EPISODIO N. 8
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il racconto
di Xandrella Capitolo
8 Per il bene superiore
- E’ solo con sacrificio che si ottengono le
cose. Chi di voi è riuscita a contare i lustri che ci dividono dalla
nascita delle valchirie? E’ per questo giorno che è stato riempito
il primo corno di idromele. Ognuna di voi oggi combatterà al fianco
degli Asi e all’esercito di valorosi guerrieri che abbiamo condotto
e accresciuto nel Valhalla per la salvezza di questa terra e del
grande padre, Odino. Potevamo avere onore più grande di questo?
– Grinilde aveva iniziato il suo discorso alle compagne, mentre
Brunilde e Olimpia mettevano piede sullo spiazzo roccioso, dove
si svolgeva forse l’ultimo incontro con tutte le valchirie. – Io dico di no. E sono sicura di questo. Non lasciate
che la paura domini i vostri cuori puri quando vedrete le vostre
compagne e i vostri amici cadere sotto i colpi del nemico. – Lei
era il capo. Nessuna valchiria godeva di maggiore rispetto tra tutte
le altre. Ogni figlia di Odino ascoltava in contemplazione le sue
parole e Olimpia avrebbe addirittura giurato che Ortlinde stesse
piangendo in silenzio, tanta era l’emozione di quel momento. - Non abbiate paura e combattete! Noi possiamo
vincere. Perché siamo tutte sorelle e non lasceremo che nessuno
soccomba senza il nostro aiuto. E’ questo che ci permetterà di vincere
oggi: l’amore. I malvagi combattono per sé stessi, noi oggi ci batteremo
per gli altri, per l’amore e la vita. – Brunilde avvolse le spalle
di Olimpia con un abbraccio: Grinilde aveva pienamente ragione.
Tutte le guerriere si guardarono con affetto e fiducia. Quel discorso
aveva infuso speranza e serenità nei loro animi. Ed era con quello
spirito che andava affrontata la battaglia. - Andiamo ora, preparate i cavalli – Le donne
innalzarono le spade sguainate al cielo in onore di Odino e lanciarono
il grido di battaglia come mai avevano fatto; Poi il gruppo si disperse
in cerca dei rispettivi destrieri. Volti più o meno noti sfilarono innanzi ad Olimpia per
salutarla ma di Xena nessuna traccia. Non ebbe il coraggio di fare
domande a Brunilde e attese che fosse lei a chiedere della principessa
guerriera all’amica in separata sede. Vide il capo delle valchirie
scuotere la testa e rubò dal movimento delle sue labbra le seguenti
parole “L’ho lasciata ad Asgard e non ho avuto il tempo di cercarla.
Sarà lei a trovare noi, se vorrà”.
“Non è peggiore di tanti altri mostri” pensò Xena
fissando le fauci spalancate del lupo Fenrir. Un ringhio feroce
e assordante capace di gelare il sangue nelle vene, i peli del mastodontico
corpo irti e spessi come aghi acuminati e riflessi pronti e scattanti,
rendevano capace quella bestia immonda di divorare in pochi secondi
qualunque creatura avesse avuto la sfortuna di trovarsi nel suo
raggio d’azione. La stava fissando. Una frazione di secondo era
il tempo che doveva bastarle per morire o decidere in che punto
colpirlo. L’ascia di un guerriero arrivò precisa e veloce contro
il volto del lupo ma non aveva abbastanza potenza da conficcarsi
nella carne dura, né tantomeno per distrarlo abbastanza. Ecco il
momento: scivolò a terra rotolando verso destra con la spada saldamente
in mano. Fenrir attaccò con le zanne bavose ma la mancò. - Xenaaaa!! Lascialo a noi! – Thor colpì il suolo col
suo martello e la terra si aprì come un vetro infranto in più parti,
sotto le zampe del mostro. – Fatti avanti maledetto! – gridò il
figlio di Odino accorso con i suoi fratelli Freyr, Tyr e Vidharr.
