PROLOGO
Tipica sera primaverile
Il cielo era sereno, punteggiato da
mille piccoli e luminosi astri: milioni di lucciole che schiarivano
le tenebre. La luna splendeva sulla sua testa con un tenue pallore;
l'aria fresca della sera le sembrava tanto limpida e pulita, mentre
una lieve brezza le passava sulle ciocche castane, scompigliando i
capelli della donna, che posando una mano sulla chioma, cercava invano
di domare quei ricci ribelli; le lacrime, che nascevano dai suoi caldi
occhi bagnati, le scendevano sul volto, come tante piccole perle,
destinate a perdersi ogni volta che si frangevano sotto il suo mento;
nelle mani una pergamena vergine, forse una delle ultime che avrebbe
avuto occasione di scrivere
si, perché il Fato, era stato
ancora una volta poco benevolo nei suoi riguardi.
Saffo era affacciata al davanzale della sua loggia, immersa completamente
nell'oscurità proveniente dalla sua stanza da letto; solo quelle
stelle che rischiaravano la volta celeste, le facevano da lampada.
Il suo animo era triste, sconvolto da una profonda crisi interiore;
una delle tante nella sua vita; anzi, forse la prova più difficile
che le si fosse presentata innanzi
Mentre le lacrime continuavano
a sgorgare copiose dai suoi scuri iridi, la poetessa alzò gli
occhi al cielo, cominciando a singhiozzare delle parole, che sembravano
essere dei versi: <Madre dolce, più non riesco a tesser
la tela; sono domata dal desiderio di un ragazzo, a causa di Venere
molle.> Attanagliata dal dolore, Saffo alzò contrita i palmi
delle mani al cielo, stringendoli poi a pugno e recitando con tutto
il suo dolore:
<Venere, trono adorno, immortale, figlia di Giove, che le reti
intessi, ti prego: l'animo non piegarmi, o signora, con tormenti e
affanni. Vieni qui: come altre volte, udendo la mia voce di lontano,
mi esaudisti; e lasciata la casa d'oro del padre venisti, aggiogato
il carro. Belli e veloci passeri ti conducevano, intorno alla terra
nera, con battito fitto di ali, dal cielo attraverso l'aere. E presto
giunsero. Tu, beata, sorridevi nel tuo volto immortale e mi chiedevi
del mio nuovo soffrire: perché di nuovo ti invocavo: cosa mai
desideravo che avvenisse al mio animo folle. "Chi di nuovo devo
persuadere a rispondere al tuo amore? Chi è ingiusto verso
te, Saffo?
Se ora fugge, presto ti inseguirà: se non accetta doni, te
ne offrirà: se non ti ama, subito ti amerà pur se non
vuole." Vieni da me anche ora: liberami dagli affanni angosciosi:
colma tutti i desideri dell'animo mio; e proprio tu sii la mia alleata
>
Appena terminati questi versetti, vi fu un attimo di silenzio nel
quale riecheggiavano solo i singhiozzi della donna; poi un urlo si
levò al cielo: <Venere! O Dea dell'amore, perché
mi hai abbandonata anche tu? Perché lasci che la tua prediletta
soffra mille tribolazioni a causa dell'amore non corrisposto del bel
Faone? Perché! Perché
>
Una giovane figura, giunta lì appena sentito l'urlo, rimase
silenziosa sull'uscio della porta della camera di Saffo, muta ad ascoltare
il suo sfogo
<Se questa è un'altra delle prove a cui il Fato vuole sottopormi
mi spiace, ma ha già vinto: Sono stanca di soffrire per amore;
di amare persone che puntualmente vanno via; o peggio ancora che non
corrispondono il mio sentimento
Se il Fato vuole questo, non
lo accontenterò stavolta
preferisco morire ponendo per
sempre fine alle mie pene d'amore. E neppure tu, Venere, se non puoi
darmi aiuto, potrai impedirmelo!>
CAPITOLO 1
Era una tiepida e tranquilla mattina di primavera; il sole era sorto
da poco, ed illuminava con i suoi primi tiepidi raggi, i giacigli
disfatti delle due guerriere, che anche quella notte, come del resto
quasi tutte le altre trascorse insieme, avevano dormito nel bosco.
