EPISODIO N. 4
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CAPITOLO II

La strada che conduceva ad Akrastas era lastricata con della pietra bianca che l’usura aveva smussato e levigato. Le cavalcature delle due guerriere avanzavano al piccolo trotto, stanche per la corsa. Olimpia era presa in un soliloquio su quale sarebbe stato l’impiego della taglia che avrebbero incassato, valutando i pro e contro delle varie spese che aveva previsto. Xena l’ascoltava appena, pregustando il piacere di una battuta di caccia impegnativa.
“200 talenti non sono pochi, si deve trattare di qualcosa di grosso, molto grosso…”
Sorrise tra sé, schioccando la lingua per incitare Argo II ad accelerare un po’ il passo.
<<Non sei d’accordo Xena?>> la domanda di Olimpia la strappò bruscamente dai suoi progetti sulla disposizione delle trappole.
<<D’accordo su cosa?>>
Lo sguardo di rimprovero che l’amazzone le rivolse era alquanto significativo.
<<Come su cosa? Xena sto parlando da mezz’ora e tu mi chiedi su cosa?>>
La guerriera fece spallucce, continuando a guardare avanti a sé.
<<Se non vale la pena di ripeterlo, non è importante>> sentenziò.
Il bardo, esasperata, s’impose di mantenere la calma.
<<Ti stavo chiedendo se fossi d’accordo nel rinnovare le selle ed i finimenti per entrambi i cavalli>>
La guerriera diede un’occhiata alla sua sella ed alle briglie con occhio attento. Con una pacca sul collo di Argo II, si voltò verso la bionda.
<<Non mi pare che le mie siano messe troppo male, non vedo la necessità di sostituirle…>>
<<Non ho detto che sia assolutamente necessario, solo che questa è terribilmente scomoda>> cercò di sistemarsi meglio sul rivestimento di cuoio diventato fin troppo duro.
<<Ah, bhè, in questo caso…>> il tono della guerriera era rassegnato.
Olimpia riprese a parlare ininterrottamente, soffermandosi sui vantaggi che comportava viaggiare comodi. Xena si estraniò ancora dal suo discorso, osservando distrattamente il lastricato che aveva davanti. Una macchia scura alcune spanne più in là attirò la sua attenzione. Aggrottò la fronte, sforzandosi di distinguerne il colore. Rosso. Sangue.
Tirò le redini, facendo rallentare il passo della cavalcatura, e smontò, avvicinandosi alla chiazza. Olimpia la imitò con un’espressione interrogativa, ma rimase in silenzio a pochi passi di distanza.
La guerriera, china, osservò la macchia con più attenzione, sfiorando con le dita la giuntura tra due pietre dove alcune gocce non si erano ancora coagulate. Strofinò l’indice sul pollice, portandoli vicino alle narici.
<<È sangue>> disse rispondendo alla tacita domanda che l’espressione del bardo le stava rivolgendo. <<E non è qui da molto…>> proseguì.
<<Potrebbe sempre essere di un animale…>> azzardò Olimpia.
La guerriera le fece cenno di guardare il lastricato: a destra dell’enorme chiazza purpurea si potevano distinguere abbastanza chiaramente la sagoma di una spalla, l’incavo di un collo ed il contorno di una testa. L’amazzone non disse nulla, continuando a tenere gli occhi su quei contorni fin troppo evidentemente umani, mentre l’attenzione di Xena era calamitata da alcuni solchi nella pietra che pensò essere scalfitture causate dagli artigli di un animale. Rimase silente ancora un po’, con la fronte aggrottata, mentre il bardo spostava gli occhi alternativamente da lei al sangue coagulato.
<<Cosa pensi sia accaduto?>> chiese sottovoce Olimpia.
La guerriera non rispose, alzando lo sguardo verso di lei e mantenendo un’espressione accigliata.
<<Non lo so, Olimpia. Potrebbe non essere nulla di pericoloso, magari una caduta da cavallo. Almeno hanno tolto il corpo dalla strada…>>
L’amazzone annuì, rimontando in sella per non dover guardare oltre. Xena la imitò chiudendosi in un pensieroso silenzio.

Quando furono nei pressi di Akrastas, lo scenario che si presentò loro fu del tutto inaspettato: uomini in armi seguivano giri di pattuglia mentre numerosi operai si affannavano a fortificare una cinta muraria piuttosto trascurata che s’innalzava lungo tutto il perimetro della cittadina. Xena aggrottò le sopracciglia, tirando le briglie per far rallentare la cavalcatura. Olimpia fece lo stesso, guardandosi intorno lievemente accigliata.