I quattro furono subito sul lupo, ma questo si dimenava e ne dilaniava
le carni. Tuttavia la principessa guerriera giudicò la lotta alla
pari e rialzatasi corse via in uno scenario apocalittico. Fumo,
polvere e fiamme s’innalzavano in più punti all’orizzonte, la terra
non smetteva mai di tremare e nel cielo nubi scure come la pece
oscuravano il sole. Solo violenti lampi illuminavano a tratti quello
scenario di morte e distruzione. Sentì la speranza di vittoria venire
meno quando i giganti del ghiaccio e del fuoco si aggiunsero all’esercito
nemico con il mostruoso serpente Midhgardhr. In pochi secondi dei
valorosi guerrieri di Odino schierati in prima linea, non rimase
che cenere e statue di freddo e fragile ghiaccio. L’esercito di Odino appariva diviso e con troppi punti
deboli di fronte alla potenza del nemico. Nonostante un’ormai improbabile
profezia volesse Odino vincitore, stentava a credere che la battaglia
potesse risollevarsi in loro favore. Ma non poteva morire. Non ancora. Doveva prima rivedere
Olimpia un’ultima volta. Una sola. Le sarebbe bastato. Non osava
chiedere altro al destino, o chi per esso teneva in mano i fili
della sua vita.
-
Guarda Brunilde, sono tutti qui, in questa fiala. E’ tua se accetti.
– Erano fumo e cristalli d’oro agitati dal potere delle mani di
un dio. I ricordi si lasciavano cullare in quel piccolo contenitore
di fragile cristallo. Come nella mente degli uomini. – Non le farai
del male se la distruggi. Senza le ombre del passato puoi solo donarle
la felicità. Prendila. – Era un oggetto straordinariamente pesante,
considerate dimensioni e consistenza. Le sembrò rischioso aprire
il palmo e osservarli da vicino, perciò strinse il pugno chiuso
e guardò negli occhi Odino. -
Non posso farle questo. Lei… ha fiducia in me e non tradirei mai
la donna che amo. – Lo sguardo di Odino teso e stanco, si contorse
in un sorriso – Non devi aver paura. Questo non ha niente a che
fare con un tradimento. Io ho scelto te, tra tutte le valchirie
per portare a termine la più grande delle missioni che vi sia mai
stata assegnata. – Si avvicinò, afferrandola per le spalle. – Grazie
a te e al tuo amore per Olimpia, l’ordine delle cose verrà ristabilito
dopo il Ragnarok. – Brunilde chinò lo sguardo: non era mai stata
tanto vicina al Padre degli Asi. Non che la cosa l’intimorisse,
ma nutriva un profondo rispetto per lui. Non lo aveva mai visto
tanto preoccupato e vulnerabile. Era pronto a pregarla di aiutarlo
e temeva un suo rifiuto. -
Tutto questo non è… non è naturale. Non posso… - sfuggì al contatto
e indietreggiò di qualche passo. Era un’idea a dir poco folle. -
Certo che puoi! Congiungiti con lei stanotte stessa e farò in modo
che tu concepisca un figlio. Io sono il Padre di tutti gli Asi,
niente mi è impossibile. – -
Se solo si potesse fare in un altro modo… - -
Brunilde, nel mio futuro c’è la morte se vedrò il Ragnarok! Posso
solo salvare il mio spirito in un nuovo corpo. Con te e Olimpia,
il bambino sarà al sicuro. – -
Prima di rispondere, ho una domanda. – -
Chiedi pure. – -
Perché non hai scelto Grinilde? Non è forse lei la tua preferita?
– Odino non sembrò affatto sorpreso e annuì. – Giusta osservazione.
E’ vero, non l’ho mai negato. Grinilde tra tutte voi è la mia prediletta:
io l’amo. Ma non potevo rinascere dalla futura madre dei miei figli,
non credi? Lei è già al corrente di tutto e ti aiuterà. – Un
figlio da Olimpia. Quel pensiero riusciva a renderle il cuore colmo
di gioia al punto di non poterla contenere. Aveva immaginato con
lei il volto del loro bambino tante volte. Era un sogno ad occhi
aperti, dettato dai sentimenti che provavano l’una per l’altra.
Ma restava utopia, una fantasia immaginata per gioco. Come
poteva adesso spiegare al bardo che era possibile? Lo avrebbe voluto
ancora in un momento tanto delicato per la loro vita insieme? Dirle
che serviva per salvare Odino e la Terra del Nord dal Ragnarok,
sarebbe stato solo un atto egoista. No, non avrebbe mai accettato.
