episodio n. 11
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Intanto Olimpia, non vedendo tornare la sua amica, scese dalla stanza, per aspettarla fuori al palazzo; fu raggiunta subito da Beawolf, che avendo visto l’amica in difficoltà, le era rimasto accanto. <Basta, ho deciso: Questa attesa mi strazia! Io vado a cercarla!> <No! Ma sei uscita di senno? Non puoi avventurarti da sola nel bosco di notte!> la rimproverò preoccupato Beawolf parandosi davanti a lei. <Forse non hai capito: Xena è fuori da molto tempo ormai, devo andare a vedere se gli è successo qualcosa, devo assicurarmi che sta bene e che non ha bisogno di me!> gli urlò contro Olimpia allarmata. Il re dei geati le disse: <Capisco ma…> <Niente ma Beawolf. Vado a sellare il mio cavallo e parto per cercarla! Ho deciso!!> Beawolf la trattenne ancora: <Olimpia! Olimpia!! Smettila di preoccuparti di come stia Xena. E’ una guerriera! E’ adulta e responsabile! Saprà cavarsela sicuramente meglio di noi due messi insieme!!> Olimpia rispose: <Non ha importanza: Il mio posto è vicino a lei!> Beawolf si arrese di fronte a tanta testardaggine e disse: <Sei proprio una testa dura! Allora verrò anche io!> In quel preciso istante, una notizia inattesa sconvolse immediatamente i piani del re; Wilbur corse verso Beawolf dicendogli: <Beawolf, i contadini lo hanno avvistato, Bradl sa che Xena è qui è la vuole! Però vuole prima distruggere la nostra città! Sta venendo verso di noi dalla parte del passo del Turpaj… Dobbiamo organizzare le difese!> Olimpia sentendo ciò gli disse: <Ascolta il giovane saggio Wilbur, tuo fedele amico, vai con lui ad organizzare le difese della tua città; io andrò a cercare Xena, non ti preoccupare non starò via molto. E poi il passo di Turpaj è esattamente dalla parte opposta del bosco! Su va, non perdete tempo!> Olimpia lo rassicurò, e Beawolf le disse, prima di lasciarla andare: <Sta attenta, ti prego!> Olimpia annuì ed entrò nella stalla. Qualche attimo dopo partì alla ricerca di Xena sfrecciando con il suo cavallo nella notte, e squarciando i veli di oscurità che avvolgevano il bosco. Beawolf la vide partire dalla finestra della sala del trono e le disse: <Che gli Asi ti proteggano Olimpia!>
La foresta era spaventosa, quella sera specialmente, o forse era solo la suggestione del bardo che procedeva a piedi, a passi felpati nel bosco, con le redini del suo cavallo strette in mano. <Avevo promesso a Beawolf di non avventurarmi troppo nel bosco, ed invece…Maledizione: Ho perso la strada! Xena, ma dove sei?> rifletté Olimpia. La donna procedeva quasi a tentoni nell’oscurità che sembrava avvolgerla sempre di più. Nessun uccello si sentiva fischiare e nessun insetto frinire, ma Olimpia era sicura che non era solo a causa del freddo rigido… solo a tratti qualche verso lontano di una civetta, rompeva lugubremente il silenzio di quella notte: <Taci uccellaccio del malaugurio!> pensò fra se e se, ed ogni secondo che passava in più in quel bosco, le faceva crescere dentro la paura. Decisa e risoluta pensò che non doveva cedere proprio adesso, e che dato che quel bosco era un rettilineo, sarebbe pur dovuto finire, <Si, ma quando?