La
luce del sole arrivava flebile attraverso il manto d’edera,
illuminando appena la chioma d’oro di Olimpia. Xena era sveglia
da tempo e fissava la ragazza, gli occhi persi su quel viso dall’espressione
angelica. Le scostò appena una ciocca dal viso e, facendo molta
attenzione, si alzò dal giaciglio. Con calma rimise l’armatura
e si sedette appena fuori dalla grotta, il libro di Lao Ma sulle ginocchia.
“Sono passati più di venticinque anni dall’ultima
volta che ho aperto questo libro. Pensavo non l’avrei fatto
mai più. Eppure eccomi ancora qui, in questo momento vorrei
che tu fossi al mio fianco Lao Mao.”
Con delicatezza aprì la prima pagina. Le parole erano ancora
nitide, solo i bordi della pagina erano appena ingialliti da tempo.
Sorridendo scorse con gli occhi le parole della sua guida…quanta
verità era racchiusa in quell’inchiostro.
“Siamo al momento della resa dei conti. Devo avere questo potere,
Lao ma, devo liberare tua figlia.”
La guerriera liberò la mente e lasciò che il potere
fluisse dalle pagine alla sua mente. Assorta nella meditazione non
si rese conto sei passi che le si stavano avvicinando alle spalle.
Olimpia: <<Così hai cominciato senza di me?>> il
suo tono era canzonatorio
Xena sobbalzò, colta alla sprovvista.
Xena: <<Mi hai spaventata, Olimpia. Comunque stavi dormendo,
non me la sono sentita di svegliarti>> il cuore le batteva ancora
all’impazzata.
Olimpia le si sedette di fronte e la fissò negl’occhi.
C’era tenacia nel suo sguardo e la guerriera non potè
che avere un moto d’orgoglio dentro di sé. Le sorrise
ancora poi chiuse il libro e si alzò. Il bardo la fissava stupita.
Xena: <<Sta tranquilla, ho deciso che questo posto è
un po’ troppo stretto per esercitarsi. Avviso Mao Su che ci
allontaniamo, d’accordo?>>
Olimpia: <<Benissimo, fa’ pure.>>
Dopo aver percorso
un sentiero scosceso nella foresta, le due donne giunsero in una radura.
Erano ancora visibili le tracce dei boscaioli: numerosi ceppi di alberi
costellavano il manto erboso. L’aria era tiepida ed il sole
appena sopra l’orizzonte. Con passo fermi la guerriera raggiunse
due ceppi uno di fronte all’altro e vi fece sedere Olimpia.
Xena: <<Ho trovato questa radura ieri, mentre ero a caccia.
È il luogo ideale per quello che stiamo per fare>> il
tono di voce era greve.
Olimpia annuì con fiducia. La guerriera le strinse un attimo
la mano ed aprì le Perle di saggezza.
Xena: <<Ora rilassati. Libera il corpo dal controllo della mente,
affinché questa possa elevarsi al di sopra dei sensi. È
importante però che mantenga la coscienza di te.>>
Olimpia chiuse gl’occhi e con il passare dei secondi i suoi
muscoli si distesero, le spalle persero rigidità. Il respiro
si fece lento e regolare. La guerriera fece lo stesso. Pochi attimi
furono sufficienti affinché ricordasse tutto quello che Lao
Ma le aveva così pazientemente insegnato. Quelle parole che
erano riuscite a mitigare il suo animo pieno di ira.
Xena: <<Alzati, Olimpia. Apri gl’occhi e segui i miei
movimenti. Non è difficile>>
Il bardo annuì e si alzò con un movimento fluido. Xena
iniziò a muovere le braccia innanzi a sé, formando dei
cerchi mentre ripeteva ad alta voce le parole del libro. Dapprima
non accadde nulla. La sensazione di pace profonda colpì Olimpia
come un pugno di ferro inguainato in un guanto di velluto.
“È stupendo! Non vorrei mai smettere!” pensò
irrazionalmente, persa in un’estasi mentale al di sopra della
conoscenza umana.
Xena: <<Rimani cosciente di te, Olimpia. Non perderti nella
pace, non hai ancora trovato il potere.>>
La voce di Xena la risvegliò. Riprese il controllo di sé
e seguì la sua maestra.
