CAPITOLO
II
La strada che
conduceva ad Akrastas era lastricata con della pietra bianca che l’usura
aveva smussato e levigato. Le cavalcature delle due guerriere avanzavano
al piccolo trotto, stanche per la corsa. Olimpia era presa in un soliloquio
su quale sarebbe stato l’impiego della taglia che avrebbero
incassato, valutando i pro e contro delle varie spese che aveva previsto.
Xena l’ascoltava appena, pregustando il piacere di una battuta
di caccia impegnativa.
“200 talenti non sono pochi, si deve trattare di qualcosa di
grosso, molto grosso…”
Sorrise tra sé, schioccando la lingua per incitare Argo II
ad accelerare un po’ il passo.
<<Non sei d’accordo Xena?>> la domanda di Olimpia
la strappò bruscamente dai suoi progetti sulla disposizione
delle trappole.
<<D’accordo su cosa?>>
Lo sguardo di rimprovero che l’amazzone le rivolse era alquanto
significativo.
<<Come su cosa? Xena sto parlando da mezz’ora e tu mi
chiedi su cosa?>>
La guerriera fece spallucce, continuando a guardare avanti a sé.
<<Se non vale la pena di ripeterlo, non è importante>>
sentenziò.
Il bardo, esasperata, s’impose di mantenere la calma.
<<Ti stavo chiedendo se fossi d’accordo nel rinnovare
le selle ed i finimenti per entrambi i cavalli>>
La guerriera diede un’occhiata alla sua sella ed alle briglie
con occhio attento. Con una pacca sul collo di Argo II, si voltò
verso la bionda.
<<Non mi pare che le mie siano messe troppo male, non vedo la
necessità di sostituirle…>>
<<Non ho detto che sia assolutamente necessario, solo che questa
è terribilmente scomoda>> cercò di sistemarsi
meglio sul rivestimento di cuoio diventato fin troppo duro.
<<Ah, bhè, in questo caso…>> il tono della
guerriera era rassegnato.
Olimpia riprese a parlare ininterrottamente, soffermandosi sui vantaggi
che comportava viaggiare comodi. Xena si estraniò ancora dal
suo discorso, osservando distrattamente il lastricato che aveva davanti.
Una macchia scura alcune spanne più in là attirò
la sua attenzione. Aggrottò la fronte, sforzandosi di distinguerne
il colore. Rosso. Sangue.
Tirò le redini, facendo rallentare il passo della cavalcatura,
e smontò, avvicinandosi alla chiazza. Olimpia la imitò
con un’espressione interrogativa, ma rimase in silenzio a pochi
passi di distanza.
La guerriera, china, osservò la macchia con più attenzione,
sfiorando con le dita la giuntura tra due pietre dove alcune gocce
non si erano ancora coagulate. Strofinò l’indice sul
pollice, portandoli vicino alle narici.
<<È sangue>> disse rispondendo alla tacita domanda
che l’espressione del bardo le stava rivolgendo. <<E non
è qui da molto…>> proseguì.
<<Potrebbe sempre essere di un animale…>> azzardò
Olimpia.
La guerriera le fece cenno di guardare il lastricato: a destra dell’enorme
chiazza purpurea si potevano distinguere abbastanza chiaramente la
sagoma di una spalla, l’incavo di un collo ed il contorno di
una testa. L’amazzone non disse nulla, continuando a tenere
gli occhi su quei contorni fin troppo evidentemente umani, mentre
l’attenzione di Xena era calamitata da alcuni solchi nella pietra
che pensò essere scalfitture causate dagli artigli di un animale.
Rimase silente ancora un po’, con la fronte aggrottata, mentre
il bardo spostava gli occhi alternativamente da lei al sangue coagulato.
<<Cosa pensi sia accaduto?>> chiese sottovoce Olimpia.
La guerriera non rispose, alzando lo sguardo verso di lei e mantenendo
un’espressione accigliata.
