<Xena sarà mia! Sarà in mio potere, e tu non potrai
fare nulla per aiutarla! La distruggerò sotto i tuoi occhi
come lei ha distrutto la mia bellezza e ha spezzato il mio cuore!>
<No! No! No!! Vai via dalla mia testa! Tu…Tu sei solo un
fantasma. Non ti conosco! Ch…chi sei?> Olimpia urlava nel
sonno, ansimava e si muoveva come un puledro imbizzarrito. Xena fu
svegliata da quel vociare, e da quei gesti inconsulti che la compagna
faceva agitando in aria le mani, come per cacciare via chissà
chi, così si ridestò, in tempo per sentire l’ultima
frase della frenesia della compagna: <Vai via!!>
Facendo ben attenzione a non svegliare la compagna che proprio allora
sembrava riaddormentata serenamente, Xena si alzò dal giaciglio
irritata, ma in cuor suo era anche dispiaciuta, era ormai da quando
era cominciata la storia della Scandinavia che Olimpia faceva di questi
sogni, straparlava durante il sonno; stava cominciando a temere seriamente
per la salute della sua amica, ed il peggio era che non sapeva se
il suo comportamento era dovuto alla botta presa in testa, o alle
parole dettele da quel mercenario che l’aveva assalita a Dicearchia.
Si rinfrescò dunque, cercando di trovare un modo per tranquillizzare
la compagna, anche se per primo il suo cuore,stavolta aveva paura,
paura dell’ignoto, di non poter affrontare qualcosa di molto
più grande di lei, qualcuno che fosse accecato dall’odio,
e che, neppure Odino, il capo del Wahlallah era riuscito a contrastare.
Urgeva un piano, un piano molto ben articolato.
Xena si pose sul giaciglio accanto a Olimpia, e togliendole la coperta
dalla faccia, disse tra se e se: <Se solo potessi parlare con Grinilde
sarebbe tutto più facile… Bisognerà collaborare
per spedire Hilda, o meglio Bradl nel tartaro, o nell’averno,
o all’inferno o… in qualsiasi altro posto, basta che sia
un aldilà!>
Si apprestò poi a svegliare la sua compagna, che dopo gli iniziali
insistenti richiami, si decise ad alzarsi. <Cavoli, ho dormito
bene!> Esclamò Olimpia alla compagna. Xena fece per un attimo
un’espressione perplessa: <Dormito bene??> si chiese tra
se e se, poi continuò: <Ma se non ha fatto altro che agitarsi
e schiamazzare… Vuoi vedere che forse non ricorda? Beh, se non
ricorda allora non è il caso che le racconti quello che ha
detto fino a qualche istante fa… la assecondo, così può
darsi che si preoccupa di meno…> Poi con un serafico sorriso
le disse: <Ti credo dormigliona! Hai tirato certi respironi! Come
va la testa?> Olimpia portò le mani alla fronte massaggiandosela:
<Fa ancora male, ma sento che sopravvivrò; è solo
che…> <Che cosa?> le chiese preoccupata la compagna.