Xena: <<Hai
raggiunto la conoscenza, ora devi renderla viva. Concentrati su quel
ceppo. Focalizza tutte le tue energie. Quello che hai imparato oggi
non è un potere estraneo, è solo un catalizzatore della
forza dell’energia mentale. Forza, ci sono qui io, concentrati>>
Olimpia prese un profondo respiro, chiuse gl’occhi ed attese
alcuni secondi. Poteva sentire lo sguardo di Xena sulla sua pelle.
Scacciò ogni pensiero e riaprì le palpebre. “Si
tratta di una catalizzatore, è mia l’energia! Ce la posso
fare!”
La determinazione di Olimpia venne ricompensata quando il ceppo si
disintegrò sotto i suoi occhi.
Xena: <<Sapevo che ce l’avresti fatta. Ottimo lavoro,
Olimpia>>
Olimpia: <<Ho imparato dalla migliore, non poteva essere altrimenti!>>
Il viso della guerriera s’illuminò in un sorriso dolcissimo.
CAPITOLO
V
L’erba era
verde e soffice sotto i suoi calzari. Xena ed olimpia tardavano e,
per ingannare il tempo, aveva preparato qualcosa da mangiare. Anche
se non era molto sicura del risultato: la cucina non era mai stata
la sua vocazione. Continuò a “sfaccendare”, ignorando
il suono cadenzato che giungeva dalla foresta. Quando alzò
il capo e vide Xena, il cuore le giunse in gola con un balzo.
Mao Su: <<Per tutti gli dei! Xena, che spavento>> e si
portò una mano al petto. Xena inarcò un sopraccigli
perplessa mentre Olimpia tentava inutilmente di soffocare le risa.
Xena: <<Mah! Che buon profumino! Chi è l’angelo
del focolare che l’ha preparata?>> chiese retoricamente
mentre intingeva un dito nella scodella e ne assaporava il contenuto.
Mao Su arrossì fino alle orecchie.
Olimpia: <<Xena, un po’ di contegno! Non te l’ha
detto la mamma che non si mangia con le mani?>> il tono canzonatorio
di Olimpia strappò alla principessa guerriera una sonora pernacchia.
Le tre non poterono che ridere fragorosamente mentre pranzavano.
Mao Su: <<Allora, Olimpia, ci sei riuscita?>>
Olimpia: <<Sì, all’inizio è stato difficile,
capisco perché Kao Sin non ho mai voluto che tu imparassi…è
dura.>>
Al pensiero della sua amica, Mao Su abbassò lo sguardo: non
voleva che le vedessero gli occhi lucidi. La mano calda di Xena le
fece forza.
Xena: <<Sta tranquilla, presto la riabbraccerai!>>
Olimpia: <<Xena, qualcuno ci sta osservando>> il bardo
era incredibilmente tesa nell’ascolto. Xena annuì dolcemente,
non c’era pericolo. Mentre scuoteva la testa per tranquillizzarla,
dalla vegetazione uscì il ragazzo che avevano salvato al mercato.
Ragazzo: <<Salve, ehm…io…ho chiamato a raccolta
tutti quelli che so per certo contro il Tiranno, come si fa chiamare
ora, e vorrei che tutte voi gli parlaste. Sapete, non sono sicuro
che a me solo darebbero ascolto!>> finalmente riprese fiato.
Olimpia: <<Che polmoni!>> e gli sorrise
Xena: <<Non mi aspettavo tanta rapidità! Per quando sarebbe
fissata questa…“riunione”?>>
Ragazzo: <<Domani sera, al tramonto. Fatevi trovare davanti
la casa di Mao Su, da lì poi vi guiderò io!>>
gli si leggeva in viso l’entusiasmo per quello che era riuscito
a fare.
Xena: <<Ottimo…ehm…scusa, come ti chiami?>>
Ragazzo: <<Ah, sì, certo, il mio nome è Nagasaki.
Ora devo andare, prima che inizino a sospettare di me!>> si
chinò in segno di saluto e riprese la via della città
a perdifiato. Xena sorrise soddisfatta.
