episodio n. 11
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La guerriera arrivò poco dopo, nello stesso luogo nel quale si erano lasciate la mattina; vide fra l’erba poco alta, la sagoma di una persona accasciata al suolo, rivolta col volto per terra...scese dal cavallo e si gettò diritta su quella figura che si rivelò essere la sua amica. Xena la prese tra le braccia sollevandole il capo tra le mani e carezzandole il volto pallido ed esanime, le tastò il polso per vedere se in quel corpo quasi cadaverico, alitasse ancora qualche respiro di vita…era viva.
Xena aveva una morsa che le attanagliava il cuore, era spaventata, così istintivamente prese delle coperte e le stese a terra, poi prese Olimpia in braccio parlandole: <Ehi, che ti è successo? E’ colpa mia, non dovevo lasciarti sola, non nelle tue condizioni! Che sciocca che sono! Stupida, stupida, stupida!> La guerriera appoggiò delicatamente la compagna sulle pelli, e la coprì in modo che non prendesse freddo: <Sei proprio debole, hai bisogno di qualcosa che ti rimetta in forze…> le disse; poi si sedette vicino a lei tenendole la mano, e cominciò a parlarle con gli occhi lucidi: <Ti ricordi, Olimpia, quante avventure abbiamo passato insieme? Quando ti conobbi e decidesti di venire con me? Sai, forse non te l’ ho mai detto, ma tu hai tirato fuori, fin dall’inizio il meglio di me. Grazie a te ho riscoperto i più nobili sentimenti come il rispetto per la vita, la lealtà, l’amicizia…l’amore, che era già in me, ma aspettava solo di essere risvegliato. Avevo bisogno di qualcuno che fosse l’opposto di me, qualcuno che mi indicasse la retta via. E quella persona potevi essere solo tu: pura e sincera Olimpia… Ti voglio bene, te ne voglio tanto!> Si passò un dito al di sotto degli occhi quasi come per cancellare una lacrima che, prepotente, insisteva a voler scendere; poi si alzò coprendo meglio la sua amica, mettendole una mano sulla fronte, sembrò essere sollevata: <Non scotti! Per fortuna non hai la febbre. Dormi vecchia mia, dormi! Domani ti sentirai come nuova!> Si avviò dunque ad accendere un focolare per affrontare meglio l’approssimarsi di un’altra nottata gelida, su questo vi fece bollire dell’acqua in un recipiente, nella quale gettò foglie di te verde, menta e bacche di ginepro, con qualche pizzico di polvere di mandragola che portava sempre con se in una boccetta, rimestando finché l’infuso non si tinse di un verde intenso e rilasciò un aroma acre nell’aria. Xena tolse il recipiente dal fuoco e mise un po’ di quel liquido in un mestolo, poi si avvicinò a Olimpia e accovacciandosi accanto a lei, le bagnò le labbra dell’infuso; la reazione della poetessa fu istantanea, difatti dischiuse la bocca come per assaggiare, ma l’amarezza di quel liquido, la fece sobbalzare.