> si chiedeva. Urtò improvvisamente contro qualcosa che calpestò ripetutamente; nell’oscurità non riusciva assolutamente a capire di cosa si trattasse, ma era qualcosa di duro, di lungo. Fece una rudimentale fiaccola e cercò di accenderla meglio che poteva, e solo con quella fioca luce, si accorse del raccapricciante spettacolo in cui era incappata: C’erano ossa sparse lungo tutto il sentiero, e questo le fece gelare il sangue nelle vene, era tentata di lanciare un urlo, ma si ricompose e pensò: <Forse sono solo ossa di animali, ed in tal caso…> poi si avvicinò a quell’osso che aveva calpestato lo osservò, lo rigirò con un sai che intanto aveva sfoderato dal suo stivale, lo osservò in ogni suo più minuzioso particolare, per poi sentire il respiro fermarsi, la gola seccarsi e il terrore crescere sempre più dentro lei: <E’ un femore…Sono ossa umane!>
Senza avere il benché minimo momento per capire, si alzò scattando all’indietro, strinse di più le redini del suo cavallo e cercò di calmarsi, ma non si accorse che dai cespugli dietro di lei, qualcosa stava movendosi. Il suo cavallo, come tutti gli animali, più sensibile alle situazioni di pericolo rispetto a lei, fuggì via terrorizzato, e lei non ebbe neppure il tempo di richiamarlo, che si trovò conficcato un artiglio nella carne della spalla sinistra. <Arghh!> Esclamò Olimpia, senza riuscire a vedere chi, o cosa l’avesse colpita nell’oscurità. Il dolore le fece perdere l’equilibrio, la fiaccola cadde accesa qualche metro più in la, e lei si accorse di avere un taglio molto profondo dal quale sgorgava copioso, il sangue. Cercò di rimettersi in piedi, ma di nuovo fu colpita all’addome con un pugno che senti perforarle per un attimo la gabbia toracica, che la ridusse in ginocchio, ancora fu percossa violentemente al volto, con un colpo di forza inaudita. Non ebbe il tempo di pensare, che di nuovo il pugno affondò sull’altra gota, mentre una mano possente l’afferrò per la gola comprimendola più forte che poteva, e ad Olimpia mancava quasi il respiro. Improvvisamente quella mano si staccò, lasciando sulla gola di Olimpia dei vistosi segni rossi. Tutto sembrò ripiombare nella calma, ma Olimpia vide un cespuglio muoversi, allora gli gridò contro: <Chi sei? Fatti vedere se hai il coraggio!> Una voce roca le rispose dal cespuglio: <Olimpia…Sono il tuo peggiore incubo!> Una smorfia di terrore si disegnò sul volto di Olimpia che sgranò gli occhi ed esclamò: <Bradl!> Il mostro ironico le rispose: <Oh!! Ma che perspicace che sei! Ora capisco perché la tua principessa guerriera ti vuole sempre al suo fianco…Sei così arguta…così integerrima, così maledettamente buona e sensibile…Oh, che schifo! La tua mitezza mi fa quasi vomitare! Solo una rammollita come Xena, poteva prenderti sotto la protezione delle sue ali!> Olimpia, che cercò di alzarsi in piedi meglio che poteva, tornò ad avere la determinazione negli occhi, ma anche tanta preoccupazione per la sua compagna: <Xena! Dov’è Xena! Cosa le hai fatto!> e Bradl: <Oh, non lo so, veramente non ho ancora avuto modo di salutare la mia vecchia carissima amica…Ma tanto credo che la vedrò presto, specialmente se le uccido la sua amichetta!> Olimpia, cercò di scappare, ma una frusta, o forse solo un orribile coda, la afferrò dai cespugli e la scaraventò a terra: <Non andare via, mi sento tanto solo… ed ho ancora un po’ di fame…> Olimpia inorridita guardò quei poveri resti sparsi sul terreno, e rabbrividì… Bradl continuò: <Perché non ti fermi un po’ a giocare con me? Oh, forse hai intuito che il giocattolino sei tu… Peccato che Xena non sia qui a godersi lo spettacolo… Ma tanto o uccido prima te, o prima lei, non credo faccia molta differenza: Comunque perirete entrambe!