Il fuocherello che avevano acceso la notte prima per scaldarsi, era
ormai spento da un bel po', tuttavia sotto le ceneri dei tizzoni bruciati,
ardeva ancora una lieve brace. L'accampamento nel quale si erano sistemate
Xena e Olimpia, pareva però deserto
certo vi erano i
loro cavalli, le loro bisacce, le loro armi, ma delle guerriere nessuna
traccia. Ad un tratto, giocosi schiamazzi ruppero la quiete di quel
silenzioso mattino; dunque poco lontani dall'accampamento, sparsi
un po' per terra, un po' appesi ad un tronco, nei pressi di un lago,
vi erano gli indumenti delle due, che ridevano a più non posso
nell'acqua, facendosi i dispetti a vicenda.
Era sempre stata loro abitudine fare un bagno rigenerante mattutino,
e quel giorno non fece eccezione! Xena e Olimpia si divertivano come
matte: Si bagnavano, si schizzavano dandosi battaglia fino all'ultima
goccia, e la cosa più divertente era vedere come quelle due
donne "grandi e grosse", si comportavano in quel momento
ricreativo, come due bambine dispettose:
<Xena! Beccati questo gavettone!>
<Non avrai mica intenzione di
> Purtroppo non riuscì
neppure a finire la frase che si trovò travolta dall'acqua
che la fece andare a testa sotto. Appena riemerse, Xena disse all'amica
sputacchiando ancora l'acqua che aveva bevuto: <Ma brava! Poi se
mi vendico per questo brutto tiro, dici pure che sono sempre in competizione
con te!>
Olimpia cercando di istigarla: <Perché, vuoi dire che non
è così?>
Xena <E mi spieghi perché dovrei voler competere con te?>
Olimpia <Non lo so; ma è una cosa che hai sempre fatto!
Ed ora dovresti essere più motivata di prima, perché
adesso anch'io sono la guerriera della situazione!> Così
dicendo si avvicinò a Xena dandole un pizzicotto sulla guancia.
Xena con un pizzico di ironia: <Ma sentila! Caro il mio bardo,
le faccio notare che da quando ha imparato ad usare il pinch, e a
lanciare il chackram, si sta esaltando un po' troppo
Non sono
questi dei validi argomenti per poter affermare di essere una guerriera!>
Olimpia canzonandola: <Oh già! Avevo dimenticato di non
avere a che fare con una guerriera qualunque: Scusami grande Principessa
Guerriera!>
Xena incalzò: <Se se, fai pure la spiritosa, ma ti ricordo
che nessuno sà che io sono morta e poi ritornata alla vita
>
Olimpia la interruppe: <E con ciò?>
Xena continuò sicura di se: <Vedrai: La gente che avrà
bisogno di aiuto verrà a cercare Xena la principessa guerriera,
non Olimpia il bardo di Potidea!>
<Ne sei proprio sicura?>
Xena con atteggiamento di sfida : <Scommettiamo?>
Olimpia, che era stata messa K.O. dalla disarmante sicurezza dell'amica,
le fece una molto eloquente smorfia, ma vedendosi messa alle strette,
strinse la mano che Xena le aveva teso per stipulare la sommessa,
formulando poi un abbastanza tentennante: <Scommettiamo
>
A quel punto Xena tornò alla carica: <Se perdi pescherai
con me per tutte le idi di marzo
>
Olimpia si lamentò: <Xena, ma sai che odio pescare!>
La principessa guerriera con un ghigno beffardo la rimproverò:
<Niente ma! E' un pegno, e le vere guerriere i pegni li pagano!