Olimpia aprì lentamente gli occhi, la prima cosa che vide, cercando con grande sforzo di mettere a fuoco, fu l’immagine sfocata della guerriera, la quale le passò un braccio sotto al capo aiutandola a stare su; la barda, ancora intontita disse: <Xena? Xena sei tu? Xe, che è successo?> La guerriera si limitò a risponderle con un atteggiamento quasi materno: <Veramente speravo me lo dicesi tu…Ecco: bevi questo, ti farà bene e domani ti sentirai come nuova!> La bionda, ancora abbastanza confusa, prese il mestolo, aiutata da Xena, e poggiò le labbra sui bordi per berne un sorso; la sua reazione fu immediata: rigettò immediatamente quel poco di infuso che aveva bevuto, ed accompagnò il gesto con un sonoro: <Che cos’è questa porcheria? E così amaro!!> Xena sbuffò leggermente spazientita e disse: <E’ un infuso, e se non lo bevi, dubito che per domani potrai rimetterti in sesto! Avanti, so che è molto amaro, ma devi berlo: Ti farà bene!> Olimpia che era riuscita a mettere a fuoco nel frattempo, fissò Xena negli occhi e dopo aver letto in essi tanta apprensione, ubbidì, deglutendo quel liquido tutto d’un sorso; Xena la guardò compiaciuta, poi disse: <Ora vecchia mia, devi riposare: cerca di dormire mentre io ti spalmo un po’ di unguento sulla tumefazione, vedrai che domattina starai benone… riposa per favore…>
La principessa guerriera prese il bardo fra le braccia; la bionda con occhi socchiusi, quasi rapita dal sonno a sua volta sussurrò: <Xena, non mi lasciare più come hai fatto stamattina..> e si addormentò sentendo a malapena la risposta dell’amica che suonava così: <No! No, stanne certa! Non temere, non ti lascio più…Scusami!>

La nottata passò molto tranquilla per Xena, che difatti si addormentò poco dopo, accanto alla sua amica con una mano piegata al di sotto del volto, ed un’altra poggiata sul fianco; lo stesso non si poté dire di Olimpia che ebbe un sonno molto agitato; degli incubi la perseguitavano:
- Una lettera, un congedo e un turbinio di parole - <…La leggenda delle Valchirie…Xena era la più valorosa delle Valchirie di Odino…> <Piacere, sono Brunilde…Incontriamoci stasera nel bosco e ti narrerò della leggenda…> <Beawolf…l’oro del Reno…un anello magico… Grindl…> <Xena ha forgiato l’anello magico con l’oro del Reno…Xena ha creato Grindl…Il prezzo da pagare per il potere di quell’anello, era perdere le proprie facoltà di poter amare qualcuno…> <Xena! Xena è… Xena ha indossato l’anello, e si è dimenticata della cosa più importante per lei: tu!> - E il nome dell’amica rimbombava più volte nella sua testa, con un lungo strascico; sembrava che le stesse scoppiando la testa - <Xe… Xena… Xenaaa…Xena ti distruggerà!>
Olimpia agitata, sembrava essere stata punta da uno scorpione o un ragno velenoso, si dimenava, ansimava, sudava, finché un urlo non le uscì fuori dalla gola: O: <Noooo! Non andare! Non farlo per favore, Xenaaaa!>
Istantaneamente balzò a sedersi aprendo gli occhi, a causa di quell’urlo ansimava ancora; abbassò lo sguardo fissando un punto indefinito della fitta boscaglia.
Il suo gesto fu quasi contemporaneo al sussulto di Xena, che con un repentino scatto si alzò spaventata da quell’urlo.
La guerriera fissava la barda spaventata: notava perle di sudore che le scendevano dalla fronte, che si andavano a mischiare con le calde lacrime che bagnavano quegli occhi smeraldini, resi ancor più lucenti nell’oscurità, grazie alle gocce che ancora le albergavano negli occhi.
Xena le prese istintivamente la mano e cercando di calmare i suoi singhiozzi disse: <Va tutto bene, sta tranquilla: va tutto bene…> Poi le passò una mano nel corto caschetto carezzandole il capo e la nuca, cercando di farla rilassare più che poteva; la bionda infatti, si appoggiò col capo sulla spalla dell’amica e cercò di recuperare fiato. La principessa guerriera era in pena per lei: cosa mai aveva sognato che l’ aveva turbata tanto da urlare? Così, decisa a vederci chiaro le chiese con tanta dolcezza: <Per favore, puoi raccontarmi quello che è successo?> <Ho fatto solo un brutto sogno!> farfugliava l’amica cercando di essere evasiva, ma Xena le rispose: <Solo un brutto sogno? Hai urlato in piena notte trasalendo dal sogno e ti vuoi giustificare dicendo che era solo un incubo? Dai, racconta visto, che citavi anche il mio nome!> <E va bene > le disse l’amica rassegnata, così le due si avvicinarono di più al focolare ancora acceso e coprendosi con una coltre sulle spalle si sedettero. Xena trafficò un momento nella sua bisaccia, e prese un otre riempita d’ acqua, che porse all’amica; la compagna l’afferrò tracannando avidamente, per spegnere il fuoco che le si era creato in gola a causa di quell’urlo. Poi si schiarì la voce e continuò: <Vedi Xena… è difficile per me, non so da che parte cominciare…> Xena suggerendole le parole disse: <Perché, tanto per cominciare, non mi riveli il motivo dei tuoi strani comportamenti di questi ultimi giorni?