Olimpia ebbe un repentino cambio d’umore, guardò il sole
tramontare oltre la finestra, era così bello, eppure sentiva
che qualcosa turbava lo spettacolo di quel pomeriggio. Era irrequieta,
non riusciva a darsi pace, ma non voleva farlo notare a Xena, non
voleva cominciare ancora con i suoi soliti discorsi di apprensione
nei suoi riguardi. Una voce dentro di lei le diceva: <Fidati di
Xena! Sai che se la cava sempre!> ma d’altra parte un’altra
voce: <Xena sarà mia! Tu la perderai!> <Cosa significherà
tutto questo?> si tormentava Olimpia. La barda fu scossa e riportata
alla realtà dalla voce della compagna, che appoggiatale una
mano sulla spalla, aveva cominciato a guardare il tramonto con lei
e a parlarle: <Posso sapere a che pensi?> Ridestata dal suo
vagare emotivo Olimpia le rispose: <N…No. Non penso a n...nulla..>
Xena tirando un sospiro disse: <E va bene! Ho capito! E’
evidente che qualcosa non va, ma non insisto visto, che non me lo
vuoi dire. Ma bada, che stai ricominciando a comportarti da sciocca
come quando ci siamo separate nel bosco. Comunque sarò io a
dire una cosa a te, allora: Sbrigati che dobbiamo andare a cena. Non
facciamo come nostro solito le ritardatarie!> Le disse più
ammonendo la compagna che se stessa, poi le tolse infastidita la mano
dalla spalla, e con evidente aria irritata ripose la spada nel suo
fodero dicendole: <Ti aspetto giù.> Olimpia si voltò
per vederla andare via, intuì che forse aveva detto, o anzi
taciuto ancora, qualcosa che Xena avrebbe dovuto sapere, ma ora non
era più il caso parlarne. Mentre chiudeva la porta Xena le
rivolse la parola: <Guarda che non sono più una bambina
da un pezzo ormai! Credo che ti ho dimostrato di saper badare sia
a me che a te, perciò non fissarti su inutili sogni e poco
attendibili presagi. Se fossi stata una veggente, a quest’ora
ti avrei portata a Delfi e ti avrei lasciata lì, ma tu non
ricordi neppure la cena di ieri sera, come puoi lasciarti andare a
dei presentimenti? Non mi accadrà nulla, e per tua sfortuna
dovrai venire ancora via con me… Si perché a questo punto
non so più se la cosa ti faccia piacere!> E senza dar tempo
all’amica di replicare, sbatté forte la porta dietro
di se. Olimpia rimasta sola sentì rimbombare nella sua testa
le parole di Xena: < Non mi accadrà nulla, e per tua sfortuna
dovrai venire ancora via con me… Si perché a questo punto
non so più se la cosa ti faccia piacere!> <Come puoi
pensare che non mi faccia piacere seguirti dopo che non ho fatto altro
per tutta la vita? A volte sei proprio cattiva ed ingiusta!> rispose
Olimpia a quelle parole.
Il banchetto in onore delle due eroine era cominciato; le persone
erano tutti per lo più dignitari di corte, principi e soldati,
quei pochi che erano rimasti uniti, e che combattevano per difendere
il Regno dei Geati; ma vi era anche qualche donna, qualche dama, oltre
alle ancelle che servivano le vivande a tavola e danzavano per i presenti
a tempo di musica cercando di far dimenticare per una sera, quei fatti
orribili che stavano sconvolgendo tutti.
Xena e Olimpia erano sedute vicine l’una all’altra, tuttavia,
nessuna delle due rivolse parola all’altra per tutta la serata.
Xena era profondamente seccata dal comportamento della compagna che
invece di parlare, stranamente si portava tutto dentro; ma era anche
troppo orgogliosa da voler ammettere a se stessa che forse stava sottovalutando
gli avvertimenti che le stava facendo l’amica. Olimpia dal canto
suo, era in evidente imbarazzo perché tutti i presenti, perfino
Beawolf e Wilbur si erano accorti che qualcosa tra lei e Xena andava
storto. E se stava sbagliando a rimanere chiusa sulle difensive? E
se invece di tacere ne avesse parlato con Xena? Dopotutto loro si
dicevano sempre tutto. Forse era lei che stava sopravvalutando i suoi
sogni e quei presentimenti; forse era giusto prenderla con coraggio
come faceva la sua amica guerriera…Quei pensieri, o forse la
giornata pesante, o forse ancora, il periodo difficile che stava affrontando
nel rapportarsi a Xena, fecero venire un improvviso attacco di ansia
ad Olimpia, che sentiva il respiro abbandonarla sempre di più,
finché, sotto gli occhi di tutti i presenti, non si alzò
congedandosi per correre fuori alla loggia, annessa al salone per
le cerimonie.
