episodio n. 11
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<Xena sarà mia! Sarà in mio potere, e tu non potrai fare nulla per aiutarla! La distruggerò sotto i tuoi occhi come lei ha distrutto la mia bellezza e ha spezzato il mio cuore!>
<No! No! No!! Vai via dalla mia testa! Tu…Tu sei solo un fantasma. Non ti conosco! Ch…chi sei?> Olimpia urlava nel sonno, ansimava e si muoveva come un puledro imbizzarrito. Xena fu svegliata da quel vociare, e da quei gesti inconsulti che la compagna faceva agitando in aria le mani, come per cacciare via chissà chi, così si ridestò, in tempo per sentire l’ultima frase della frenesia della compagna: <Vai via!!>
Facendo ben attenzione a non svegliare la compagna che proprio allora sembrava riaddormentata serenamente, Xena si alzò dal giaciglio irritata, ma in cuor suo era anche dispiaciuta, era ormai da quando era cominciata la storia della Scandinavia che Olimpia faceva di questi sogni, straparlava durante il sonno; stava cominciando a temere seriamente per la salute della sua amica, ed il peggio era che non sapeva se il suo comportamento era dovuto alla botta presa in testa, o alle parole dettele da quel mercenario che l’aveva assalita a Dicearchia. Si rinfrescò dunque, cercando di trovare un modo per tranquillizzare la compagna, anche se per primo il suo cuore,stavolta aveva paura, paura dell’ignoto, di non poter affrontare qualcosa di molto più grande di lei, qualcuno che fosse accecato dall’odio, e che, neppure Odino, il capo del Wahlallah era riuscito a contrastare. Urgeva un piano, un piano molto ben articolato.
Xena si pose sul giaciglio accanto a Olimpia, e togliendole la coperta dalla faccia, disse tra se e se: <Se solo potessi parlare con Grinilde sarebbe tutto più facile… Bisognerà collaborare per spedire Hilda, o meglio Bradl nel tartaro, o nell’averno, o all’inferno o… in qualsiasi altro posto, basta che sia un aldilà!>
Si apprestò poi a svegliare la sua compagna, che dopo gli iniziali insistenti richiami, si decise ad alzarsi. <Cavoli, ho dormito bene!> Esclamò Olimpia alla compagna. Xena fece per un attimo un’espressione perplessa: <Dormito bene??> si chiese tra se e se, poi continuò: <Ma se non ha fatto altro che agitarsi e schiamazzare… Vuoi vedere che forse non ricorda? Beh, se non ricorda allora non è il caso che le racconti quello che ha detto fino a qualche istante fa… la assecondo, così può darsi che si preoccupa di meno…> Poi con un serafico sorriso le disse: <Ti credo dormigliona! Hai tirato certi respironi! Come va la testa?> Olimpia portò le mani alla fronte massaggiandosela: <Fa ancora male, ma sento che sopravvivrò; è solo che…> <Che cosa?> le chiese preoccupata la compagna. Olimpia ebbe un repentino cambio d’umore, guardò il sole tramontare oltre la finestra, era così bello, eppure sentiva che qualcosa turbava lo spettacolo di quel pomeriggio. Era irrequieta, non riusciva a darsi pace, ma non voleva farlo notare a Xena, non voleva cominciare ancora con i suoi soliti discorsi di apprensione nei suoi riguardi. Una voce dentro di lei le diceva: <Fidati di Xena! Sai che se la cava sempre!> ma d’altra parte un’altra voce: <Xena sarà mia! Tu la perderai!> <Cosa significherà tutto questo?> si tormentava Olimpia. La barda fu scossa e riportata alla realtà dalla voce della compagna, che appoggiatale una mano sulla spalla, aveva cominciato a guardare il tramonto con lei e a parlarle: <Posso sapere a che pensi?