> Olimpia, respirando a pieni polmoni disse: <Ricordi la battaglia contro i briganti a Dicearchia?> Xena la interruppe: <Certo che mi ricordo, anzi volevo farti anche una…> Ma non riuscì a finire per tempo, che si trovò il dito di Olimpia sulle labbra che la stava zittendo, e prendendo coraggio cominciò a parlare: <Shhtt! Fammi finire e capirai tutto! Dicevo: ricordi la battaglia a Dicearchia? Ricordi che ero immobile di fronte a quel soldato? Ebbene, mi fece una dichiarazione sconvolgente…> Xena, cercando di smorzare un po’ l’atmosfera pesante venutasi a creare, la prese in giro dicendo: <Ti ha mica chiesto di sposarlo?> Olimpia spazientita, ma anche divertita dalla smorfia fatta dall’amica mentre le si rivolgeva così, le fece un sorrisino e rispose: <Eh eh…Ma che simpatica! Se vuoi sapere, fammi finire, e non interrompere sempre saltando come tuo solito a conclusioni affrettate!> Xena la guardò, lieta di aver fatto recuperare almeno in parte la serenità alla sua compagna poi disse: <Obbedisco: Va avanti!>
La bionda ritornò di nuovo seria e cominciò la sua rivelazione: <Credo tu abbia notato i tratti somatici di quell’uomo con la cicatrice che mi ha aggredita; non era un greco, ne un italico, aveva piuttosto i tratti del barbaro, dell’uomo nordico, le caratteristiche del celtico…> <Dunque, credo di essermi persa…cosa vuoi dire?> rispose Xena smarrita, inarcando il sopracciglio. Olimpia continuò: <No, era una mia considerazione…Ma mentre combattevo contro di lui, mi ha detto che era un mercenario assoldato dal re dei Geati, e che aveva il compito di impedire a tutti i costi, che noi arrivassimo in Scandinavia; ma il re gli aveva ordinato rigorosamente di lasciarci vive, difatti sebbene avesse avuto la possibilità di uccidermi, mi ha solo sferrato un imponente colpo alla testa, per carità, tanto dolore, ma non mi ha uccisa… non ti sembra strano?> Xena concluse ponendosi pollice ed indice sotto al mento, sfregandosi pensierosamente: <Qualcuno vuole che noi non mettiamo piede in Scandinavia…e mi dispiace sospettare di un vecchio amico, ma il re del popolo dei Geati è ora il vecchio caro…> Olimpia la interruppe pronunciando prima di lei quel fatidico nome che rimbombò nel tetro bosco quasi come un urlo: <Beawolf!>
Xena con aria più pacata le bisbigliò: <Si…> Olimpia le disse: <So come sei fatta e so anche che ora tu, un po’ per dispetto, un po’ perché vuoi vederci chiaro, mi dirai ugualmente di recarci là, ed era proprio questo che non volevo, dato che il mercenario mi parlava di un’altra grande minaccia per la terra geata…una minaccia superiore a Grindl…Ora capisci perché non volevo a nessun costo tornare in Scandinavia? Sembra che non siamo più le benvenute in quella terra…sembra che tutti si siano alleati per cospirarci contro: Beawolf, Odino, Grinilde, persino Brunilde…Perché Xena, perché?> La guerriera era confusa quanto lei, sapeva che la sua compagna aveva pienamente ragione, che le circostanze sembravano per loro avverse; ma se c’era una qualità che si attribuiva al popolo geato, era la fedeltà perpetua verso i suoi amici e alleati; perché allora Beawulf si stava comportando in quel modo? Xena cercò di prendere coraggio, sospirò e disse: <Ad ogni modo riposiamoci, entro domani voglio essere in Scandinavia; voglio ben capire cosa sta succedendo di tanto strano lassù!> Olimpia la guardò con aria rassegnata dicendo: <Neanche stavolta lascerai perdere, vero?> Xena rispose: <Se devo perdere un amico, devo farlo a modo mio, non mi piace che mi sguinzagli dietro i suoi mercenari per impedirmi di raggiungerlo…Beawulf mi deve delle spiegazioni, e dovrà essere anche molto convincente! Sono profondamente in collera con lui!> Xena prese un attimo il respiro, poi continuò con tono estremamente geloso, più parlando a se stessa che all’amica: <Possibile che un uomo che fino a poco tempo fa sembrava letteralmente morire d’amore per te, ora possa braccarti come un animale selvatico? E meno male che era innamorato!>
Olimpia era troppo assorta per poter raccogliere la provocazione di Xena, stava ripensando al sogno e le disse: <Non sono tranquilla Xena, ho paura che accada qualcosa di brutto, di molto brutto… Dobbiamo stare attente e qualunque cosa succeda, non ti separare mai da me…> Una carezza sul viso, fu l’unica risposta della guerriera all’amica.