Xena seguì l’amica con lo sguardo finché non sparì
al di fuori della tenda, poi riprese a mangiare la zuppa, per riscaldarsi
un po’ le ossa, dato il clima estremamente rigido di quella
serata. Conversò con Beawolf: <Ci sono novità?>
gli chiese. Il re gli si avvicinò sussurrandole all’orecchio
per non far sentire ai presenti quanto critica fosse la situazione:
<No, nessuna. Ho inviato dei messaggeri nel regno di re Rothgar,
ma non credo ci aiuterà, anzi non credo che siano mai arrivati
a destinazione i messaggeri. Siamo troppo pochi Xena, troppo pochi!
Non ci sarà nessuna guerra, se continua così saremo
solo tu ed io a combattere, e rischieremo di mandare al massacro Olimpia
e Wilbur…perché sai che ci seguiranno, vero?> Xena
annuì dicendo: <Si, ma per stasera non ho voglia di parlare
di Olimpia…> <Capisco…> le rispose Beawolf per
poi continuare: <…Avete litigato vero? Per quale motivo?
Non dirmi che è ancora una volta colpa mia!?!> Xena lo fissò
negli occhi con uno sguardo glaciale, uno sguardo che avrebbe fatto
impaurire chiunque, poi la sua glacialità si sciolse all’improvviso
e disse: <No, non temere. Non hai colpa dei nostri litigi. E’
solo che da un po’ di tempo a questa parte, le cose non girano
bene fra di noi, a causa anche di questa situazione. Vedi, dal momento
in cui è cominciata questa storia, è tormentata da incubi,
perseguitata dall’anello e da tutto ciò che può
scaturire da lui. Si agita nel sonno ed ha paura, una paura inspiegata…>
<Xena, non puoi condannarla per questo. E’ probabile che
sia il potere di Bradl che agisce su di lei, o meglio, la malvagità
di Bradl si insinua sin nella sua coscienza e le causa allucinazioni,
premonizioni e quanto di più torturante possa fare ancora.
Questo mostro è temibile e spietato, combatte contro le persone
non solo fisicamente, ma anche e soprattutto utilizzando i loro punti
deboli…e tu sai qual’ è il tuo! E’ dunque
normale per quel mostro esercitare pressione su Olimpia.. Non deve
essere facile per lei soprattutto perché qui in Scandinavia,
a causa di quell’anello, a causa di un mostro, ti ha già
persa una volta…Non essere così dura!> <Hai ragione>
commentò Xena, poi incalzò: <Ma…> <Niente
ma!> le rispose Beawolf: <Puoi forse dire al sole di non sorgere
più? O alla notte di non venire mai? O al tempo di non scorrere
più? O al mare di fermarsi? No, non puoi! Così come
non puoi dire ad Olimpia di non preoccuparsi più per te! E’
innato in lei. Sei Tutto quello che ha nella sua vita, tutto quanto
ha di più caro! Avendoti vista rinunciare già una volta
a lei ed al suo amore, per un anello e per riparare uno sbaglio del
passato, è normale che adesso provi quella sensazione di panico,
a maggior ragione, se fomentata da Bradl che ha promesso di vendicarsi
di te in special modo!> Le sorrise e disse: <Forse sono l’uomo
meno adatto di questa terra a darti consigli, specialmente consigli
da ehm…amico… ma tu dovresti tenertela più stretta
Olimpia! Non lasciare che il tuo bene più prezioso ti venga
tolto, neppure se questo fosse un sacrificio che ti imponesse di fare
Bradl per distruggerlo. So quanto timore alberga nei vostri cuori,
aldilà di quello che volete dare a vedere, perciò ho
cercato di impedirvi di arrivare in Scandinavia…E comunque scusami,
scusami davvero, non volevo che vi capitasse nulla di male, credimi!>
Xena si sentì più rasserenata da quella chiacchierata
e finì il discorso: < Mi hai detto delle cose molto sagge
Beawolf. Grazie mille per questo incoraggiamento; ora vado a coccolarla
un po’, se lo merita in fondo. E non preoccuparti: non ho nessuna
intenzione di rinunciare ancora a lei. Nessuna cosa al mondo merita
un sacrificio così grande da parte mia!> Si alzò
dunque in direzione della loggia e poi disse a Beawolf nell’orecchio:
<Grazie amico mio!> Il re sorrise: fu contento di quelle parole,
significava che la pace tra di loro era stata suggellata.
