Intanto Olimpia, non vedendo tornare la sua amica, scese dalla stanza,
per aspettarla fuori al palazzo; fu raggiunta subito da Beawolf, che
avendo visto l’amica in difficoltà, le era rimasto accanto.
<Basta, ho deciso: Questa attesa mi strazia! Io vado a cercarla!>
<No! Ma sei uscita di senno? Non puoi avventurarti da sola nel
bosco di notte!> la rimproverò preoccupato Beawolf parandosi
davanti a lei. <Forse non hai capito: Xena è fuori da molto
tempo ormai, devo andare a vedere se gli è successo qualcosa,
devo assicurarmi che sta bene e che non ha bisogno di me!> gli
urlò contro Olimpia allarmata. Il re dei geati le disse: <Capisco
ma…> <Niente ma Beawolf. Vado a sellare il mio cavallo
e parto per cercarla! Ho deciso!!> Beawolf la trattenne ancora:
<Olimpia! Olimpia!! Smettila di preoccuparti di come stia Xena.
E’ una guerriera! E’ adulta e responsabile! Saprà
cavarsela sicuramente meglio di noi due messi insieme!!> Olimpia
rispose: <Non ha importanza: Il mio posto è vicino a lei!>
Beawolf si arrese di fronte a tanta testardaggine e disse: <Sei
proprio una testa dura! Allora verrò anche io!> In quel
preciso istante, una notizia inattesa sconvolse immediatamente i piani
del re; Wilbur corse verso Beawolf dicendogli: <Beawolf, i contadini
lo hanno avvistato, Bradl sa che Xena è qui è la vuole!
Però vuole prima distruggere la nostra città! Sta venendo
verso di noi dalla parte del passo del Turpaj… Dobbiamo organizzare
le difese!> Olimpia sentendo ciò gli disse: <Ascolta
il giovane saggio Wilbur, tuo fedele amico, vai con lui ad organizzare
le difese della tua città; io andrò a cercare Xena,
non ti preoccupare non starò via molto. E poi il passo di Turpaj
è esattamente dalla parte opposta del bosco! Su va, non perdete
tempo!> Olimpia lo rassicurò, e Beawolf le disse, prima
di lasciarla andare: <Sta attenta, ti prego!> Olimpia annuì
ed entrò nella stalla. Qualche attimo dopo partì alla
ricerca di Xena sfrecciando con il suo cavallo nella notte, e squarciando
i veli di oscurità che avvolgevano il bosco. Beawolf la vide
partire dalla finestra della sala del trono e le disse: <Che gli
Asi ti proteggano Olimpia!>
La foresta era spaventosa, quella sera specialmente, o forse era solo
la suggestione del bardo che procedeva a piedi, a passi felpati nel
bosco, con le redini del suo cavallo strette in mano. <Avevo promesso
a Beawolf di non avventurarmi troppo nel bosco, ed invece…Maledizione:
Ho perso la strada! Xena, ma dove sei?> rifletté Olimpia.
La donna procedeva quasi a tentoni nell’oscurità che
sembrava avvolgerla sempre di più. Nessun uccello si sentiva
fischiare e nessun insetto frinire, ma Olimpia era sicura che non
era solo a causa del freddo rigido… solo a tratti qualche verso
lontano di una civetta, rompeva lugubremente il silenzio di quella
notte: <Taci uccellaccio del malaugurio!> pensò fra se
e se, ed ogni secondo che passava in più in quel bosco, le
faceva crescere dentro la paura. Decisa e risoluta pensò che
non doveva cedere proprio adesso, e che dato che quel bosco era un
rettilineo, sarebbe pur dovuto finire, <Si, ma quando?> si chiedeva.