Le due tornarono così ai loro giacigli per addormentarsi esauste.
Fu tanta la strada a cavallo del giorno dopo, che le due si trovarono a circa mezza giornata di cammino, dal posto dove furono invitate al certamen di Catullo; decisero di fermarsi per rifocillarsi un po’ in un ridente paesino nella giurisdizione della città di Berg Hem, dedito all’agricoltura ed alla pastorizia, dove per ogni uomo c’erano quattro capre. Questo posto era chiamato dai romani Calavagium.
Ma nonostante la buona lena, le due riuscirono a mettere piede in terra barbara, solo all’alba della mattina seguente, poiché Olimpia aveva esortato l’amica a non spingersi oltre, e a non affrontare viaggi che sono notoriamente più rischiosi di notte.



CAPITOLO 3


Un uomo era seduto sul suo trono, aveva chiari in volto i segni della preoccupazione e della stanchezza di combattere; quell’uomo era Beawolf che ravvolto nel suo scuro mantello, si copriva alla meglio per proteggersi dalla gelida giornata scandinava.
Improvvisamente la porta della sala del trono, fu picchiata con delicatezza ma altrettanta sicurezza; dopo il permesso del re, fece il suo ingresso nella stanza il fedele Wilbur, il compagno di tante avventure di Beawolf, che lo accompagnò anche nella sua avventura contro Grindl; Wilbur era sempre stato visto dal suo re , come un ragazzetto smilzo, molto cagionevole di salute, ma aveva un grande cuore ed un coraggio da leoni; non tutti i ragazzi della sua età avevano il coraggio di impugnare la spada e combattere… eppure ora, nonostante fossero passati solo due anni dalle vicende dell’oro del Reno, quanto gli sembrava cresciuto…Beawolf guardava con paterno sguardo il ragazzo dinnanzi a lui: la prima barba incolta contornava il suo volto dagli occhi chiari; le sue mani erano diventate più dure e callose a forza di impugnare la spada, e la sua muscolatura sembrava più armonica e sviluppata rispetto agli inizi…eppure il suo sguardo era sempre quello innocente ed allo stesso tempo fiero di chi sa che per amore di patria, per amore del suo re, sarebbe capace anche di sacrificare la propria vita. Wilbur si chinò, ma Beawolf lo fece subito alzare dicendogli: <Sono passati tanti mesi e tu ancora ti chini prostrandoti davanti a me? Non mi piacciono questi servilismi: tu non hai affatto bisogno di chinarti dinnanzi a me! Wilbur, sai che abbiamo condiviso tanto, e sai che per me sei come un figlio, perciò non voglio che ti chini, ne adesso ne mai!> Il giovane cercò di controbattere ma subito Beawolf incalzò: <Wilbur, non una parola in più: obbedisci!> Il ragazzo scattò sollevandosi e rispondendo: <Certo sire!> ma Beawolf incalzò: < E a te non è dovuto riservarmi gli attributi reali, tranne che se non stiamo in pubblico.. perciò nessun Sire per favore!> il timido Wilbur rispose: <Come desideri…> <…Beawolf! Chiamami solo Beawolf!> rispose lestamente il re. Wilbur fece un cenno di assenso con la testa e gettò un rapido sguardo fuori dalla finestra, poi si sistemò la sua casacca di pelle di capra; Beawolf gli disse: <Ed ora pensiamo agli affari del regno: Che notizie mi porti?