Introduzione/
Esodo
Ovunque era silenzio. Tutto pareva tacere, sotto il suo ferreo volere.
O, meglio sotto il ferreo volere della sua mente.
L’uomo sedeva, in postura da meditazione, solo, in una tenda
d’accampamento.
Il suo corpo era un misto di rilassatezza e tensione.
Ogni muscolo era scolpito perfettamente. Più che un uomo, egli
pareva una delle migliori sculture di Prassitele.
I lineamenti del volto erano duri e fieri: la mascella scolpita, il
naso un po’ aquilino, gli occhi chiusi, a mandorla.
Il viso virile, incorniciato da lunghi e lisci capelli corvini, degni
d’una fanciulla.
Ma ciò non gli toglieva mascolinità.
Oltre che per la parvenza fisica, l’uomo sembrava una statua
per la postura: rigido come un tronco.
A petto nudo, seppur facesse freddo, egli continuava la propria meditazione,
con le spalle rivolte all’entrata della tenda.
Era abituato al clima freddo del luogo ad egli natio, il Tibet.
Un solo movimento, freddo, totalmente preciso e letale.
Senza neanche aprire gli occhi, aveva lanciato un bastoncino usato
per mangiare il riso e, questo, aveva colpito un moscone, andando
a conficcarsi nella parete della tenda, tale era la potenza del lancio.
L’uomo tornò nella sua statica compostezza, imperturbabile.
Capitolo
Primo/ Atto Primo
<<Dovrebbero inventare qualcosa che solchi il cielo anziché
la terra… e con maggior rapidità!>> Esclamò
Olimpia, scendendo da cavallo.
<<Qualche altra richiesta?>> Scherzò Xena, camminando
davanti a lei.
Olimpia non rispose. Quello che s’era trovata di fronte, l’aveva
fatta tacere come nessuna frase di Xena, per quanto pungente potesse
essere, avrebbe potuto.
…Il Tibet…
Il paesaggio era diverso da tutti gli altri molteplici nei quali era
stata.
Forse aveva qualcosa in comune con la Cina… o il Giappone…
o forse l’India…
Non sapeva deciderlo nemmeno lei.
Quel luogo aveva qualcosa di unico. Le piccole case, le botteghe,
avevano tetti spioventi, a capanna, pratici contro la neve.
Olimpia notò subito quanto anche la gente stessa sembrasse
diversa.
Non c’era chiasso, nessuno bisticciava, i mercanti non reclamizzavano
la loro merce, i bambini non strillavano… tutto sembrava immerso
nella pace.
Al bardo, quella visione piacque immediatamente.
Xena guardava Olimpia osservare quel luogo. La Principessa Guerriera
sapeva quanto la poetessa avrebbe apprezzato.
Un freddo vento spirava, scompigliando i capelli del bardo ed arrossandone
leggermente le gote e le labbra.
<<Xena… - sussurrò meravigliata, l’amazzone
– è bellissimo…>>
La Principessa Guerriera sorrise. Lei guardava la sua amica, come
questa guardava quel luogo.
Nonostante la conoscesse da anni, riusciva ancora a restare incantata
da lei, da come parlava, gesticolava, dalla luce che emanavano i suoi
occhi turchesi, dalla bellezza del suo esterno, riflessione del candido
animo.
<<Sembra un mondo di favola.>> Rispose, quindi, Xena.
Olimpia annuì e si strinse di più nella pezza con la
quale si stava comprendo. Il clima era davvero fresco ed era risaputo:
lei preferiva il caldo.
Una giovane donna, di media statura, dai lineamenti tipici del luogo,
s’avvicinò a loro.
<<Sei Xena?>> Chiese.
<<Sì.>>
La giovane chinò il capo, in segno di stimato saluto. <<Il
mio nome è Kharisma, mi manda il Maestro.>> Disse poi.
La Principessa Guerriera ricambiò il cenno, imitata da Olimpia.
Subito
dopo, le due risalirono a cavallo e seguirono la ragazza, alla volta
del Monastero di Burkhang. Cavalcarono velocemente, attraverso un
bosco di freddi abeti argentati. Olimpia, seduta dietro a Xena, le
stringeva i fianchi saldamente, per non cadere.
Il vento gelido continuava a muovere l’aria e l’amazzone
strinse la presa con maggior forza, al busto di Xena. Sentí
il profumo che emanava invaderle le narici e se ne riempí i
polmoni, come a voler prendere la guerriera entro se stessa. Xena
se ne accorse e si voltó per un istante indietro, per guardare
la sua compagna. Le sorrise dolcemente ed Olimpia, dopo aver ricambiato,
appoggió la testa sulla schiena della guerriera, chiudendo
gli occhi.