Urtò improvvisamente contro qualcosa che calpestò ripetutamente;
nell’oscurità non riusciva assolutamente a capire di
cosa si trattasse, ma era qualcosa di duro, di lungo. Fece una rudimentale
fiaccola e cercò di accenderla meglio che poteva, e solo con
quella fioca luce, si accorse del raccapricciante spettacolo in cui
era incappata: C’erano ossa sparse lungo tutto il sentiero,
e questo le fece gelare il sangue nelle vene, era tentata di lanciare
un urlo, ma si ricompose e pensò: <Forse sono solo ossa
di animali, ed in tal caso…> poi si avvicinò a quell’osso
che aveva calpestato lo osservò, lo rigirò con un sai
che intanto aveva sfoderato dal suo stivale, lo osservò in
ogni suo più minuzioso particolare, per poi sentire il respiro
fermarsi, la gola seccarsi e il terrore crescere sempre più
dentro lei: <E’ un femore…Sono ossa umane!>
Senza avere il benché minimo momento per capire, si alzò
scattando all’indietro, strinse di più le redini del
suo cavallo e cercò di calmarsi, ma non si accorse che dai
cespugli dietro di lei, qualcosa stava movendosi. Il suo cavallo,
come tutti gli animali, più sensibile alle situazioni di pericolo
rispetto a lei, fuggì via terrorizzato, e lei non ebbe neppure
il tempo di richiamarlo, che si trovò conficcato un artiglio
nella carne della spalla sinistra. <Arghh!> Esclamò Olimpia,
senza riuscire a vedere chi, o cosa l’avesse colpita nell’oscurità.
Il dolore le fece perdere l’equilibrio, la fiaccola cadde accesa
qualche metro più in la, e lei si accorse di avere un taglio
molto profondo dal quale sgorgava copioso, il sangue. Cercò
di rimettersi in piedi, ma di nuovo fu colpita all’addome con
un pugno che senti perforarle per un attimo la gabbia toracica, che
la ridusse in ginocchio, ancora fu percossa violentemente al volto,
con un colpo di forza inaudita. Non ebbe il tempo di pensare, che
di nuovo il pugno affondò sull’altra gota, mentre una
mano possente l’afferrò per la gola comprimendola più
forte che poteva, e ad Olimpia mancava quasi il respiro. Improvvisamente
quella mano si staccò, lasciando sulla gola di Olimpia dei
vistosi segni rossi. Tutto sembrò ripiombare nella calma, ma
Olimpia vide un cespuglio muoversi, allora gli gridò contro:
<Chi sei? Fatti vedere se hai il coraggio!> Una voce roca le
rispose dal cespuglio: <Olimpia…Sono il tuo peggiore incubo!>
Una smorfia di terrore si disegnò sul volto di Olimpia che
sgranò gli occhi ed esclamò: <Bradl!> Il mostro
ironico le rispose: <Oh!! Ma che perspicace che sei! Ora capisco
perché la tua principessa guerriera ti vuole sempre al suo
fianco…Sei così arguta…così integerrima,
così maledettamente buona e sensibile…Oh, che schifo!
La tua mitezza mi fa quasi vomitare! Solo una rammollita come Xena,
poteva prenderti sotto la protezione delle sue ali!> Olimpia, che
cercò di alzarsi in piedi meglio che poteva, tornò ad
avere la determinazione negli occhi, ma anche tanta preoccupazione
per la sua compagna: <Xena! Dov’è Xena! Cosa le hai
fatto!> e Bradl: <Oh, non lo so, veramente non ho ancora avuto
modo di salutare la mia vecchia carissima amica…Ma tanto credo
che la vedrò presto, specialmente se le uccido la sua amichetta!>
Olimpia, cercò di scappare, ma una frusta, o forse solo un
orribile coda, la afferrò dai cespugli e la scaraventò
a terra: <Non andare via, mi sento tanto solo… ed ho ancora
un po’ di fame…> Olimpia inorridita guardò quei
poveri resti sparsi sul terreno, e rabbrividì… Bradl
continuò: <Perché non ti fermi un po’ a giocare
con me? Oh, forse hai intuito che il giocattolino sei tu… Peccato