<<Che abbia a che fare…>> il bardo non terminò la frase. Lo sguardo che le aveva indirizzato la guerriera era stato più che eloquente. Continuarono ad avanzare a passo lento, sotto gli occhi vigili delle pattuglie di ronda. Quando furono vicine ai battenti vennero fermate da un soldato in armatura leggera che intimò loro di arrestare i cavalli con un gesto della mano.
<<Chi siete?>> i toni profondi della sua voce erano autoritari.
<<Siamo qui per la taglia>> rispose secca la guerriera, tenendogli lo sguardo fisso negli occhi.
<<Voi due?>> la guardia squadrò le due donne in sella un po’ perplesso.
<<Sì, perché?>> la voce di Xena assunse una sfumatura leggermente minacciosa.
<<No, nulla…chiunque possa liberarcene è sempre ben accetto, solo che chi ci ha provato fino ad ora non ha più fatto ritorno>>
Il viso della guerriera non mutò espressione, mentre negli occhi di Olimpia si poteva scorgere apprensione.
<<Allora, ci fai entrare o no?>> insistette Xena.
<<Sì, certo…>> il soldato si voltò e diede l’ordine di liberare l’accesso. <<Seguite la via principale e raggiungete la dimora dell’arconte. È il palazzo più alto nel centro delle città, non potete sbagliare. Lui vi spiegherà la situazione>>
Xena fece un cenno d’assenso con il capo, schioccando la lingua per incitare Argo II a riprendere la marcia. Olimpia la seguì in silenzio.
Quando varcarono una seconda zona presidiata, l’ambiente cambiò radicalmente: la tensione che si respirava nell’aria si era dissolta ed agli armati si era sostituita una folla vivacemente abbigliata a popolare le vie.
Sul viso di Xena comparve un sorriso sarcastico che non sfuggì al bardo.
<<Bel cambiamento>> le disse.
La guerriera rimase alcuni stanti in silenzio, assorta nei suoi pensieri. Poi si voltò verso l’amazzone, guardandola negli occhi. <<Già, come se non fosse accaduto nulla…>>
Olimpia annuì, osservando distrattamente come un gruppo di bambini giocasse libero per le strade. La città appariva ordinata, le vie lastricate si dipanavano precise e lo sferragliare delle ruote dei carri era solo un’eco lontana. Seguendo quella principale, si trovarono in un’ampia piazza, in cui si stava svolgendo un mercato ben organizzato: le bancarelle dei venditori si susseguivano in file allineate, a distanze regolari le une dalle altre. Non c’erano armati a sorvegliare l’entrata dell’imponente palazzo in pietra che si ergeva austero al centro del semicerchio che delimitava il perimetro della piazza. Entrambe le guerriere smontarono da cavallo, conducendoli per le redini verso l’entrata.
Quando furono abbastanza vicine, da una nicchia ampia ricavata tra due colonne uscirono due uomini in armatura leggera, troppo perché potesse realmente proteggerli da un colpo di spada ben assestato. La lucentezza sia della corazza che delle armi indicava che erano portate più per la soggezione ed il rispetto che incutevano che per lo scopo reale di protezione che avrebbero dovuto avere.
Si avvicinarono loro, la mano poggiata sull’elsa delle spade appese alla cintola, ma il loro comportamento altero e sprezzante diede a Xena l’impressione che, in uno scontro reale, non avrebbero di certo avuto la meglio.
<<Siamo qui per la taglia>> li precedette la guerriera, lasciando trasparire dal suo tono una sicurezza che non ammetteva repliche.
I due si scambiarono uno sguardo di’intesa ed uno s’avviò lungo una scalinata interna che saliva dall’interno della nicchia stessa.
<<Quindi sapete come catturate la Bestia?>> chiese l’altra sentinella, osservandole entrambe con attenzione.
<<No, ancora non lo sappiamo, ma ciò non costituisce il benché minimo problema>> la voce di Xena lasciava capire quanto la donna fosse infastidita dall’atteggiamento di superiorità e dallo sguardo indagatore che stava facendo pesare su di loro, in particolar modo su Olimpia.
La guerriera si trattenne dal chiedergli se fosse la prima volta che vedeva due donne in vita sua. Al bardo non sfuggì la tensione che lampeggiava negli occhi della guerriera ogni volta che lui le indirizzava uno sguardo più audace o un sorriso troppo cerimonioso e ciò la fece sorridere. Prima che Xena sbottasse, il secondo armato fece ritorno, salvando involontariamente il compagno dalla più abbondante dose di percosse che stava per ricevere.