Le
due non si trovavano in Tibet per caso, circa una luna prima, avevano
ricevuto una missiva dove il Maestro Grahaam chiedeva l’urgente
aiuto di Xena.
La Principessa Guerriera raccontò ad Olimpia d’averlo
conosciuto quando ancora era una fanciulla e viveva ad Anphipoli ed
averlo rivisto, poi, dopo la morte di Akemi, quando il suo animo tormentato
dalla morte, non faceva altro che cercare pace.
Il Maestro aveva sempre avuto una grande considerazione di lei, vedendo
dentro al suo animo oscurato, uno spirito nobile e potente.
Dopo
più d’un ora di tragitto a cavallo, le tre donne giunsero
all’imponente e mistico monastero.
Neanche Xena v’era mai stata prima. La calma sembrava regnare
persino su quel luogo che traspirava spiritualità dalle sue
fredde mura.
L’interno era spoglio, minimalista e disadorno ed il silenzio
assoluto che vi era, non incuteva timore, anzi, tutto era pace.
Olimpia inspirò profondamente, volendo raccogliere in sè
anche quell’atmosfera.
In una sala, da un lato, le pareti di vetro davano una perfetta visuale
del bosco esterno; Sedeva a terra, a gambe incrociate un piccolo uomo
che pareva così vecchio, da aver visto nascere le divinità.
Profonde rughe solcavano il suo viso dall’immagine buona, addolcito
da caldi occhi scuri, a mandorla.
Xena sorrise, appena lo vide. L’ultima volta che lo aveva visto
era vecchio, sì, ma non così tanto.
In fondo non c’era da stupirsi, erano passati sei lustri…
Ora, l’uomo, doveva aver superato la novantina.
<<Maestro…>> Sussurrò la Principessa Guerriera.
L’anziano s’alzò ed allargò le braccia.
<<Mia splendida Xena… - Esclamò, cingendola in
un paterno abbraccio. – Non sai che piacere rivederti in salute.>>
<<Lasci che le presenti la mia fedele compagna, Olimpia…>>
Solo allora il bardo s’avvicinò, non avrebbe voluto violare
il momento d’intimità tra Xena e l’anziano Maestro.
La donna chinò la testa e quando la rialzò, l'uomo sfiorò
l’indice ed il medio sulla sua fronte.
<<La tua luce e forza m’incantano, Olimpia. Lieto di conoscerti.>>
L’amazzone si sentì onorata da quelle parole e già
un po’ più intima in quella situazione.
<<Maestro… - intervenne Xena. – Mi avete fatto preoccupare
con quella missiva d’urgenza.>>
L’anziano indicò alle guerriere di sedersi sui cuscinetti
posti a terra.
Kharisma, rimasta ferma all’entrata della sala, s’avvicinò
e sedette, vicino al maestro.
<<Mia cara Xena, devi sapere che un pericolo imminente incombe
su tutti noi. Lord Larek, figlio dell’Imperatore, è un
omicida. Non per vendetta, nè per arricchirsi, è già
talmente ricco di suo… Lui vuole il mondo ed ama la sofferenza.
Il suo spirito è arido, non conosce pietà e bontà.
La sua armata è molto numerosa ma ciò che più
è preoccupante, è la sua implicazione con l’ultraterreno.
Domani quando il sole sarà alto a mezzogiorno, egli invocherà
lo spirito in sè e diventerà così creatura del
male, indistruttibile e immortale.>>
Olimpia sussultò leggermente, le parole ed il tono del Maestro
la spaventavano.
Neanche Xena era completamente tranquilla, conosceva il Maestro Grahaam
e sapeva ch’egli non era tipo da creare allarmismi inutilmente.
Se indicava un pericolo, questo c’era sicuramente.
<<Ho saputo delle tue imprese, mia Xena… Le tue pergamene,
Olimpia, ed il tramandare di voci vi ha reso davvero grandi. Sono
in pochi coloro che ancora non conoscono la vostra forza e le vittorie
che avete avuto sulla morte.>>
A quelle parole, le due guerriere si scambiarono un’occhiata
colma d’affetto.
Ogni volta che guardava Xena, Olimpia non riusciva a non pensare a
com’era stato perderla e all’immensa gioia di riaverla.