Ma non ho finito, dicevamo: pescherai con me per tutte le idi di marzo
e mi laverai la schiena massaggiandola a dovere per quindici lune
Già mi gusto il relax che le tue dolci e sapienti manine sapranno
donarmi!>
Olimpia le rispose quasi piagnucolando: <Xena, tu non sei una benefattrice
dell'umanità; tu sei una sfruttatrice! Mi ero illusa che fossi
diventata meno profittatrice da quando sei ritornata a vivere sulla
terra con me, ed invece
>
Xena la guardò in volto, fissando i suoi occhi in quelli smeraldini
dell'amica; sapeva quanto Olimpia fosse cresciuta interiormente, e
quanta strada avesse fatto anche come guerriera; tuttavia, pronunciando
quella frase, le era parso per un momento, di ritornare a vedere in
lei, quell'indifesa fanciulla che aveva conosciuto molti anni prima;
le si avvicinò ponendole una mano sulla spalla, che massaggiò
delicatamente sussurrandole poi nell'orecchio, con voce intensa: <Va
bene, ho capito: Vuoi le coccole vero? Che ne dici se mi faccio perdonare
lavandoti la schiena? Dopotutto fra un po' dovrai lavarla tu a me
per un bel po'!>
Olimpia ritrovando il suo ardore: <Stai parlando come se già
avessi vinto la scommessa, ma
se invece dovessi vincere io?
Quale sarà il mio premio?>
Xena con atteggiamento di sufficienza: <Bhè
farò
per quindici lune tutto quello che vuoi tu! E' un prezzo da pagare
troppo alto, rispetto al tuo pegno, ma
è talmente remota
la possibilità che tu vinca
>
Olimpia falsamente arrabbiata si girò verso di lei, serrò
a pugno la mano, e la colpì sul petto, forte, ma non abbastanza
da farle male, poi ribatté:
<Continui ad infierire su una donna morta!! Hai un cuore di pietra!>
Xena
per tutta risposta si limitò a fissarla divertita, poi divenne
di colpo seria, passandole una mano sul viso, per carezzarglielo delicatamente,
spostandole una bionda ciocca bagnata, che le penzolava davanti gli
occhi. Un brivido corse lungo la schiena di Olimpia: Com'era possibile
che quella donna tanto forte e brutale sapesse essere all'occorrenza,
e con lei soprattutto, così dolce e delicata? Com'era possibile
che quelle mani possenti e vincenti in battaglia sapevano procurarle
intensi brividi ogni volta che la sfioravano, annientando le sue difese?
La guerriera continuò quell'effusione e mentre la carezzava,
le disse molto dolcemente:
<Se avessi il cuore di pietra, allora non proverei quello che...>
L'idillio di quel momento fu però interrotto da un prolungato
brusio tra gli alberi, che mise in allerta le due guerriere:
<Olimpia
>
Ma la donna l'anticipò: <Xena, lo so! C'è qualcuno
dietro quel cespuglio di more
E a quanto pare, è li che
ci sta spiando da un bel po'!>
Xena guardò l'amica stupefatta; pensò: <Allora ho
davvero creato la copia bionda di me stessa?>; ma non v'era tempo
per compiacersi dell'intuizione del bardo; così con un paio
di scatti silenziosi e repentini, furono subito fuori dall'acqua,
nei pressi del cespuglio "sospetto"; quasi fulmineamente
Xena, affiancata dall'altro lato dal bardo, spostò la chioma
di quell'arbusto, per vedere cosa, o più probabilmente chi
si celasse dietro di esso.
CAPITOLO 2
Quando la guerriera mosse con molta cautela le fronde di quel cespuglio;
tale fu la sorpresa delle due, vedendo sbucare fuori da esso una donna
piuttosto mingherlina, con grossi occhi neri e capelli altrettanto
scuri, ma con i tratti somatici caratteristici dei paesi ellenici.
