ci dica cosa fare. – Dunque
la situazione andava complicandosi rapidamente. Avrebbe affrontato
il problema di Xena in un altro momento. Non poteva ripetere l’errore
di sacrificare il dovere, in nome delle sue apprensioni. -
Non dovete preoccuparvi per me, vi credo. Non ho intenzione di far
interferire i miei problemi personali con il nostro compito. Il crepuscolo
è più importante dei nostri risentimenti. Solo rimanendo unite riusciremo
a vincere e a sopravvivere alla guerra. Non è vero Ortlinde? – -
Ma certo. Siamo tutte sorelle. – la patetica quanto pronta risposta
della più falsa del gruppo, attirò su di lei gli sguardi interrogativi
delle compagne. Dovevano fidarsi l’una dell’altra ed essere una squadra
compatta. Ora più che mai. Includere anche Xena nel discorso?
Scontato, quanto mai necessario. Ma per Brunilde l’idea di combattere
fianco a fianco con lei era assurda. Aveva poco tempo per ingoiare
il rospo: presto Grinilde l’avrebbe condotta da loro sulla montagna.
Cosa si sarebbero dette? Le serviva più tempo. -
Perdonatemi ragazze, ma visto che non ci sono battaglie per noi, preferisco
tornare a casa. Vi raggiungerò nel Valahalla al tramonto. – montò
a cavallo e spiccò il volo ancora scossa per la novità. Le più maliziose
delle valchirie vociarono immediatamente alle sue spalle. Era solo
il minore dei mali. Presto Xena avrebbe imposto la sua imperiosa presenza
tra lei e Olimpia. Impedire il loro incontro? Impossibile.
Cambiò rotta all’improvviso, diretta alla Casa dei Cigni. Doveva preparare
il bardo e anche se non voleva ammetterlo, intuire quale sarebbe stata
la sua reazione. I brutti sogni e le ipotesi peggiori potevano presto
concretizzarsi. Si stava veramente sgretolando la loro vita insieme?
L’amore, i progetti e la felicità con la donna che amava sarebbero
presto diventati un ricordo? Aveva
una sola speranza a cui appigliarsi: il risentimento di Xena. Dopotutto,
la principessa guerriera era una donna tradita. Con un minimo di orgoglio
non avrebbe cercato di riavvicinarsi ad Olimpia. Il loro grande amore
era finito e il bardo nonostante i mille dubbi si sforzava di essere
felice con lei e di dimenticare Xena per sempre. Tirò un profondo
respiro e spronò il cavallo ad andare più veloce. Con l’animo in tumulto
attraversò un cielo che prometteva neve e tempesta. Come il futuro.
Non
riuscì a tenere il conto dei corridoi, delle sale e dei cortili che
aveva attraversato con Grinilde in quell’immenso palazzo sull’Asgard.
C’era voluto del bello e del buono per convincere le guardie a lasciarle
entrare. Solo l’intervento della dea Frigg, consigliera di Odino,
era riuscito a dissuaderli dal cacciarla come un’intrusa. L’arrivo
del Ragnarok era ormai la notizia sulla bocca di tutti. L’agitazione
e l’ansia accompagnava buona parte degli Asi ad eccezione dei più
potenti, preparati alla guerra da tempo immemorabile. E proprio contro
uno di loro, Thor, andò a scontrarsi la principessa guerriera, nel
tentativo di tenere il passo dietro a Grinilde. - Xena! Felice di vederti tra noi! – esclamò,
sistemando la leggendaria cintura capace di raddoppiare la forza,
al punto giusto sugli addominali scolpiti. Il martello sistemato sulle
larghe spalle e la capigliatura rossa e spettinata trattenuta da lunghe
trecce un po’ disfatte. - Thor! Ti trovo in ottima forma. Sono ansiosa
di vederti usare il martello sul brutto muso di qualche gigante. –
Il dio parve compiaciuto del saluto e scoppiò in una fragorosa risata.