> Ridestata dal suo vagare emotivo Olimpia le rispose: <N…No. Non penso a n...nulla..> Xena tirando un sospiro disse: <E va bene! Ho capito! E’ evidente che qualcosa non va, ma non insisto visto, che non me lo vuoi dire. Ma bada, che stai ricominciando a comportarti da sciocca come quando ci siamo separate nel bosco. Comunque sarò io a dire una cosa a te, allora: Sbrigati che dobbiamo andare a cena. Non facciamo come nostro solito le ritardatarie!> Le disse più ammonendo la compagna che se stessa, poi le tolse infastidita la mano dalla spalla, e con evidente aria irritata ripose la spada nel suo fodero dicendole: <Ti aspetto giù.> Olimpia si voltò per vederla andare via, intuì che forse aveva detto, o anzi taciuto ancora, qualcosa che Xena avrebbe dovuto sapere, ma ora non era più il caso parlarne. Mentre chiudeva la porta Xena le rivolse la parola: <Guarda che non sono più una bambina da un pezzo ormai! Credo che ti ho dimostrato di saper badare sia a me che a te, perciò non fissarti su inutili sogni e poco attendibili presagi. Se fossi stata una veggente, a quest’ora ti avrei portata a Delfi e ti avrei lasciata lì, ma tu non ricordi neppure la cena di ieri sera, come puoi lasciarti andare a dei presentimenti? Non mi accadrà nulla, e per tua sfortuna dovrai venire ancora via con me… Si perché a questo punto non so più se la cosa ti faccia piacere!> E senza dar tempo all’amica di replicare, sbatté forte la porta dietro di se. Olimpia rimasta sola sentì rimbombare nella sua testa le parole di Xena: < Non mi accadrà nulla, e per tua sfortuna dovrai venire ancora via con me… Si perché a questo punto non so più se la cosa ti faccia piacere!> <Come puoi pensare che non mi faccia piacere seguirti dopo che non ho fatto altro per tutta la vita? A volte sei proprio cattiva ed ingiusta!> rispose Olimpia a quelle parole.

Il banchetto in onore delle due eroine era cominciato; le persone erano tutti per lo più dignitari di corte, principi e soldati, quei pochi che erano rimasti uniti, e che combattevano per difendere il Regno dei Geati; ma vi era anche qualche donna, qualche dama, oltre alle ancelle che servivano le vivande a tavola e danzavano per i presenti a tempo di musica cercando di far dimenticare per una sera, quei fatti orribili che stavano sconvolgendo tutti.
Xena e Olimpia erano sedute vicine l’una all’altra, tuttavia, nessuna delle due rivolse parola all’altra per tutta la serata. Xena era profondamente seccata dal comportamento della compagna che invece di parlare, stranamente si portava tutto dentro; ma era anche troppo orgogliosa da voler ammettere a se stessa che forse stava sottovalutando gli avvertimenti che le stava facendo l’amica. Olimpia dal canto suo, era in evidente imbarazzo perché tutti i presenti, perfino Beawolf e Wilbur si erano accorti che qualcosa tra lei e Xena andava storto. E se stava sbagliando a rimanere chiusa sulle difensive? E se invece di tacere ne avesse parlato con Xena? Dopotutto loro si dicevano sempre tutto. Forse era lei che stava sopravvalutando i suoi sogni e quei presentimenti; forse era giusto prenderla con coraggio come faceva la sua amica guerriera…Quei pensieri, o forse la giornata pesante, o forse ancora, il periodo difficile che stava affrontando nel rapportarsi a Xena, fecero venire un improvviso attacco di ansia ad Olimpia, che sentiva il respiro abbandonarla sempre di più, finché, sotto gli occhi di tutti i presenti, non si alzò congedandosi per correre fuori alla loggia, annessa al salone per le cerimonie.