> E così dicendo cominciò ad uscire dall’oscurità per manifestarsi al bardo e per compiere quel che un attimo prima aveva annunciato. Olimpia capì che la situazione stava precipitando e che presto avrebbe dovuto combattere, o quanto meno difendersi per non soccombere a quel mostro; cercò di prendere con il braccio sano il sai dallo stivale, e di mettersi in posizione di attacco. <Oh, giochiamo ai piccoli guerrieri stasera…Bellissimo gioco, uno dei miei preferiti…Ma sai che faccio ai guerrieri come te?…> Il mostro uscì allo scoperto ed Olimpia poté vederlo: Era orrendo, alto e massiccio, ricoperto da orribili squame, con una testa enorme ed un corpo snello e slanciato, Al termine dei quattro arti, aveva affilatissimi artigli aguzzi come lame di spade, gli occhi rossi e la bocca sporca ancora di sangue delle sue precedenti vittime. Bradl continuò: <…I guerrieri come te, li smembro e mangio per prima cosa il loro cuore! Il tuo dovrebbe essere molto dolce!> Olimpia mandò giù a fatica la saliva che le si era accumulata in bocca, ma non riusciva a deglutire bene, tanta era la paura che le stringeva la gola. <Ma che bei giocattolini appuntiti…Non ti farai troppo male se per sbaglio… dovessero conficcarsi nel tuo petto?> disse stuzzicandola Bradl, riferendosi ai sais che Olimpia teneva puntati contro di lui. Olimpia passò dunque all’attacco, prese il coraggio a due mani, e con il sai cominciò a menare fendenti nell’aria, mentre parava alla meglio i colpi degli artigli di Bradl. <Sei molto brava piccola guerriera, sei degna della scuola di Xena, ma che faresti se ti dicessi che ho intenzione di appendermi la testa di Xena nella mia caverna come cimelio più prezioso di battaglia?> Olimpia tornò un attimo dietro nel tempo, quando in Giappone, dovette ricomporre il corpo pietosamente esanime della sua amica barbaramente trucidata, e si rese conto che era un qualcosa di veramente macabro il piano di Bradl, così con più determinazione, cercò l’affondo che ottenne: <Ahhhh!> Olimpia gridò infilzando il suo sai nello stomaco del mostro che subito cominciò a sanguinare, poi passò al contrattacco: Cominciò a sferrare una potente raffica di pugni e calci che per un momento le fecero sentire la vittoria in pugno, poi una visione: L’oro del Reno; Xena e Grindl; l’anello; Grinilde che era tornata valchiria. Ebbe un attimo di esitazione e disse: <Se Grindl è ritornata Grinilde, forse potrebbe ritornare anche Hilda buona! Basterà solo sbarazzarsi dell’anello…> Quell’attimo le fu però fatale, perché il mostro capovolse la situazione, ingaggiando un corpo a corpo che la mise in serie difficoltà: Ovunque sentiva arrivarsi calci e pugni, insieme ai tagli che le provocavano sulla pelle gli artigli del mostro; finché non ebbe il suo stesso sai puntato contro. Olimpia fissava il mostro nei suoi occhi sanguinolenti: <Bradl! Bradl!! Perché fai questo? Solo per vendetta? Perché non ti arrendi? Troveremo una situazione tale da restituirti il tuo originario aspetto, e magari anche la tua bontà!> <I buoni sono deboli!> Le urlò contro il mostro, che con una maggiore concentrazione di forza nel polso, conficcò il sai nell’addome di Olimpia.
<Ahhhhh!!> Gridò Olimpia mentre si accasciava definitivamente al suolo. <Ahah haaaaa!!> la risata di Bradl risuonò stridula e spaventosa rompendo la quiete del bosco, tanto che persino a Xena, molti chilometri più avanti, parve di sentire qualcosa di strano provenire dal bosco, ma poi tutto tacque.
