episodio n. 17
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DEDICA:
A tutte le mie amiche ed amici che mi hanno sorretto e sopportato. A Giusy, Elisabetta, Tonia, Lorella, Floriana, Giuseppe e Gaetano: grazie di cuore, vi voglio bene!


INTRO

Le pareti della cella erano buie e fredde. La schiena premuta contro di esse, Kao Sin sedeva in meditazione. Era in quella posizione da ore ma non riusciva a trovare la pace necessaria. Temeva, ed in maniera profonda. Una paura che non accennava ad abbandonarla. “Se lui s’impadronirà delle Perle di Saggezza di mia madre, per il Celeste Impero sarà la fine! Non posso permetterlo, ma cosa posso fare da qui? La mia sola speranza è Mao Su.” La luna era alta quando sentì dei rumori alla base della fortezza dove si trovava. Una piccola ragazza osservava la sua finestra con i profondi occhi scuri pieni di speranza. <<Kao Sin, siano ringraziati gli dei! Ho qui il libro, l’ho salvato!>> e le mostrò il prezioso volume.
<<Sei una ragazza forte Mao Su, avevo molte speranze in te. Io non posso nulla da qui e tu sei troppo giovane perché gestisca quel tipo di potere. Ho un’ultima richiesta da farti: trova Xena, in terra di Grecia. È la più grande delle amiche di mia madre e sono sicura che ti seguirà>>
<<La troverò, dovessi giungere in capo al mondo e la porterò qui a tutti i costi!>>. Kao Sin sorrise teneramente e le ricordò:
<<Portale il libro, ne sarà ottima custode>>. La ragazza annuì velocemente e si voltò verso un boschetto. Pochi attimi e si era dissolta nella vegetazione. Kao Sin si voltò e tornò alla sua meditazione, sperando nell’aiuto dello spirito di Lao Ma. Pochi attimi dopo il battente della porta si spalancò. Un soldato di bassa statura, robusto e dallo sguardo truce si avvicinò alla donna.
<<Il mio signore le vuole parlare, ora!>> e fece un cenno brusco del capo. Con fare accondiscendente, Kao Sin si sollevò da terra e seguì l’uomo oltre la soglia della sua cella. Dopo aver attraversato un lungo corridoio, salirono una ripida rampa di scale fino ad una zona lussuosa della fortezza. Il soldato la fece entrare in una grande stanza e le richiuse la porta alle spalle, lasciandola apparentemente sola. La sala era quella usata per le udienze e sulla parente in fondo si vedeva il seggio principale occupato da un uomo che Kao Sin non riconobbe in quel momento. Alle sue spalle troneggiava un gigantesco arazzo che rappresentava un dragone verde dall’aria minacciosa. L’uomo le fece segno di avvicinarsi. Passo dopo passo il viso di lui si faceva più nitido e quando poté vederne gli occhi, il cuore le si fermò nel petto. “No! Non può essere possibile! Non posso crederci”.
<<Cosa c’è, donna? Ti ricordo qualcuno?>> e rise, di una risata gelida e tenebrosa. Kao Sin non ebbe più dubbi ed il suo cuore cadde nello sconforto e nella paura.
<<Non puoi essere tu! Lui è morto da anni, non puoi essere tu!>>. Egli sorrise compiaciuto ma il suo aveva più l’aspetto di un ghigno.
<<Non te l’aspettavi, vero? Il terribile e spietato predone che aveva condotto la sua armata contro il Celeste Impero non è altri che il suo erede legittimo. Mio padre mi tenne nascosto per evitare che i suoi nemici mi usassero come bersaglio. Crebbi nelle Terre Selvagge con un suo fedele servitore che quando seppe della sua morte mi adottò. Divenuto uomo imparai ad odiare questa terra e tutti coloro che la governano. Ti ho risparmiata solo perché so che tu possiedi il potere di Lao Ma e quel potere deve essere mio!>>. Nuovamente la sua risata glaciale riempì la sala.