Era vestita con una tunica bianca di pizzo, ricamata agli orli e con
dei calzari preziosi; così la guerriera intuì subito
che doveva provenire da una famiglia abbastanza agiata. Istintivamente
Xena si mise in posizione d'attacco, più per abitudine però,
che per paura che quella donna potesse effettivamente far loro del
male, comunque la donna alquanto impaurita riuscì a dirle:
<Non farmi del male; non sono armata e vengo in pace!> Xena
ruppe la posizione d'attacco, così si ritirò; i suoi
muscoli si allentarono dalla tensione che li aveva imprigionati poco
prima, ed anche il suo viso assunse un portamento più sereno.
Olimpia porgendo una mano alla donna, aiutandola così ad uscire
dal suo "improvvisato" nascondiglio, le chiese: <Chi
sei? Perché ci stavi spiando?> La donna sembrò del
tutto riprendersi dallo spavento di poco prima tirando un profondo
sospiro per lo scampato pericolo; cominciò quindi a pulirsi
con una mano, il terreno che le sporcava la tunica all'altezza delle
ginocchia. Si gettò all'indietro i capelli ormai sconquassati,
con molta disinvoltura, e poi si mise finalmente in posizione eretta
stiracchiandosi; in quel momento, si rivelò alle due, come
una donna abbastanza alta, molto aggraziata e bella.
Xena era però spazientita da quell'atteggiamento vanitoso della
donna che non si affrettava a rispondere alla sua amica le intimò
quindi: <Ehi, sei sorda? Perché non rispondi alla domanda
che ti ha fatto?> La donna distolse gli occhi dal suo vestito sgualcito
e fissò le due guerriere, squadrandole da capo a piedi; rimanendo
però muta dinnanzi allo spettacolo che i suoi occhi le offrivano;
solo in quel momento Xena e Olimpia, guardandosi a vicenda, si accorsero
di essere ancora del tutto nude
Alla donna che continuava a
fissarle con insistenza, scappò dalla bocca in un sottile bisbiglio
quasi impercettibile:<Stupende!> E piene di imbarazzo le guerriere
presero i primi stracci che avevano sotto mano per coprirsi temporaneamente,
almeno, finché quella donna non avesse smesso di guardarle
inebetita. Olimpia, alquanto infastidita dallo sguardo insistente
e penetrante della donna, le chiese:
< Per gli Dei! Che hai da guardare? Insomma, vuoi dirci chi sei?>
Fu solo in quel momento, che la donna sembrò abbandonare il
suo stato di estasi tornando alla realtà; si degnò dunque
di rispondere alle due che attendevano ansiosamente che lei proferisse
parola: <Scusatemi se vi ho disturbato meravigliose fanciulle,
passavo di qua per caso, ma sono stata vinta dalla curiosità
di sbirciare, per vedere da dove provenivano quegli allegri schiamazzi
Dunque ho trovato voi, mi dispiace se ho interrotto qualcosa di
>
Xena con atteggiamento misto fra lo spazientito e l'imbarazzato le
disse: <Si, ma taglia corto, vuoi dirci una buona volta chi sei?>
La donna rispose: <Il mio nome è Attis, lieta di fare la
vostra conoscenza
>
Xena seccata rispose: <Se la situazione fosse diversa direi che
il piacere è tutto nostro, ma
ehi, la smetti di fissarmi
come una che non ha mai visto una donna?>
Attis le rivolse parola con fare dolce e suadente, ed un aria ancor
più trasognata: <Scusa è che sei una creatura meravigliosa
>
Xena abbassò il capo scoraggiata in segno di resa
Olimpia
invece, fu colta da una folle gelosia a causa di quelle parole; non
le capitava mai di essere incredibilmente gelosa di qualcuno, ma Xena
era l'unica eccezione che confermava la regola; tuttavia cercò
di controllarsi, e già che c'era, deviò anche il discorso,
che altrimenti sarebbe diventato insostenibile per tutte e tre, perciò
disse:
<Sembri un'aristocratica, cosa ci fai tutta sola in un bosco? Perché
passavi di qui per caso? Dove eri diretta?>
Attis, che fino ad un istante prima, fissava le donne con uno sguardo
acceso e luminoso, improvvisamente si incupì in volto; questo
mutamento riuscì ad essere così palese che Xena e Olimpia
lo carpirono contemporaneamente, fissandosi a vicenda come per dirsi:
<E adesso che ha?>.