Nagasaki:
<<È giunta una straniera dall’Occidente! Amici,
fratelli, ha giurato che ci libererà dalla tirannia che è
calata sulle nostre vite!>>
<<Ah davvero? E a quanto ammonta il suo compenso??>> quel
tono ironico fece fremere il ragazzo d’ira. Come potevano essere
così diffidenti? “Ah se l’avessero vista! Allora
sì che mi crederebbero!”
Nagasaki: <<Non chiede denaro, ha solo bisogno del nostro aiuto!
Ha la forza di dieci uomini ma non conosce il campo di battaglia!
Dobbiamo aiutarla!>>
La risata che si sollevò nella stanza fu come una coltellata
in pieno petto. Chiuse gli occhi e raccolse tutte le forze che aveva.
Nagasaki: <<La condurrò qui! Al tramonto sarà
innanzi alla casa di Mao Su, ricordate? Anche la discepola prediletta
di Kao Sin è con lei!>>
Il silenzio calò nella sala, un po’ per stupore un po’
per paura. Nagasaki tremava, non poteva sbagliare neanche una parola
o avrebbe mandato tutto per aria. Era brava gente, solo troppo spaventata
per avere fiducia. Guardò oltre la finestra, il cielo si stava
tingendo di rosso.
Nagasaki: <<Io vado, attendetemi e non sarete delusi!>>
e varcò la soglia della porta con apparente tranquillità.
Una volta sulla strada, tirò un sospiro di sollievo.
Il battere ritmico
dei calzari di Xena sull’acciottolato scandiva il tempo tra
un sospiro e l’altro. attendevano da molto e di Nagasaki neanche
l’ombra.
“Che gli sia accaduto qualcosa? Speriamo di no o sarebbe un
altro innocente sulla mia coscienza” Pensò Xena ma vide
che anche olimpia era visibilmente preoccupata. Quando finalmente
l’eco di passi frettolosi giunse alle loro orecchie si rasserenarono.
Ai passi seguì un respiro pesante ed un fruscio di stoffe.
Finalmente Nagasaki svoltò l’angolo e le vide. Si chinò
per salutarle.
Nagasaki: <<Scusatemi ma ho impiegato molto più tempo
per convincerli tutti a venire! Presto seguitemi!>> ancora affannato
si volto e riprese a corre, le tre donne al seguito.
Il cicaleccio
che si udiva oltre la porta gli stava facendo scoppiare il cuore nel
petto: aveva paura che non si sarebbero fidati. Ma doveva rischiare.
Prese coraggio ed entrò nella sala.le voci tacquero all’istante.
Decine di sguardi severi lo scrutavano mentre percorreva la sala.
Quando tutti furono girati verso di lui, Xena entrò, seguita
da Olimpia e Mao Su.
Nagasaki: <<Come promesso, ho condotto qui la straniera!>>
ed indicò Xena.
Tutti gli sguardi si volsero stupiti verso di lei. La Principessa
Guerriera teneva la testa alta e li guardò negli occhi uno
ad uno con tutta la determinazione di cui era capace. Si avvicinò
lentamente al fondo della sala, Olimpia e Mao Su immobili.
Xena: <<Sicuramente nessuno di voi mi conosce, anche se altre
volte ho varcato le soglie del Celeste Impero. Ho vissuto per un po’
sotto la protezione di Lao Ma, di lei avrete certamente tutti memoria.
Sono una guerriera, non un’oratrice ma posso dirvi che questi
occhi preferirebbero spegnersi per sempre pur di non vedere l’opera
di Lao Ma in frantumi! Opera che sua figlia ha continuato e portato
a termine. Grazie a loro la vostra vita è migliorata, vorreste
forse negare questo?>> tutti scuoterono il capo. Ce la stava
facendo, li stava coinvolgendo. Respirò e proseguì.
<<Ora ditemi, loro hanno forse avuto paura di esporsi? No! Hanno
mai negato a qualcuno la loro fiducia o il loro appoggio per una qualsiasi
causa onorevole?>> questa volta la platea rispose e Xena seppe
che aveva ottenuto il loro consenso. Ora doveva convincerli all’azione.