Xena seguì l’amica con lo sguardo finché non sparì al di fuori della tenda, poi riprese a mangiare la zuppa, per riscaldarsi un po’ le ossa, dato il clima estremamente rigido di quella serata. Conversò con Beawolf: <Ci sono novità?> gli chiese. Il re gli si avvicinò sussurrandole all’orecchio per non far sentire ai presenti quanto critica fosse la situazione: <No, nessuna. Ho inviato dei messaggeri nel regno di re Rothgar, ma non credo ci aiuterà, anzi non credo che siano mai arrivati a destinazione i messaggeri. Siamo troppo pochi Xena, troppo pochi! Non ci sarà nessuna guerra, se continua così saremo solo tu ed io a combattere, e rischieremo di mandare al massacro Olimpia e Wilbur…perché sai che ci seguiranno, vero?> Xena annuì dicendo: <Si, ma per stasera non ho voglia di parlare di Olimpia…> <Capisco…> le rispose Beawolf per poi continuare: <…Avete litigato vero? Per quale motivo? Non dirmi che è ancora una volta colpa mia!?!> Xena lo fissò negli occhi con uno sguardo glaciale, uno sguardo che avrebbe fatto impaurire chiunque, poi la sua glacialità si sciolse all’improvviso e disse: <No, non temere. Non hai colpa dei nostri litigi. E’ solo che da un po’ di tempo a questa parte, le cose non girano bene fra di noi, a causa anche di questa situazione. Vedi, dal momento in cui è cominciata questa storia, è tormentata da incubi, perseguitata dall’anello e da tutto ciò che può scaturire da lui. Si agita nel sonno ed ha paura, una paura inspiegata…> <Xena, non puoi condannarla per questo. E’ probabile che sia il potere di Bradl che agisce su di lei, o meglio, la malvagità di Bradl si insinua sin nella sua coscienza e le causa allucinazioni, premonizioni e quanto di più torturante possa fare ancora. Questo mostro è temibile e spietato, combatte contro le persone non solo fisicamente, ma anche e soprattutto utilizzando i loro punti deboli…e tu sai qual’ è il tuo! E’ dunque normale per quel mostro esercitare pressione su Olimpia.. Non deve essere facile per lei soprattutto perché qui in Scandinavia, a causa di quell’anello, a causa di un mostro, ti ha già persa una volta…Non essere così dura!> <Hai ragione> commentò Xena, poi incalzò: <Ma…> <Niente ma!> le rispose Beawolf: <Puoi forse dire al sole di non sorgere più? O alla notte di non venire mai? O al tempo di non scorrere più? O al mare di fermarsi? No, non puoi! Così come non puoi dire ad Olimpia di non preoccuparsi più per te! E’ innato in lei. Sei Tutto quello che ha nella sua vita, tutto quanto ha di più caro! Avendoti vista rinunciare già una volta a lei ed al suo amore, per un anello e per riparare uno sbaglio del passato, è normale che adesso provi quella sensazione di panico, a maggior ragione, se fomentata da Bradl che ha promesso di vendicarsi di te in special modo!> Le sorrise e disse: <Forse sono l’uomo meno adatto di questa terra a darti consigli, specialmente consigli da ehm…amico… ma tu dovresti tenertela più stretta Olimpia! Non lasciare che il tuo bene più prezioso ti venga tolto, neppure se questo fosse un sacrificio che ti imponesse di fare Bradl per distruggerlo. So quanto timore alberga nei vostri cuori, aldilà di quello che volete dare a vedere, perciò ho cercato di impedirvi di arrivare in Scandinavia…E comunque scusami, scusami davvero, non volevo che vi capitasse nulla di male, credimi!> Xena si sentì più rasserenata da quella chiacchierata e finì il discorso: < Mi hai detto delle cose molto sagge Beawolf. Grazie mille per questo incoraggiamento; ora vado a coccolarla un po’, se lo merita in fondo. E non preoccuparti: non ho nessuna intenzione di rinunciare ancora a lei. Nessuna cosa al mondo merita un sacrificio così grande da parte mia!> Si alzò dunque in direzione della loggia e poi disse a Beawolf nell’orecchio: <Grazie amico mio!> Il re sorrise: fu contento di quelle parole, significava che la pace tra di loro era stata suggellata.