- Puoi contarci! – poi, come si erano incontrati, ripresero le rispettive
strade senza aggiungere altro. - Da questa parte. – Grinilde serissima, le indicò
una sala d’armi. Una volta entrate richiuse la porta alle loro spalle
e iniziò a cercare in silenzio l’armatura da valchiria di Xena, accantonata
da anni su uno degli scaffali. - Sembri nervosa. – - No. … Anzi, si. – disse subito dopo - E’ inutile
negarlo. – interruppe la ricerca e si voltò a guardarla. – Ti scongiuro
Xena, non fare nulla che possa distogliere la concentrazione dalla
battaglia. Sai a cosa mi riferisco. – La principessa guerriera si
appoggiò al muro sforzandosi di apparire rilassata. - Se Brunilde e Olimpia non avranno tanto fegato
da venirmi a cercare, non hai nulla da temere da parte mia. – - Vi incontrerete sicuramente e lo sai. Io non
nutro più alcun rancore nei tuoi confronti, ma Brunilde è la mia migliore
amica e non ti permetterò di farle del male. Ha già sofferto troppo
per amore di Olimpia. – sentir pronunciare i loro nomi le fece ribollire
il sangue. Con quanto ardore Grinilde le difendeva… eppure l’unica
parte lesa in tutta quella sporca storia era lei! - Ti stai scaldando un po’ troppo. Per quanto
mi riguarda, può tenersi stretta Olimpia. Sempre che in questi mesi
sia riuscita a controllarla. Chi tradisce una volta può farlo ancora.
Quella donna non fa più per me. – Grinilde sorrise. Come poteva, proprio lei, condannare
in quel modo? Probabilmente stava ascoltando la recita di una bugiarda.
Celare in quel modo il suo interesse per Olimpia non avrebbe retto
a lungo. In caso contrario, la guerriera che aveva imparato a stimare,
si era trasformata in un’ipocrita egoista, pronta a puntare il dito
senza possibilità di replica. – Io non voglio entrarci. Ti chiedo
solo di evitare discussioni. Specialmente in pubblico. Le valchirie
rivestiranno un compito fondamentale in questa guerra e non possiamo
litigare tra noi. – - Sono d’accordo. A tal proposito, vorrei vedere
Odino. – - Purtroppo non puoi. Da diversi giorni si è
ritirato in un luogo sconosciuto e ha promesso di ricomparire solo
al momento della battaglia finale. – - Che cosa? Vi ha lasciati da soli ad organizzare
la guerra? Questa è una follia! – in quel momento si ricordò dell’amore
che legava Grinilde al padre degli Asi. Nemmeno in quel discorso avrebbe
trovato l’appoggio della valchiria. - Odino sa quel che fa. Non spetta a noi giudicare
le sue decisioni. Non devo ricordarti io che il primo compito di una
valchiria è l’obbedienza al suo volere. Dovresti averlo imparato sulla
tua pelle. Non farmi pentire di averti condotto fin qui, Xena. – Entrambe
erano sul punto di perdere la pazienza l’una con l’altra. Come primo
giorno insieme, non era male… - Mi arrangio io a cercare l’armatura, vai pure
se hai altro da fare. – - Bene, ci vediamo al tramonto al ritrovo della
montagna. Ti farò avere un cavallo alato e un corno di idromele. –
detto questo abbandonò la stanza, lasciando Xena sul punto di imprecare.
Iniziava già a pentirsi di trovarsi lì. Proprio ora che le riusciva
bene lasciarsi il passato alle spalle. Grinilde aveva ragione: presto
avrebbe rivisto non solo Brunilde ma anche Olimpia. La situazione
rischiava di sfuggirle di mano. Per giorni e giorni aveva immaginato
cosa dire al bardo se l’avesse avuta di fronte, e ora… non ricordava
più una parola di quei discorsi dettati dalla rabbia e dalla gelosia.
L’avrebbe rivista. Chissà se era cambiata, o il suo viso era rimasto
dolce e sorridente come un tempo…
Aveva
appena iniziato a lavorare quando il giovane Oleg l’aveva interrotta
per annunciarle l’arrivo di una visita. Lavò velocemente le mani,
sciolse il grembiule e con passo frettoloso raggiunse il piccolo deposito
da cui aveva ricavato la sua camera da letto. Dopo tanta tristezza
e solitudine, un evento lieto. Quel brutto periodo della sua vita
poteva concludersi rapidamente con il dialogo e tanta pazienza. Sentì
il cuore in gola appena intravide la figura statuaria dietro il tendone
che divideva le scaffalature dai suoi averi. -
Brunilde! – la donna si voltò e le sorrise. – Mi sei mancata tanto!