<<Ed è così che le ripagate? Standovene rintanati
a subire il flagello che sta distruggendo quanto il loro sudore ha
costruito, mattone su mattone? Cosa penserebbero di voi i vostri antenati,
tra i più valorosi guerrieri che il mondo abbia visto? Di certo
non vi accoglierebbero come eroi e vi esilierebbero dalla mensa dei
valorosi. Per cosa? Per viltà! E voi non siete gente vile,
lo so! Ho vissuto tra di voi ed ho visto il vostro coraggio! È
ora che l’onore venga riscattato e che i prigionieri vengano
liberati: unitevi a me! Liberiamo insieme Kao0 Sin! Ridiamole, anzi
ridatele il potere che le è stato usurpato e che voi stessi
le avevate conferito! A cosa sarà servito il sangue dei vostri
cari altrimenti? Solo a macchiare la nuda terra! Rialzatevi della
polvere ed unitevi alla mia lotta, anzi, riprendete la vostra lotta!>>
Un’ovazione si alzò dalle loro gole e decine di mani
l’applaudirono: erano dalla sua parte! “Porta ancora un
po’ di pazienza, Kao Sin ed il tuo popolo ti libererà!”
Il cielo era ormai
d’un plumbeo cupo, anche le stelle erano oscurate da pesanti
nuvole che gravavano sulla terra come spiriti nefasti. Xena ed Olimpia
giacevano abbracciate nei loro giacigli.
Olimpia: <<Sei stata grande! Ti giuro che mi hai quasi fatta
piangere!>>
Xena le sorrise e la strinse ancora più a sé. Non sapeva
lei stessa cosa l’avesse spinta a parlare in quel modo…
Xena: <<Io stessa mi sono sorpresa delle mie parole…non
mi era mai accaduto, quantomeno non in modo così prorompente!>>
Olimpia le diede un leggero pugno e la guardò con uno sguardo
malizioso. Xena la guardò e rise sottovoce.
Xena: <<Come siamo cattive questa sera! Parlavo del mio discorso
o te ne sei già dimenticata? Comunque, cercavo di spiegarti
prima, è stato come se non fossi io a parlare ma qualcun altro
per mezzo mio!>>sia passò una mano fra i capelli.
Olimpia: <<Ti capisco, spesso accade anche a me. Pare che le
parole ed i loro suoni vengano da una cetra lontana, dimenticata e
che compaiano sulle pergamene come spinte da una volontà propria>>
Il bardo si rannicchiò ancora un po’ tra le braccia della
sua amata con fare infantile. Xena le rispose baciandole dolcemente
la fronte.
Olimpia: <<A volte ho l’impressione che tu sia mia madre!>>
disse ridendo mente Xena le carezzava con infinita dolcezza i capelli.
La Principessa Guerriera rise sommessamente, non per scherno: spesso
sentiva per la dolce creatura che stringeva tra le braccia il bisogno
di proteggerla.
Xena: <<Non hai più bisogno di una madre, Olimpia. Sono
orgogliosa di te quanto non lo sono mai stata di me stessa>>
subito però si pentì di quanto aveva detto: non voleva
farla soffrire per quanto penava lei. Olimpia fissò i suoi
occhi in quelli di Xena. Vi vide la sua anima riflessa, vide due laghi
gemelli che le chiedevano di essere amati. E sapeva che nulla glielo
avrebbe impedito.
I loro sguardi s’intrecciarono, i loro occhi si rispecchiavano
gli uni negli altri, l’uno era la metà mancante dell’altro,
come le loro anime. Così come la terra non è più
terra senza il cielo ed il cielo non più cielo senza la terra,
divise erano meno di niente, unite avrebbero abbattuto una montagna
con la forza del loro amore. Non c’è forza maggiore dell’amore,
del vero amore. Le pesanti catene della morte non possono imprigionarlo,
né la coltre dell’età assopirlo. Fiamma viva ed
ardente, nutrita dell’essenza più pura delle anime, luce
inesauribile che abbaglia. Così erano loro, una decisione ancestrale
le aveva predestinate ad amarsi e nessuna della due avrebbe mai infranto
tale promessa, tanto le erano grate.
Xena baciò delicatamente i capelli d’oro di Olimpia,
della sua piccola Olimpia. Profuse tutta la dolcezza di cui era capace
nel bacio che seguì. La perfezione con la quale le sue labbra
aderivano a quelle della sua compagna la stupì come fosse la
prima volta.