Nel frattempo, mentre si stringeva nel suo spolverino, respirando
la pungente aria glaciale notturna scandinava, Olimpia, guardava le
stelle, come in cerca di risposte, risposte che non aveva mai avuto
nella sua vita, e che molto spesso, forse non aveva mai neppure cercato.
Aveva un grande desiderio che non era mai riuscita a confidare a Xena:
Fermarsi per un po’ in un villaggio e vedere come sarebbe stata
la loro vita senza le battaglie e gli scempi di guerra. Avrebbero
potuto riprendersi quel vecchio capanno ormai abbandonato, in mezzo
alla campagna, appartenuto ai nonni di Xena, rimetterlo a nuovo e
vivere per un po’ in quel podere, tra agricoltura, allevamento,
e magari anche pesca, dato che vi era un piccolissimo ma pescoso specchio
d’acqua nei dintorni…come due normalissime persone, che
avevano deciso di invecchiare insieme dopo una vita senza fissa dimora;
avrebbero potuto anche riportare per un po’ Evi con loro, in
modo da ricostruire la famiglia…si, ma tutto questo forse era
solo un bel sogno… Mentre fantasticava questi pensieri, vide
un lampo giallo scendere dal cielo verso di lei; riuscì poi
a distinguere un cavallo bianco, veloce e bello, con una donna in
groppa. Olimpia fu raggiunta da una sua vecchia conoscenza: La Valchiria
Brunilde in tutto il suo splendore. I lunghi capelli biondi raggruppati
in trecce, e un elmo con il simbolo di Valchiria di Odino. Olimpia
la osservò un momento e con un’aria alquanto meravigliata
disse poi: <Brunilde, che sorpresa rivederti!> <Ciao piccola
Olimpia!> le rispose la valchiria togliendosi l’elmo dal
capo, per poi continuare: <Come stai?> <Beh, in effetti non
è che sia al massimo della forma sia fisicamente che moralmente…>
rispose Olimpia; Brunilde la fissò dicendo: <In effetti
so tutto, perché io da lassù ti guardo spesso. So che
hai avuto una botta in testa e che sei stata abbastanza male; come
pure so che hai litigato con Xena un paio di volte negli ultimi giorni…
A proposito: ora la tua amica dov’è?> Olimpia fece
spallucce, si voltò verso la sala ed indicò con un cenno
della testa che la sua amica era lì dentro. Brunilde si arrabbiò
e disse: <Come al solito vedo che non è cambiata di una
virgola: è sempre sciocca quella donna; la sua amica è
così giù, così depressa, così avvilita
e lei pensa ad ingozzarsi e ad ubriacarsi. L’ ho sempre detto
che non era la persona che faceva per te...> Olimpia si irritò
a quella affermazione, e con voce seccata rispose: <Per favore
Brunilde, non cominciare col fare una delle tue prediche, su Xena
per di più; non voglio si parli male di lei in mia presenza!
Se sei venuta per fare questo, tornatene nel Walallah, perché
non sono disposta ad ascoltarti!> <Come vuoi, come vuoi.>
Esclamò per giustificarsi Brunilde.<E’ solo che sono
seriamente preoccupata per te, sai che state correndo un grande rischio
entrambe?> Olimpia scrutò il cielo, come per cercare in
quell’immensità la forza di parlare e disse: <Lo so!