Bradl si stava apprestando ad infierire sul corpo esanime di Olimpia, quando dal cielo sembrò calare un luccichio, che in me che non si dica si rivelò essere Brunilde. La valchiria scese da cavallo e ingaggiò una rapida lotta contro Bradl, nella quale gli fece saltare due delle quattro dita della mano destra, e un pezzo consistente della possente coda. Il mostro decise di ritirarsi nelle oscurità profonde del bosco da dove era venuto.
Brunilde cercò di portare i primi soccorsi ad Olimpia, che giaceva ormai incapace di muoversi in una pozza del suo stesso sangue, togliendole dall’addome il suo stesso sai. Le si chinò su preoccupata, coprendola col suo mantello e dicendole: <Olimpia! Olimpia!! Mi senti? Non ti addormentare, cerca di rimanere sveglia, ti porto al castello di Beawolf, là ti potranno curare, ma ti prego, per favore, tu resisti, fallo per Xena!> Olimpia sembrò udire solo quell’ultima parola e nel suo stato di coma riuscì a malapena a dire con voce tenue e flebile: <Xena…> prima di perdere conoscenza.


CAPITOLO 6

Xena era pronta per ritornare al castello di Beawolf e per dare spiegazioni ad Olimpia su come aveva agito qualche ora prima, andandosene via senza voler sentire storie, così, sistemava le redini di Argo II; all’improvviso un nuovo lampo, questa volta celeste, squarciò il velo del cielo. Ormai Xena non badava neppure più a quando accadeva, tanto sapeva chi fosse a venirla a trovare, o almeno credeva di sapere, finché una voce femminile alle sue spalle, non richiamò la sua attenzione: <Xena…Xena ascoltami per favore…> Così la guerriera si voltò e vide di fronte a lei la valorosissima valchiria Grinilde che stava apprestandosi a scendere da cavallo. Tale fu la sua sorpresa, che un guizzo di gioia le apparve negli occhi, e le disse: <Ehi, Grinilde! Come te la passi? Ti trovo in ottima for…ma> concluse la frase con le ultime parole che le morirono in gola, capì che qualcosa non andava, nel vedere l’espressione dell’amica corrucciata e tesa. Grinilde aveva uno sguardo grave e preoccupato, cosa che Xena notò subito, così le chiese facendosi seria, con voce cupa: <Grinilde…Cosa è successo?> La commozione e lo sconforto parvero passare per un attimo negli occhi della valchiria che divennero lucidi, ed allora cominciò a parlare: <Xena vedi… devo dirti una cosa. Ma prometti di contenerti e di non fare colpi di testa…> <Avanti parla!> la incitò ansiosa Xena <Vedi… è difficile da spiegare, per la verità non so pure da dove cominciare, così ti dico solo quello che più importante: Corri al palazzo di Beawolf: Olimpia sta morendo!> Il terrore passò negli occhi della guerriera, era confusa, cercava spiegazioni, quella frase: <Olimpia sta morendo…> l’aveva annientata, la sua bocca non emetteva più suoni, non riusciva a parlare neppure se lo avesse voluto… era caduta in uno shock tremendo. Allora Grinilde le incalzò: <Xena, hai capito? Devi correre al palazzo di Beawolf, Olimpia sta male… Forza, lascia Argo qua, lo ricondurrà a casa una mia valchiria, sali sul mio cavallo con me, faremo più presto!> Xena si limitò a dire solo: <Olimpia? Cosa è successo alla mia Olimpia? Chi è stato?> Poi Grinilde la scaraventò di forza sul suo cavallo e riuscirono a librarsi in volo. Grinilde le disse: <Xena, devi essere forte, e prepararti all’eventualità che Olimpia possa anche non sopravvivere!> Xena scrollò la testa, per scacciare via quel trauma, poi con voce più combattiva disse: <Grinilde, dimmi cosa è successo! Dimmi chi è stato!> La valchiria rispose: <Non lo so Xena, Brunilde mi ha chiesto di correre da te per portarti questa notizia, ed io mi sono precipitata, ma credo si possa immaginare chi è stato, se Olimpia è ridotta male!> Gli occhi di Xena si spensero dell’amore che provava per la sua compagna e si accesero di un nuovo sentimento: vendetta! vendetta Contro quell’essere mostruoso chiamato Bradl.