<<Non lo so, Olimpia. Potrebbe non essere nulla di pericoloso,
magari una caduta da cavallo. Almeno hanno tolto il corpo dalla strada…>>
L’amazzone annuì, rimontando in sella per non dover guardare
oltre. Xena la imitò chiudendosi in un pensieroso silenzio.
Quando furono
nei pressi di Akrastas, lo scenario che si presentò loro fu
del tutto inaspettato: uomini in armi seguivano giri di pattuglia
mentre numerosi operai si affannavano a fortificare una cinta muraria
piuttosto trascurata che s’innalzava lungo tutto il perimetro
della cittadina. Xena aggrottò le sopracciglia, tirando le
briglie per far rallentare la cavalcatura. Olimpia fece lo stesso,
guardandosi intorno lievemente accigliata.
<<Che abbia a che fare…>> il bardo non terminò
la frase. Lo sguardo che le aveva indirizzato la guerriera era stato
più che eloquente. Continuarono ad avanzare a passo lento,
sotto gli occhi vigili delle pattuglie di ronda. Quando furono vicine
ai battenti vennero fermate da un soldato in armatura leggera che
intimò loro di arrestare i cavalli con un gesto della mano.
<<Chi siete?>> i toni profondi della sua voce erano autoritari.
<<Siamo qui per la taglia>> rispose secca la guerriera,
tenendogli lo sguardo fisso negli occhi.
<<Voi due?>> la guardia squadrò le due donne in
sella un po’ perplesso.
<<Sì, perché?>> la voce di Xena assunse
una sfumatura leggermente minacciosa.
<<No, nulla…chiunque possa liberarcene è sempre
ben accetto, solo che chi ci ha provato fino ad ora non ha più
fatto ritorno>>
Il viso della guerriera non mutò espressione, mentre negli
occhi di Olimpia si poteva scorgere apprensione.
<<Allora, ci fai entrare o no?>> insistette Xena.
<<Sì, certo…>> il soldato si voltò
e diede l’ordine di liberare l’accesso. <<Seguite
la via principale e raggiungete la dimora dell’arconte. È
il palazzo più alto nel centro delle città, non potete
sbagliare. Lui vi spiegherà la situazione>>
Xena fece un cenno d’assenso con il capo, schioccando la lingua
per incitare Argo II a riprendere la marcia. Olimpia la seguì
in silenzio.
Quando varcarono una seconda zona presidiata, l’ambiente cambiò
radicalmente: la tensione che si respirava nell’aria si era
dissolta ed agli armati si era sostituita una folla vivacemente abbigliata
a popolare le vie.
Sul viso di Xena comparve un sorriso sarcastico che non sfuggì
al bardo.
<<Bel cambiamento>> le disse.
La guerriera rimase alcuni stanti in silenzio, assorta nei suoi pensieri.
Poi si voltò verso l’amazzone, guardandola negli occhi.
<<Già, come se non fosse accaduto nulla…>>
Olimpia annuì, osservando distrattamente come un gruppo di
bambini giocasse libero per le strade. La città appariva ordinata,
le vie lastricate si dipanavano precise e lo sferragliare delle ruote
dei carri era solo un’eco lontana. Seguendo quella principale,
si trovarono in un’ampia piazza, in cui si stava svolgendo un
mercato ben organizzato: le bancarelle dei venditori si susseguivano
in file allineate, a distanze regolari le une dalle altre. Non c’erano
armati a sorvegliare l’entrata dell’imponente palazzo
in pietra che si ergeva austero al centro del semicerchio che delimitava
il perimetro della piazza. Entrambe le guerriere smontarono da cavallo,
conducendoli per le redini verso l’entrata.
Quando furono abbastanza vicine, da una nicchia ampia ricavata tra
due colonne uscirono due uomini in armatura leggera, troppo perché
potesse realmente proteggerli da un colpo di spada ben assestato.