Se c’era una cosa che quell’esperienza le aveva insegnato,
era l’importanza d’ogni attimo trascorso con le persone
che si amano.
<< Solo voi… - continuò il Maestro Grahaam - Solo
voi, potete fermarlo e dovete farlo prima che sia troppo tardi.>>
<< E lo faremo.>> Disse, Xena, risoluta.
Sconfiggere Larek, per quanto forte e preparato fosse, non sarebbe
stato impossibile, per la Principessa Guerriera. Per lei che s’era
battuta contro ogni genere di creatura esistente e che aveva sempre
vinto.
<< So che puoi uccidere gli dei e che, grazie al potere che
ti è stato conferito dall'onorabile Belur. Ma questa volta
é diverso, Xena. Chi diventa immortale per aver invocato il
male non é come le altre divinitá. Non ti basterá
il tuo dono per uccidere Larek se sará giá diventato
immortale. Devi ucciderlo prima del rito, prima della sua ascensione.
Domani, all’alba, dovrai sorprenderlo al suo accampamento, poco
distante da qui. La sua folle smania di gloria e conquista gli dà
un particolare senso dell’onore. Non rifiuterà mai una
sfida contro te. E dei suoi uomini non c’è da preoccuparsi,
non attaccheranno mai senza un suo ordine. Ordine che non riceveranno
se lo sfiderai. Se vinci, sarà la pace…>>
<<Ma se perdi…>> Intervenne Kharisma, rimasta sino
allora in silenzio ad ascoltare la conversazione.
Xena la fissò per un istante.
<<Non devi perdere, mia dolce Xena. – Disse il Maestro,
posando la mano su quella della guerriera. – Ora andate a riposare,
la battaglia sarà dura… La sorte del mondo è nelle
tue mani.>>
Olimpia guardò Xena. Non era la prima volta che il destino
del mondo dipendeva dalla Principessa Guerriera eppure, ad avviso
dell’amazzone, quella era una responsabilità alla quale
non ci si poteva abituare. Eppure Xena sembrava così decisa
e sicura. Ma il bardo la conosceva troppo bene per lasciarsi incantare
dalla sua corazza: sapeva che Xena non sottovalutava mai il nemico,
così era sempre pronta al peggio e le cattive sorprese non
la coglievano impreparata. Sorprese che, però, arrivavano sempre.
Puntuali ed inesorabili.
Olimpia
si ritiró nella stanza ma la Principessa Guerriera restó
a parlare col Maestro.
Solo a sera tarda Xena rientrò nella camera che le era stata
assegnata.
Olimpia sedeva sul letto, i capelli dietro le orecchie, una pergamena
posata sulla gambe incrociate, una penna in mano.
La Principessa Guerriera sentì il bene che provava per il bardo,
riscaldarle il cuore.
<<Xena! Non t’ho sentita entrare… Hai parlato col
Maestro?>>
La Principessa Guerriera iniziò a sganciarsi l’armatura.
<<Sì, volevo sapere qualcosa in più e poi…
sono lustri che non lo vedevo.>>
<<Sei preoccupata?>> Chiese il bardo.
<<Non più di tanto.>> Rispose Xena ma s’affrettò
a cambiare argomento. Era concentrata sulla battaglia che l’aspettava
ma parlarne non serviva a nulla, aveva solo voglia d’allentare
un po’ la tensione.
La Principessa Guerriera si stese sul letto, osservando Olimpia dedita
nuovamente alla scrittura.
Xena la osservó ancora qualche istante, si sedette e lanció
una veloce occhiata al papiro scritto per metá ma la sua attenzione
era proiettata su ció che piú d’ogni altra cosa
riusciva a catturarla: Lei... Olimpia.
I biondi capelli del bardo stavano a ciuffetti spettinati sulla fronte
ed essendo portati dietro alle orecchie, lasciavano libero il profilo
del suo volto dalle forme longilinee, delicate e forti allo stesso
tempo.
Il volto dell’amazzone era ancora giovane e liscio, non vi erano
rughe a segnare il passare del tempo, eppure c’era qualcosa,
in lei, che lasciava trasparire le fatiche e gli affanni della vita
totalmente fuori dal comune che, negli ultimi anni, quelli passati
accanto a Xena, aveva vissuto.
Probabilmente erano gli occhi, come perle abbaglianti, ad essere fulcro
dell'espressione.
Quegli occhi che, fin dal primo momento avevano incantato Xena, lasciandola
interdetta, perfino nella sua totale confusione.