> Wilbur incontrò lo sguardo del re parlando: <Non buone Beawolf: il mostro sta facendo razzie ed incursioni nei boschi di Ostelhalf, confinante con il nostro paese… uccide chiunque uomo, donna o bambino chicchessia, osi addentrarsi nel bosco; il problema principale è che in quel bosco ha sede l’unica sorgente di acqua potabile del paese e ormai nessuno si addentra più in quel bosco per andare a riempire secchi ed otri; nessuno tranne qualche temerario, che puntualmente finisce col non fare più ritorno a casa… La situazione igienica sta diventando insostenibile…> E mentre parlava, il giovane sembrava inorridito da quello scempio, e buttato giù un grande respiro continuò: <…Un quarto della popolazione sta morendo di sete, mentre una grande parte si sta ammalando per le condizioni malsane di quel posto…> Beawolf sembrò incassare quella notizia nel silenzio più completo; poi assorto disse: <Dovremo spingere Bradl nel territorio paludoso a nord; non possiamo combatterlo di città in città, o combatterlo al passo di Turpaj…> Poi continuò: < E che mi dici di…> Wilbur che conosceva il suo re, intuì quale fosse la domanda che il re stava per porgli, e senza aspettare che il re finisse disse: <No Beawolf, purtroppo quei briganti non sono riusciti a fermare l’avanzata di Xena e Olimpia…> Beawolf con aria alquanto seccata disse: <Accidenti, quelle due si metteranno nei guai…> Ma le sue parole furono interrotte da un pesante tonfo, e dall’aprirsi della porta della sala del trono; successivamente ecco sull’uscio Xena e Olimpia; dietro di loro stese a terra, surclassate della forza distruttrice delle guerriere, i due soldati che erano di guardia. Per un lungo attimo, nessuno fiatò, poi, facendo per chiudere dietro di se la porta, Xena disse in maniera provocatoria, rivolgendosi al re: <Salve Beawolf, sarai anche diventato un re, ma le tue maniere sono sempre quelle del rude e grezzo guerriero!> Olimpia la strattonò supplicandola di non essere eccessiva; il re allora con fare spazientito disse: <Benvenute nelle mie terre nobili guerriere.> Poi la donna continuò ironicamente:<Oh la ringrazio sua maestà, ma se siamo giunte sin qui, non è certamente per merito suo…Mi sembra che abbiamo avuto il nostro bel daffare con dei banditi che ci hanno seguito praticamente per mezza Italia!> Xena lo guardò con aria accusante, perciò l’uomo poté solo dire: <Non è come sembra Xena!> <Ah no? A me sembra che hai fatto di tutto per impedirci di giungere qui in Scandinavia!> e ad ogni parola marcava ancora di più il suo fastidio per quella situazione. Beawolf disse: <Senti, ho avuto i miei buoni motivi per agire così! E non sono tenuto a spiegarli a te!> Xena si avvicinò al trono del re minacciosa, sfoderò la spada, e puntandola alla gola del re disse: <Ah, così non sei tenuto a spiegarmi perché volevi togliermi di mezzo? Mi dispiace ma se fossi dovuta morire, voglio sapere almeno perché! Ne valeva la pena togliermi di mezzo?> E fece per far pressione con la spada alla gola. Un brivido percorse la schiena di Olimpia che sussurrò: <Xena cosa fai?> Ma in quel momento intervenne Wilbur schiacciato dal peso di quella insostenibile situazione: <Chiedo scusa Xena, ma forse stai giudicano con troppa leggerezza il mio re!> <Ah si?> rispose la principessa guerriera inarcando il sopracciglio: <E cosa ti fa credere che sia così è che il tuo re non stia usando anche te, e alla fine ti perseguiterà? Guarda marmocchio, che il fatto che ti sia cresciuta la barba e che ora hai le mani più callose, non fa di te un guerriero impavido!>