La lucentezza sia della corazza che delle armi indicava che erano
portate più per la soggezione ed il rispetto che incutevano
che per lo scopo reale di protezione che avrebbero dovuto avere.
Si avvicinarono loro, la mano poggiata sull’elsa delle spade
appese alla cintola, ma il loro comportamento altero e sprezzante
diede a Xena l’impressione che, in uno scontro reale, non avrebbero
di certo avuto la meglio.
<<Siamo qui per la taglia>> li precedette la guerriera,
lasciando trasparire dal suo tono una sicurezza che non ammetteva
repliche.
I due si scambiarono uno sguardo di’intesa ed uno s’avviò
lungo una scalinata interna che saliva dall’interno della nicchia
stessa.
<<Quindi sapete come catturate la Bestia?>> chiese l’altra
sentinella, osservandole entrambe con attenzione.
<<No, ancora non lo sappiamo, ma ciò non costituisce
il benché minimo problema>> la voce di Xena lasciava
capire quanto la donna fosse infastidita dall’atteggiamento
di superiorità e dallo sguardo indagatore che stava facendo
pesare su di loro, in particolar modo su Olimpia.
La guerriera si trattenne dal chiedergli se fosse la prima volta che
vedeva due donne in vita sua. Al bardo non sfuggì la tensione
che lampeggiava negli occhi della guerriera ogni volta che lui le
indirizzava uno sguardo più audace o un sorriso troppo cerimonioso
e ciò la fece sorridere. Prima che Xena sbottasse, il secondo
armato fece ritorno, salvando involontariamente il compagno dalla
più abbondante dose di percosse che stava per ricevere.
<<L’arconte può ricevervi. Lasciate pure al mio
compagno le vostre cavalcature e seguitemi>> a differenza dell’altro,
questo giovane aveva quasi timore di tenere troppo a lungo lo sguardo
sulle due guerriere, ancor di più di guardarle negli occhi.
Passandogli le redini, Xena indirizzò un sorriso sarcastico
e soddisfatto alla prima sentinella, ma non le sfuggì come
seguì l’amazzone con lo sguardo mentre lei saliva i gradini
dopo avergli consegnato i finimenti della sua cavalcatura.
<<Simpatico, vero?>> la stuzzicò il bardo.
Xena non rispose, continuando l’ascesa senza rompere il suo
silenzio. Olimpia allora si rivolse alla guardia che le stava accompagnando.
<<Di che animale si tratta?>>
Il giovane esitò prima di risponderle, forse temendo di incutere
loro paura e farle così desistere dal loro intento. Poi si
risolse che sicuramente già qualcun altro aveva provveduto
a sconsigliare e di certo il suo parere sarebbe stato del tutto irrilevante.
<<Nessuno lo sa>> disse <<Ha cominciato qualche
luna fa con le bestie al pascolo sulla collina. Non ce ne siamo curati
molto, pensando che fosse una volpe. Il cacciatore cui l’arconte
aveva dato l’incarico di provvedere ad ucciderla non è
più tornato. L’abbiamo trovato smembrato nei campi>>
Si prese una pausa di qualche secondo, quasi a voler misurare la reazione
che le sue parole avevano avuto sulle sue ascoltatrici. Sentendo che
continuavano a procedere in silenzio, rilassate, proseguì.
<<Nessuno di Akrastas ha voluto più provarci per paura
di fare la stessa fine. Allora l’arconte ed il Consiglio hanno
deciso di mettere una taglia. Ma anche coloro che sono giunti da fuori
o sono morti o hanno rinunciato. L’arconte potrà certamente
raccontarvi di più>> concluse.
Xena aggrottò le sopracciglia ed anche Olimpia si fece pensierosa.
Fortunatamente la scalinata terminò ed imboccarono un ampio
corridoio riccamente arredato. Un possente portone di legno generosamente
intarsiato e placcato d’oro in più punti chiudeva l’accesso
alla sala dell’arconte.