Ma non mi interessa di me: se la mia vita servisse a riscattare quella
di Xena, non esiterei neppure un momento a morire, pur di saperla
viva! Per questo sono angosciata, perché comprendo, forse per
la prima volta meglio di lei, quali sono i rischi!> Olimpia cominciò
ad avere gli occhi lucidi dal pianto. <Mi rendo conto cosa significhi
tutto ciò per te… E’ un tormento! Bradl sta usando
parte dei suoi poteri per donarti la facoltà di prevedere il
futuro, ma ti fa prevedere un futuro in cui lui dominerà il
mondo, e tutti noi, mortali e non soccomberemo.Ti fa male che Xena
non capisca che è per il suo bene che parli, vero? Ti senti
un po’ come quella veggente greca… come si chiamava? Cassandra!
Quella che faceva profezie ma nessuno le credeva, finché queste
ultime non si avveravano…> Olimpia allora le si gettò
al collo piangendo: <Cosa posso fare Brunilde, non voglio perdere
Xena! Non voglio perderla! Lei è tutto per me, non voglio che
vada via come quando mi lasciò nel rosso tramonto nipponico…
Io sentii il mio cuore spezzarsi!> Brunilde le carezzò i
capelli e la strinse ancora di più a se, cercava di consolarla
di farla sentire protetta, ma sembrava che nulla potesse calmare quel
pianto convulso del bardo, nessuno tranne forse la Principessa Guerriera,
ma ora non era là, e toccava a Brunilde tirarla su.
Improvvisamente, mentre le due erano strette l’una all’altra,
Xena uscì fuori alla loggia, giusto in tempo per vedere quell’abbraccio,
e Brunilde che carezzava il volto di Olimpia. Il sangue le si gelò
nelle vene, senti il cervello scoppiarle e fece un immenso sforzo
per trattenere la rabbia, per non prendere la valchiria a pugni: Come
osava Brunilde toccare Olimpia? E come aveva potuto Olimpia sfogarsi
con una persona che non vedeva da così tanto tempo, un’estranea
se paragonata e lei, piuttosto che con la sua migliore amica? In un
tono di rabbia accecata, interruppe quel momento: <Scusate se ho
interrotto qualcosa, mi stavo preoccupando perché Olimpia non
era ancora rientrata, ma vedo che era… in ottima compagnia!>
disse ironica, indicando le mani di Brunilde strette ai fianchi di
Olimpia. Olimpia a sua volta si divincolò subito da quell’abbraccio,
e capendo che Xena aveva frainteso, cerco di spiegarsi. La guerriera
le tuonò contro: <Non una parola in più Olimpia!
Non ho nessuna intenzione di stare ad ascoltarti! Pensavo avessi bisogno
di me ed invece te la cavi anche da sola… tra le braccia degli
altri!> E detto questo, corse via fino alle stalle, dove montò
a cavallo di Argo II e galoppò finché non si inoltrò
nel bosco. Olimpia la seguì, tentando inutilmente di chiarirsi
per tutto il tempo, ma al momento che Xena si inoltrò nel bosco,
uscì dalla sua visuale, e il bardo non poté far altro
che urlare nella lugubre e gelata notte: <Xenaaa!>
CAPITOLO 5
La guerriera cavalcava all’impazzata, sentiva il cuore saltarle
in gola tanto dello sforzo che stava compiendo, ma non si fermava
e conduceva energicamente, il suo destriero a destra e a manca per
l’oscurità dei boschi, incurante di quelli che sarebbero
potuti essere i pericoli se fosse incappata in Bradl. Non le interessava
nient’altro all’infuori di quella scena fastidiosa, di
Brunilde che stringeva a se Olimpia; non le interessava nulla che
non fosse il comportamento ingiusto della sua amica nei suoi riguardi.
