Capitolo
terzo
Atto terzo
<<Maestro! Maestro!>> urlò Xena, entrando nel monastero
e trascinando Olimpia a fatica.
<<Olimpia… Cos’è successo… Xena…>>
Il Maestro si piegò a terra, vicino al corpo della Principessa
Guerriera.
<<Io sono Xena… un incantesimo… aiutaci, ti prego!>>
Disse la guerriera.
Il Maestro non chiese niente, si limitò ad aiutare le giovani
amiche.
Xena sistemò la ferita di Olimpia, che aveva perso i sensi
e poi uscì dalla stanza, per andare a parlare con l'anziano
Maestro. Gli spiegò tutto, la battaglia, il tradimento di Kharisma,
l’incantesimo ed i poteri della ragazza.
Gli occhi del vecchio saggio si riempirono di tristezza, scoperta
la vera natura della sua giovane protetta. Ma non poteva lasciarsi
andare alla malinconia ed alla delusione, doveva fare qualcosa per
Xena ed Olimpia.
<<Potete fare qualcosa?>> Chiese la guerriera.
<<Xena, non devi permettere che Larek ascenda all’immortalità.
Però devi sapere una cosa…>>
Il Maestro s’interruppe come non volendo dare quella notizia
alla guerriera.
<<Cosa? Avanti, parlate!>> Lo esortò Xena.
<<Ora tu ed Olimpia siete legate ancora di più…
siete anime gemelle e questo è risaputo ma l’incantesimo
di Kharisma ha scisso anche i vostri corpi… Se una di voi morirà,
morirà anche l’altra>>
La Principessa Guerriera sentì un tuffo al cuore. Non era per
sè ad avere paura… Con la ferita che riportava e con
le cure del Maestro, Olimpia aveva buone possibilità di cavarsela.
Quello che la preoccupava, era la battaglia che doveva sostenere contro
Larek.
L’uomo aveva dato grande prova di forza, per Xena non sarebbe
stata un’impresa facile e, se avesse fallito o se, comunque,
pur riuscendo a sconfiggerlo, sarebbe morta, stessa sorte sarebbe
toccata ad Olimpia e non poteva permetterlo.
<< Maestro, ci devi far tornare come prima. Puoi farlo, vero?>>
Chiese.
Il Maestro Grahaam assunse un’espressione crucciata. <<Sì,
penso di poterci riuscire ma la pratica richiede qualche ora…
Non so se farai in tempo a…>>
<<Lo faccia.>> Xena era irremovibile.
Il Maestro consultò un libro di pratiche spiritiche e raccolse
del materiale.
Poi raggiunse Xena nella stanza dove giaceva Olimpia e posiziono candele
bianche intorno al letto dell’amazzone.
<<Xena, cosa succede?>> Chiese il bardo, riprendendo i
sensi.
La Principessa Guerriera la fece sedere ed appoggiare al proprio petto.
<<Ora rimettiamo le cose a posto, non preoccuparti…>>
Era strano per Xena, stringere a sè il proprio stesso corpo…
Però dentro c’era Olimpia… la sua Olimpia…
e vederla ferita la preoccupava più di qualsiasi battaglia.
Sapeva che ormai la bionda era una guerriera vera e propria, forte
e caparbia e ne aveva dato prova anche quella sera stessa. Ma, restava
sempre la sua Olimpia. Colei che amava più della sua vita ed
alla quale avrebbe risparmiato tutte le sofferenza possibili…
Se solo avesse potuto.
Mentre pensava a questo, accarezzava dolcemente i capelli ora stranamente
corvini del bardo ma fu interrotta dalla voce del Maestro che, con
braccia larghe, fuori dal cerchio creato con le candele, iniziò
a declamare a gran voce.
<<Per il potere del Fato, degli Elementi e della Vita, chiamo
a me il potere, per far sì che queste anime gemelle tornino
al loro naturale stato.>>
Una veloce sensazione, come un piccolo colpo… e basta.
Olimpia aprì gli occhi, e vide il viso di Xena.
<<Va tutto bene.>> Disse la Principessa Guerriera con
voce sicura, alzando finalmente senza problemi, la compagna in braccio
e posizionandola così sul letto.
Olimpia le afferrò saldamente la mano, trasmettendo a Xena
l’amore che provava per lei.