In pochissimo tempo, Xena e Grinilde furono al castello; la guerriera corse verso l’entrata, e poi di stanza in stanza con una furia disperata, finché giunse alla sala del trono, nella quale, Beawolf stava parlando con delle persone.
<Beawolf!> tuonò Xena: <Dov’è Olimpia?> chiese poi con un tono disperato. Beawolf si congedò frettolosamente da quelle persone e si avvicinò a Xena; non sapeva bene cosa dirle, tanta era la confusione che in quel momento i suoi pensieri facevano nella sua testa, così, prese l’amica per un braccio e disse: <Xena…> e la guardò con un’aria compassionevole. La guerriera, fissò il suo sguardo in quello dell’amico, e sembrò con gli occhi, supplicarlo di dirgli dove si trovava la sua amica; così egli, percependo quell’implicita richiesta le disse: <Vieni Xena, seguimi!>
In pochissimo tempo, i due arrivarono in una cameretta poco distante da quella del guaritore di corte, aprirono la porta e vi entrarono. Il primo a varcare quella soglia fu Beawolf, seguito a ruota da Xena, che scorse subito un giaciglio fatto di paglia e fieno, sul quale erano stese delle lenzuola; sulle lenzuola era adagiata mollemente la sua Olimpia, coperta da un lenzuolo, con il capo fasciato, ed anche la spalla ferita fasciata, con una fasciatura che le arrivava fin sul braccio, che aveva fuori dalla coltre. Accanto a lei, vi era Brunilde che la teneva per mano.
Quella scena straziò il cuore di Xena, che si sentì talmente impotente da desiderare piuttosto che fosse accaduto a lei trovarsi nella situazione in cui si trovava ora Olimpia: combattere tra la vita e la morte.
Fece il suo ingesso nella stanza anche Grinilde che notò lo stesso spettacolo di Xena, e presa da una stretta al cuore per l’amica, le mise una mano sulla spalla.
Le lacrime cominciarono a riempire il volto della guerriera che a poco a poco si avvicinaò al giaciglio, scotendo la testa, nella speranza che tutto ciò fosse solo un brutto sogno. Brunilde si voltò e le disse: <Xena…> e subito lasciò andare la mano di Olimpia, per alzarsi e far posto alla guerriera. Xena si sedette sul bordo di quel giaciglio, carezzò in lacrime il capo, poi il volto della ragazza, era tumefatto e livido, sconvolto dai segni della sofferenza. Aveva il corpo ricoperto di graffi, escoriazioni, e poi, la ferita più grave, quella fra tutte letale, il profondo taglio nell’addome. Deglutendo a fatica, per mandare giù quel groppo che le si era formato in gola, Xena chiese con un filo di voce: <Come l’ hanno potuta ridurre così? Chi è stato?> Di tutti i presenti, l’unica che sapeva come i fatti fossero realmente andati, era Brunilde, che con voce sommessa e rassegnata al peggio cominciò a raccontare: <Vedi Xena…Tutto è cominciato quando tu sei corsa via come una furia dal castello. Olimpia mi aveva detto che non avrebbe più voluto vedermi per nessun motivo, perché io ero sempre causa di litigi tra di voi, così, arrabbiata con me, e preoccupata per te, andò ad aspettarti in camera vostra. Si fece molto tardi e non ti vide arrivare, cosicché scese e si mise ad aspettare il tuo rientro alle porte del palazzo con Beawolf… un rientro che non avvenne…era preoccupata per tua sorte, dato anche l’avvicinarsi di Bradl sempre di più al regno di Beawolf. Decise di venirti a cercare, nonostante i ripetuti avvertimenti e le opposizioni di Beawolf, così, in un gesto estremo disse a Beawolf che non poteva lasciarti da sola, perché sia nel bene che nel male vi siete sempre sostenute a vicenda, e quell’occasione non faceva eccezione. Era arrivata notizia al re, che Bradl era stato avvistato al passo di Turpaj, così essendo il mostro vicinissimo al regno, Beawolf doveva organizzare le difese, mentre Olimpia si mise alla tua ricerca, solo che…> Xena tirò un respirone e continuò pensierosa, serrando