Una voce squillò forte e decisa nella stanza: <Ora basta con queste continue provocazioni! Non è certamente con le minacce che otterrete qualcosa!> Quindi Olimpia si avvicinò a Beawolf: <Senti, io non so cosa ti passi per la testa, fatto sta che io ho rischiato di morire con una botta in testa. Se non vuoi dirci perché lo hai fatto non importa. Se siamo qua è perché siamo state avvisate che il tuo popolo era in pericolo. Visto che siamo accorse subito, per dovere di amicizia potresti almeno dirci cosa sta accadendo!> Il re dallo sguardo basso, dispiaciuto, fissò il cielo grigio, ingombro di nuvole, fuori dalla finestra, mentre non potendo più tacere, Wilbur si sistemò ancora la sua casacca, poi cominciò a parlare: < Se re Beawolf ha agito in questo modo, è stato soltanto per tutelarvi…> <Oh! Ma che magnanimo, quasi mi commuovo!> dichiarò sardonica Xena, ma Olimpia la rimproverò: <Xena, vuoi stare zitta un attimo?> poi si rivolse a Wilbur: <Continua per favore!> <…Dunque le cose qui non vanno affatto bene; non si sa come, non si sa perché, ma una delle tre Figlie del Reno, si è impossessata dell’Oro del Reno ed ha forgiato un nuovo anello. Sapete entrambe quali sono le pericolose conseguenze di questo episodio, conoscete molto bene l’epilogo doloroso del portatore dell’anello: deve…> <Rinunciare alla cosa che ama di più al mondo…> concluse pensierosa Olimpia. <Esatto!> continuò Wilbur, per poi finire il discorso: <La questione è che re Beawolf, sa quanto sia stato grande il sacrificio e l’impegno che Xena ha usato per impedire che nessun’altro percorresse la sua stessa tragica via, forgiando qualcosa che poteva arrivare a distruggere la personalità di un individuo, così, dato che avete già sofferto abbastanza, aveva deciso di impedirvi di arrivare ancora qua in Scandinavia…a tutti i costi…> Xena parve tranquillizzarsi e il suo viso imbronciato, cedette il posto ad una visibile manifestazione di inquietudine; la cosa non passò inosservata agli occhi del bardo, che disse interrompendo il corso dei suoi pensieri: <Potrei anche accettare il fatto che hai agito per proteggerci, ma lascia che ti dica che hai completamente sbagliato, se credevi di poter risolvere il problema assoldando dei briganti e facendoci inseguire per tutta Italia!> Poi continuò lo stesso re: <Credetemi, amiche mie, non ho tradito ne dimenticato il nostro patto di amicizia, ma non volevo assolutamente coinvolgervi in una situazione dalla quale nessuno sa come uscire: il mostro è troppo potente, molto molto di più di Grindl!> un brivido di terrore, percorse la schiena di Olimpia che deglutì a fatica, cercando con la sua mano la mano di Xena. Xena la sfiorò leggermente per rassicurarla, per poi lasciarla, e con molto sangue freddo disse: <Cos’altro c’è da sapere di questo mostro?> Il re proseguì: <Si chiama Bradl ed è la trasformazione della ninfa Hilda… Attacca chiunque osi avvicinarsi a lei, senza distinzione di sesso, ne di età. Si spinge fin nei villaggi per uccidere e bere il sangue delle sue vittime…ha già distrutto tre villaggi del mio reame, ed ora sta mettendo in ginocchio anche Ostelhalf; temo che tra poco si dirigerà qui. Devo fermarla per garantire al mio popolo la sopravvivenza!> Xena fece un’amara risata dicendo: <Ti illudi se credi di poter fare qualcosa contro quel mostro senza alcun sacrificio umano!