CAPITOLO I

<<Ahia! Ma vuoi fare attenzione?>> sbottò Olimpia.
<<Non è colpa mia se ti fai ferire da un guerriero da quattro soldi e poi hai bisogno di essere medicata!>> le disse di rimando Xena. L’espressione imbronciata del bardo non resse due secondi di fronte alla dolcezza dello sguardo preoccupato della guerriera.
Xena: <<Ok, è colpa mia: non avrei dovuto lasciarti sola ancora addormentata questa mattina>> si scusò. La mano di Olimpia le sfiorò delicatamente la gota, provocandole un brivido lungo la schiena.
Olimpia: <<Non è colpa tua,>> la voce del bardo era dolcissima <<mi sono lasciata prendere alla sprovvista e poi il taglio non è così profondo!>>.
“Per gli dei, ha un sorriso meraviglioso! Mi sembra di toccare il cielo all’idea che quel sorriso è per me!”. Xena le rivolse un timido sorriso e terminò la fasciatura sull’avambraccio della compagna.
Era una giornata soleggiata, nonostante fosse autunno inoltrato, ed il cielo era sgombro dalle nuvole.
Xena: <<Olimpia, qui vicino ho visto degli alberi di frutta e ne vado a cogliere un po’. Aspettami qui, torno subito.>>
Olimpia: <<Come vuoi, ti aspetterò buona buona comodamente distesa su quest’erba morbida!>>.
La guerriera le sorrise e si allontanò. Il tempo passava e lei attendeva. Poi si soffermò a guardare il cielo e si sentì invasa dall’ispirazione. Olimpia sospirò. Cercava di delineare alcuni versi quando le balenò alla mente un frammento di una poesia di Saffo. Subito recitò ad alta voce:
<<Ora là fra le donne di Lidia
spicca. Così la luna,
caduto il sole, rosea
sbianca le stelle, inonda, alta, di lume
la marina salmastra,
la fiorita campagna:…>>
Un’altra voce a lei nota l’anticipò:
<<In un manto lucente di rugiada, rigoglio
di rose, teneri caprifogli, fiori
di meliloto.>>
Olimpia rimase sbalordita e fissò Xena con gli occhi sbarrati. La guerriera con aria indifferente posò la frutta che aveva raccolto e le si sedette accanto. Olimpia: <<Non ci posso credere! Come facevi a conoscere quel brano di Saffo?>>. La guerriera la guardò dolcemente e le rispose:
Xena: <<Lo conosco perché, grazie a te, ammiro molto il modo in cui si esprime, tutto qui. E poi non credere che sia completamente insensibile!>>le sorrise e l’abbracciò. Le due si guardarono teneramente negli occhi: i loro sguardi urlavano l’amore che le legava profondamente.
Quasi spinte da una volontà propria, le labbra delle due donne si avvicinarono sempre più, fino a sfiorarsi.
Improvvisamente Xena s’irrigidì, lasciando Olimpia sorpresa. Pochi secondi dopo uscì dalla boscaglia una donna dall’aspetto orientale. Aveva il viso segnato dalla sofferenza ma appena vide Xena, i suoi occhi s’illuminarono di gioia.
Si avvicinò alla Principessa Guerriera e le disse:<<Sei Xena, vero?>> la guerriera annuì con il capo
<<Mi manda Kao Sin dal Celeste Impero: la sua vita è in pericolo!>>. Xena impallidì e sgranò gli occhi.
<<Com’è possibile? Chi può volere la sua morte?>> la precedette Olimpia.
<<Nessuno sa chi sia, l’unica cosa certa è che si tratta di un predone delle Terre Selvagge che è disceso dal nord per impadronirsi del nostro Impero. Ti supplico, Xena, aiutami in nome dell’amicizia che ti legava a Lao Ma!>>. Un lampo d’ira attraversò gli occhi della guerriera.
Xena: <<Domattina partiremo. Sono proprio curiosa di conoscere questo predone.>>.
Olimpia le posò una mano sul braccio e le sorrise con dolcezza. Mao Su iniziò a trafficare con i lacci della sacca che aveva con sé. Ne tirò fuori il libro di Lao Ma e lo porse a Xena.
<<Prendi questo libro, Kao Sin mi ha detto di consegnarlo nelle tue mani.>>. Xena accettò il libro e, quando lo ebbe tra le mani, percorse con le dita lungo la rilegatura i segni incisivi. Le balenarono alla mente i ricordi del suo periodo nel Celeste Impero, sotto l’ala protettrice di Lao Ma, poi il volto di Ming Tien ed infine quello di Kao Sin. Erano passati molti anni da quando l’aveva vista l’ultima volta. Anche se avrebbe preferito rivederla i una situazione più lieta, non in bilico sulla lama di un rasoio tra la vita e la morte. Era però altrettanto certa che neanche tutti gli dei che ancora vivevano sull’Olimpo l’avrebbero fermata.