<<L’arconte può ricevervi. Lasciate pure al mio compagno le vostre cavalcature e seguitemi>> a differenza dell’altro, questo giovane aveva quasi timore di tenere troppo a lungo lo sguardo sulle due guerriere, ancor di più di guardarle negli occhi.
Passandogli le redini, Xena indirizzò un sorriso sarcastico e soddisfatto alla prima sentinella, ma non le sfuggì come seguì l’amazzone con lo sguardo mentre lei saliva i gradini dopo avergli consegnato i finimenti della sua cavalcatura.
<<Simpatico, vero?>> la stuzzicò il bardo.
Xena non rispose, continuando l’ascesa senza rompere il suo silenzio. Olimpia allora si rivolse alla guardia che le stava accompagnando.
<<Di che animale si tratta?>>
Il giovane esitò prima di risponderle, forse temendo di incutere loro paura e farle così desistere dal loro intento. Poi si risolse che sicuramente già qualcun altro aveva provveduto a sconsigliare e di certo il suo parere sarebbe stato del tutto irrilevante.
<<Nessuno lo sa>> disse <<Ha cominciato qualche luna fa con le bestie al pascolo sulla collina. Non ce ne siamo curati molto, pensando che fosse una volpe. Il cacciatore cui l’arconte aveva dato l’incarico di provvedere ad ucciderla non è più tornato. L’abbiamo trovato smembrato nei campi>> Si prese una pausa di qualche secondo, quasi a voler misurare la reazione che le sue parole avevano avuto sulle sue ascoltatrici. Sentendo che continuavano a procedere in silenzio, rilassate, proseguì.
<<Nessuno di Akrastas ha voluto più provarci per paura di fare la stessa fine. Allora l’arconte ed il Consiglio hanno deciso di mettere una taglia. Ma anche coloro che sono giunti da fuori o sono morti o hanno rinunciato. L’arconte potrà certamente raccontarvi di più>> concluse.
Xena aggrottò le sopracciglia ed anche Olimpia si fece pensierosa. Fortunatamente la scalinata terminò ed imboccarono un ampio corridoio riccamente arredato. Un possente portone di legno generosamente intarsiato e placcato d’oro in più punti chiudeva l’accesso alla sala dell’arconte.
<<Chi devo annunciare?>> chiese il giovane, voltandosi e guardandole finalmente negli occhi.
<<Xena ed Olimpia>> rispose la guerriera. I suoi occhi ebbero un lampo improvviso ed un sorriso sciolse l’espressione distaccata sul viso della guardia.
<<La Principessa Guerriera ed il Bardo?>> insistette.
Xena sbuffò mentre Olimpia annuì gentilmente. Il sorriso gli si fece ben più ampio.
<<Avevo avuto l’impressione di riconoscere quella….quell’arma>> il suo sguardo si posò sul chakram che pendeva dal gancio alla cintola della guerriera, che lo sfiorò con le dita in un gesto diventato ormai automatico. Ciò non le fece cambiare espressione ed il ragazzo, intimorito, entrò nella stanza chiedendo loro di attendere alcuni istanti e si richiuse il battente alle spalle.
<<Potresti essere anche un po’ più gentile…>> ironizzò il bardo.
Xena la guardò inarcando il sopracciglio destro ed Olimpia rise, scuotendo la testa rassegnata. La guerriera era sul punto di risponderle a tono quando il viso del giovane spuntò da dietro l’imposta e le invitò ad entrare.
L’arconte, riccamente abbigliato in abiti dai tessuti pregiati, sedeva chino su di una mappa, la fronte cinta da un sottile diadema aureo era corrugata per la concentrazione. Alzò gli occhi e le guardò senza tentennare.
<<Siete le benvenute ad Akrastas. Io sono l’arconte Leandro>> si rivolse al giovane <<Guardia, torna al tuo posto>> la sua voce non aveva assunto nessuna particolare sfumatura di comando, ma trasmetteva autorità ugualmente.
Il ragazzo lo salutò con un inchino prima di sparire oltre il portone, lasciandole sole con l’arconte che si appoggiò pesantemente su di un trono ligneo piuttosto semplice, posto dietro il tavolo su cui campeggiava la mappa. A Xena parve di riconoscere il perimetro della città.
