Con
il trascorrere dei minuti la corrente marina conduce i due naufraghi
a poche centinaia di metri dalla riva dell’isola. Circondato da
ricche e colorate barriere coralline, l’isolotto si dimostra all’apparenza
ospitale: un grande manto vegetale ricopre le sagome del luogo, i granelli
di sabbia illuminati dal sole sembrano brillare di luce propria così
come le acque che appaiono alla vista limpide lasciando chiaramente
intravedere il fondo marino animato dai vivaci movimenti di pesci multicolore.
- Quale essere divino è stato ospitato in questo luogo? E’
meraviglioso! – osserva Fillide ammirando i dintorni.
- Coraggio ragazzo… – lo invita Xena – Qui la corrente
è molto debole… faremo prima a raggiungere la riva a nuoto.
–
Detto questo la guerriera dai capelli corvini si tuffa in acqua e inizia
a compiere decise e vigorose bracciate per avvicinarsi alla riva seguita
pochi istanti dopo anche dal figlio di Corilo che trova refrigerio dal
calore del sole nelle fresche acque che costeggiano l’isola.
Raggiunta la riva il giovane Fillide si stende sulla spiaggia provato
dallo sforzo sostenuto per raggiungere la salvezza. Xena si siede accanto
a lui raccogliendo le ginocchia tra le braccia mentre il suo pensiero
la riconduce ancora una volta ad Olimpia. Dalla notte precedente il
cuore non ha più smesso di batterle veloce nel petto logorato
dalla crescente angoscia. Mentre un brivido le pervade il corpo, la
sua mente inizia lentamente a realizzare le circostanze e gli occhi
le fanno rivedere l’istante in cui la sua dolce Olimpia viene
gettata in mare dal suo nemico. Mille interrogativi affollano il suo
pensiero mentre un forte senso di impotenza la conduce a rifiutare la
possibilità di averla persa per sempre.
Nervosamente, Xena si alza di scatto guardandosi intorno cercando distrazione
dai sentimenti che sempre più soffocanti sono vivi dentro di
se:
- Dove vai? – domanda Fillide alla donna mentre la vede incamminarsi
lungo il bagno asciuga.
Nessuna risposta giunge dalla principessa guerriera che, con sguardo
perso nel vuoto, lascia che i suoi passi la conducano in un luogo dove
le riflessioni possano divenire più lievi e il cuore più
leggero.
Affiorato dalla battigia, un piccolo scoglio ostacola la fuga dalla
realtà di Xena che, non curante di ciò che la circonda,
inciampa su di esso cadendo a terra pesantemente.
Non riuscendo a controllare più le sue emozioni, la donna si
arrende al dolore lasciandolo sgorgare in un pianto che per troppo tempo
aveva trattenuto:
- Olimpia!!! Dove sei!! – grida mentre le lacrime le scaturiscono
dagl’occhi iniziando a rigare i lineamenti del suo volto. –
Non puoi lasciarmi! – continua in un secondo momento tirando un
pugno a terra per sfogare la rabbia mentre la sabbia le scivola tra
le dita.
Intenta a risollevarsi da terra, Xena alza il capo senza cessare di
piangere, quando i suoi occhi vengono catturati dalla sagoma di un corpo
riverso sulla sabbia a diversi metri di distanza da lei.
Una nuova speranza si riaccende nel suo cuore e con un balzo la guerriera
si rialza ed inizia a correre verso l’immagine sulla quale si
sono posati i suoi occhi.
Abbracciata dalla candida spuma delle onde che si allungano sulla riva,
Olimpia giace svenuta mentre la principessa guerriera la raggiunge,
incredula di averla di fronte a se. In un istante il terrore di averla
persa svanisce e l’ombra che le avvolgeva il cuore scompare mentre
il suoi occhi vengono catturati dalla figura della donna che ama.
Inginocchiatasi a terra, Xena soccorre la poetessa avvolgendola nel
suo abbraccio:
una profonda ferita segna il costato della donna sprofondata nel sonno.
Il suo volto, sulla quale si sono posati alcuni granelli di sabbia,
appare sofferente mentre piccole gocce d’acqua scorrono dalle
ciocche di capelli bagnati scivolando lungo le guance.
La principessa guerriera pone delicatamente due dita sul collo di Olimpia
per controllare il battito del suo cuore che appare debole e lento.
Senza esitare un altro istante Xena adagia nuovamente Olimpia a terra
per poi correre in direzione di Fillide per richiamarlo:
- Ho trovato Olimpia! – esclama con gioia.