che Xena non sia qui a godersi lo spettacolo… Ma tanto o uccido
prima te, o prima lei, non credo faccia molta differenza: Comunque
perirete entrambe!> E così dicendo cominciò ad uscire
dall’oscurità per manifestarsi al bardo e per compiere
quel che un attimo prima aveva annunciato. Olimpia capì che
la situazione stava precipitando e che presto avrebbe dovuto combattere,
o quanto meno difendersi per non soccombere a quel mostro; cercò
di prendere con il braccio sano il sai dallo stivale, e di mettersi
in posizione di attacco. <Oh, giochiamo ai piccoli guerrieri stasera…Bellissimo
gioco, uno dei miei preferiti…Ma sai che faccio ai guerrieri
come te?…> Il mostro uscì allo scoperto ed Olimpia
poté vederlo: Era orrendo, alto e massiccio, ricoperto da orribili
squame, con una testa enorme ed un corpo snello e slanciato, Al termine
dei quattro arti, aveva affilatissimi artigli aguzzi come lame di
spade, gli occhi rossi e la bocca sporca ancora di sangue delle sue
precedenti vittime. Bradl continuò: <…I guerrieri
come te, li smembro e mangio per prima cosa il loro cuore! Il tuo
dovrebbe essere molto dolce!> Olimpia mandò giù a
fatica la saliva che le si era accumulata in bocca, ma non riusciva
a deglutire bene, tanta era la paura che le stringeva la gola. <Ma
che bei giocattolini appuntiti…Non ti farai troppo male se per
sbaglio… dovessero conficcarsi nel tuo petto?> disse stuzzicandola
Bradl, riferendosi ai sais che Olimpia teneva puntati contro di lui.
Olimpia passò dunque all’attacco, prese il coraggio a
due mani, e con il sai cominciò a menare fendenti nell’aria,
mentre parava alla meglio i colpi degli artigli di Bradl. <Sei
molto brava piccola guerriera, sei degna della scuola di Xena, ma
che faresti se ti dicessi che ho intenzione di appendermi la testa
di Xena nella mia caverna come cimelio più prezioso di battaglia?>
Olimpia tornò un attimo dietro nel tempo, quando in Giappone,
dovette ricomporre il corpo pietosamente esanime della sua amica barbaramente
trucidata, e si rese conto che era un qualcosa di veramente macabro
il piano di Bradl, così con più determinazione, cercò
l’affondo che ottenne: <Ahhhh!> Olimpia gridò infilzando
il suo sai nello stomaco del mostro che subito cominciò a sanguinare,
poi passò al contrattacco: Cominciò a sferrare una potente
raffica di pugni e calci che per un momento le fecero sentire la vittoria
in pugno, poi una visione: L’oro del Reno; Xena e Grindl; l’anello;
Grinilde che era tornata valchiria. Ebbe un attimo di esitazione e
disse: <Se Grindl è ritornata Grinilde, forse potrebbe ritornare
anche Hilda buona! Basterà solo sbarazzarsi dell’anello…>
Quell’attimo le fu però fatale, perché il mostro
capovolse la situazione, ingaggiando un corpo a corpo che la mise
in serie difficoltà: Ovunque sentiva arrivarsi calci e pugni,
insieme ai tagli che le provocavano sulla pelle gli artigli del mostro;
finché non ebbe il suo stesso sai puntato contro. Olimpia fissava
il mostro nei suoi occhi sanguinolenti: <Bradl! Bradl!! Perché
fai questo? Solo per vendetta? Perché non ti arrendi? Troveremo
una situazione tale da restituirti il tuo originario aspetto, e magari
anche la tua bontà!> <I buoni sono deboli!> Le urlò
contro il mostro, che con una maggiore concentrazione di forza nel
polso, conficcò il sai nell’addome di Olimpia.
<Ahhhhh!!> Gridò Olimpia mentre si accasciava definitivamente
al suolo. <Ahah haaaaa!!> la risata di Bradl risuonò
stridula e spaventosa rompendo la quiete del bosco, tanto che persino
a Xena, molti chilometri più avanti, parve di sentire qualcosa
di strano provenire dal bosco, ma poi tutto tacque.