<<Scusate, ma questa situazione mi ha fatto dimenticare il senso dell’ospitalità…Sarete sicuramente stanche, immagino. Prego, sedete, così potremo parlare con più tranquillità>> tirò una piccola cordicella che pendeva dietro il sottile tendaggio da cui era filtrata la luce che penetrava dalla finestra. Le due guerriere presero posto su di una panca imbottita, di fronte al seggio su cui sedeva l’uomo, alle cui spalle campeggiava un bell’arazzo che rappresentava scene di vita quotidiana.
Un servo fece il suo ingresso da una porta nascosta da un pesante tendaggio, portando un vassoio con del vino e della frutta. L’arconte fece cenno di poggiarlo sul basso tavolo davanti alle due donne e congedò il servo. Dopo che fu uscito tornò a rilassarsi.
<<Mi hanno detto che siete qui per la taglia…>> prese un lungo respiro, riempiendo tre boccali con il vino.
<<Voglio essere sincero con voi: io tornerei indietro. Prego, bevete pure: non si dica che ad Akrastas non sono ospitali>> sorrise appena prima di portare il calice alle labbra, imitato da Xena. Olimpia, invece, preferì assaggiare alcuni acini d’uva.
<<Allora, quale mostro infernale vale 200 talenti?>> chiese direttamente la guerriera, saltando a piè pari le formalità.
<<Magari fosse una creatura infernale!>>
L’amazzone lo guardò interrogativa a questa sua esclamazione. L’arconte sorrise prima di proseguire.
<<Almeno sapremmo di cosa si tratta>> l’uomo si alzò, andandosi a sedere su di un seggio modesto più vicino a loro. Xena bevve ancora, continuando a tenere gli occhi fissi in quelli dell’arconte.
<<Allora, io ho bisogno di informazioni concrete prima di cominciare la caccia>>
Leandro le annuì e fece loro cenno di seguirlo mentre si riaccostava alla mappa.
<<È cominciato tutto qui>> posò l’indice su di una zona colorata di verde tenue a nord-est della città.
<<Qui portiamo al pascolo le mandrie e la zona è spesso pattugliata da gruppi di armati per evitare che gli animali selvatici decimino il bestiame o che qualche predone ne faccia bottino. In due settimane, invece, ne abbiamo perso quasi un centinaio…allora ho ritenuto necessario incaricare un cacciatore esperto che accertasse quali e quanti animali fossero responsabili, così da poter organizzare una coorte che eliminasse il problema>>
Xena esaminò con gli occhi la morfologia della zona, calcolando dove potesse stanziare un branco tanto grande da divorare ben cento capi in sole due settimane.
L’arconte indicò un altro punto.
<<Qui abbiamo trovato i suoi resti>> guardò la guerriera negli occhi, aspettando la sua reazione.
<<Questo lo sapevo, come sappiamo che quelli che hanno cercato di ottenere la taglia, se sono sopravvissuti, sono fuggiti. Voglio informazioni più concrete>> insistette la guerriera.
Olimpia osservò lo scambio di sguardi tra i due. Sorrise appena nel vedere che fu l’arconte a cedere per primo, forse più per necessità che per timore.
<<Due notti fa…>> cominciò <<abbiamo trovato un cadavere lungo la strada principale che conduce qui>> ne seguì il tracciato con l’indice fino a fermarsi ad una certa distanza dalla città.
Nella mente di Olimpia ricomparve l’immagine del sangue che imbrattava la via lastricata.
<<Il mio timore è che possa, o possano, non saprei dirlo con esattezza, arrivare in città e colpire la popolazione>> concluse.
<<Dove sono stati trovati gli altri uomini?>> la domanda della guerriera arrivò a bruciapelo.
<<Al limitare di questo bosco oppure appena all’interno>>
Xena annuì senza staccare gli occhi dalla mappa che aveva davanti.
Scese un silenzio carico di tensione tra i tre, ognuno intenso a seguire il filo dei propri pensieri e ben attento alle reazioni degli altri.
<<Sentite,>> riprese l’arconte <<vi parlo a cuore aperto. La situazione si sta facendo grave. L’ultimo uomo ucciso era il figlio di un ricco mercante di stoffe che ora chiede vendetta. Sarebbe disposto anche a processare un uomo qualsiasi pur di poter dire che ha dato pace all’anima del figlio. Cosa che non gli sarebbe difficile dal momento che fa parte del Consiglio, l’assemblea che giudica i crimini di sangue e che coadiuva l’arconte nell’amministrazione, ed è in grado di influenzarne la maggior parte a suo favore. Io non posso lasciargli fare una cosa di questo genere ed ho bisogno che qualcuno ponga fine a questi massacri. Il vostro arrivo è stata una benedizione degli dei! Con la vostra fama garantirete la sicurezza e le vostre abilità sono certamente superiori a quelle di chi vi ha preceduto. Se sono solo bestie non sarà un problema eliminarle, ma se c’è qualche uomo dietro le loro azioni…>> fece una piccola pausa <<lo assicurerete alla giustizia e verrà punito come merita>> nei suoi occhi lampeggiò la determinazione ed Olimpia ebbe la certezza che, se non fosse stato per la carica che ricopriva e l’età non più nel fiore, sarebbe andato lui stesso incontro al pericolo, anche a costo di pagare con la vita il suo coraggio.