<<Chi devo annunciare?>> chiese il giovane, voltandosi
e guardandole finalmente negli occhi.
<<Xena ed Olimpia>> rispose la guerriera. I suoi occhi
ebbero un lampo improvviso ed un sorriso sciolse l’espressione
distaccata sul viso della guardia.
<<La Principessa Guerriera ed il Bardo?>> insistette.
Xena sbuffò mentre Olimpia annuì gentilmente. Il sorriso
gli si fece ben più ampio.
<<Avevo avuto l’impressione di riconoscere quella….quell’arma>>
il suo sguardo si posò sul chakram che pendeva dal gancio alla
cintola della guerriera, che lo sfiorò con le dita in un gesto
diventato ormai automatico. Ciò non le fece cambiare espressione
ed il ragazzo, intimorito, entrò nella stanza chiedendo loro
di attendere alcuni istanti e si richiuse il battente alle spalle.
<<Potresti essere anche un po’ più gentile…>>
ironizzò il bardo.
Xena la guardò inarcando il sopracciglio destro ed Olimpia
rise, scuotendo la testa rassegnata. La guerriera era sul punto di
risponderle a tono quando il viso del giovane spuntò da dietro
l’imposta e le invitò ad entrare.
L’arconte, riccamente abbigliato in abiti dai tessuti pregiati,
sedeva chino su di una mappa, la fronte cinta da un sottile diadema
aureo era corrugata per la concentrazione. Alzò gli occhi e
le guardò senza tentennare.
<<Siete le benvenute ad Akrastas. Io sono l’arconte Leandro>>
si rivolse al giovane <<Guardia, torna al tuo posto>>
la sua voce non aveva assunto nessuna particolare sfumatura di comando,
ma trasmetteva autorità ugualmente.
Il ragazzo lo salutò con un inchino prima di sparire oltre
il portone, lasciandole sole con l’arconte che si appoggiò
pesantemente su di un trono ligneo piuttosto semplice, posto dietro
il tavolo su cui campeggiava la mappa. A Xena parve di riconoscere
il perimetro della città.
<<Scusate, ma questa situazione mi ha fatto dimenticare il senso
dell’ospitalità…Sarete sicuramente stanche, immagino.
Prego, sedete, così potremo parlare con più tranquillità>>
tirò una piccola cordicella che pendeva dietro il sottile tendaggio
da cui era filtrata la luce che penetrava dalla finestra. Le due guerriere
presero posto su di una panca imbottita, di fronte al seggio su cui
sedeva l’uomo, alle cui spalle campeggiava un bell’arazzo
che rappresentava scene di vita quotidiana.
Un servo fece il suo ingresso da una porta nascosta da un pesante
tendaggio, portando un vassoio con del vino e della frutta. L’arconte
fece cenno di poggiarlo sul basso tavolo davanti alle due donne e
congedò il servo. Dopo che fu uscito tornò a rilassarsi.
<<Mi hanno detto che siete qui per la taglia…>>
prese un lungo respiro, riempiendo tre boccali con il vino.
<<Voglio essere sincero con voi: io tornerei indietro. Prego,
bevete pure: non si dica che ad Akrastas non sono ospitali>>
sorrise appena prima di portare il calice alle labbra, imitato da
Xena. Olimpia, invece, preferì assaggiare alcuni acini d’uva.
<<Allora, quale mostro infernale vale 200 talenti?>> chiese
direttamente la guerriera, saltando a piè pari le formalità.
<<Magari fosse una creatura infernale!>>
L’amazzone lo guardò interrogativa a questa sua esclamazione.
L’arconte sorrise prima di proseguire.
<<Almeno sapremmo di cosa si tratta>> l’uomo si
alzò, andandosi a sedere su di un seggio modesto più
vicino a loro. Xena bevve ancora, continuando a tenere gli occhi fissi
in quelli dell’arconte.