Bradl si stava apprestando ad infierire sul corpo esanime di Olimpia,
quando dal cielo sembrò calare un luccichio, che in me che
non si dica si rivelò essere Brunilde. La valchiria scese da
cavallo e ingaggiò una rapida lotta contro Bradl, nella quale
gli fece saltare due delle quattro dita della mano destra, e un pezzo
consistente della possente coda. Il mostro decise di ritirarsi nelle
oscurità profonde del bosco da dove era venuto.
Brunilde cercò di portare i primi soccorsi ad Olimpia, che
giaceva ormai incapace di muoversi in una pozza del suo stesso sangue,
togliendole dall’addome il suo stesso sai. Le si chinò
su preoccupata, coprendola col suo mantello e dicendole: <Olimpia!
Olimpia!! Mi senti? Non ti addormentare, cerca di rimanere sveglia,
ti porto al castello di Beawolf, là ti potranno curare, ma
ti prego, per favore, tu resisti, fallo per Xena!> Olimpia sembrò
udire solo quell’ultima parola e nel suo stato di coma riuscì
a malapena a dire con voce tenue e flebile: <Xena…> prima
di perdere conoscenza.
CAPITOLO 6
Xena era pronta per ritornare al castello di Beawolf e per dare spiegazioni
ad Olimpia su come aveva agito qualche ora prima, andandosene via
senza voler sentire storie, così, sistemava le redini di Argo
II; all’improvviso un nuovo lampo, questa volta celeste, squarciò
il velo del cielo. Ormai Xena non badava neppure più a quando
accadeva, tanto sapeva chi fosse a venirla a trovare, o almeno credeva
di sapere, finché una voce femminile alle sue spalle, non richiamò
la sua attenzione: <Xena…Xena ascoltami per favore…>
Così la guerriera si voltò e vide di fronte a lei la
valorosissima valchiria Grinilde che stava apprestandosi a scendere
da cavallo. Tale fu la sua sorpresa, che un guizzo di gioia le apparve
negli occhi, e le disse: <Ehi, Grinilde! Come te la passi? Ti trovo
in ottima for…ma> concluse la frase con le ultime parole
che le morirono in gola, capì che qualcosa non andava, nel
vedere l’espressione dell’amica corrucciata e tesa. Grinilde
aveva uno sguardo grave e preoccupato, cosa che Xena notò subito,
così le chiese facendosi seria, con voce cupa: <Grinilde…Cosa
è successo?> La commozione e lo sconforto parvero passare
per un attimo negli occhi della valchiria che divennero lucidi, ed
allora cominciò a parlare: <Xena vedi… devo dirti
una cosa. Ma prometti di contenerti e di non fare colpi di testa…>
<Avanti parla!> la incitò ansiosa Xena <Vedi…
è difficile da spiegare, per la verità non so pure da
dove cominciare, così ti dico solo quello che più importante:
Corri al palazzo di Beawolf: Olimpia sta morendo!> Il terrore passò
negli occhi della guerriera, era confusa, cercava spiegazioni, quella
frase: <Olimpia sta morendo…> l’aveva annientata,
la sua bocca non emetteva più suoni, non riusciva a parlare
neppure se lo avesse voluto… era caduta in uno shock tremendo.
Allora Grinilde le incalzò: <Xena, hai capito? Devi correre
al palazzo di Beawolf, Olimpia sta male… Forza, lascia Argo
qua, lo ricondurrà a casa una mia valchiria, sali sul mio cavallo
con me, faremo più presto!> Xena si limitò a dire
solo: <Olimpia? Cosa è successo alla mia Olimpia? Chi è
stato?> Poi Grinilde la scaraventò di forza sul suo cavallo
e riuscirono a librarsi in volo. Grinilde le disse: <Xena, devi
essere forte, e prepararti all’eventualità che Olimpia
possa anche non sopravvivere!> Xena scrollò la testa, per
scacciare via quel trauma, poi con voce più combattiva disse:
<Grinilde, dimmi cosa è successo! Dimmi chi è stato!>
La valchiria rispose: <Non lo so Xena, Brunilde mi ha chiesto di
correre da te per portarti questa notizia, ed io mi sono precipitata,
ma credo si possa immaginare chi è stato, se Olimpia è
ridotta male!> Gli occhi di Xena si spensero dell’amore che
provava per la sua compagna e si accesero di un nuovo sentimento:
vendetta! vendetta Contro quell’essere mostruoso chiamato Bradl.