i pugni sulle gambe: <Il mostro fu attirato da qualcosa che si muoveva nel bosco e dal passo di Turpaj si recò frettoloso nel bosco…> Brunilde anticipandola: <E trovò Olimpia con la quale ingaggiò una furente lotta e…> Brunilde si fermò, sospirò e ultimò: <Il resto puoi ben vederlo…> Xena si voltò verso la sua amica e le prese la mano fra le sue; sentiva il contatto con quella piccola mano fredda e quasi rigida, così cominciò a massaggiarla. Brunilde disse chiudendo gli occhi, facendo fatica a ricordare ancora una volta quel pessimo momento: <Sono accorsa appena mi sono accorta di quella situazione, ho combattuto contro Bradl, credo di avergli staccato qualche dito, ma ero sotto shock, quindi non ne sono sicura…e quando ho messo in fuga il mostro, e sono corsa a soccorrerla: l’ ho trovata distesa inerme a faccia verso il basso in una pozza di sangue, con il suo sai conficcato nell’addome…Xena, c’era sangue ovunque…> Quelle parole si fermarono per qualche attimo nella testa di Xena: <…C’era sangue ovunque…> Il sangue della sua Olimpia piccola guerriera, che con tanta dedizione e coraggio, incurante dei pericoli che poteva correre, si era arrischiata nelle tenebre e in Bradl, per venirla a cercare, sicuramente per fare pace… Si sentiva un verme, di una meschinità fuori dall’ordinario, col più che aveva anche pensato per un attimo di tornare, ma il suo orgoglio e la sua pigrizia avevano vinto sul suo buon senso. Ed ora era lì a piangere sul corpo martoriato della compagna. <Tutta questa situazione è successa solo per colpa mia!> Pensò Xena. La sua testa stava già cominciando ad elaborare tutti i possibili piani di vendetta, quando, fra i tanti cominciò a prendere in considerazione anche la proposta di Odino, che gli sembrò l’unica cosa ragionevole in quel contesto di collettiva pazzia..Improvvisamente nella stanza riecheggiò un suo urlo: <Bradl! Me la pagherai!! Ti farò male il doppio di quello che tu hai fatto a Olimpia! Infierirò sul tuo corpo morente!> Poi un altro urlo: <Ahhhhh! Olimpia!!> La guerriera sembrò essersi sfogata del tutto. Il suo sguardo tornò ad essere inespressivo come quello di pochi attimi prima e disse tristemente ai presenti: <Lasciatemi cercare di curare prima Olimpia, poi vi prometto che unendo le nostre forze massacreremo quel mostro e libereremo la Scandinavia da quella calamità.>
Beawolf si schiarì la voce, fece qualche passo in avanti, aprendosi un varco tra le due valchirie, poi raggiunse Xena, e le disse addolorato: <Sinceramente Xena, credo tu possa fare ben poco per curarla…> Xena intanto si affaccendava a sbendare le parti ferite dell’amica, e le sollevò la coltre, notando che la ferita all’addome era stata disinfettata e cicatrizzata, ma non ricucita. <Xena, il mio curatore ha fatto il possibile per guarirla, ma ha perso moltissimo sangue… è allo stremo… potrebbe non superare la notte…> Xena arrabbiandosi disse: <Vuoi stare zitto? Il tuo curatore ha provato coi suoi metodi, ora provo io con i miei, e pretendo di ricucirle i lembi di pelle della ferita! Deve resistere, non può morire! Devo spalmarle un unguento lenitivo!> <Xena… è già stato fatto! Devi rassegnarti!> incalzò Beawolf. La guerriera gli urlò contro: <No! Io farò tutto il possibile…> <Xena, è già stato fatto tutto il possibile!> intervenne risoluta Brunilde. A quel punto la guerriera si rassegnò, ammettendo che non c’era più nulla da fare, e nella disperazione chinò il capo sull’addome ferito della compagna: <Perché… Perché! Siamo state così tanto tempo insieme, abbiamo condiviso così tanto… Olimpia tu non puoi andartene proprio ora!> ed irruppe in un pianto a dirotto. Grinilde richiamò a se il re e l’altra valchiria, dicendo loro, che forse era meglio se Xena fosse rimasta un po’ da sola con Olimpia.