Il cielo volgeva all’imbrunire quando Xena iniziò a preparare i giacigli. <<Domattina dovremo svegliarci molto presto.>> si giustificò sintetica. Durante tutto il pomeriggio non aveva proferito parola e più volte si era seduta in disparte, lontana anche da Olimpia.
Il bardo osservava con apprensione lo stato della sua donna, notando il suo turbamento. Ma preferì rimanere in silenzio: “Quando Xena si chiude a riccio, è meglio lasciare che sia lei a decidere di aprirsi.” aveva pensato la giovane.
Mao Su assisteva impotente alla situazione e, per quanto desiderasse parlare di persona con Xena, si limitò a raccontare ad Olimpia quello che stava accadendo nel suo paese a causa di quest’orda barbarica.

A notte inoltrata, quando ormai sia Mao Su che Olimpia erano addormentate, Xena si alzò dal giaciglio e si avvicinò al fuoco ancora scoppiettante. Osservò la sua armatura poggiata a terra e poi i biondi capelli di Olimpia. Uno sguardo carico di tenerezza si fece largo negl’occhi della guerriera.
“Come posso chiederle questo? Ha già perso una volta la vita per me e questa storia non mi piace. Questa volta però non penso ci saranno mele a salvarla. Non so…forse le chiederò di rimanere a Mitilene, nella dimora che appartenne a Saffo. Lì si troverebbe bene, anche se dubito che acc…”
<<Cos’hai, Xena?>> la voce di Olimpia irruppe nei suoi pensieri.
<<Niente, non ho niente. Non preoccuparti.>>
<<Come fai a dirmi di non preoccuparmi? Per tutto il pomeriggio non hai proferito parola ed ora, nel pieno della notte, ti alzi per fissare il fuoco. Sono segnali che mi preoccupano e molto.>> La dolcezza dello sguardo di Olimpia mosse Xena a dirle la verità.
<<Ho paura per te, Olimpia. Temo che possa accaderti qualcosa di brutto, come in Scandinavia o in Egitto o dovunque ti abbia trascinata. Per una volta devo ammettere che sono terrorizzata all’idea di perderti ancora. Solo adesso posso capire che cosa hai provato dopo la mia…>>. Olimpia le mise l’indice sulle labbra fermandola.
<<Xena, non una parola di più. Non devi assolutamente avere questo tipo di timori. So badare a me stessa e non potrà accadermi nulla se sarai sempre al mio fianco.>> e le carezzò una gota.
La guerriera chiuse gli occhi e cercò di catturare ogni istante di quel contatto. Il bardo si alzò e, presa la guerriera per mano, la condusse nel giaciglio. Le si rannicchiò contro e si fece abbracciare.
<<Sappi che nulla mi impedirà di seguirti, nulla.>>
<<Lo so, Olimpia, lo so. Ti amo più della mia stessa vita, sappilo.>>. Per tutta risposta il bardo unì le sue labbra a quelle di Xena in un bacio lungo e tenero. Poi si addormentarono tra le braccia calde di Morfeo.

Qualche ora prima che il sole sorgesse, Xena si destò e vide che Olimpia non si era mossa dalla posizione in cui si era addormentata: il capo posato sul suo petto e le braccia che le cingevano la vita. Con estrema cautela, per non svegliarla, la guerriera spostò il bardo e si alzò. Rivestitasi della sua armatura, si affrettò a raccattare le loro cose ed a rimetterle nelle bisacce. Sellò Argo e la lasciò libera per un po’.
Non appena il sole fece capolino all’orizzonte, Xena andò a svegliare Olimpia.
<<Forza, dormigliona, è l’alba. Dobbiamo partire!>>. Il bardo si voltò lentamente, gli occhi semichiusi, le rispose:
<<Perché dobbiamo partire sempre all’alba? Non si può verso il meriggio?>>. Si mise seduta e si stiracchiò le membra ancora addormentate e si voltò verso Mao Su.
<<Mao Su, alzati. È ora di mettersi in viaggio!>>. Non appena ebbe finito di parlare, la ragazza balzò in piedi e ad una velocità impressionante piegò tutte le sue coperte e le consegnò a Xena.
<<Spero solo di non aver perso troppo tempo. Avrei voluto parlarti ieri ma non mi è stato possibile, desidererei rimediare durante il viaggio!>>.
Xena fu felice delle parole della giovane e, prese le coperte, le ripose con le sue nella bisaccia.
<<Il viaggio sarà lungo e ne avremo di tempo per parlare, >> e lanciò un’occhiata ironica in direzione di Olimpia. Il bardo non potè che assumere un’espressione indifferente. La guerriera sorrise. Con un fischio acuto richiamò Argo e, presse le briglie nella mano sinistra, iniziò a camminare.
<<Ci vorranno forse dieci giorni di viaggio. Dovremmo raggiungere un porto domattina se camminiamo con un’andatura sostenuta e con poche soste. Da lì c’imbarcheremo e sbarcheremo in Cina.>> Mao Su annuì con il capo ed Olimpia scosse un po’ la testa. “Come fa a ricordare tutto così non lo capirò mai. Il bello è che non sbaglia mai, neanche di mezza giornata.” Pensò il bardo e lanciò un’occhiata verso Xena.
Il viaggio fu tranquillo e le tre donne parlarono della situazione in cui si trovava il Celeste Impero. Xena fu disgustata da come questo predone era riuscito a portare le cose in uno stato di desolazione. Il lei crebbe una rabbia feroce che aumentò la sua volontà di fargli pagare tutto il male che stava facendo a quella povera gente. La sera si accamparono in una radura dove scorreva un torrente. La mattina dopo giunsero al porto.