- Davvero? – domanda il giovane incredulo balzando in piedi –
Dov’è? Come ha fatto a raggiungere l’isola?-
- E’ sulla spiaggia a qualche passo da qui …è un
prodigio, la corrente deve averla condotta fin qui… è ferita,
devi aiutarmi a soccorrerla. –
- Che devo fare? -
Xena osserva attentamente la vegetazione del luogo e dopo aver riflettuto
sul da farsi si addentra nell’entroterra dell’isola:
- Seguimi… - ordina al ragazzo – Devi trovare dei pezzi
di legno asciutti per accendere il fuoco… -
- Fuoco? Ma Xena… fa un caldo pazzesco non abbiamo bisogno del
fuoco!! -
- Conosco questo tipo di clima, sebbene ora faccia così caldo
la notte è più fredda … dobbiamo affrettarci, presto
sarà il tramonto! -
- Va bene – conclude il ragazzo seguendo la sua compagna di avventure
mentre riprende il cammino.
Fitti cespugli delimitano il confine tra la spiaggia e la vegetazione
boschiva dell’entroterra. Nei pressi di una palma Xena scaglia
il suo chakram in direzione del tronco per poi raccogliere delle noci
di cocco che a seguito dell’urto si sono staccate dalla pianta
mentre Fillide accumula dei rami trovati a terra.
Ripreso il cammino la principessa guerriera trova una piccola nicchia
rocciosa nascosta dalle foglie di alcuni arbusti ed inizia a osservarne
le dimensioni contando i passi:
- Questa nicchia è perfetta per costruire una capanna…
-
- Una capanna? Hai intenzione di restare a lungo qui? Io voglio andare
in India! – ribatte contrariato il figlio di Corilo.
- Fillide, ma non hai visto quanto è impetuosa la corrente aldilà
della barriera corallina? Ci vorrà parecchio tempo per costruire
una zattera sufficientemente robusta per riuscire a lasciare l’isola!
Vuoi dormire sulla spiaggia? Accomodati! -
Il ragazzo contrariato raccoglie il volto in una smorfia per poi riprendere
il cammino seguito dalla principessa guerriera. In breve i due, strappandole
dalle palme, si procurano grosse foglie verdi da usare come giaciglio
sulla spiaggia. La loro escursione li conduce poi in un luogo in cui
si trova un piccola oasi: una vivace cascata si rovescia all’interno
di un laghetto tranquillo delimitato da una distesa d’erba soffice
e fresca ricca di fiori colorati.
- Finalmente! – esclama Xena avendo trovato dell’acqua dolce.
Senza perdere tempo la donna impugna il chackam e con un colpo violento
e preciso, rompe in due parti le noci di cocco raccolte per poi usare
i gusci come calici per raccogliere l’acqua sorgiva.
Sulla strada del ritorno la principessa guerriera si imbatte in una
pianta medicinale dall’efficace potere curativo e con delicatezza
strappa dai ramoscelli qualche foglia da cui iniziano a sgorgare piccole
gocce di linfa mentre Fillide si avvicina ad alcuni piccoli cespugli
dalla quale coglie delle bacche da succo rosso.
Quando il sole è ormai volto al tramonto i due guerrieri fanno
ritorno sulla spiaggia.
Mentre Fillide accumula la catasta di legna raccolta e si premura
di accendere il fuoco, Xena prende tra le braccia Olimpia e con delicatezza
l’adagia sul giaciglio preparato accanto al fuoco. Appoggiandole
una mano sulla fronte madida di sudore, la mora guerriera si rende
conto che la sua compagna è in preda ad una forte febbre sintomo
di un infezione che dalla ferita si è propagata in tutto il
corpo. Dopo averle posate sulla liscia superficie di un masso, Xena
inizia a schiacciare le foglie medicinali raccolte usando l’elsa
della sua spada e una volta preparata la poltiglia, ne mette in bocca
una parte per cominciare a masticarla meccanicamente. In un secondo
momento la donna si alleggerisce le vesti togliendosi l’armatura,
i bracciali e calzari per poi prendere un pugnale e porlo a contatto
del fuoco per arroventarne la lama:
- Fillide, ho bisogno di un panno per fasciarle la ferita …
-
- Non preoccuparti Xena … - la interrompe il giovane sfilandosi
il corpetto per donarglielo assieme al mantello che fino a quel momento
gli copriva le spalle. – Servono più a lei che a me …
-
- Sei gentile – continua la mora allungando le labbra in un
sorriso che il giovane ricambia affettuosamente.
Strappato un lembo di tessuto dalla maglia donatale da Fillide, Xena
lo immerge nell’acqua raccolta alla sorgente per poi iniziare,
con tocco delicato ma fermo, a pulire dal sangue la ferita di Olimpia.