Quegli occhi entro i quali la mora guerriera aveva trovato le risposte
che, nel suo profondo cercava.
Meglio di centinaia di enigmi svelati, il sentimento per Olimpia,
aveva dato un senso alla vita della Principessa Guerriera e l’aveva
illuminata, completata.
Sempre, Xena, s’era stupita di quanto l’unica cosa che
non aveva cercato, alla quale non aveva dato importanza, aveva contato
per lei.
Anche la passione in passato lo aveva fatto, con la differenza che
l’amore l’aveva salvata da tutto l’odio dentro il
quale la passione l’aveva portata.
Ma l’amore puó essere distruttivo quanto costruttivo
e Xena lo sapeva benissimo: il sentimento per Olimpia che la teneva
a galla dal soffocante marcio della vita, l’aveva anche, piú
volte, ritrascinata a picco ogni qualvolta aveva creduto di perdere
il suo dono piú grande.
L’amore rende deboli e vulnerabili da un lato ma forti ed invincibili
dall’altro.
É la piú grande delle contraddizioni eppure la prima
delle vertitá.
Olimpia alzó lentamente gli occhi dalla propria pergamena,
accortasi del penetrante sguardo di Xena che non si staccava piú
da lei.
Il bardo incontró i cerulei occhi della guerriera e vi vide
dentro la materializzazione del sentimento.
Olimpia sorrise dolcemente. Amava sapere che il lato piú nascosto
di Xena, nel profondo del suo cuore, era soprattutto per lei.
Olimpia allungó lentamente la mano verso il volto della guerriera,
accarezzandole la guancia. Xena afferró la mano del bardo e
la strinse, portandola davanti alle labbra, per baciarla appassionatamente.
Olimpia si sentí trasportare in un altro universo, ove i problemi
non potevano entrare. C’erano solo lei e Xena.
La SUA Xena che era cosí meravigliosa... In tutto.
Il suo aspetto, quegli occhi a volte gelidi e fulminei, capaci d’essere
piú spaventosi di un’arma ma, per Olimpia, cosí
dolci e colmi d’amore. La sua pelle, liscia e rosea, i lineamenti
del volto, forti, fieri e sicuri ma che sapevano addolcirsi quando
la bocca della guerriera si piegava in un sorriso e le iridi s’illuminavano
d’affetto. Olimpia amava la forza, la determinazione, la passione,
la dolcezza di Xena. Amava le sue contraddizioni, i suoi movimenti,
i gesti... Ogni singolo dettaglio. Anche i difetti che, entro la Principessa
Guerriera, sapevano trasformarsi in interessanti ed incantevoli particolari.
Xena avvicinó piano il proprio volto a quello del bardo, senza
distogliere lo sguardo da quello di lei.
I loro occhi si fondevano tra loro come due cristallini fiumi che
sfociano nello stesso.
Le loro labbra s’unirono, per poi schiudersi per unirsi ancor
piú, in una sensuale danza d’amore.
Le mani d’entrambe accarezzavano i volti l’una dell’altra,
passando poi alle spalle, alla schiena.
Olimpia stringeva a se Xena con forza: in quel momento la sentiva
completamente sua e non voleva lasciarla andare, né lei, né
quel momento.
E Xena non aveva la minima intenzione d’andarsene.
Troppe volte, Olimpia, l’aveva giá perduta... Non avrebbe
piú permesso a nessuno, al male o alla vita, di portargliela
via.
La Principessa Guerriera si staccó da Olimpia, facendole abbassare
il volto, in modo da posare la propria testa sopra a quella di lei.
Entrambe avevano gli occhi chiusi, avendo quasi paura ad aprirli e
risvegliarsi da quel piccolo sogno che s’erano appena create.
<<A volte vorrei essere Saffo, nonostante la sorte sfortuna
che s’é creata.>> Sussurró Xena.
Olimpia alzó gli occhi, tornando a perdersi e a ritrovarsi
dentro quelli della propria compagna.
<<Perché?>> Chiese semplicemente.
La Principessa Guerriera la bació sulla fronte per poi risponderle.
<<Per avere l’abilitá d’esprimere l’amore
che provo per te.>>
Le dichiarazioni di Xena arrivavano sempre veloci, precise e dolcemente
letali. Nel senso migliore del termine.
<<Pur amando la poesia, so che in certi casi le parole diventano
non necessarie...>> Ribatté Olimpia.
Xena riprese il volto d’ella tra le mani e ripose le proprie
labbra sulle sue.
di
Lisa
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il racconto