In pochissimo tempo, Xena e Grinilde furono al castello; la guerriera
corse verso l’entrata, e poi di stanza in stanza con una furia
disperata, finché giunse alla sala del trono, nella quale,
Beawolf stava parlando con delle persone.
<Beawolf!> tuonò Xena: <Dov’è Olimpia?>
chiese poi con un tono disperato. Beawolf si congedò frettolosamente
da quelle persone e si avvicinò a Xena; non sapeva bene cosa
dirle, tanta era la confusione che in quel momento i suoi pensieri
facevano nella sua testa, così, prese l’amica per un
braccio e disse: <Xena…> e la guardò con un’aria
compassionevole. La guerriera, fissò il suo sguardo in quello
dell’amico, e sembrò con gli occhi, supplicarlo di dirgli
dove si trovava la sua amica; così egli, percependo quell’implicita
richiesta le disse: <Vieni Xena, seguimi!>
In pochissimo tempo, i due arrivarono in una cameretta poco distante
da quella del guaritore di corte, aprirono la porta e vi entrarono.
Il primo a varcare quella soglia fu Beawolf, seguito a ruota da Xena,
che scorse subito un giaciglio fatto di paglia e fieno, sul quale
erano stese delle lenzuola; sulle lenzuola era adagiata mollemente
la sua Olimpia, coperta da un lenzuolo, con il capo fasciato, ed anche
la spalla ferita fasciata, con una fasciatura che le arrivava fin
sul braccio, che aveva fuori dalla coltre. Accanto a lei, vi era Brunilde
che la teneva per mano.
Quella scena straziò il cuore di Xena, che si sentì
talmente impotente da desiderare piuttosto che fosse accaduto a lei
trovarsi nella situazione in cui si trovava ora Olimpia: combattere
tra la vita e la morte.
Fece il suo ingesso nella stanza anche Grinilde che notò lo
stesso spettacolo di Xena, e presa da una stretta al cuore per l’amica,
le mise una mano sulla spalla.
Le lacrime cominciarono a riempire il volto della guerriera che a
poco a poco si avvicinaò al giaciglio, scotendo la testa, nella
speranza che tutto ciò fosse solo un brutto sogno. Brunilde
si voltò e le disse: <Xena…> e subito lasciò
andare la mano di Olimpia, per alzarsi e far posto alla guerriera.
Xena si sedette sul bordo di quel giaciglio, carezzò in lacrime
il capo, poi il volto della ragazza, era tumefatto e livido, sconvolto
dai segni della sofferenza. Aveva il corpo ricoperto di graffi, escoriazioni,
e poi, la ferita più grave, quella fra tutte letale, il profondo
taglio nell’addome. Deglutendo a fatica, per mandare giù
quel groppo che le si era formato in gola, Xena chiese con un filo
di voce: <Come l’ hanno potuta ridurre così? Chi è
stato?> Di tutti i presenti, l’unica che sapeva come i fatti
fossero realmente andati, era Brunilde, che con voce sommessa e rassegnata
al peggio cominciò a raccontare: <Vedi Xena…Tutto
è cominciato quando tu sei corsa via come una furia dal castello.