<<Allora, io ho bisogno di informazioni concrete prima di cominciare
la caccia>>
Leandro le annuì e fece loro cenno di seguirlo mentre si riaccostava
alla mappa.
<<È cominciato tutto qui>> posò l’indice
su di una zona colorata di verde tenue a nord-est della città.
<<Qui portiamo al pascolo le mandrie e la zona è spesso
pattugliata da gruppi di armati per evitare che gli animali selvatici
decimino il bestiame o che qualche predone ne faccia bottino. In due
settimane, invece, ne abbiamo perso quasi un centinaio…allora
ho ritenuto necessario incaricare un cacciatore esperto che accertasse
quali e quanti animali fossero responsabili, così da poter
organizzare una coorte che eliminasse il problema>>
Xena esaminò con gli occhi la morfologia della zona, calcolando
dove potesse stanziare un branco tanto grande da divorare ben cento
capi in sole due settimane.
L’arconte indicò un altro punto.
<<Qui abbiamo trovato i suoi resti>> guardò la
guerriera negli occhi, aspettando la sua reazione.
<<Questo lo sapevo, come sappiamo che quelli che hanno cercato
di ottenere la taglia, se sono sopravvissuti, sono fuggiti. Voglio
informazioni più concrete>> insistette la guerriera.
Olimpia osservò lo scambio di sguardi tra i due. Sorrise appena
nel vedere che fu l’arconte a cedere per primo, forse più
per necessità che per timore.
<<Due notti fa…>> cominciò <<abbiamo
trovato un cadavere lungo la strada principale che conduce qui>>
ne seguì il tracciato con l’indice fino a fermarsi ad
una certa distanza dalla città.
Nella mente di Olimpia ricomparve l’immagine del sangue che
imbrattava la via lastricata.
<<Il mio timore è che possa, o possano, non saprei dirlo
con esattezza, arrivare in città e colpire la popolazione>>
concluse.
<<Dove sono stati trovati gli altri uomini?>> la domanda
della guerriera arrivò a bruciapelo.
<<Al limitare di questo bosco oppure appena all’interno>>
Xena annuì senza staccare gli occhi dalla mappa che aveva davanti.
Scese un silenzio carico di tensione tra i tre, ognuno intenso a seguire
il filo dei propri pensieri e ben attento alle reazioni degli altri.
<<Sentite,>> riprese l’arconte <<vi parlo
a cuore aperto. La situazione si sta facendo grave. L’ultimo
uomo ucciso era il figlio di un ricco mercante di stoffe che ora chiede
vendetta. Sarebbe disposto anche a processare un uomo qualsiasi pur
di poter dire che ha dato pace all’anima del figlio. Cosa che
non gli sarebbe difficile dal momento che fa parte del Consiglio,
l’assemblea che giudica i crimini di sangue e che coadiuva l’arconte
nell’amministrazione, ed è in grado di influenzarne la
maggior parte a suo favore. Io non posso lasciargli fare una cosa
di questo genere ed ho bisogno che qualcuno ponga fine a questi massacri.
Il vostro arrivo è stata una benedizione degli dei! Con la
vostra fama garantirete la sicurezza e le vostre abilità sono
certamente superiori a quelle di chi vi ha preceduto. Se sono solo
bestie non sarà un problema eliminarle, ma se c’è
qualche uomo dietro le loro azioni…>> fece una piccola
pausa <<lo assicurerete alla giustizia e verrà punito
come merita>> nei suoi occhi lampeggiò la determinazione
ed Olimpia ebbe la certezza che, se non fosse stato per la carica
che ricopriva e l’età non più nel fiore, sarebbe
andato lui stesso incontro al pericolo, anche a costo di pagare con
la vita il suo coraggio.
Xena attese ancora qualche istante.
<<Va bene>> concluse alla fine.