CAPITOLO II

La marina salmastra si stendeva placida e sfavillante. Era una giornata senza nubi ed anche il mare era limpido e cristallino. Xena, Olimpia e Mao Su giunsero al porto poche ore dopo l’alba. L’attività era già nel pieno della sua rapidità. Un andirivieni di gente affollava la zona e riempiva le botteghe. Lo scalpiccio di tanti passi e l’infrangersi delle onde della banchina creavano un’atmosfera dinamica e rilassante. Xena si mise alla testa e condusse il terzetto vicino le banchine, dove erano ancore ancorate le navi.
<<Ehi, tu. Sai se qualche nave parte oggi per il Celeste Impero?>>
Un uomo alto e dal corpo ancora snello si voltò. I capelli bianchi incorniciavano un volto bruciato dalla salsedine.
<<La mia galea salpa fra qualche ora. Sei sola?>> la sua voce era profonda.
Xena: <<Siamo in tre, quattro con il cavallo. Quanto mi costerà?>> Il capitano sorrise compiaciuto.
<<Vedo che non perdi tempo e che non mi hai riconosciuto, vero? Anch’io avrei dubitato che fossi veramente tu se non avessi visto anche Olimpia…ed Argo, naturalmente!>>
Xena aggrottò le sopracciglia cercando di capire che fosse quell’uomo ma proprio non riusciva a ricordarlo. Olimpia era stupita quanto lei.
Un flash back attraversò la memoria della Principessa Guerriera: due figure che lanciavano dei giavellotti contro una robusta parete in pietra.
Xena: <<Polissene! Non mi sarei mai aspettata di rivederti! Quanto tempo è passato!>>.
Il sorriso dell’uomo le fece capire di aver fatto centro, nel caso che ne fosse stato bisogno.
<<È quello che stavo per dirti anch’io! Per me gli anni sono passati ma tu sei ancora come ti ricordavo…bellissima come sempre>> pronunciò queste ultime parole a bassa voce, quasi imbarazzato.
Xena gli sorrise amichevolmente, dopo aver colto lo sguardo che Olimpia aveva rivolto al suo vecchio amico.
<<Non posso dire lo stesso di te, Olimpia. Sei così diversa, sembri…cresciuta. Devo dire che se un uomo dovesse giudicare quale fra voi due è la più bella, sarebbe nei guai più di Paride!>>.
Le gote di Olimpia si tinsero di un rossore delicato che inutilmente il bardo cercava di nascondere con un sorriso deliziato.
<<Allora, Xena, non mi presenti la fanciulla bruna?>>
<<Lei è Mao Su, un’emissaria del Celeste Impero. Mao Su, lui è Polissene un mio vecchio amico>>.
Con galanteria, l’uomo sfiorò delicatamente con le labbra la mano della ragazza che arrossì lievemente, non essendo abituata a simili gentilezze.
<<Mie care, siete le benvenute sulla mia galea: l’Amazzone. Vediamo un po’…Argo potrebbe alloggiare nella stiva, ci sono delle belle stalle, un po’ piccole, ma ben tenute. Per lei ci sarà del fieno fresco!>> il nitrito d’assenso dell’animale fece sorridere tutti e quattro.
<<Mentre per voi, mie care ospiti ci sono delle cabine disponibili sottocoperta. Non sono molto luminose ma sono provviste di candele e lampade ad olio a sufficienza. C’è solo un piccolo inconveniente: ce ne sono solo due libere. Due di voi dovranno condividere la stessa cabina>>
Xena ed Olimpia si lasciarono sfuggire un sguardo d’intesa che, almeno apparentemente, sfuggì a Polissene.
<<Va benissimo così, non è affatto un problema >> concluse la Principessa Guerriera.