Olimpia mi aveva detto che non avrebbe più voluto vedermi per
nessun motivo, perché io ero sempre causa di litigi tra di
voi, così, arrabbiata con me, e preoccupata per te, andò
ad aspettarti in camera vostra. Si fece molto tardi e non ti vide
arrivare, cosicché scese e si mise ad aspettare il tuo rientro
alle porte del palazzo con Beawolf… un rientro che non avvenne…era
preoccupata per tua sorte, dato anche l’avvicinarsi di Bradl
sempre di più al regno di Beawolf. Decise di venirti a cercare,
nonostante i ripetuti avvertimenti e le opposizioni di Beawolf, così,
in un gesto estremo disse a Beawolf che non poteva lasciarti da sola,
perché sia nel bene che nel male vi siete sempre sostenute
a vicenda, e quell’occasione non faceva eccezione. Era arrivata
notizia al re, che Bradl era stato avvistato al passo di Turpaj, così
essendo il mostro vicinissimo al regno, Beawolf doveva organizzare
le difese, mentre Olimpia si mise alla tua ricerca, solo che…>
Xena tirò un respirone e continuò pensierosa, serrando
i pugni sulle gambe: <Il mostro fu attirato da qualcosa che si
muoveva nel bosco e dal passo di Turpaj si recò frettoloso
nel bosco…> Brunilde anticipandola: <E trovò Olimpia
con la quale ingaggiò una furente lotta e…> Brunilde
si fermò, sospirò e ultimò: <Il resto puoi
ben vederlo…> Xena si voltò verso la sua amica e le
prese la mano fra le sue; sentiva il contatto con quella piccola mano
fredda e quasi rigida, così cominciò a massaggiarla.
Brunilde disse chiudendo gli occhi, facendo fatica a ricordare ancora
una volta quel pessimo momento: <Sono accorsa appena mi sono accorta
di quella situazione, ho combattuto contro Bradl, credo di avergli
staccato qualche dito, ma ero sotto shock, quindi non ne sono sicura…e
quando ho messo in fuga il mostro, e sono corsa a soccorrerla: l’
ho trovata distesa inerme a faccia verso il basso in una pozza di
sangue, con il suo sai conficcato nell’addome…Xena, c’era
sangue ovunque…> Quelle parole si fermarono per qualche attimo
nella testa di Xena: <…C’era sangue ovunque…>
Il sangue della sua Olimpia piccola guerriera, che con tanta dedizione
e coraggio, incurante dei pericoli che poteva correre, si era arrischiata
nelle tenebre e in Bradl, per venirla a cercare, sicuramente per fare
pace… Si sentiva un verme, di una meschinità fuori dall’ordinario,
col più che aveva anche pensato per un attimo di tornare, ma
il suo orgoglio e la sua pigrizia avevano vinto sul suo buon senso.
Ed ora era lì a piangere sul corpo martoriato della compagna.
<Tutta questa situazione è successa solo per colpa mia!>
Pensò Xena. La sua testa stava già cominciando ad elaborare
tutti i possibili piani di vendetta, quando, fra i tanti cominciò
a prendere in considerazione anche la proposta di Odino, che gli sembrò
l’unica cosa ragionevole in quel contesto di collettiva pazzia..Improvvisamente
nella stanza riecheggiò un suo urlo: <Bradl! Me la pagherai!!
Ti farò male il doppio di quello che tu hai fatto a Olimpia!
Infierirò sul tuo corpo morente!> Poi un altro urlo: <Ahhhhh!
Olimpia!!> La guerriera sembrò essersi sfogata del tutto.
Il suo sguardo tornò ad essere inespressivo come quello di
pochi attimi prima e disse tristemente ai presenti: <Lasciatemi
cercare di curare prima Olimpia, poi vi prometto che unendo le nostre
forze massacreremo quel mostro e libereremo la Scandinavia da quella
calamità.>
Beawolf si schiarì la voce, fece qualche passo in avanti, aprendosi
un varco tra le due valchirie, poi raggiunse Xena, e le disse addolorato:
<Sinceramente Xena, credo tu possa fare ben poco per curarla…>
Xena intanto si affaccendava a sbendare le parti ferite dell’amica,
e le sollevò la coltre, notando che la ferita all’addome
era stata disinfettata e cicatrizzata, ma non ricucita. <Xena,
il mio curatore ha fatto il possibile per guarirla, ma ha perso moltissimo
sangue… è allo stremo… potrebbe non superare la
notte…> Xena arrabbiandosi disse: <Vuoi stare zitto? Il
tuo curatore ha provato coi suoi metodi, ora provo io con i miei,
e pretendo di ricucirle i lembi di pelle della ferita! Deve resistere,
non può morire! Devo spalmarle un unguento lenitivo!> <Xena…
è già stato fatto! Devi rassegnarti!> incalzò
Beawolf. La guerriera gli urlò contro: <No! Io farò
tutto il possibile…> <Xena, è già stato
fatto tutto il possibile!> intervenne risoluta Brunilde. A quel
punto la guerriera si rassegnò, ammettendo che non c’era
più nulla da fare, e nella disperazione chinò il capo
sull’addome ferito della compagna: <Perché…
Perché! Siamo state così tanto tempo insieme, abbiamo
condiviso così tanto… Olimpia tu non puoi andartene proprio
ora!> ed irruppe in un pianto a dirotto. Grinilde richiamò
a se il re e l’altra valchiria, dicendo loro, che forse era
meglio se Xena fosse rimasta un po’ da sola con Olimpia.