La loro curiosità fu però, subito fugata dalla donna
che si mise a sedere con fare molto svogliato sul prato verde, e martirizzando
un ciuffetto d'erba, cominciò a parlare con tono triste guardando
un punto dell'orizzonte non definito:
<Bhe, in effetti
sono un'aristocratica, ma la mia storia
è lunga e triste, e non vorrei annoiarvi
>
Mentre Olimpia indossava il suo corsaletto cominciando a rivestirsi,
intimò alla donna di parlare: <Attis, spiegaci meglio quello
che vuoi dire! Accidenti, l'Oracolo di Delfi sarebbe meno misterioso
di te!!>; intanto Xena, che non proferiva parola, imitò
l'amica rivestendosi, e in un baleno fu di nuovo bella, pronta e sistemata.
Attis che nel frattempo aveva calato lo sguardo su quel ciuffetto
di erba che stringeva in mano, lo risollevò quasi intimidita,
guardando sott'occhio a che punto fosse la fase di vestizione delle
due guerriere, poi si schiarì la voce e continuò:
<Come vi dicevo sono un'aristocratica, ma non perché le
mie origini fossero nobili, infatti provengo da una famiglia poverissima
che vive tutt'oggi sull'isola di Lesbo, la mia patria; ma sposando
Alceo, ho ereditato il suo titolo nobiliare, nonché tutte le
sue ricchezze; purtroppo però, è stato un matrimonio
combinato
Io neppure lo volevo sposare quello là!>
Xena la interruppe chiedendole di delucidarla: <Ehi, un momento,
scusa, ma di quale Alceo stai parlando? E' per caso quel riccone che
con la sua politica pedestre crede di voler apportare grossi cambiamenti
al sistema politico (che tra l'altro è uno schifo) in Lamia
e successivamente anche in tutta la Grecia?>
Olimpia si intromise incuriosita: <Xena, ma Alceo, non era il Signore
del villaggio in cui siamo state quattro lune fa?> La guerriera
prontamente le rispose: <Assolutamente si! E' di lui infatti che
sto parlando!!>
Attis alzò lo sguardo fissandolo in quello della guerriera:
<Lo conosci allora il mio sposo?>
Xena riluttante rispose: <Si che lo conosco
per sentito dire,
si intende; ma posso assicurarti che non gode di buona fama tra gli
abitanti di Lamia! E a dire la verità neppure da qui ad Eubea
è ben visto!> La donna quasi per giustificarsi disse: <Si
ma io non condivido le sue scelte
>
Olimpia non riusciva a trovare il nesso tra tutte quelle situazioni,
così si sedette sull'erba, vicino ad Attis e la interrogò:
<Andiamo con calma: dunque ti sei sposata contro voglia, ma non
capisco perché tu ti sia ritrovata improvvisamente tutta sola
in un bosco
Stavi per caso scappando da lui?> Attis rispose
con un tono di voce abbastanza meravigliato: <Oh
no di certo!
Nonostante tutto, Alceo è buono con me! Io non stavo scappando;
la verità è che io mi sono messa in viaggio tutta sola
perché devo cercare delle persone a cui so di poter chiedere
aiuto
>
Xena drizzò le orecchie, e di colpo si fece più interessata
alla situazione; disse con tono meno burbero di prima: <Attis,
non possiamo aiutarti se non ci dici qual è il problema!>
La donna le sorrise amaramente e disse: <Oh fanciulla
apprezzo
il vostro altruismo, ma purtroppo non siete voi che potete aiutarmi!>
Olimpia rispose: <Possiamo sapere almeno chi cerchi?>
Attis irruppe in un pianto disperato: <
Fatemi finire di raccontare
e capirete: Quando mi sono sposata, ho lasciato una cara ehm
amica, ora so che questa mia amica è in grosse difficoltà.