Assistita dal figlio di Corilo, la principessa guerriera prende il
pugnale lasciato sul fuoco ed attende qualche istante per lasciar
raffreddare la lama arrossata dall’intensa fonte di calore:
- Che ci devi fare con quello? – domanda Fillide raccogliendo
il volto in una smorfia intuendo le intenzioni della donna.
- Devo chiudere la ferita… - risponde la principessa guerriera
mentre una goccia di sudore le scorre dalla fronte.
Impressionato, il giovane volge lo sguardo altrove mentre Xena con
mano ferma imprime la lama rovente sulla pelle del bardo che al contatto
con essa brucia come carne viva al fuoco emanando una lieve nube di
fumo.
Una volta cauterizzata la lesione, la donna prende dalla bocca la
poltiglia medicinale che fino a quell’istante aveva masticato
e con cura la spalma sul taglio per poi concludere il suo soccorso
fasciando il torace del bardo con una benda improvvisata con le vesti
di Fillide.
- Quel marinaio ci è andato pesante, ma Olimpia è forte…
se la caverà… – commenta Xena passando una mano
tra i capelli per scostarli dal volto.
- Ne sono felice … - risponde il figlio di Corilo tirando un
respiro di sollievo. – Dai, ora mangia qualcosa e riposa, siamo
entrambi molto provati dalla stanchezza… -
- Ti ringrazio Fillide, magari più tardi… - continua
la mora immergendo un’altra pezza nell’acqua per poi appoggiarla
sulla calda fronte di Olimpia. - Adesso voglio solo prendermi cura
di lei… non preoccuparti, dormi sereno… hai bisogno di
riposare un po’. -
- Sei sicura che non hai bisogno di una mano? -
- Si, sta tranquillo. -
- Bene, allora… buona notte Xena. – conclude il giovane
per poi coricarsi accanto al fuoco in attesa di sprofondare nel sonno.
- Buona notte. -
Sebbene la stanchezza è viva anche dentro di se, la principessa
guerriera non ha altro pensiero che per Olimpia. Dopo averla coperta
con il mantello di Fillide per proteggerla dal freddo, Xena si siede
accanto a lei posandole delicatamente il capo sulle sue gambe per
iniziare ad accarezzarle amorevolmente i capelli:
- Sta tranquilla vita mia… ora ci sono io qui con te. Ti riprenderai
presto te lo prometto… - le sussurra ad un orecchio per poi
donarle un dolce bacio sulla guancia.
Per interminabili istanti la mora guerriera osserva il volto di Olimpia
che ora le appare più sereno e mentre culla tra le braccia
l’amore della sua vita, il regno di Morfeo accoglie anche la
sua mente che lentamente abbandona ogni pensiero mentre viene avvolta
dalle braccia del sonno.
CAPITOLO IV
Alle prime luci
dell’alba Xena si risveglia infastidita da un raggio di sole
che illumina il suo viso. Con cautela si rialza e spegne il fuoco
le cui braci iniziano ad emanare una coltre di fumo dalle sfumature
grigio scuro. In un secondo momento si spoglia del corpetto in pelle
e correndo lungo un grosso scoglio ricoperto di muschio, si tuffa
in mare intenta a dedicarsi alla pesca. Dopo aver tirato un lungo
respiro trattenendo l’ossigeno nei polmoni, la principessa guerriera
si immerge dove, con movimenti aggraziati ed energici, esplora le
meraviglie marine circostanti: posati sulla superficie sabbiosa del
fondale, grandi coralli donano vivacità e colore al mondo sottomarino
arricchito di alghe, ricci di mare e conchiglie dalle forme più
varie.
Pesciolini esotici nuotano vivacemente nascondendosi tra gli scogli
e la vegetazione ma la velocità di Xena riesce ad avere il
sopravvento permettendole di catturare tra le mani due pesci dal corpo
lungo e panciuto.
Avendo guadagnato la colazione, la donna riemerge in superficie e
fa ritorno sulla spiaggia soddisfatta. Posati a terra i due pesci
si dibattono vivacemente mentre la mora guerriera si riveste e si
addentra nella foresta dove raccoglie la legna necessaria per cucinare.
Risvegliato dal profumo emanato dalla carne dei pesci cotti sul fuoco,
Fillide riapre gli occhi e a gattoni si avvicina al cibo guidato dai
sensi:
- Buongiorno! – esclama Xena che, seduta accanto ad Olimpia,
è intenta a cambiarle la medicazione.
- Buongiorno a te … vedo che ti sei già data da fare
stamattina! – risponde il giovane alludendo alla colazione.