Senza dire nulla e nel silenzio più tombale, i tre uscirono
dalla stanza chiudendo piano la porta dietro di loro.
Xena prese ago e filo da un mobiletto sul quale erano appoggiati degli
strumenti, e cominciò a ricucire con infinita pazienza e fermezza,
la ferita addominale di Olimpia a punti stretti e molto piccoli, perché
se casomai avesse vinto la sua battaglia contro la morte, voleva che
si vedesse sfregiata il meno possibile.
Appena ebbe finito, disinfettò ulteriormente quella ferita
e stette a guardare la sua amica, ancora esanime. <Non posso credere
che sia successo proprio a te piccola Olimpia…Avevo giurato
di proteggerti, ed invece? Guarda come ti ha ridotta…> pensava
Xena, che aveva gli occhi che le pungevano dal pianto. < Sai, sto
male! Sto male perché io non c’ero in quel momento…
sto male perché tu eri sicuramente uscita a far pace con me,
non avrei mai pensato di veder finire i tuoi giorni così…>
Dai suoi zaffiri caddero due grossi lacrimoni, e cominciò a
piangere. Prese la mano della compagna per tastarle il polso: Il suo
battito si affievoliva sempre di più, era un pessimo segno.
Così Xena le spostava le ciocche di capelli che le cadevano
sui lividi e parlava: <Sei così debole…perché
stai cedendo la tua vita alla morte? E a me non pensi? Come faccio
io a rimanere senza di te? Sarei sola al mondo e non avrei più
pace per quanto è accaduto…Sarei fragile e vulnerabile,
perché non avrei più accanto la mia guida, la mia vera
forza interiore…> Si chinò verso di Olimpia e le diede
un bacio sul capo, poi cercò di farla alzare, per stringerla
tra le proprie braccia. <Per favore, sono sicura che tu mi puoi
sentire, cerca di combattere Olimpia! Abbiamo ancora così tante
cose da fare, così tanti progetti da realizzare…Sai,
stavo pensando che magari ci saremo potute fermare in un villaggio,
e condurre per un po’ la nostra vita senza battaglie. Avremmo
potuto riprenderci quel vecchio capanno in mezzo alla campagna, appartenuto
ai miei nonni, l’avremmo potuto rimettere a nuovo e vivere per
un po’ in campagna, tra agricoltura, allevamento, e magari anche
pesca… come due normalissime donne, che decidono di invecchiare
insieme dopo una vita senza fissa dimora… Che dici, potremmo
chiederlo anche ad Evi, chissà, magari riusciamo a convincerla
a venire…Ci pensi? Potremo ricostruire per un po’ la famiglia,
e magari, visto che manchiamo da Anfipoli da molto tempo, potremmo
anche andare ad aiutare Toris alla locanda, come avresti sempre voluto
fare…> E mentre diceva questo stringeva sempre di più
al petto la sua compagna. La principessa guerriera sembrava piangere
come una bambina, si sentiva indifesa al solo pensiero di non avere
più la sua amica al suo fianco, così due lacrime più
grosse delle altre, come perle di dolore sgorgarono dai suoi occhi,
per cadere sul volto della compagna. <Umhh umhh> sentì
mugugnare quasi impercettibilmente, e scostò il capo della
compagna dal suo petto. Olimpia aprì gli occhi per un attimo
e la vide accanto a se, così le parlò: <Xena…Xena
non piangere!> La principessa guerriera cercò di sorriderle
dicendo: <Va tutto bene, non preoccuparti! Piuttosto tu cerca di