– Non poteva non dirglielo: per giorni aveva desiderato solo tornare
nella loro casa e riprendere la vita di sempre. Quella pausa tra loro
aveva prodotto i risultati sperati. Probabilmente nutriva ancora forti
sentimenti per Xena ma ora si sentiva fermamente convinta a volersi
impegnare nella vita di coppia con Brunilde. Fece per avvicinarsi
e abbracciarla ma la visione dell’armatura da valchiria, la bloccò.
Una novità tanto grande in pochi giorni, non poteva certo essere positiva
per la loro relazione. -
Perdonami Olimpia, sono qui per spiegarti tutto. – aprì i palmi delle
mani in un gesto incomprensibile: voleva stringerla o metterla di
fronte a un fatto compiuto che poteva dividerle per sempre? -
Che significa… tu avevi rinunciato. – -
Si è vero. Ma Odino ha chiesto il mio aiuto e non ho potuto negarmi.
– lo sguardo enigmatico di Olimpia la spinse a continuare la spiegazione
– Devi sapere che il Crepuscolo degli Dei sta per arrivare anche qui,
nelle terre del Nord. Il Ragnarok, ricordi? Hai letto molte volte
quella profezia. – -
Si, ricordo. – Una brutta notizia, nella brutta notizia: il volto
del bardo divenne ancora più cupo. Il Ragnarok veniva narrato come
una guerra apocalittica e la fine degli dei greci, a confronto, era
stata solo una faida. L’idea che Brunilde avrebbe combattuto in prima
linea con le schiere di Odino, era una notizia davvero poco felice.
Sentì lo stomaco diventarle una morsa. – Potevi dire di no. Perché
hai accettato? Tu avevi scelto una vita normale con me! Se dovesse
capitarti qualcosa io… - i singhiozzi smorzarono le parole. -
Ti prego calmati amore, non fare così – La valchiria l’attirò a sé
e la strinse forte. – Sii ragionevole, non avevo scelta. Scegliere
di non combattere voleva dire aspettare la fine prematura dei nostri
giorni senza far niente. Tutti siamo chiamati a fare la nostra parte.
– Olimpia mosse la testa per guardarla negli occhi. Singhiozzava come
una bambina indifesa e Brunilde dubitò della sua scelta: le stava
facendo del male. –
Sono io che ho paura per te. Tu puoi capirmi. Non lascerò che ti capiti
qualcosa di brutto. Quando combatterò, lo farò solo pensando a te
e voglio che ora tu mi faccia una promessa. – le asciugò le lacrime
con una carezza. – Promettimi che qualunque cosa accada, avrai cura
di te stessa e non farai nessun gesto insensato. – -
Perché mi chiedi di promettere? Mi stai nascondendo qualcosa? – C’era
una parte in tutto quel discorso che Brunilde teneva per sé. Proteggerla
ad ogni costo, ma di che prezzo si stava parlando? -
No. Voglio solo affrontare serenamente questa sfida e posso farlo
solo se ti saprò viva e al sicuro. – Quando Olimpia comprese, sciolse
l’abbraccio e con piglio sicuro rifiutò la richiesta – Non puoi chiedermi
di restare a casa ad aspettarti. Se sarà necessario, combatterò al
tuo fianco. – -
Olimpia no. E’ proprio quello che voglio evitare. Tu non ti rendi
conto. – -
Può darsi, ma non commettere anche tu l’errore di proteggermi in questo
modo. Non sono una bambina, so badare a me stessa e posso decidere
di combattere al tuo fianco se lo voglio. – Olimpia non era mai stata
così aggressiva con lei fino a quel momento e la valchiria non ebbe
il coraggio di rispondere. Continuare a dissuaderla voleva dire litigare
e in quel momento era necessario un chiarimento. -
Va bene ma sappi che non hai il mio appoggio. Non ti perdonerò se
dovesse capitarti qualcosa. – Tacque.