Nel frattempo, mentre si stringeva nel suo spolverino, respirando la pungente aria glaciale notturna scandinava, Olimpia, guardava le stelle, come in cerca di risposte, risposte che non aveva mai avuto nella sua vita, e che molto spesso, forse non aveva mai neppure cercato. Aveva un grande desiderio che non era mai riuscita a confidare a Xena: Fermarsi per un po’ in un villaggio e vedere come sarebbe stata la loro vita senza le battaglie e gli scempi di guerra. Avrebbero potuto riprendersi quel vecchio capanno ormai abbandonato, in mezzo alla campagna, appartenuto ai nonni di Xena, rimetterlo a nuovo e vivere per un po’ in quel podere, tra agricoltura, allevamento, e magari anche pesca, dato che vi era un piccolissimo ma pescoso specchio d’acqua nei dintorni…come due normalissime persone, che avevano deciso di invecchiare insieme dopo una vita senza fissa dimora; avrebbero potuto anche riportare per un po’ Evi con loro, in modo da ricostruire la famiglia…si, ma tutto questo forse era solo un bel sogno… Mentre fantasticava questi pensieri, vide un lampo giallo scendere dal cielo verso di lei; riuscì poi a distinguere un cavallo bianco, veloce e bello, con una donna in groppa. Olimpia fu raggiunta da una sua vecchia conoscenza: La Valchiria Brunilde in tutto il suo splendore. I lunghi capelli biondi raggruppati in trecce, e un elmo con il simbolo di Valchiria di Odino. Olimpia la osservò un momento e con un’aria alquanto meravigliata disse poi: <Brunilde, che sorpresa rivederti!> <Ciao piccola Olimpia!> le rispose la valchiria togliendosi l’elmo dal capo, per poi continuare: <Come stai?> <Beh, in effetti non è che sia al massimo della forma sia fisicamente che moralmente…> rispose Olimpia; Brunilde la fissò dicendo: <In effetti so tutto, perché io da lassù ti guardo spesso. So che hai avuto una botta in testa e che sei stata abbastanza male; come pure so che hai litigato con Xena un paio di volte negli ultimi giorni… A proposito: ora la tua amica dov’è?> Olimpia fece spallucce, si voltò verso la sala ed indicò con un cenno della testa che la sua amica era lì dentro. Brunilde si arrabbiò e disse: <Come al solito vedo che non è cambiata di una virgola: è sempre sciocca quella donna; la sua amica è così giù, così depressa, così avvilita e lei pensa ad ingozzarsi e ad ubriacarsi. L’ ho sempre detto che non era la persona che faceva per te...> Olimpia si irritò a quella affermazione, e con voce seccata rispose: <Per favore Brunilde, non cominciare col fare una delle tue prediche, su Xena per di più; non voglio si parli male di lei in mia presenza! Se sei venuta per fare questo, tornatene nel Walallah, perché non sono disposta ad ascoltarti!> <Come vuoi, come vuoi.> Esclamò per giustificarsi Brunilde.<E’ solo che sono seriamente preoccupata per te, sai che state correndo un grande rischio entrambe?> Olimpia scrutò il cielo, come per cercare in quell’immensità la forza di parlare e disse: <Lo so! Ma non mi interessa di me: se la mia vita servisse a riscattare quella di Xena, non esiterei neppure un momento a morire, pur di saperla viva! Per questo sono angosciata, perché comprendo, forse per la prima volta meglio di lei, quali sono i rischi!> Olimpia cominciò ad avere gli occhi lucidi dal pianto. <Mi rendo conto cosa significhi tutto ciò per te… E’ un tormento! Bradl sta usando parte dei suoi poteri per donarti la facoltà di prevedere il futuro, ma ti fa prevedere un futuro in cui lui dominerà il mondo, e tutti noi, mortali e non soccomberemo.Ti fa male che Xena non capisca che è per il suo bene che parli, vero? Ti senti un po’ come quella veggente greca… come si chiamava? Cassandra! Quella che faceva profezie ma nessuno le credeva, finché queste ultime non si avveravano…> Olimpia allora le si gettò al collo piangendo: <Cosa posso fare Brunilde, non voglio perdere Xena! Non voglio perderla! Lei è tutto per me, non voglio che vada via come quando mi lasciò nel rosso tramonto nipponico… Io sentii il mio cuore spezzarsi!> Brunilde le carezzò i capelli e la strinse ancora di più a se, cercava di consolarla di farla sentire protetta, ma sembrava che nulla potesse calmare quel pianto convulso del bardo, nessuno tranne forse la Principessa Guerriera, ma ora non era là, e toccava a Brunilde tirarla su.