Senza dire nulla e nel silenzio più tombale, i tre uscirono dalla stanza chiudendo piano la porta dietro di loro.
Xena prese ago e filo da un mobiletto sul quale erano appoggiati degli strumenti, e cominciò a ricucire con infinita pazienza e fermezza, la ferita addominale di Olimpia a punti stretti e molto piccoli, perché se casomai avesse vinto la sua battaglia contro la morte, voleva che si vedesse sfregiata il meno possibile.
Appena ebbe finito, disinfettò ulteriormente quella ferita e stette a guardare la sua amica, ancora esanime. <Non posso credere che sia successo proprio a te piccola Olimpia…Avevo giurato di proteggerti, ed invece? Guarda come ti ha ridotta…> pensava Xena, che aveva gli occhi che le pungevano dal pianto. < Sai, sto male! Sto male perché io non c’ero in quel momento… sto male perché tu eri sicuramente uscita a far pace con me, non avrei mai pensato di veder finire i tuoi giorni così…> Dai suoi zaffiri caddero due grossi lacrimoni, e cominciò a piangere. Prese la mano della compagna per tastarle il polso: Il suo battito si affievoliva sempre di più, era un pessimo segno. Così Xena le spostava le ciocche di capelli che le cadevano sui lividi e parlava: <Sei così debole…perché stai cedendo la tua vita alla morte? E a me non pensi? Come faccio io a rimanere senza di te? Sarei sola al mondo e non avrei più pace per quanto è accaduto…Sarei fragile e vulnerabile, perché non avrei più accanto la mia guida, la mia vera forza interiore…> Si chinò verso di Olimpia e le diede un bacio sul capo, poi cercò di farla alzare, per stringerla tra le proprie braccia. <Per favore, sono sicura che tu mi puoi sentire, cerca di combattere Olimpia! Abbiamo ancora così tante cose da fare, così tanti progetti da realizzare…Sai, stavo pensando che magari ci saremo potute fermare in un villaggio, e condurre per un po’ la nostra vita senza battaglie. Avremmo potuto riprenderci quel vecchio capanno in mezzo alla campagna, appartenuto ai miei nonni, l’avremmo potuto rimettere a nuovo e vivere per un po’ in campagna, tra agricoltura, allevamento, e magari anche pesca… come due normalissime donne, che decidono di invecchiare insieme dopo una vita senza fissa dimora… Che dici, potremmo chiederlo anche ad Evi, chissà, magari riusciamo a convincerla a venire…Ci pensi? Potremo ricostruire per un po’ la famiglia, e magari, visto che manchiamo da Anfipoli da molto tempo, potremmo anche andare ad aiutare Toris alla locanda, come avresti sempre voluto fare…> E mentre diceva questo stringeva sempre di più al petto la sua compagna. La principessa guerriera sembrava piangere come una bambina, si sentiva indifesa al solo pensiero di non avere più la sua amica al suo fianco, così due lacrime più grosse delle altre, come perle di dolore sgorgarono dai suoi occhi, per cadere sul volto della compagna. <Umhh umhh> sentì mugugnare quasi impercettibilmente, e scostò il capo della compagna dal suo petto. Olimpia aprì gli occhi per un attimo e la vide accanto a se, così le parlò: <Xena…Xena non piangere!> La principessa guerriera cercò di sorriderle dicendo: <Va tutto bene, non preoccuparti! Piuttosto tu cerca di non sforzarti troppo!