Era questa la risposta che voleva sentire. Nessuna imposizione le
avrebbe permesso di restare a guardare. Era arrivata l’ora di salutare
la Casa dei Cigni e di riprendere in mano i sai. Con la speranza di
avere un domani. -
E’ inutile che io torni a casa. Quanto tempo abbiamo? – la benefattrice
già lasciava spazio alla guerriera e le emozioni di Brunilde per aver
rivestito i panni della valchiria passavano in secondo piano. -
Poco e tu sei fuori allenamento. Torneremo a casa a prendere le nostre
cose e a salutare zia Fulla. Se proprio hai deciso, preferisco portarti
con me. Voglio guardare il lato positivo… - -
E qual è? – chiese prendendola per mano e intuendo la risposta. -
Ti porto via con me ancora una volta. – Si, erano di nuovo insieme
nel bene e nel male. Ma Xena… lei sarebbe stata lì con loro. No, non
avrebbe osato avvicinarsi. Le avrebbe viste insieme, unite. -
Io ti seguirò sempre. – -
Sempre? – la donna annuì guardandola negli occhi mentre un brivido
le percorreva la schiena. Dopo tanta indecisione riusciva a convincerla
che l’amava senza alcun dubbio e nulla le avrebbe divise. Si scambiarono
un lungo e tenero bacio e in quel momento a Brunilde sembrò che la
stanza stesse vorticando intorno a loro. -
Ho paura che questo sogno finirà e mi sveglierò. – -
Non devi più aver paura, ormai ho recuperato la memoria e, guardaci
ora: stiamo superando insieme questa tempesta. – Olimpia le sorrise
appoggiando la fronte alla sua, in cerca di uno sguardo più sereno.
-
Siamo ancora nell’occhio del ciclone. Non devi sottovalutare i sentimenti
che ancora nutri per Xena – al suono di quel nome la donna s’irrigidì.
Non riusciva ancora a controllarsi e Brunilde ne aveva appena avuto
la prova. -
Ti prego, non nominarla. Mi costa ammetterlo ma ho bisogno di dimenticarla.
E avrò bisogno anche del tuo aiuto per farlo. – gli occhi fissi al
suolo e poca voglia di parlarne. L’ipotesi di avvertirla seduta stante
dell’arrivo di Xena, si preannunciava un autentico disastro per Brunilde. -
Puoi chiedermi qualunque cosa ma nei prossimi tempi dimenticarla ti
sarà impossibile. Lei sta venendo qui per combattere con noi. Preferirei
che tu non la vedessi ma a questo punto, non posso evitarlo. – Senti di poter controllare te stessa, il
tuo cuore e le emozioni. Senti di poter guidare la tua vita nella
giusta direzione per sentirti una persona migliore. Quella che tutti
si aspettano che tu sia. Finchè non accade l’imprevisto. Ciò che è
capace di sgretolare ogni convinzione e progetto per poi gettarti
nel panico. Un tuffo al cuore e una gioia immensa: avrebbe rivisto
Xena. Era sbagliato ma desiderava vederla e parlarle. Magari da sola.
Il destino le stava dando la possibilità di sapere se il grande amore
della sua vita provava ancora qualcosa per lei, se la odiava per il
tradimento o era diventata completamente indifferente alla loro storia.
E sempre lo stesso destino stava giocando con la felicità sua e di
Brunilde. L’adorata Brunilde, che pendeva dalle sue labbra e a cui
sapeva dare in cambio solo tanta delusione. Un attimo prima le aveva
giurato eterno amore e adesso? Ancora una volta non riuscì a controllarsi.
Doveva sorridere e fingere che l’arrivo di Xena non le interessava.
Mostrare sensibilità per la principessa guerriera qualora la vista
della coppia nata dalla sua sofferenza, le avesse causato problemi. -
No… - istintivamente si voltò. Se Brunilde fosse stata in grado di
leggere le emozioni che provava in quel momento, dal suo sguardo,
le avrebbe spezzato il cuore. Era sconvolta, perchè ancora innamorata.
Troppo. Il
danno era fatto. Lei era capace di leggerle nel cuore e sapeva. Non
volle neanche tentare di parlarne oltre. Scivolò alle sue spalle e
attraversò la porta lasciandola sola con i suoi tormenti. Aveva tutto
quello che poteva desiderare ma le sarebbe sempre mancata una cosa.
La più importante. Picchiò i pugni serrati contro il muro e sentì
di aver già perso la sfida aperta con sé stessa per ricostruire la
sua vita con Brunilde. Niente sarebbe più stato come prima.
Capitolo
7 Arriva il Ragnarok
Era
seduta su un masso, la schiena premeva contro la roccia gelata. Il
vento soffiava forte e carico di neve su quel pendio che aveva scelto
come rifugio in quel momento di debolezza. Olimpia avrebbe atteso
il suo ritorno per partire verso Asgard. Almeno fin quando non avrebbe
smesso di piangere ritrovando il controllo. Era impotente. Sentiva
che presto avrebbe perso la donna che amava e nonostante il dolore,
doveva darsi un contegno. Di fronte a Xena, questa volta, avrebbe
perso. Mesi prima era stata lei a tornare a casa con Olimpia e ora
la sua antagonista stava arrivando a riprendersi ciò che era suo.