Vorrei poter andare da lei e soccorrerla, ma purtroppo non posso:
Alceo me lo impedisce. Ero disperata, finché una delle mie
ancelle personali, che conosce la mia storia, mi disse che forse c'era
un modo per aiutare la mia amica: Mandare da lei due guerriere
>
Di colpo la mente di Xena si aprì, cercò di parlarle,
aveva capito che Attis stava cercando loro e stava per dirgli che
i suoi guai erano finiti perché aveva trovato coloro che cercava,
ma fu subito arrestata da Attis che riprese fiato, asciugò
le lacrime con un pezzetto di stoffa che Olimpia le aveva porto, e
riprese il racconto: <
Mi disse che queste due guerriere sono
molto buone, e aiutano sempre chi si trova in difficoltà. Mi
informò che erano recentemente state nel mio villaggio, così
io ho pensato di andarle a cercare al mercato di Lamia; speravo davvero
di poterle trovare là, ma così non è stato
in seguito, rifocillandomi ad una taverna, riuscii a sapere dall'oste
che erano andate via proprio quella mattina, e che probabilmente erano
dirette in Calcide. Mi affrettai dunque a prepararmi per mettermi
in viaggio e raggiungere le due guerriere, sapendo però che
Alceo non avrebbe condiviso nè permesso il mio modo di agire;
ovviamente ho dovuto mentire dicendogli che andavo da una parente
ad Eubea per due giorni
altrimenti non mi avrebbe permesso in
alcun modo di partire per aiutarla! Tutto il resto della storia è
quello che sto vivendo con voi adesso
>
Xena sentì un brivido percorrerle la schiena; aveva giudicato
male e con troppa fretta quella donna, che aldilà della sua
stupida vanità, era realmente in pena per la sua amica
in un certo senso si sentì come partecipe di quel dolore: Quante
volte, in vita ma anche nell'aldilà aveva temuto per le sorti
della sua piccola Olimpia? Quanto forte era il dolore che provava
ogni volta che la sapeva in pericolo e non poteva far nulla per aiutarla?
Per quella donna, evidentemente non doveva essere tanto diverso
A quel pensiero posò per un attimo lo sguardo sul bardo che
nonostante avesse dovuto affrontare mille e più pericoli, adesso
era comunque lì con lei.
Olimpia
d'altronde, riuscì a scorgere l'amarezza nelle parole di quella
donna, e sinceramente colpita da quel racconto le si rivolse: <Devi
volere molto bene a questa tua amica, è così?>
Attis la fissò per un attimo nei suoi occhi color smeraldo,
accorgendosi solo allora di quanto fossero belli, e della sensazione
contagiosa di pace che emanavano; poi sembrò rivolgere lo sguardo
all'orizzonte perdendosi per un attimo nei suoi ricordi, dunque le
rispose: < E tu? Ci tieni molto alla tua amica?>
Olimpia rimase perplessa, guardò Attis, guardò Xena,
poi di nuovo Attis; prese coraggio e disse: <E' tutto quello che
ho di più caro al mondo!>
<Allora cosa faresti se la sapessi in difficoltà?>
Olimpia rispose, stavolta senza esitazione, guardando la guerriera
negli occhi cerulei: <Farei esattamente quello che stai facendo
tu adesso, anzi se potessi, anche molto di più! Andrei fino
ai confini del mondo e tornerei per Xena!>
Attis accennò un piccolo sorriso e disse: <Allora mi capisci?>
Olimpia annuì, poi la donna continuò: <Ora però
sono presa dallo sconforto; sono due giorni che sono nei pressi della
Calcide e non ho ancora nessuna idea di dove poter trovare le guerriere.