Xena attese ancora qualche istante.
<<Va bene>> concluse alla fine.
Sul viso dell’arconte si aprì un ampio sorriso e le porse la mano che la guerriera strinse con sicurezza, suggellando la sua decisione.
<<Sappiate che avrete a disposizione tutto quello di cui farete richiesta>> si alzò e tirò ancora la piccola fune dietro il panneggio.
<<Permettetemi di ospitarvi nel mio palazzo>>
Un servitore giunse con fare deferente e l’uomo assunse di nuovo il portamento fiero del governante.
<<Prepara le stanze per le mie ospiti>> gli ordinò ed il giovane sparì in un inchino.
Leandro tornò a guardarle.
<<Vi assicuro che ogni vostro ordine sarà eseguito come se fosse mio. I miei sudditi saranno ben lieti di esservi d’aiuto>> sorrise ancora <<Vogliate onorarmi della vostra presenza durante il pasto di domani. Manderò delle ancelle che vi assistano in ogni vostra necessità>>
Conoscendo come Xena la pensasse in proposito, lo anticipò prima che potesse rispondergli molto sgarbatamente.
<<Non si preoccupi, non vogliamo approfittare della sua fin troppo generosa ospitalità>> il bardo ignorò l’espressione vagamente disgustata della guerriera. L’arconte, se la notò, non le diede peso.
<<Come preferite…Del resto siete guerriere, non viziate nobildonne>> sorrise loro, aspettandosi di essere ricambiato. Entrambe le donne si limitarono ad un vago accenno di sorriso. L’arrivo del servitore che le avrebbe accompagnate alle loro stanze lo salvò dal silenzio imbarazzato che minacciava di calare.
<<Vi attendo alla mia mensa domani. Sentirete lo squillo delle trombe dalla piazza>>
Xena annuì ed entrambe uscirono, seguendo il servitore.
Quando furono fuori dalla sala, l’arconte si sedette pesantemente sul suo scranno, massaggiandosi la fronte con le dita tenendo gli occhi chiusi.
“Xena ed Olimpia….un’inaspettata fortuna, certamente. La popolazione si sentirà sicura se saprà che a proteggerla c’è la Principessa Guerriera…Dovrei mandare un banditore con un messaggio per la città…” aprì gli occhi ed intinse uno stilo in una piccola boccetta d’inchiostro, cominciando a tracciare con caratteri chiari il testo dell’annuncio su di una pergamena.
<<Padre?>> una voce giovanile lo costrinse ad alzare lo sguardo dal suo lavoro. Avendo riconosciuto immediatamente il figlio, gli rivolse un sorriso stanco.
<<Vieni pure Teucro: non c’è bisogno che rispetti le formalità quando siamo soli. Su, siediti>>
Il giovane si sedette di fronte al padre, notando sul suo viso i segni evidenti della stanchezza e della tensione.
<<Padre, dovresti riposare. Non puoi continuare così, la tua età non te lo permette>> dalla sua voce traspariva una sincera preoccupazione.
L’arconte gli sorrise ancora, poi indicò il diadema d’oro che gli cingeva la testa.
<<Vedi questa? Il fatto di portarla non significa solo vivere qui ed uscire durante le feste…significa soprattutto difendere la propria gente, fare di tutto per garantire loro la miglior vita possibile. Quando smetterò di farlo, allora lascerò anche la corona>> un sorriso amaro gli increspò le labbra, poi proseguì.
<<Non credo che manchi molto, figlio mio. Voglio che tu sia pronto alle responsabilità che derivano dal seggio che occuperai tra non troppo tempo>>
Il figlio ricambiò il sorriso.
<<Ho avuto un ottimo maestro>>
L’orgoglio si dipinse sul viso dell’arconte.
<<Ora vai e sii presente domani a pranzo: abbiamo ospiti>>
Teucro si alzò ed uscì dopo aver salutato il padre con un inchino.

di Nihal

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