> Olimpia rise amaramente consapevole della situazione precaria in cui si trovava e le rispose: <Oh non preoccuparti: Non sento più nulla…non riesco a percepire neppure più il dolore di un graffio…> le disse con una serenità disarmante. Xena fu spaventata da quell’affermazione, perché capì che tra non molto la sua amica l’avrebbe lasciata definitivamente. Olimpia chiuse gli occhi, raccolse tutte le sue ultime energie e parlò: <Xena, ti ricordi quando mi insegnasti il pinch in Giappone?…> Xena si asciugò le lacrime, mise a fuoco la scena nella sua mente, poi annuì. Olimpia allora proseguì: <Se avessi solo pochi attimi di vita, la passerei tutti guardandoti negli occhi!> La principessa guerriera di nuovo ripiombò in un pianto disperato. Con moltissima fatica Olimpia alzò il braccio verso il viso della guerriera, e passandole un dito sotto agli occhi, le asciugò le lacrime. Xena afferrò quella mano e la baciò, per poi stringerla a se. Olimpia disse: <Promettimi che quando non ci sarò più non cadrai di nuovo in quella spirale di odio e violenza in cui eri prima di incontrarmi. Se vuoi onorare la mia memoria, fallo combattendo per il bene, come hai sempre fatto!> <Piccola Olimpia sei la più valorosa guerriera che io conosca. Sei stata la mia salvezza, l’unico appiglio prima di cadere nel più profondo dei baratri. Hai dato nuovo senso alla mia vita! Sei la persona più importante della mia vita!>
Mentre diceva ciò, fu presa dalla commozione, così, per non preoccupare ulteriormente l’amica, distolse lo sguardo dai due smeraldi che stavano a poco a poco spegnendosi, e cercò di ultimare quel difficile discorso. Si accorse troppo tardi però, che Olimpia aveva già chiuso gli occhi, pensava fosse realmente finita quando un’ultima frase echeggiò flebile nell’aria: <Xena…io… t..voglio tanto b..bene!> E dettò questo si spense. Il capo le si adagiò mollemente sul petto della guerriera, come tutto il resto del corpo si rilassò divenendo di colpo più pesante, e anche l’ultimo soffio di vita l’abbandonò.
Xena la strinse forte, per un’ultima volta a se, stette incredula a guardarla. Non riusciva a capacitarsi di aver perso di colpo la cosa più importante della sua vita, senza averle neppure potuto dire un’ultima volta che le voleva tanto bene… Appoggiò il capo di Olimpia sul cuscino e ricompose la spoglia, stette per molti interminabili minuti a guardarla, sentendo contemporaneamente il suo cuore straziarsi sempre di più, si alzò all’impiedi e le sfiorò delicatamente i contorni degli zigomi, la fronte, carezzò le bionde ciocche di capelli…<Sembra che stia dormendo…> pensava tra se e se, e si inginocchiò ancora sussurrandole nell’orecchio: <Sveglia dormigliona!> come faceva tutte le mattine per svegliarla. <Sveglia dormigliona!> con un tono un po’ più grave, ed ancora <Sveglia dormigliona!> con un tono disperato e in lacrime. Si alzò, sbatté le mani sul mobiletto e urlò: <Sveglia dormigliona!!> scaraventando in un gesto di irrefrenabile rabbia, il mobiletto più lontano che poteva e facendo cadere tutti gli strumenti in terra.

di Bard and Warrior

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