Se una proposta simile fosse arrivata solo qualche giorno prima,
sarebbe stata la donna più felice del mondo. Quel pensiero la rattristò
ulteriormente. Corse verso la porta a capo chino per sfuggire allo
sguardo del Padre degli Asi. - Dove vai Brunilde? – - Mi dispiace, non posso farlo. – corse via stringendo
la fiala tra le mani. “La felicità di Olimpia è la cosa più importante.”
Continuava a ripetersi mentre scendeva le lunghe scale del palazzo
di Odino nel Valahalla. E
ora allo stesso modo cavalcava in silenzio con Olimpia stretta alle
sue spalle, ripetendo a sé stessa che
aveva giurato di amare quella donna per sempre. E per sempre avrebbe
anteposto la sua felicità alla propria. Quell’ultimo incontro con
Odino avrebbe potuto cambiare la loro vita. Se avesse accettato…
se avesse rotto la fiala che portava ancora in tasca… - Non temere Brunilde, andrà tutto bene. – disse
Olimpia che aveva ascoltato i suoi sospiri con l’orecchio accoccolato
sulla sua schiena. - Certo cara, andrà tutto bene. –
Capitolo
9 Ancora tu
Come
una lancia che attraversa il cielo, le valchirie si scagliarono
veloci e precise contro Surtr, il capo dei giganti del fuoco. Gli
inconfondibili elmi e scudi d’argento brillavano di luce propria,
governati da un potere ultraterreno. Quando i loro corni suonarono
riecheggiando nella vallata e Grinilde innalzò Gungnir, la lancia
di Odino che va sempre a segno, Xena capì che non avrebbe visto
il padre degli Asi sul campo di battaglia. Probabilmente fu la prima
a realizzare che la paura della morte era tanta, da spingerlo a
fuggire letteralmente al suo destino. Complimenti vecchia volpe!
Una lancia e tanti incoraggiamenti era tutto quello che Odino
aveva saputo lasciare al suo possente ma spaurito esercito. Scoppiò
a ridere di fronte a due nani, lì evitò con una capriola delle sue
e montò direttamente a cavallo innalzandosi in volo. Era giunta
l’ora di riunirsi alle sue compagne. Evitò i loro sguardi e focalizzò
la sua attenzione solo su Surtr. Vedere Olimpia in quel momento
sarebbe stata una distrazione troppo grande che poteva costarle
cara. Il
gigante tese le braccia corazzate da roccia incandescente e sputò
fuoco verso le valchirie pronte a rompere la loro formazione di
attacco in volo, a punta di freccia. Quando credeva di averle disperse,
rendendole vulnerabili come moscerini, solo allora, capì che lo
avevano oltrepassato per colpirlo alle spalle. Si voltò infuocando
l’aria ma non vide nessuno. Intuizione
sbagliata. Le valchirie avevano raggiunto Vidharr, figlio di Odino
e già lo aiutavano ad infierire contro il lupo Fenrir. Un nuovo
bersaglio, in quel momento più vulnerabile, da attaccare rapide
e compatte. Senza esitazione, né spazio per la paura. La spada di
Xena era con loro ma nessuna ebbe il tempo di accorgersene.
Il
lupo rabbioso fendeva l’aria con i suoi artigli sperando di dilaniare
le sue nemiche, all’apparenza così piccole e insignificanti al suo
confronto. Xena lo evitò una, due volte, grazie al suo veloce cavallo
alato. Fu in quel momento che vide Olimpia e il tempo si fermò.
Dimenticò il pericolo, incantata dai suoi occhi verdi, divenne sorda
alle grida e al frastuono della battaglia, attenta alle labbra dischiuse
dalla sua stessa sorpresa. Rimase inerme di fronte a quella donna
minuta e inoffensiva a vedersi, ma che per anni aveva soggiogato
la sua anima. Bastò
quell’attimo di distrazione. Il
gigante Surtr tornò all’attacco nella loro direzione: colpì con
i pugni chiusi la terra travolgendo Xena e Olimpia a mezz’aria.
Una profonda crepa attraversò molte miglia in pochi secondi e la
terra si aprì generando un profondo precipizio. Le due donne vorticarono
nel cielo come travolte da un uragano; persero contatto con i rispettivi
cavalli senza avere il tempo di realizzare l’accaduto. L’ultima cosa che udì Olimpia fu la voce disperata
di Brunilde che gridava il suo nome. Poi tutto divenne buio e il
silenzio la inghiottì.