Proprio quando iniziava a convincersi che non sarebbe mai accaduto.
Prese dalla tasca del soprabito una piccola pergamena e ne lesse il
contenuto con le lacrime agli occhi:
Un'onda s'infrange, disturba lo scoglio e grida. La brezza salmastra, sola, m'avvolge. Penso che l'acqua è uguale e bagna rive straniere, insieme ai miei piedi. Ti vedo davanti all'orizzonte di onde, arcana, scrutare il mutamento del cielo e porti domande senza risposta. E vorrei... Ma ciò che voglio non è ciò che sono: me ne dolgo. Che cosa ti ho lasciato che non mi potrai ridare? Che cosa mi hai donato? Mi sei cara come l'aria che spinge i gabbiani all'infinito, la risata del delfino negli abissi, il candore del croco battuto dal vento. Ma lontana, come il cielo, il profondo, l'immutato. Per strade diverse, un giorno, i miei pensieri ti arriveranno e troverai pace. Adesso, stanotte, lascia che il cuore riposi. Con ciò che ci resta viviamo.
“Cosa
ci resta Olimpia? Ormai sento di possedere solo il ricordo di noi.
Il tuo cuore è già lontano. E’ tornato a casa, da Xena.” Di tutte le poesie che il bardo aveva scritto di nascosto, aveva tenuto
per sé solo quella, la più dolorosa. Probabilmente, quando l’aveva
scritta, si sentiva come lei in quel momento: rassegnata a non poter
cambiare le cose. Era inutile insistere, cercare di tenerla incatenata
a sé. Ne avrebbe fatto un’infelice a vita. Ed era l’ultima cosa che
voleva. Era pronta da mesi a quell’evenienza. Sapeva che presto o
tardi Olimpia avrebbe recuperato la memoria e poteva rendersi conto
di aver commesso un errore seguendola. Purtroppo un rischio calcolato
riesce comunque a coglierti impreparato, quando perdi la persona più
importante della tua vita. Solo
una cosa le sarebbe rimasta… Era
accaduto tutto così in fretta… Olimpia l’aveva cercata quella notte
e non aveva dovuto pilotare gli eventi. Non sarebbe riuscita a sedurla
di fronte ai suoi dubbi e la decisione di prendere una pausa. Era
stata sua un’ultima volta e aveva creduto di poter ricominciare. Sorrise
dopo tutte quelle lacrime. Qualcosa in lei era cambiato e le avrebbe
dato la forza di superare quel momento tanto difficile. Per Brunilde,
il Ragnarok era già arrivato.
La
valchiria Xena osservava l’albero del mondo, Yggdrasill, all’ombra
del porticato quando le prime potenti scosse di terremoto di fecero
sentire. Non erano solo le possenti colonne di Asgard a tremare. Interi
equilibri tra cielo e terra sarebbero presto venuti meno. Urla, polvere
e un forte boato richiamarono l’attenzione degli Asi verso il ponte
dell’arcobaleno, Bifrost. Subito dopo si udì il suono del corno del
dio guardiano Heimdallr, nell’ultimo vano tentativo di chiedere aiuto
prima di cadere sotto i colpi del lupo Fenrir, il serpente di Midhagardhr,
Hel e le sue genti, Loki, Ymir e tutti i giganti del ghiaccio. Era
il suo incubo. O meglio, la sua premonizione che si avverava. Mentre
l’esercito degli Asi correva alle porte, Xena rimpianse di essersi
separata da Grinilde. Si avvicinò barcollando all’imponente albero
le cui fronde venivano scosse violentemente dal terremoto e dai giganti,
che ne deturpavano le smisurate radici. Prese la spada e con un colpo
secco recise un ramoscello carico di foglie e con un fiore bianco
non ancora sbocciato. Lo raccolse e lo infilò nella sacca. In un momento
diverso, chiunque l’avesse vista, avrebbe richiesto una punizione
esemplare per il suo gesto. L’albero era sacro e custodito giorno
e notte. Si augurò di rivederlo ancora dritto verso le nuvole e corse
verso i cancelli in cerca del suo cavallo alato. Era sicuramente lì
da qualche parte, ad attendere la sua ritrovata padrona.
di Xandrella |