L’uomo annuì compiaciuto e con un inchino fece cenno alle tre donne di salire a bordo e le seguì. Chiamò un mozzo e gli affidò Argo II, raccomandandolo di trattarla con il massimo rispetto e la più minuziosa cura. Dopodiché accompagnò Xena, Olimpia e Mao Su nei loro alloggi.
<<È davvero una bella galea, complimenti Polissene!>> fu il commento di Olimpia quando varcò la soglia della sua cabina.
La stanza non era molto grande ma ospitava comodamente un ampio letto ed uno scrittoio con sgabello, tutti tenuti fermi con pesanti perni.
<<Ti ringrazio molto. Se ti va posso aiutarti al timone ed alle vele, ne sarei molto felice!>> disse Xena.
<<Non dirlo neanche per scherzo. Siete mie ospiti e come tali dovete comportarvi. E poi il mio è un equipaggio qualificato, non sono i soliti marinai. Bene, devo tornare al mio lavoro, tra non molto salpiamo. Vi aspetto nella mia cabina per il pranzo.>>. Così dicendo l’uomo si voltò e fece ritorno in coperta.
Le due stanze erano adiacenti e quando Mao Su fu andata via, Olimpia si gettò comodamente sul letto.
<<È morbidissimo! Non mi sdraiavo su un letto così da un bel po’ di tempo! Vieni a provarlo, Xena!>>
La Principessa Guerriera non si voltò neppure e continuò a fissare un punto indefinito oltre un oblò.
<<Ehi, Xena, mi stai ascoltando? Posso avere l’onore di avere l’attenzione della grande Principessa Guerriera o devo compilare una richiesta scritta?>> le disse Olimpia, accentando particolarmente la parola “grande”.
Xena si voltò sorridente e si sedette affianco al bardo, che ne frattempo aveva assunto una posizione seduta.
<<Hai ragione, è molto comodo. Comunque ti stavo ascoltando, ero solo troppo assorta nei miei pensieri per risponderti, non prendertela.>> le disse di rimando con semplicità Xena. Olimpia si limitò a scuotere la testa ed a gesticolare con la mano con fare vanitoso, facendo scoppiare a ridere la guerriera.
Questa però dovette interrompersi quando le arrivò una cucinata in pieno viso dal bardo, accompagnata da un’espressione che voleva dirle “Così impari a non ascoltarmi”.
Dopo pochi secondi si scatenò una furiosa battaglia a suon di cuscini e solletico.
Era passata quasi un’ora quando entrambe le donne decisero di stipulare una tregua. Erano sdraiate sul letto ai due lati, Xena aveva i capelli in uno stato pietoso mentre Olimpia aveva perso un bracciale. Entrambe avevano le gote dolenti per il troppo ridere.
<<Adesso mi aiuti a trovare il mio bracciale>> esordì Olimpia
<<Solo se mi darai una mano a rimettere a posto i miei capelli!>> le rispose Xena. Olimpia annuì e le due iniziarono a cercare il bracciale del bardo.
Lo trovarono sotto lo scrittoio nell’angolo più buio. Poi le due cercarono di mettere ordine sulla testa di Xena con delle spazzole che Olimpia portava con sé nonostante il suo taglio non richiedesse una cura particolarmente attenta.
<<Ok, Xena, preparati a soffrire in modo atroce. Sai cosa mi è venuto in mente, vedendoti? I pidocchi che hai preso quella volta che Corilo ci aveva presentate in un villaggio come impavide eroine!>> e cominciò a spazzolarle i capelli da dietro.
<<Non me lo ricordare neppure, al solo pensiero inizio a sentire prurito!>> le rispose la guerriera che cercava di aiutare Olimpia distendendo con le mani le ciocche più scapigliate.

Il resto del giorno trascorse tranquillamente e le donne ebbero la possibilità di visitare la nave che ormai era in mare aperto.