Capitolo
10 Il segreto
- Devo andare da lei, lasciami! – Grinilde cercava
di trattenerla. Era stata l’unica ad accorgersi che Brunilde si
era gettata in picchiata verso il precipizio nel tentativo di raggiungere
l’amata. Piangeva convulsamente e si dimenava sfuggendo alla sua
presa. Non l’aveva mai vista così disperata. - Ti prego ragiona!
Cosa puoi fare ora per lei? Guardati intorno! – la sua stretta divenne
un abbraccio finchè la sentì arrendersi e scivolare in ginocchio,
sorretta dalle sue braccia. - Olimpia… non posso perderla in questo modo.
– Brunilde le sembrò particolarmente pallida e stanca. Troppi eventi
spiacevoli in così poco tempo l’avevano turbata e resa vulnerabile. - C’è Xena con lei. Lo so che non è una cosa
che vorresti sentirti dire adesso, ma almeno non è da sola. Pensa
al bambino Brunilde, ti supplico. Se ti arrendi adesso, non ci sarà
più speranza per noi. – Il bambino… lo aveva dimenticato.
La vita che stava crescendo dentro di lei era il frutto dell’amore
di Olimpia. Quale donna avrebbe potuto raccontare un simile miracolo?
Sarebbe stata lei a dare alla luce il figlio di Olimpia, una donna.
Non Xena, ma lei. E cosa importava se lo spirito di quella creatura
era di Odino, il padre di tutti gli Asi? Per lei si trattava di
un figlio che avrebbe amato più di ogni altra cosa al mondo. Olimpia
poteva morire, tornare in Grecia o semplicemente non amarla più.
Le avrebbe in ogni caso spezzato il cuore ma stavolta avrebbe stretto
i denti e si sarebbe rialzata dopo il dolore. Perché nessuna separazione
poteva toglierle il loro bambino. Su di lui avrebbe riversato tutto
il suo amore, costruito il futuro, trasformando la sua vita. Grinilde l’abbracciò per farle sentire la sua presenza.
Pose la testa sulla sua spalla. Poteva sentire il suo cuore che
scandiva un ritmo agitato e il suo corpo freddo e tremante. – Io
non ti abbandonerò, stanne certa. Potrai sempre contare su di me
ma ora non chiedermi di lasciarti correre a cercarla. Devi pensare
a te stessa. Spero che Olimpia stia bene ma in caso contrario, non
possiamo aiutarla adesso. – Brunilde annuì ma i suoi occhi già cercavano il ciglio
del baratro che si apriva a pochi metri da loro. Il bambino…
non l’avrebbe mai detto, ma la vita che cresceva dentro di lei
aveva già occupato il posto più importante nella sua vita. Implorò
il perdono di Olimpia e lasciò che Grinilde l’aiutasse a rialzarsi.
La mano dell’amica le accarezzò il ventre con fare protettivo e
le regalò un incoraggiante sorriso. - Asciugati gli occhi ora. Non mostrare alle
altre valchirie il tuo dolore. Hanno bisogno di coraggio. – Brunilde
trasse un profondo sospiro e si pulì malamente il viso con le mani
impolverate. Doveva concentrarsi e non pensare ad Olimpia. - Andiamo
ora. – disse, e si gettarono nella mischia.
Capitolo
11 Sole nel buio
Aprire
gli occhi non fece differenza inizialmente. Tutto era buio e soffocante
finchè trovò la forza di tossire e iniziò a provare un forte dolore
alla spalla. Vide puntini di fioca luce ovunque, finchè la vista
divenne chiara ed ebbe coscienza di aver ripreso i sensi. Era distesa
a terra, nella polvere. Il dolore alla spalla diventava sempre più
forte e non riusciva a recuperare sensibilità all’arto sinistro.
Con fatica si girò sul fianco destro e guardò in alto, poi ricordò:
era precipitata in un burrone apertosi all’improvviso nella terra
martoriata dalla battaglia contro i giganti. Lì, nella semioscurità
da qualche parte, doveva esserci anche Xena. Strisciò verso il bordo
per guardare di sotto: la sua caduta si era arrestata miracolosamente
a pochi metri dal dirupo su un lembo di terra. Di sotto era talmente
buio da non riuscire a distinguere la fine del precipizio. - Xena…
- esclamò con un filo di voce. L’angoscia e la rabbia s’impadronirono
di lei e iniziò a singhiozzare. Ma
Xena era alle sue spalle, seduta ad osservarla nel totale silenzio.