Sul viso dell’arconte si aprì un ampio sorriso e le porse
la mano che la guerriera strinse con sicurezza, suggellando la sua
decisione.
<<Sappiate che avrete a disposizione tutto quello di cui farete
richiesta>> si alzò e tirò ancora la piccola fune
dietro il panneggio.
<<Permettetemi di ospitarvi nel mio palazzo>>
Un servitore giunse con fare deferente e l’uomo assunse di nuovo
il portamento fiero del governante.
<<Prepara le stanze per le mie ospiti>> gli ordinò
ed il giovane sparì in un inchino.
Leandro tornò a guardarle.
<<Vi assicuro che ogni vostro ordine sarà eseguito come
se fosse mio. I miei sudditi saranno ben lieti di esservi d’aiuto>>
sorrise ancora <<Vogliate onorarmi della vostra presenza durante
il pasto di domani. Manderò delle ancelle che vi assistano
in ogni vostra necessità>>
Conoscendo come Xena la pensasse in proposito, lo anticipò
prima che potesse rispondergli molto sgarbatamente.
<<Non si preoccupi, non vogliamo approfittare della sua fin
troppo generosa ospitalità>> il bardo ignorò l’espressione
vagamente disgustata della guerriera. L’arconte, se la notò,
non le diede peso.
<<Come preferite…Del resto siete guerriere, non viziate
nobildonne>> sorrise loro, aspettandosi di essere ricambiato.
Entrambe le donne si limitarono ad un vago accenno di sorriso. L’arrivo
del servitore che le avrebbe accompagnate alle loro stanze lo salvò
dal silenzio imbarazzato che minacciava di calare.
<<Vi attendo alla mia mensa domani. Sentirete lo squillo delle
trombe dalla piazza>>
Xena annuì ed entrambe uscirono, seguendo il servitore.
Quando furono fuori dalla sala, l’arconte si sedette pesantemente
sul suo scranno, massaggiandosi la fronte con le dita tenendo gli
occhi chiusi.
“Xena ed Olimpia….un’inaspettata fortuna, certamente.
La popolazione si sentirà sicura se saprà che a proteggerla
c’è la Principessa Guerriera…Dovrei mandare un
banditore con un messaggio per la città…” aprì
gli occhi ed intinse uno stilo in una piccola boccetta d’inchiostro,
cominciando a tracciare con caratteri chiari il testo dell’annuncio
su di una pergamena.
<<Padre?>> una voce giovanile lo costrinse ad alzare lo
sguardo dal suo lavoro. Avendo riconosciuto immediatamente il figlio,
gli rivolse un sorriso stanco.
<<Vieni pure Teucro: non c’è bisogno che rispetti
le formalità quando siamo soli. Su, siediti>>
Il giovane si sedette di fronte al padre, notando sul suo viso i segni
evidenti della stanchezza e della tensione.
<<Padre, dovresti riposare. Non puoi continuare così,
la tua età non te lo permette>> dalla sua voce traspariva
una sincera preoccupazione.
L’arconte gli sorrise ancora, poi indicò il diadema d’oro
che gli cingeva la testa.
<<Vedi questa? Il fatto di portarla non significa solo vivere
qui ed uscire durante le feste…significa soprattutto difendere
la propria gente, fare di tutto per garantire loro la miglior vita
possibile. Quando smetterò di farlo, allora lascerò
anche la corona>> un sorriso amaro gli increspò le labbra,
poi proseguì.
<<Non credo che manchi molto, figlio mio. Voglio che tu sia
pronto alle responsabilità che derivano dal seggio che occuperai
tra non troppo tempo>>
Il figlio ricambiò il sorriso.
<<Ho avuto un ottimo maestro>>
L’orgoglio si dipinse sul viso dell’arconte.
<<Ora vai e sii presente domani a pranzo: abbiamo ospiti>>
Teucro si alzò ed uscì dopo aver salutato il padre con
un inchino.