Improvvisamente, mentre le due erano strette l’una all’altra, Xena uscì fuori alla loggia, giusto in tempo per vedere quell’abbraccio, e Brunilde che carezzava il volto di Olimpia. Il sangue le si gelò nelle vene, senti il cervello scoppiarle e fece un immenso sforzo per trattenere la rabbia, per non prendere la valchiria a pugni: Come osava Brunilde toccare Olimpia? E come aveva potuto Olimpia sfogarsi con una persona che non vedeva da così tanto tempo, un’estranea se paragonata e lei, piuttosto che con la sua migliore amica? In un tono di rabbia accecata, interruppe quel momento: <Scusate se ho interrotto qualcosa, mi stavo preoccupando perché Olimpia non era ancora rientrata, ma vedo che era… in ottima compagnia!> disse ironica, indicando le mani di Brunilde strette ai fianchi di Olimpia. Olimpia a sua volta si divincolò subito da quell’abbraccio, e capendo che Xena aveva frainteso, cerco di spiegarsi. La guerriera le tuonò contro: <Non una parola in più Olimpia! Non ho nessuna intenzione di stare ad ascoltarti! Pensavo avessi bisogno di me ed invece te la cavi anche da sola… tra le braccia degli altri!> E detto questo, corse via fino alle stalle, dove montò a cavallo di Argo II e galoppò finché non si inoltrò nel bosco. Olimpia la seguì, tentando inutilmente di chiarirsi per tutto il tempo, ma al momento che Xena si inoltrò nel bosco, uscì dalla sua visuale, e il bardo non poté far altro che urlare nella lugubre e gelata notte: <Xenaaa!>


CAPITOLO 5

La guerriera cavalcava all’impazzata, sentiva il cuore saltarle in gola tanto dello sforzo che stava compiendo, ma non si fermava e conduceva energicamente, il suo destriero a destra e a manca per l’oscurità dei boschi, incurante di quelli che sarebbero potuti essere i pericoli se fosse incappata in Bradl. Non le interessava nient’altro all’infuori di quella scena fastidiosa, di Brunilde che stringeva a se Olimpia; non le interessava nulla che non fosse il comportamento ingiusto della sua amica nei suoi riguardi. In quei momenti, Olimpia non le sembrava più la sua fedele alleata e compagna di viaggio, con il quale aveva condiviso una vita, ma una perfetta estranea. Xena non riusciva a capire perché era sorta quell’incomprensione tra di loro, non riusciva a spiegarsi l’ostinato e prolungato silenzio dell’amica nei suoi riguardi e prendeva sempre più consistenza, nella sua testa, l’idea che Olimpia si fosse annoiata di combattere e che dopo tanto viaggiare, si fosse voluta fermare a riposare, e a godersi le gioie della sedentarietà per qualche mese. <Io non posso fermarmi. La vita sedentaria non fa per me! Non posso chiedere a me stessa di dovermi fermare, neppure se è per Olimpia!> poi si soffermò a pensare: <Eppure forse sono solo io l’egoista. Una persona disposta a tutto per la propria compagna non direbbe queste cose…>
Ad un tratto, senza accorgersene, si ritrovò nel bel mezzo di una radura, dove scrosciava un placido torrente e la luna vi si specchiava dentro restituendo all’acqua dei riflessi argentei. La guerriera smontò da cavallo, e si avviò verso il torrente, si sedette sulla sponda a sentire quel rilassante rumore, poi si sdraiò sul prato, ben coperta dal suo cappotto di pelle e prese un filo d’erba in bocca. <Com’è tutto più tranquillo qua!> pensò tra se e se la guerriera <Non è giusto che una terra bella come questa, sia minacciata da un mostro che vuole cancellare ogni forma di vita umana ed immortale! Io glielo impedirò, dovesse costarmi la vita…> rimuginò. <E come pensi di potertela cavare? Fammi sentire, Principessa Guerriera!> una voce rimbombò dietro di lei, una voce maschile molto forte, ma allo stesso tempo dal tono regale. Xena si voltò, mettendo in allerta tutti i sensi, e tendendo al massimo i muscoli… vide il capo degli Asi in persona. Poco contenta di rivedere la divinità domandò urtante: <Odino!! Qual buon vento porta il re degli Asi a scomodarsi dal Walallah per far visita ad una povera comune mortale?> Odino le rispose: <E’ passato un po’ di tempo, ma a quanto vedo sei sempre scontrosa e diffidente!> <Ehi, perché dovrei fidarmi di te? Dammi anche solo un motivo perché dovrei farlo!> ribatté Xena <Perché io sono un immortale, e per di più ho anche un piano per sconfiggere Bradl, e visto che quando si parla di voler sconfiggere quel mostro anche i miei peggiori nemici diventano i miei migliori alleati, eccomi qua da te!