Per interminabili minuti dopo l’incidente, aveva atteso che Olimpia
riprendesse i sensi. Non aveva avuto il coraggio di avvicinarsi,
di toccarla… - Sono qui, non darti pena. – d’un tratto ritrovò
la voce. Si sentiva profondamente a disagio, quasi irritata dalla
sua presenza, ora che era sveglia. - Oh Xena… - Il bardo cercò di sollevarsi e parlare
ma il dolore alla spalla la fulminò. - Non sforzarti, quando Brunilde verrà a riprenderti
ti farai rimettere a posto la spalla: è slogata. – vide sulla faccia
di Olimpia la cattiveria delle sue parole. Poteva prestarle soccorso
meglio di molti guaritori. Possibile che volesse davvero vederla
soffrire? Il bardo non rispose, strinse i denti e si mise a sedere
dandole le spalle. Se Xena aveva pregato gli dei per vederla soffrire,
di sicuro le sue richieste erano state esaudite. Il loro incontro di certo iniziava nel peggiore dei modi.
Al pensiero del tempo che avrebbero dovuto attendere lì da sole
e maledicendo la bontà che Olimpia stessa le aveva inculcato negli
anni, si alzò, le afferrò la spalla pronta a rimetterla a posto. - No! Lascia stare, aspetterò qualcuno che voglia
aiutarmi davvero. – - Finiscila! Lasciami fare, potremmo restare
qui dei giorni. Ammesso che i nostri vincano. Se proprio dobbiamo
morire, sarà per fame. – e detto questo, con un deciso strattone,
pose fine al problema. – Non ho niente per bloccartela, cerca di
non muoverla. – - Si, lo so. Grazie. – - Tra poco inizierai a riprendere sensibilità
al braccio. – - Lo so. – il tono di Olimpia era sempre più
seccato e Xena sempre più pentita di averla aiutata. – Lavoro in
un ricovero, ho imparato davvero molto negli ultimi tempi su questo
tipo di cose. – - Bene. A quanto pare Brunilde non tiene il suo
trofeo chiuso in casa tutto il giorno. – disse con un ghigno. Aveva
sentito nominare la rivale già fin troppe volte per i suoi gusti.
In quel momento desiderò di essere finita lì con la valchiria, per
poterla gettare di sotto, nel vuoto… Olimpia avrebbe voluto risponderle che era diventata
piuttosto simpatica ma si limitò a scuotere la testa disapprovandola.
Quanto era stata stupida a pensare di poter tornare con
lei. Lo aveva desiderato in nome di ciò che provava, ma adesso che
la principessa guerriera era lì di fronte, sentiva che non avrebbe
mai più riavuto indietro la donna che amava. Aver perso la memoria,
ad un tratto, non poteva più rappresentare un valido motivo ma una
banale scusante per averla abbandonata. Avrebbe dovuto chiedere
perdono, lasciarsi insultare e sentirsi in colpa. Ma non lo trovava
giusto. Si sentiva innocente. E questo Xena non lo avrebbe mai capito. Si sforzò di trovare un argomento di conversazione. Era
calato un pesante silenzio da troppo tempo. Poteva chiederle come
stava, banalmente. Oppure se viveva in giro per il mondo come al
solito. Ma le sembrava di assumere un atteggiamento troppo spavaldo
e confidenziale. Nella sua testa per quanto si sforzasse di formulare
una domanda valida, c’era il vuoto. - Qualcuno ti ha spiegato perché Odino non è
in battaglia? Sta preparando un agguato per sorprenderli? – disse
Xena ponendo fine all’imbarazzo. - Veramente no. Non ne so nulla. – poi vista
la risposta riduttiva, cercò di allungare il discorso – Ho saputo
del Ragnarok poche ore fa ed eccomi qui. – - Allora non sei messa meglio di me. Trovo le
nostre schiere piuttosto disorganizzate al momento. – - Questo non è vero. Ho saputo che gli Asi e
Grinilde si preparavano da tempo. – Xena alzò le spalle, poco convinta di quanto aveva sentito.
Poi alzatasi, prese a tastare la consistenza della parete
rocciosa. Delusa, tornò a sedere sospirando – E’ inutile, non riusciremo
a tornare di sopra senza l’aiuto di qualcuno. Dobbiamo aspettare.
-
di Xandrella |