non sforzarti troppo!> Olimpia rise amaramente consapevole della
situazione precaria in cui si trovava e le rispose: <Oh non preoccuparti:
Non sento più nulla…non riesco a percepire neppure più
il dolore di un graffio…> le disse con una serenità
disarmante. Xena fu spaventata da quell’affermazione, perché
capì che tra non molto la sua amica l’avrebbe lasciata
definitivamente. Olimpia chiuse gli occhi, raccolse tutte le sue ultime
energie e parlò: <Xena, ti ricordi quando mi insegnasti
il pinch in Giappone?…> Xena si asciugò le lacrime,
mise a fuoco la scena nella sua mente, poi annuì. Olimpia allora
proseguì: <Se avessi solo pochi attimi di vita, la passerei
tutti guardandoti negli occhi!> La principessa guerriera di nuovo
ripiombò in un pianto disperato. Con moltissima fatica Olimpia
alzò il braccio verso il viso della guerriera, e passandole
un dito sotto agli occhi, le asciugò le lacrime. Xena afferrò
quella mano e la baciò, per poi stringerla a se. Olimpia disse:
<Promettimi che quando non ci sarò più non cadrai
di nuovo in quella spirale di odio e violenza in cui eri prima di
incontrarmi. Se vuoi onorare la mia memoria, fallo combattendo per
il bene, come hai sempre fatto!> <Piccola Olimpia sei la più
valorosa guerriera che io conosca. Sei stata la mia salvezza, l’unico
appiglio prima di cadere nel più profondo dei baratri. Hai
dato nuovo senso alla mia vita! Sei la persona più importante
della mia vita!>
Mentre diceva ciò, fu presa dalla commozione, così,
per non preoccupare ulteriormente l’amica, distolse lo sguardo
dai due smeraldi che stavano a poco a poco spegnendosi, e cercò
di ultimare quel difficile discorso. Si accorse troppo tardi però,
che Olimpia aveva già chiuso gli occhi, pensava fosse realmente
finita quando un’ultima frase echeggiò flebile nell’aria:
<Xena…io… t..voglio tanto b..bene!> E dettò
questo si spense. Il capo le si adagiò mollemente sul petto
della guerriera, come tutto il resto del corpo si rilassò divenendo
di colpo più pesante, e anche l’ultimo soffio di vita
l’abbandonò.
Xena la strinse forte, per un’ultima volta a se, stette incredula
a guardarla. Non riusciva a capacitarsi di aver perso di colpo la
cosa più importante della sua vita, senza averle neppure potuto
dire un’ultima volta che le voleva tanto bene… Appoggiò
il capo di Olimpia sul cuscino e ricompose la spoglia, stette per
molti interminabili minuti a guardarla, sentendo contemporaneamente
il suo cuore straziarsi sempre di più, si alzò all’impiedi
e le sfiorò delicatamente i contorni degli zigomi, la fronte,
carezzò le bionde ciocche di capelli…<Sembra che stia
dormendo…> pensava tra se e se, e si inginocchiò ancora
sussurrandole nell’orecchio: <Sveglia dormigliona!> come
faceva tutte le mattine per svegliarla. <Sveglia dormigliona!>
con un tono un po’ più grave, ed ancora <Sveglia dormigliona!>
con un tono disperato e in lacrime. Si alzò, sbatté
le mani sul mobiletto e urlò: <Sveglia dormigliona!!>
scaraventando in un gesto di irrefrenabile rabbia, il mobiletto più
lontano che poteva e facendo cadere tutti gli strumenti in terra.
di
Bard and Warrior
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il racconto