Olimpia: <<Sai una cosa, Xena?>> la sua voce era poco
più che un sussurro.
Xena: <<Dimmi>>
Olimpia: <<Ti amo>>
Non era la prima volta che ascoltava quelle parole ma fu come ricevere
in pieno viso tutte le folgori del cielo. Gli occhi le si fecero lucidi
e sorrise.
Xena: <<Anch’io ti amo, Olimpia, anch’io.>>
L’amazzone la guardò divertita.
Olimpia: <<La Principessa guerriera che si commuove? Quasi non
ci credo!>>
Xena: <<Con te non sono più la Principessa Guerriera,
la Distruttrice di nazioni…per te sono semplicemente Xena, una
donna follemente innamorata!>>
Prima che Olimpia potesse proferir parola, Xena la baciò come
se fosse l’ultima cosa che faceva nella sua vita. Si separarono
solo quando, ansanti, annasparono in cerca d’aria.
CAPITOLO
VI
La città
fremeva, la voce che una straniera voleva guidarli alla riconquista
della loro terra aveva scosso gli animi ed i cuori che l’avevano
ascoltata parlare s’erano infiammati d’un nuovo ardore.
La ribellione aveva piantato il suo seme e nessun Tiranno l’avrebbe
estirpato.
Xena: <<Non so né come né perché ma la
gente ha ripreso fiducia. Dipendesse da loro marcerebbero ora stesso
verso la rocca di quel farabutto!>>
Olimpia: <<Però comportarsi così sarebbe troppo
avventato e li manderebbe incontro ad una carneficina. Abbiamo bisogno
di un piano ed alla svelta, prima che il coraggio diventi violenza!>>
La Principessa Guerriera annuì grave. Per quanto cercassero
di mettere a punto un piano mancava sempre quel cavillo che ne avrebbe
decretato il successo. Avevano bisogno di qualcuno dall’interno,
qualcuno che aprisse loro le porte. Ma chi?
Il tavolo di legno a cui erano seduti cigolò appena quando
Olimpia vi posò stanca il capo. Niente, nessuna possibilità
sembrava essere fattibile.
Nagasaki: <<Avremmo bisogno di un diversivo, che so, magari
un gruppo attacca da ovest mentre noi li sorprendiamo da est!>>
Xena: <<Sì, ma come entriamo nella fortezza?>>
Mao Su: <<Sfondiamo i cancelli con un ariete!>>
Olimpia: <<Richiamerebbe i soldati che erano andati ad ovest
e noi ci troveremmo accerchiati>>
Mao Su: <<Siamo nuovamente al punto di partenza!>>
La Principessa Guerriera inarcò un sopracciglio con fare ironico.
Xena: <<Perché ci siamo mai mossi da lì?>>
Una leggera risata allentò la tensione ed il nervosismo di
tutti. Per quanto disponessero di centinaia di uomini erano tutta
gente semplice, contadini o commercianti e sarebbe stato difficile
impegnarli in un’azione militare troppo complessa. C’era
bisogno di qualcosa di semplice ma efficace.
Il cuore dei presenti ebbe un tuffo quando la porta si spalancò
e videro la sagoma di un soldato. La mano di Xena corse al chakram
con un guizzo mentre la figura si avvicinava a passi lenti. Arrivato
al centro della sala, con gli occhi di tutti puntati contro, si tolse
l’elmo: era uno dei comandanti della Guardia.
Comandante: <<Chi è Xena?>> pareva stesse dando
un ordine.
La guerriera sguainò la spada e gli si avvicinò, tenendo
gli occhi fissi nei suoi. Non gli sembrava un uomo malvagio, cosa
ci faceva lì armato di tutto punto?
Xena: <<Sono io, chi mi cerca?>> erano a pochi metri di
distanza.
Comandante: <<Sono il comandante dei soldati della Guardia e
sono qui perché non ho intenzione di rimanere con le mani in
mano mentre i miei concittadini vengono massacrati dai miei uomini!>>
Xena continuò a guardarlo sospettosa. Non era ancora sicura
di potersi fidare. Il comandante continuò sicuro di sé.