In quei momenti, Olimpia non le sembrava più la sua fedele
alleata e compagna di viaggio, con il quale aveva condiviso una vita,
ma una perfetta estranea. Xena non riusciva a capire perché
era sorta quell’incomprensione tra di loro, non riusciva a spiegarsi
l’ostinato e prolungato silenzio dell’amica nei suoi riguardi
e prendeva sempre più consistenza, nella sua testa, l’idea
che Olimpia si fosse annoiata di combattere e che dopo tanto viaggiare,
si fosse voluta fermare a riposare, e a godersi le gioie della sedentarietà
per qualche mese. <Io non posso fermarmi. La vita sedentaria non
fa per me! Non posso chiedere a me stessa di dovermi fermare, neppure
se è per Olimpia!> poi si soffermò a pensare: <Eppure
forse sono solo io l’egoista. Una persona disposta a tutto per
la propria compagna non direbbe queste cose…>
Ad un tratto, senza accorgersene, si ritrovò nel bel mezzo
di una radura, dove scrosciava un placido torrente e la luna vi si
specchiava dentro restituendo all’acqua dei riflessi argentei.
La guerriera smontò da cavallo, e si avviò verso il
torrente, si sedette sulla sponda a sentire quel rilassante rumore,
poi si sdraiò sul prato, ben coperta dal suo cappotto di pelle
e prese un filo d’erba in bocca. <Com’è tutto
più tranquillo qua!> pensò tra se e se la guerriera
<Non è giusto che una terra bella come questa, sia minacciata
da un mostro che vuole cancellare ogni forma di vita umana ed immortale!
Io glielo impedirò, dovesse costarmi la vita…> rimuginò.
<E come pensi di potertela cavare? Fammi sentire, Principessa Guerriera!>
una voce rimbombò dietro di lei, una voce maschile molto forte,
ma allo stesso tempo dal tono regale. Xena si voltò, mettendo
in allerta tutti i sensi, e tendendo al massimo i muscoli… vide
il capo degli Asi in persona. Poco contenta di rivedere la divinità
domandò urtante: <Odino!! Qual buon vento porta il re degli
Asi a scomodarsi dal Walallah per far visita ad una povera comune
mortale?> Odino le rispose: <E’ passato un po’ di
tempo, ma a quanto vedo sei sempre scontrosa e diffidente!> <Ehi,
perché dovrei fidarmi di te? Dammi anche solo un motivo perché
dovrei farlo!> ribatté Xena <Perché io sono un
immortale, e per di più ho anche un piano per sconfiggere Bradl,
e visto che quando si parla di voler sconfiggere quel mostro anche
i miei peggiori nemici diventano i miei migliori alleati, eccomi qua
da te!> Xena gli rise beffeggiandolo: <Non stringo alleanze
con le divinità! Siano esse gli Dei dell’Olimpo, gli
Arcangeli di Belur, o gli Asi germanici! Sai, con voi immortali ho
sempre avuto rapporti conflittuali. Forse perché proprio essendo
immortali, credete che ogni umano con un pizzico di potere o di coraggio
in più, possa spodestarvi dai vostri Troni Celesti! O che qualcuno
sia tanto sciocco, da volersi sottomettere a voi, per diventare il
vostro paladino! Ma non comprendete che siete soltanto dei paranoici
fissati, perché a nessun mortale con un minimo di raziocinio
interessa conquistare il vostro posto!> <Vedo che sei sempre
caustica contro di noi! Comunque ti dovrai alleare con me che ti piaccia
o no! Se vuoi sconfiggere Bradl, sono l’unico in grado di fornirti
l’unica arma che possa ucciderlo! E sottolineo l’unica!>
<Odino, sono passati tutti questi anni e ancora non hai imparato
che sono una donna piena di risorse?> Con atteggiamento di sufficienza
il re degli Asi rispose: <Oh, lo so! Ma non è questione
di risorse adesso! E’ questione che l’unica arma che possa
uccidere Bradl la posso procurare io! Sai, è forgiata con lo
stesso metallo dell’anello! E’ un’arma che viene
fabbricata solo in casi di estremo pericolo! Sono io stesso che impiego
tutte le energie per forgiarla, ma è ovvio che se spendo tutte
le energie per forgiarla, non la potrò impugnare per combattere
perché sarò troppo debole! E mi serve qualcuno che unisca
insieme astuzia, tecnica e capacità di impugnare una spada
pesante il doppio di quella normale!> <Oh, tutt’un tratto
ti fidi così tanto di me?> rispose ancora ironica Xena <No!