> <Si…> incalzò Olimpia altrettanto amareggiata: <Xena ha perfettamente ragione: per ogni grande battaglia c’è un prezzo di vite umane da pagare, è il riscatto se si rivuole la propria libertà!> Il re chiuse gli occhi sospirando, sentendo sul proprio cuore il peso di quelle ultime parole pronunciate dal bardo, sapeva che Olimpia aveva ragione: quale grande sacrificio avrebbe chiesto al suo popolo? Come poteva mandare al massacro artigiani e contadini, umilissimi padri di famiglia? Nessun esercito di nessun’altra regione contigua era disposto ad allearsi con lui perché tutti i popoli scandinavi, sovrani compresi, e lo stesso amico re Rothgar della Danimarca, erano terrorizzati all’idea di avere a che fare con il mostruoso Bradl… Inaspettatamente, il silenzio tombale, incombente come annuncio di una catastrofe, che era piombato in quella stanza, fu interrotto da Wilbur che disse: <Per favore aiutateci a venirne fuori!> Il re tuonò maestoso con voce rimbombante: <No Wilbur! Ho detto che non voglio che loro vengano coinvolte in questa storia! Intesi?> Il ragazzo allora continuò: < Senti Beawolf, se fino adesso ho agito come volevi tu, è stato perché ho obbedito agli ordini del mio re, ma lascia che ti dia un consiglio da amico: Sei un pazzo se credi che te la possa cavare da solo senza aiuto alcuno; persino Odino ha trovato difficile combattere contro Bradl, tu, povero, semplice, comune mortale soccomberesti certamente, perciò, ascolta un consiglio: lasciati aiutare da Xena e Olimpia. Sono valorose e l’astuzia di Xena saprà certamente sostenerci!> Un forte sospiro da parte del re, uno sguardo all’orizzonte attraverso la finestra ed un flebile ed impercettibile: <E sia…> Xena finalmente poté tirare un sospiro di sollievo perché il re si era lasciato convincere, poi osservò Olimpia che era tutta persa nei suoi pensieri e stava muta a fissare un punto indefinito del pavimento. <Chissà quali terribili pensieri affollano la testa della piccola Olimpia…> pensava fra se e se la guerriera; il suo comportamento le parve molto strano, sapeva che cosa c’era che non andava, ma in cuor suo sapeva di non avere il coraggio di affrontare la situazione e parlarle chiaramente, per dirle che se fosse stato necessario, anche stavolta si sarebbero dovute separare.
Poi il re si fece più deciso, sollevò lo sguardo verso le guerriere e disse a Wilbur: <Se hanno deciso di restare, fai preparare loro una stanza bella grande, nell’ala del palazzo riservata agli ospiti; non voglio che due amiche che ci portano il loro aiuto alloggino fuori dalle mura della città, accampate in un bosco, che nasconde chissà quali insidie!> Wilbur si congedò con un inchino, poi fece cenno alle guerriere di seguirlo. Beawolf si alzò dal trono raccomandandosi che Olimpia fosse visitata e fatta curare per bene prima che avvenisse la battaglia decisiva, poi si rivolse a Xena dicendogli: <Riposate, perché stasera siete invitate al banchetto in vostro onore.> Prima di uscire dalla sala del trono Xena però gli disse: <Ti ringrazio della tua ospitalità, questo fa molto onore al re…ma il tuo comportamento da amico è riprovevole, e nessuna ospitalità, nessun banchetto può supplire all’azione ignobile che hai commesso nei riguardi di due amiche!> <Ma Xena..> cercò di giustificarsi Beawolf, che per tutta risposta sentì solo sbattere il portone della sala del trono.