Comandante: <<Non potete sperare nel successo di un attacco
alla rocca dov’è prigioniera Kao Sin se non avete un
supporto dall’interno. Sono qui per darvi quel supporto. Credo
che lo accetterete di buon grado.>>
Lo guardò ancora per un po’, poi la Principessa Guerriera
gli porse la mano e lui ma strinse. Entrambi si sedettero, seguiti
a ruota da tutti gli altri. Una volta sedutosi, estrasse una mappa
dall’armatura.
Comandante: <<Questa è una pianta completa della rocca
dove è prigioniera la nostra Imperatrice>>
Tutti puntarono gli occhi sulla pergamena. Il comandante indicò
le entrate, le brecce e la cella dove era detenuta Kao Sin.
Comandante: <<In questo punto le mura sono più sottili
e facilmente un ariete le sfonderebbe, però sono sorvegliate
da quattro guardie ed è impossibile non farsi vedere>>
Il tempo passava e venivano esaminati le possibili strategie eppure
non erano riusciti a trovare una falla nell’assetto difensivo.
Xena: <<Questo Tiranno ha pianificato ogni cosa alla perfezione…>>
Olimpia: <<Aspetta, forse ci sono! C’è un cambio
della guardia notturno?>>
Il comandante annuì, pur non capendo dove volesse andare a
parare la ragazza.
Olimpia: <<Durante la notte, avremmo il favore dell’oscurità.
Quando le guardie della porta principale si allontaneranno per il
cambio, alcuni di noi prenderanno il loro posto. Poi un gruppo attaccherà
qui ad ovest, dove le mura sono più fragili. Per proteggerle
accorreranno sicuramente molti più uomini ed allora il grosso
entrerà dall’ingresso principale indisturbato!>>
Il viso di Xena s’illuminò: era una trovata geniale!
La luna era alta
ed illuminava d’un candore latteo la volta celeste. Tra i cespugli,
Xena ed Olimpia osservavano la colossale struttura di pietra che le
sovrastava. La fortezza era costruita in roccia lavica nero scuro
e solo le feritoie facevano trapelare delle sottili lame di luce.
Imponente come un gigante, la struttura sembrava inespugnabile.
Xena: <<Certo che non poteva scegliere fortezza migliore! È
davvero…maledettamente perfetta!>>
Olimpia riuscì a sorridere.
Si mossero simultaneamente verso le porte principali, quelle che avrebbero
dovuto poi “conquistare”. Due uomini le sorvegliavano
torvi ed armati di tutto punto: una picca in mano ed una spada alla
cintola. Era quasi l’ora, mancava poco al cambio ma il rumore
dei passi cadenzati delle guardie le fece sussultare ugualmente. Arrivarono
rapidi, il tempo di un saluto militare e le altre andarono via. “Proprio
come pensavo! Dovremo prenderli prima che siano troppo vicini, altrimenti
rischieremmo di farci sentire.”
Xena: <<Ora ho le informazioni che mi servono, andiamo.>>
Olimpia la seguì cauta mentre la Principessa Guerriera s’inoltrava
nella boscaglia.
Man a mano che si allontanavano, i loro passi si fecero più
sciolti, la tensione svanì e il loro incedere si fece sicuro.
Xena camminava dritta davanti a sé senza voltare ma lo sguardo,
mentre Olimpia cercava di guardarla negl’occhi. Non sopportava
di non capire a cosa pensasse. Da quando avevano lasciato la rocca,
non aveva spiccicato neanche una parola, neanche uno sguardo che le
lasciasse capire cosa le passava per quella testa.
“Perché è sempre così taciturna in queste
situazioni! Maledizione, perché non parla?”. Al bardo
scappò uno sbuffo rumoroso.
Xena: <<Guarda che non abbiamo cambiato strada, non manca ancora
molto e non c’è bisogno di sbuffare.>> il suo tono
era atono.
Olimpia: <<Sinceramente non ho sbuffato per la strada ma…vabbé,
lascia perdere, sarebbe inutile spiegartelo per l’ennesima volta>>
Xena si voltò guardandola con espressione interrogativa e fermandosi.