- Leva quei pesci dal fuoco e serviti …devi essere affamato.
-
- Molto! -
- Coraggio allora… ci aspetta un bel po’ di lavoro oggi,
dobbiamo iniziare ambientarci in questo luogo… - conclude la
mora spostando nuovamente la sua attenzione sul bardo.
Un grido improvviso del figlio di Corilo la fa però voltare
di scatto:
- Ma che combini? -
- Scotta … - sibila il giovane con la lingua penzolante mentre
Xena lo osserva scotendo la testa con rassegnazione.
- Appena hai finito di mangiare, vai ad estirpare tutte quell’erbacce
nella nicchia che abbiamo visto ieri… dobbiamo costruire una
capanna al più presto. -
Il giovane si limita ad annuire ascoltando le istruzioni impartitegli
mentre con un dito si tocca ripetutamente la lingua offesa dal calore
del cibo che aveva addentato. Nonostante lo sfortunato incidente,
Fillide riesce a gustare il pasto e una volta sazio si allontana dall’accampamento
per svolgere il compito assegnatoli. Xena, invece, si addentra nella
boscaglia in cerca di un albero dal tronco largo e robusto. Una volta
trovato, la donna si impegna a colpirlo ripetutamente con la spada
intenta ad abbatterlo e in un secondo momento, inizia ad intagliarne
una parte alta circa un metro. Dopo aver sdraiato il cilindro su un
lato, la principessa guerriera con la sola forza delle braccia, lo
fa rotolare lungo il sentiero che la riconduce all’accampamento.
Qui, adagia il legno sul terreno sabbioso e puntellata la superficie
del tronco con una scheggia appuntita, inizia a solcarne la struttura
impartendo decisi colpi mediante un sasso improvvisato al posto di
un martello.
Il ripetuto picchiettio prodotto dallo scontro delle due pietre ridesta
Olimpia che lentamente esce dalla coltre di sonno nella quale era
caduta. I lenti movimenti che la donna compie ancora avvolta dal torpore
destano l’interesse di Xena che interrompe il suo operato per
avvicinarsi all’amata. Gradatamente il bardo apre gli occhi
nel momento in cui la principessa guerriera le prende la mano: la
vista sfuocata si fa via via più nitida al ripetuto sbattere
delle palpebre che cercano di far riposare la vista offesa dalla luce:
- Ehi … ciao! – sussurra Xena con dolcezza accarezzandole
i capelli mentre Olimpia sorride alla compagna felice di vederla accanto
a se. – Come ti senti? -
- Un po’ debole … - risponde con un filo di voce.
- Non preoccuparti piccola presto ti rimetterai. – la rassicura
la mora guerriera chinandosi sul suo viso per darle in dono un dolce
bacio sulle labbra.
- Dove siamo? -
- Non lo so … siamo approdati su un’isola. L’altra
notte la nostra galea è esplosa e siamo riusciti a trovare
salvezza in questo luogo deserto. -
- Dov’è Fillide? -
- Non preoccuparti… mi sta aiutando a sistemarci per un po’…
almeno fin quando riuscirò a costruire una zattera per andarcene
da qui. -
Voltatasi per un istante, Xena raccoglie da terra un piccolo mazzolino
di fiori che aveva raccolto in mattinata e lo porge alla poetessa
che sorride lusingata di fronte alla dolcezza dimostratele dalla compagna:
- Sono meravigliosi Xena … -
- Neppure il fiore più raro può eguagliare la tua bellezza.
-
Con sofferenza Olimpia si volta verso la mora guerriera per guardarla
un istante negl’occhi, poi vinta dalla debolezza, raccoglie
il braccio di lei avvinghiandosi come un cucciolo in cerca di protezione
lasciando che i suoi occhi si chiudano nuovamente.
Xena la osserva per qualche istante con tenerezza, poi si allunga
in avanti e presa una noce di cocco, la porge vicino alle rosse labbra
del bardo:
- Bevi un sorso d’acqua fresca… ti farà bene. –
le consiglia sollevandole la testa per aiutarla a bere.
- Grazie… -
- Ora riposa un altro po’… presto ti sentirai meglio.
-
Olimpia annuisce mentre lentamente il suo corpo si abbandona alla
stanchezza. La principessa guerriera le copre le spalle con il mantello
e dopo essersi dissetata riprende il suo lavoro. Nel giro di un’ora
la donna riesce a scavare un profondo solco nel tronco di legno portato
all’accampamento creando una vasca dalla superficie levigata
nella quale poter conservare l’acqua raccolta alla fonte.
di
Darkamy
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il racconto
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