CAPITOLO 4

<Ecco la stanza più bella per due ospiti speciali!> esclamò Wilbur con un po’ più di ottimismo ed entusiasmo dopo aver appreso che le due guerriere avrebbero aiutato il popolo dei Geati. <Ti ringrazio> rispose poco entusiasta, quasi irritata Xena. Wilbur divenne di colpo serio e esordì in un discorso: <Vedi Xena, so perfettamente che provi rabbia nei riguardi di Beawolf, ma ti chiedo di non essere così intransigente con lui: E’ molto provato da questa situazione, non è facile per un re assistere allo sterminio di tre dei suoi sei villaggi, senza poter alzare un dito contro quell’orrendo mostro; sente forte questa responsabilità e la notte non riesce a dormire: ormai la sala del trono è diventata la sua stanza prediletta per tutto il giorno; è sempre fisso, vicino al tavolo a trovare strategie di attacco, a scrutare mappe e progettare fortificazioni per le rimanenti città. So che con voi ha sbagliato, ma è un re più saggio di quello che sembra, e ama il suo popolo più di qualunque altra cosa, ed il suo popolo ama lui. Mai la Norvegia ha avuto re migliore, mai re più valoroso ha calpestato i suoli scandinavi!> <Lo acclami come fosse una divinità!> disse irritata Xena <Ma lascia che ti dica una cosa: Se metti le persone su un piedistallo, prima o poi queste rischiano di cadere!> continuò la guerriera <Non lui!> esclamò con gli occhi pieni di orgoglio ed ammirazione il giovane guerriero. Lo sguardo di Xena allora, divenne meno duro e impenetrabile, perché carpì che lo sguardo del giovane, era lo stesso di quello della sua compagna quando parlava agli altri di lei, e con tono più materno disse: <Lascia che ti dica una cosa ragazzo: Sarà alquanto ardua questa impresa; francamente non so come finirà…> concluse pensierosa la guerriera, dicendolo più per rammentarlo a se stessa che non al giovane. Olimpia ascoltava il discorso, senza proferire parola, e nella sua testa ritornavano attimo per attimo, tutti i momenti in cui Xena combatté contro Grindl, e poi i suoi sogni, il timore che l’anello e il mostro le avrebbe divise ancora, e tutto questo non poteva sopportarlo. Si sedette così, schiacciata dal peso dei suoi pensieri, sul giaciglio, e si portò le mani al capo, come se avesse avuto un capogiro; Xena notò tutto attentamente, e fu allora che chiese cortesemente a Wilbur di lasciarle sole perché il bardo aveva bisogno di riposo.
Wilbur accolse la richiesta con molta solerzia, e un attimo dopo essersi congedato, andò via chiudendo piano la porta dietro di se.
Xena si avvicinò all’amica sfiorandole con il dorso della mano il viso: <Ehi, che
cos’ hai?> le chiese <Senti dolore al capo? Qualcosa non va?> continuò. <No…> rispose Olimpia <E’ che…> e le tornò in mente il momento in cui Xena si dimenticò di lei la prima volta che indossò l’anello; chiuse gli occhi, scosse il capo e poi continuò: <Sono stanca, ho solo bisogno di riposo, credo.> <Come vuoi…> le disse Xena, che togliendole i sais dai calzari e successivamente gli stessi calzari, la fece sdraiare un po’ su quel giaciglio e le montò sopra a cavalcioni; Olimpia si lasciò andare alle carezze, che le sapienti mani di Xena sapevano dare alla sua schiena, fino ad arrivare alla nuca. Inoltre, Xena le scoprì la fronte, liberandola dalla fasciatura che fino ad allora aveva portato e mise a bollire quello straccio diventato ormai lercio, in una pentola sul focolare del camino acceso. Faceva di tutto per prendersi cura della sua Olimpia, eppure, paradossalmente a quella guerriera dal cuore impavido, tutto il coraggio veniva a mancare di fronte alla fragilità ed all’affetto infinito che la sua compagna nutriva nei suoi riguardi; tutto il suo coraggio spariva se si trattava di sostenere con il suo, lo sguardo dell’amica per dirle: “Va tutto bene”, perché lei per prima in fondo era molto scoraggiata da quella situazione assurda. Mentre rimuginava questi pensieri, non si accorse che la sua compagna, presa da un intenso senso di rilassamento si addormentò in quella rilassante posizione. Scese dunque dalla sua schiena e tolse le bende dal fuoco. Prese dalla sua bisaccia un unguento che spalmò con molta delicatezza sul capo tumefatto della compagna, e si sdraiò vicino a lei prendendola tra le braccia; fu solo allora, quando ormai Olimpia non poteva più guardarla che le disse con voce flebile ed incerta: <Non temere Olimpia, andrà tutto bene…mi auguro.> La guerriera si addormentò poco dopo, sempre in quella stessa posizione, con la sua amica che le dormiva col capo sul petto.

di Bard and Warrior

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