Ma tu sei l’unica in tutto il mondo che possa impugnarla, perché
la può impugnare una Divinità, o un mortale al quale
viene data la capacità di diventare una semidivinità…>
<E tu? Vorresti farmi credere che lasceresti che mangiassi le tue
mele dorate per acquisire il potere di uccidere mostri e dei!?! Te,
in poche parole?> <E’ un rischio al quale devo sottopormi!
Ne sono rimaste solo tre di mele, ma dovrebbe bastartene mezza per
avere quel tipo di potere, se la mangiassi tutta rischieresti di diventare
immortale, e ti assicuro che non sarebbe per nulla piacevole, se non
sei una divinità, essere immortale. Finiresti come la Sibilla
Cumana la cui brama di immortalità, la portò a chiedere
ad Apollo quel dono, il dio l’accontentò, ma ella non
tenne conto che più invecchiava senza morire, più non
desiderava altro che la morte… E poi sono sicuro che non lasceresti
soccombere ne Olimpia, ne il resto dei tuoi amici! Apri gli occhi
Xena, se pensi di fare con i tuoi modi stavolta sbagli! Non c’è
via di uscita: Bradl deve morire! E per farlo serviamo io, tu, la
spada magica, e qualche esca: Quale esca migliore dei tuoi amici?
Non accadrà loro nulla di male, ho anche predisposto che il
plotone meglio addestrato delle mie valchirie aiuti a combattere te,
Olimpia, Beawolf e Wilbur, che siete gli unici a voler rischiare la
vita! Mi vergogno delle mie popolazioni, ma noto con piacere che tra
gli uomini ci sono ancora alcuni, pronti a combattere e a morire per
i loro ideali:Voi! Quindi meritate tutto il nostro aiuto e impegno!>
<La tua generosità rischia di commuovermi!> Odino cominciò
ad adirarsi così rispose prima di sparire: <Seriamente Xena,
metti da parte i tuoi rancori personali e schierati con me, con le
valchirie, con i tuoi compagni. Fai la scelta giusta o potrai portare
sul tuo cuore il peso della morte della tua piccola Olimpia! Ti sto
offrendo una collaborazione pacifica, senza secondi fini. Ho bisogno
del tuo aiuto, ma devi lasciarti guidare da me: Ti devi fidare o sarà
troppo tardi per tutti!> Le ultime parole di Odino, parvero a Xena
veramente sincere e disinteressate, in fondo egli, rischiando in primo
luogo, non avrebbe mai accondisceso a patti con i mortali se non ci
fosse davvero stata una situazione di imminente pericolo, e magari
era il caso di accettare quella collaborazione che poteva rivelarsi
vantaggiosa e proficua. Dopo aver meditato questo, la guerriera si
volse al re che stava andando via: <Odino, ti prometto che ci penserò!>
Il re si voltò e le sorrise di un sorriso benevolo: <Bene,
ma non pensarci troppo, o potrebbe essere troppo tardi! E quando avrai
deciso, chiamami, ed io discenderò dal cielo con la spada magica
che potrai usare solo tu!> Montò a cavallo e sparì
nel cielo sul suo nero destriero.
Xena tornò a sedersi cercando di mettere a fuoco un piano ben
preciso per aiutare Odino e tutti gli altri i suoi amici. Poi il suo
pensiero andò istantaneamente a Olimpia. Chissà cosa
stava facendo la sua amica, sicuramente si stava preoccupando per
lei, ma decise di rimanere ancora per un po’ a riflettere da
sola, in quello spiazzo verde sul quale la luna faceva da sfondo alla
piacevole melodia del torrente, che scorreva placido dinnanzi a lei.
di
Bard and Warrior
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