Lentamente, il sole raggiunse lo zenit, illuminando d’oro tutta la prua. Xena osservava il mare infrangersi al passaggio della carena della nave. Mille spruzzi di cristallo si sollevavano ed imbiancavano l’azzurro dell’acqua, simili alle nuvole in cielo. Il vento soffiava leggermente, gonfiando le ampie vele triangolari e scostando appena la frangia dalla fronte della guerriera.
“Mi chiedo chi possa essere così crudele da invadere il Celeste impero e volere la morte di Kao Sin. Possibile che una ragazza possa essere così importante in un impero così vasto? Non so più a cosa pensare!”
<<Xena, a cosa stai pensando?>> la interruppe.
<<Niente di particolare, cercavo di capire cosa può aver sconvolto il regno di Lao Ma>>
Olimpia fece spallucce e si volse a guardare anche lei il mare.
Olimpia: <<Sai, vorrei chiederti una cosa>> il silenzio della Principessa Guerriera le fece capire che la stava ascoltando.
Olimpia: <<Quando saremo nel Celeste Impero vorrei che m’iniziassi ai poteri delle Perle di Saggezza.>> aveva parlato tutto d’un fiato ed il suo respiro era appena affannoso.
Xena: <<Non è facile gestire tale potere, altrettanto difficile è non esserne corrotti. Ma sono sicura che il tuo animo puro non verrà intaccato dalla bramosia>> abbassò lo sguardo in un moto d’involontaria vergogna <<Se sei veramente sicura, sarò la tua guida>>
Olimpia sorrise felice.

Il suono di passi leggeri toccò il fine udito della Principessa Guerriera che, voltandosi, incontrò lo sguardo di Mao Su. La giovane sorrise timidamente e prese a fissare le assi della tolda.
<<Dimmi, Mao Su, che cos’è accaduto nel Celeste Impero da spingere chicchessia a volere la vita di Kao Sin?>> chiese diretta la Principessa Guerriera.
<<È una lunga storia, forse e meglio sederci.>> esordì la ragazza.
Xena ed Olimpia annuirono ed entrambe la seguirono verso il rostro dove una sporgenza strutturale della nave fungeva da seduta. Quando tutt’e tre furono sedute, Mao Su prese un lungo respiro e si accinse al racconto.
<<Il Celeste Impero è cambiato moltissimo negli ultimi anni. Quando Kao Sin e sua sorella si scontrarono, inutile che ve ne racconti, il sovrano era una uomo poco incline alla clemenza, talmente ottuso da credere che avrebbe ottenuto obbedienza dal suo popolo solo tenendolo sotto il giogo di una tirannide spietata. Le carceri erano sovraffollate e le esecuzioni all’ordine del giorno: la gente temeva anche nel mettere il naso fuori di casa!>> la ragazza trasse un profondo respiro, poi proseguì.
<<Quello che il sovrano aveva ottenuto era solo terrore, non rispetto. Gli anni passavano ed ad ogni raccolto ci si trovava di fronte a nuove tasse ed imposte sempre più alte per permettere a quel sanguinario ed alla sua corte di bivaccare nel lusso più esagerato mentre i bambini morivano di fame a centinaia per le strade di ogni città. I pochi che possedevano ancora qualcosa assoldavano ogni genere di mercenario per proteggersi da coloro che, spinti dalla disperazione, si erano dati alla criminalità. Kao Sin era ancora rispettata e passava le sue giornate nel tentativo di distribuire quello che le era rimasto>>
<<Eppure non sembrava che ci fosse tanta miseria a quanto mi ricordo! I mercati erano affollati e le merci provenivano da ogni dove, come può essere precipitata così la situazione?>> interruppe la voce di Olimpia e l’espressione di Xena la supportava.
<<L’imperatore non aveva preso il potere perché suo padre era ancora vivo quando siete giunte voi. Morì poche settimane dopo in circostanza che al popolo non fu mai permesso conoscere e suo figlio gli subentrò alla guida del paese>> I cenni d’assenso delle due donne le fecero capire che la spiegazione era stata esauriente. Mao Su continuò da dove era stata interrotta.
<<Le tasse lievitarono a velocità impressionante e molti si trovarono senza una casa dove poter dormire, così Kao Sin trasformò il palazzo di Lao Ma in un ricovero per tutti coloro che la tirannide dell’imperatore aveva impoverito a tal punto. Si viveva tranquilli lì, io ero solo una bambina quando Kao Sin mi prese sotto la su ala. Sapete, creò anche una sorta di scuola affinchè tutti potessero imparare a leggere e scrivere. Tutti cercavano di rendersi utili, gli anni passarono rapidi e ben presto l’intero palazzo di Lao Ma divenne perfettamente funzionale ed organizzato ma…>>
<<L’imperatore non poteva permettere una cosa del genere>> concluse Xena.

di Nihal

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