<<Queste ferite, si rimargineranno... É lo spirito il
piú difficile da curare. Sta attenta, Xena, te ne prego. Non
potrei accettare di vivere ancora senza te... – Il bardo s’interruppe
un istante, sopresa da una fitta di dolore. Ma, volendo finire, prese
fiato profondamente e continuó – Te l'ho detto giá
una volta: Il mondo ed io abbiamo bisogno di te... >>
Xena sorrise. Afferró la mano d’Olimpia e vi pose un
casto bacio.
<<Ti amo, Olimpia.>> Sussurró la Principessa Guerriera.
Quindi uscí dalla stanza, trasformata. Ora era una macchina
da guerra pronta all’azione.
Il
sole stava sorgendo, ormai, inesorabile su quel paesaggio da favola.
Il piccolo villaggio, devastato dalla razzia della notte prima, non
era più che un cumulo di macerie. Poche case restavano erette
sui loro piedi e pochi erano i sopravvissuti. E forse, quei pochi
non erano neanche i più fortunati. S’erano visti portare
via i propri cari in quella maniera brutale, senza un perché.
Solo per pura cattiveria.
C’erano feriti, mutilati e tutto era racchiuso in una cupola
di dolore.
Questo accadeva ad ogni villaggio, piccolo e grande che fosse, dove
passava Larek.
La sua non era una guerra, non aveva un nemico in particolare. Probabilmente
era già di per sè il peggior nemico di sè stesso.
Il male lo logorava lentamente dall’interno e non per colpa
della vita ma per natura. Ognuno di noi nasce con un’indole
che poi sviluppa nella vita. Si può cambiare strada, se si
vuole fermamente ma Larek, non lo voleva di certo.
Sedeva nella sua tenda, soddisfatto e vittorioso. Il sorgere del sole
lo stava avvicinando al momento della sua ascesa al potere.
La sua armata di quasi mille uomini, reclutata in tutto il mondo,
era considerata una delle più forti, una specie d’esercito
d’invincibili che sottostavano ad ogni suo ordine.
Larek non era ancora una divinità ma il carisma ed il senso
di superiorità che emanava dalla propria persona, facevano
sottomettere la gente facilmente al suo volere. Soprattutto per paura,
ma non solo.
Kharisma entrò nella sua tenda. <<Mi avete fatto chiamare?>>
Chiese.
<<Siediti>> Rispose egli.
La ragazza obbedì e s’accucciò di fronte a lui.
Si guardarono negli occhi.
Larek afferrò un pugnale che teneva nascosto nell’armatura.
<<Sposta i capelli.>> Disse freddo alla ragazza.
Gli occhi della giovane si riempirono di lacrime, capendo il suo intento.
<<Ma io ti amo…>> Osò.
<<Appunto.>> Rispose Larek.
Kharisma sapeva che non c’era nulla da fare, se si fosse opposta
o meno, Larek l’avrebbe uccisa lo stesso. Quindi spostò
lentamente i capelli dal proprio collo.
Quello che lei aveva fatto, l’aveva fatto per amore. Un amore
così forte da condurla contro tutto quello che le era stato
insegnato nella vita.
Chiuse gli occhi e la sua gola fu mozzata.
Larek pose una piccola borraccia sotto alla ferita dalla quale fuoriusciva
il sangue della ragazza.
<<I tuoi poteri aiuteranno per la mia ascesa.>>
Ancora
una volta, Xena cavalcava al massimo della potenza per cercare di
raggiungere in tempo Larek, prima ch’egli invocasse il male
dentro di sè e divenisse immortale.
Attraversò il bosco d’abeti argentati, il freddo le pungeva
il viso, il vento nevoso le scompigliava i capelli ma lei correva.
Quando uscì dal bosco, guardó il cielo: il sole era
alto, quasi mezzogiorno.
Arrivò all’accampamento di Larek dove c’erano centinaia
e centinaia di tende dove sostavano gli uomini di quel generale senza
pietà.
Xena scese da cavallo e fu subito attaccata da un gruppo di uomini.
Colpì i primi che le si pararono di fronte con una tale forza
da mandarli subito al tappeto.
Infine si ritrovò davanti uno che pareva essere d’un
rango superiore, una specie di vice comandante. Costui non l'attaccò
ma lei lo colpì al collo col pinch. <<Dov’è
Larek?>> Chiese.