Xena: <<Come sarebbe a dire “per l’ennesima volta”?
sii chiara, Olimpia!>>
Olimpia: <<Da che pulpito viene la predica! Tu che dici a me
di essere chiara, ti rendi conto che cerco di capire cosa ti frulla
in quel cervello da quando abbiamo lasciato quella prigione? Non ti
rendi conto che mi sto rodendo per cercare di comprenderti? E poi
mi dici di essere chiara!>>
La ragazza era furiosa, la rabbia le aveva colorato di rosso le gote
e le aveva reso gli occhi fiammeggianti, quasi come se la foresta
che li colorava avesse preso fuoco all’improvviso.
Xena la guardò dritta negl’occhi, tenendo testa allo
sguardo rabbioso dell’amazzone. “Olimpia, come faccio
a dirti cosa penso se anch’io non ne sono sicura? Questa situazione
mi sta logorando dall’interno, devo darmi una calmata, non voglio
litigare di nuovo per Olimpia!”
Cercò di addolcire il volto in un sorriso anche se dovette
somigliare più ad una piega amara che ad una vera esternazione
di gioia.
Xena: <<Senti, non posso spiegarti qualcosa che anch’io
faccio difficoltà a capire! Mi sento impotente, inetta, incapace,
perché la figlia della prima persona che ha cercato veramente
di cambiare la mia vita, che voleva indirizzarmi verso un cammino
retto sta marcendo in prigione ed io sono qui, a cercare di organizzare
uno straccio di piano per liberarla mentre lei subisce chissà
quali angherie da quei maledetti bastardi!>>
Man mano che le parole uscivano dalla bocca della Principessa Guerriera,
Olimpia era sempre più meravigliata. Proprio non si spiegava
perché si addossasse tutte quelle colpe alle quali, in realtà
era assolutamente estranea.
Xena: <<Dimmi, Olimpia, in questo momento a cosa diavolo mi
serve essere la Principessa Guerriera se non posso prendere la spada
e trapassare tutti quei maledetti che la tengono prigioniera? A cosa
mi serve star qui ad “elaborare” un piano mentre lei potrebbe
essere in chissà quale stanza delle torture. Io so di cosa
sono capaci quei barbari, conosco quanto è grande il piacere
che ricavano dal dolore altrui! Ed è proprio perché
lo so che non riesco a capacitarmi di non essermi ancora buttata a
capofitto contro quello stramaledetto portone! Non so quale divinità
mi abbia trattenuto ma ti giuro che non è stato facile! A volte
rimpiango di non essere più quella guerriera spietata perché
a quest’ora, quella donna non avrebbe aspettato un secondo a
lanciare quei contadini contro i soldati pur di ottenere il suo scopo!>>
A quelle parole la meraviglia dell’amazzone tramutò in
rabbia, non era accettabile asco.tare una frase del genere.
Olimpia: <<ORA BASTA! Non ti permetto di parlare in questi termini!
Ti rendi conto di quello che la tua rabbia ti sta facendo dire? Hai
la minima coscienza di quello che significa? A che cosa sono serviti
tutti questi anni insieme, Xena? Non hai capito assolutamente niente!
Come puoi rimpiangere quel mostro? Dici sempre che ti ho cambiata>>
il tono della ragazza si stava facendo più pacato, passando
dall’ira alla desolazione <<ma non credo proprio. Sarebbe
stato meglio se fossi rimasta a Potidea, a quest’ora sarei un’anziana
signora con la sua famiglia che non ha mai dovuto soffrire perché
la persona più importante della sua vita ha rinnegato tutto
quanto quello che avevano costruito, superando anche la morte.>>
Ora le lacrime scendevano a fiotti dagli occhi della ragazza e nemmeno
Xena potè sottrarsi ad un pianto liberatorio. Resasi conto
di quello che aveva detto abbracciò Olimpia stretta, carezzandole
con tenerezza i capelli.
Xena: <<Perdonami, Olimpia, perdonami. Non avevo la più
pallida idea di quello che dicevo. Solo ora mi rendo conto di quanto
siano state stupide le cose che ho detto. Perdonami, ti prego, per
averti fatta soffrire anche questa volta. Perdonami, ti supplico>>
Trascorsero abbracciate un tempo indefinito, confortandosi nella consapevolezza
che nessuna delle due credeva sul serio in quanto aveva detto e che
l’ira aveva la forza di offuscare anche le menti più
lucide.
di
Nihal