> Xena gli rise beffeggiandolo: <Non stringo alleanze con le divinità! Siano esse gli Dei dell’Olimpo, gli Arcangeli di Belur, o gli Asi germanici! Sai, con voi immortali ho sempre avuto rapporti conflittuali. Forse perché proprio essendo immortali, credete che ogni umano con un pizzico di potere o di coraggio in più, possa spodestarvi dai vostri Troni Celesti! O che qualcuno sia tanto sciocco, da volersi sottomettere a voi, per diventare il vostro paladino! Ma non comprendete che siete soltanto dei paranoici fissati, perché a nessun mortale con un minimo di raziocinio interessa conquistare il vostro posto!> <Vedo che sei sempre caustica contro di noi! Comunque ti dovrai alleare con me che ti piaccia o no! Se vuoi sconfiggere Bradl, sono l’unico in grado di fornirti l’unica arma che possa ucciderlo! E sottolineo l’unica!> <Odino, sono passati tutti questi anni e ancora non hai imparato che sono una donna piena di risorse?> Con atteggiamento di sufficienza il re degli Asi rispose: <Oh, lo so! Ma non è questione di risorse adesso! E’ questione che l’unica arma che possa uccidere Bradl la posso procurare io! Sai, è forgiata con lo stesso metallo dell’anello! E’ un’arma che viene fabbricata solo in casi di estremo pericolo! Sono io stesso che impiego tutte le energie per forgiarla, ma è ovvio che se spendo tutte le energie per forgiarla, non la potrò impugnare per combattere perché sarò troppo debole! E mi serve qualcuno che unisca insieme astuzia, tecnica e capacità di impugnare una spada pesante il doppio di quella normale!> <Oh, tutt’un tratto ti fidi così tanto di me?> rispose ancora ironica Xena <No! Ma tu sei l’unica in tutto il mondo che possa impugnarla, perché la può impugnare una Divinità, o un mortale al quale viene data la capacità di diventare una semidivinità…> <E tu? Vorresti farmi credere che lasceresti che mangiassi le tue mele dorate per acquisire il potere di uccidere mostri e dei!?! Te, in poche parole?> <E’ un rischio al quale devo sottopormi! Ne sono rimaste solo tre di mele, ma dovrebbe bastartene mezza per avere quel tipo di potere, se la mangiassi tutta rischieresti di diventare immortale, e ti assicuro che non sarebbe per nulla piacevole, se non sei una divinità, essere immortale. Finiresti come la Sibilla Cumana la cui brama di immortalità, la portò a chiedere ad Apollo quel dono, il dio l’accontentò, ma ella non tenne conto che più invecchiava senza morire, più non desiderava altro che la morte… E poi sono sicuro che non lasceresti soccombere ne Olimpia, ne il resto dei tuoi amici! Apri gli occhi Xena, se pensi di fare con i tuoi modi stavolta sbagli! Non c’è via di uscita: Bradl deve morire! E per farlo serviamo io, tu, la spada magica, e qualche esca: Quale esca migliore dei tuoi amici? Non accadrà loro nulla di male, ho anche predisposto che il plotone meglio addestrato delle mie valchirie aiuti a combattere te, Olimpia, Beawolf e Wilbur, che siete gli unici a voler rischiare la vita! Mi vergogno delle mie popolazioni, ma noto con piacere che tra gli uomini ci sono ancora alcuni, pronti a combattere e a morire per i loro ideali:Voi! Quindi meritate tutto il nostro aiuto e impegno!> <La tua generosità rischia di commuovermi!> Odino cominciò ad adirarsi così rispose prima di sparire: <Seriamente Xena, metti da parte i tuoi rancori personali e schierati con me, con le valchirie, con i tuoi compagni. Fai la scelta giusta o potrai portare sul tuo cuore il peso della morte della tua piccola Olimpia! Ti sto offrendo una collaborazione pacifica, senza secondi fini. Ho bisogno del tuo aiuto, ma devi lasciarti guidare da me: Ti devi fidare o sarà troppo tardi per tutti!> Le ultime parole di Odino, parvero a Xena veramente sincere e disinteressate, in fondo egli, rischiando in primo luogo, non avrebbe mai accondisceso a patti con i mortali se non ci fosse davvero stata una situazione di imminente pericolo, e magari era il caso di accettare quella collaborazione che poteva rivelarsi vantaggiosa e proficua. Dopo aver meditato questo, la guerriera si volse al re che stava andando via: <Odino, ti prometto che ci penserò!> Il re si voltò e le sorrise di un sorriso benevolo: <Bene, ma non pensarci troppo, o potrebbe essere troppo tardi! E quando avrai deciso, chiamami, ed io discenderò dal cielo con la spada magica che potrai usare solo tu!> Montò a cavallo e sparì nel cielo sul suo nero destriero.
Xena tornò a sedersi cercando di mettere a fuoco un piano ben preciso per aiutare Odino e tutti gli altri i suoi amici. Poi il suo pensiero andò istantaneamente a Olimpia. Chissà cosa stava facendo la sua amica, sicuramente si stava preoccupando per lei, ma decise di rimanere ancora per un po’ a riflettere da sola, in quello spiazzo verde sul quale la luna faceva da sfondo alla piacevole melodia del torrente, che scorreva placido dinnanzi a lei.

di Bard and Warrior

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