L’uomo non accennava a rispondere.
<<Hai trenta secondi per rispondermi, dopodichè morirai.
Ti ho bloccato l’afflusso di sangue al cervello.>>
<<E’ in un piccolo tempio poco distante da qui, sta compiendo
il rito.>> Rispose l'uomo, interrotto da piccoli colpi di tosse.
Xena lo sbloccò e subito si ritrovò attaccata da altri
uomini, afferrò il chakram, si guardò intorno misurando
la situazione. Quindi lanciò l’arma che colpi i primi
che la stavano per attaccare. Con una serie di capriole all’indietro,
raggiunse abilmente il suo cavallo saltando in groppa all'animale
giusto in tempo per raccogliere l’arma dritta nella mano. Incitò
il cavallo a correre e veloce, fuggì alla volta del tempio.
Non
ci volle molto per arrivare, fece appena in tempo a scendere da cavallo
che un bagliore accecante, proveniente dal tempietto a cupola, illuminò
tutto l’ambiente circostante.
Xena v’entrò di corsa e notó con terrore che ciò
che temeva s’era avverato: Larek s’era trasformato in
divino.
<<Xena! E’ troppo tardi!>> Esclamò, beffardo
e vittorioso, dopodiché rise di gusto e la sua risata riecheggiò
assieme alla spettrale luce che emanava.
Ora che era un dio, di Xena non gliene importava più nulla,
aveva ben altro a cui pensare: il mondo era lí, ai suoi piedi,
non gli restava altro da fare che prenderlo.
In un bagliore che sembrava dovuto a fulmini e saette, scomparì.
Xena si sentiva disarmata, sconfitta. Non era riuscita a fermarlo.
E quell’essere già folle e privo d’umanità,
ora che era un dio immortale avrebbe facilmente assoggettato il mondo
al suo insano volere.
La Principessa Guerriera, però, poteva ancora salvare la situazione.
Una possibilità c’era, gliel’aveva rivelato il
Maestro. Solo che, ancora una volta, avrebbe dovuto sacrificare sè
stessa. Si sedette a terra, sugli scalini nel piccolo tempio.
La sua mente corse ancora una volta all’avventura in Giappone
a quando s’era fatta uccidere per poter sconfiggere Yodoshi.
Poi la sua mente corse alla parole del Maestro Grahaam.
<< Esiste un altro modo per sconfiggere Larek ma questo è
il più rischioso. Solo chi come lui avrà invocato il
male e sarà asceso, potrà ucciderlo. Ma attenta, Xena,
dal male non c’è uscita, se non la morte. Ed anche un
immortale può morire, se a pronunciare la sua condanna sarà
una persona che lo ama>>
Questa era la chiave, Xena ormai lo sapeva. Doveva invocare anch’ella
il male.
Estrasse dalla sella del suo cavallo la pergamena che il Maestro le
aveva consegnato, con su scritta la formula necessaria per l’invocazione.
Tolse la ferraglia dell’armatura, prese un piccolo pugnale e
si recise le vene sul polso sinistro. Il sangue cominciò a
correre copioso e lei se ne intinse un dito, per spalmarselo sulla
fronte e poi sul petto, all’altezza del cuore.
<<Spirito e cuore al male consacro. -Iniziò a leggere,
alzando il pugnale al cielo. - Invoco il potere delle torri del nord,
del sud, dell’est e dell’ovest affinché mi aprano
i cancelli del confine terreno e mi facciano trascendere. Io comando
d’ascendere!!>> Urlò infine.
Il cielo si squarciò in due e da esso, una specie di grosso
fulmine fuoriuscì andando a colpire direttamente Xena. La Principessa
Guerriera si sentì trasportare da una potenza, una forza immane.
Quale sensazione strana la invase... da tempo non si sentiva così.
Lievitava nell’aria, stretta da quella morsa maligna che però
sembrava donarle pace ed un assoluta sensazione di potere.
La sua pelle divenne bianchissima ed i capelli ancora più corvini
e lunghi, volteggiando nell’aria come trasportati dal vento.
La sua veste si trasformò e divenne una lunga tunica nera come
la notte.
Sembrava una creatura proveniente da un altro mondo.
La forza oscura la liberò e Xena poggiò i piedi a terra.
Aprì i cerulei occhi che ora brillavano d’una luce intensa.
di
Lisa
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il racconto