Accidenti, ma dove saranno? Mi pare che si chiamassero Xena e
O... Ofelia? >
Xena sorrise sentendo quel nome e pensò: <Poverina, se Olimpia
si fosse chiamata così, non so fino a quando le avrei permesso
di seguirmi! Quanto è brutto questo nome!> Poi guardò
il bardo con il suo solito sorrisetto beffardo e col sopracciglio
inarcato; la donna recepì che il suo messaggio velato era:
<Tesoro, hai perso la scommessa! Pronta a pagare pegno?> <Sicuramente
mi vorrà dire questo
> pensava.
Dunque Xena si voltò verso Attis, stava per rivelarle il vero
nome dell'amica, quando per l'ennesima volta fu messa a tacere da
quella logorroica donna che sembrò avere come una folgorazione
ed urlò: <No! Olimpia! Ma adesso devo andare, devo trovarle
prima che accada il peggio grazie per avermi ascoltato e
>
Sembrò ritornare di nuovo cupa in volto: <
E non separatevi
mai l'una dall'altra, perché l'affetto che vi lega è
qualcosa di speciale! E' grandissimo l'amore che potete dare l'una
all'altra! Siete l'una il completamento, la parte mancante dell'altra
Ed io di queste cose me ne intendo, fidatevi!>
Detto questo, fece per alzarsi e per andarsene, ma Xena la fermò:
<Attis, dove vuoi andare, vieni qua ti aiutiamo noi!>
La donna si voltò e disse: <Non credo proprio che possiate...>
e ritornò sui suoi passi;
Xena e Olimpia si guardarono confuse, poi il bardo disse: <Ma non
puoi andare via così!>
Improvvisamente Attis si rivoltò pensierosa: <Hai ragione:
Prima di andare via, leggiadre fanciulle, posso sapere i vostri nomi?>
Un senso di scoramento prese le due guerriere che non erano ancora
riuscite a capire, il modo di comportarsi di quella donna che alternava
stadi di serenità, a stadi di profondo tormento interiore;
poi Olimpia prese la palla al balzo e disse: <Indovina un po'?
Siamo Xena e Olimpia!>
Xena aggiunse in tono ironico: <Sorpresa!>
La donna lasciò cadere la bisaccia che aveva in mano, per terra,
provocando un sordo tonfo; sgranò gli occhi dallo sgomento
poi disse balbettando: <E'
è
impossibile! Stavo
parlando da tutto questo tempo con le donne che sto cercando da giorni
e voi non mi dite niente?>
Xena le fece notare con un tono abbastanza pungente: <Ma sai che
sei proprio strana? Ho cercato di parlarti più di una volta,
tu mi hai sempre interrotto!> poi continuò imitando il tono
di voce di Attis: < "Fatemi finire e capirete"
Ah no, non puoi biasimare noi adesso!>
Poi prese parola Olimpia: <Guarda il positivo: Ti sei sfogata e
ci hai già detto cosa ti è accaduto, così ora
non sarai più costretta a rinnovare il tuo dolore ogni volta
che ci parli della tua amica!>
Xena disse: <Senti: allora, ti serve il nostro aiuto o ti arrangi
da sola? No perché non possiamo stare qua tutto il giorn
Ehi, ma mi senti?>
Attis, come aveva intuito Xena, non la stava proprio calcolando, e
guardava le due donne con un aria stupita, imbambolata.
Olimpia disse: <La smetti di guardarci come se fossimo due creature
a te sconosciute?>
Attis si riprese e disse: <Scusatemi; è che immaginavo Xena
e Olimpia, queste due leggendarie guerriere più alte
>
Olimpia si grattò il capo squadrandosi tutta, aveva sempre
avuto il complesso di essere bassa, ma chiunque lo era se messa vicino
alla Principessa Guerriera; Xena le si avvicinò sussurrandole
nell'orecchio: <Credo proprio che ce l'abbia con te!!> Olimpia
rispose con un sorrisetto dispettoso: <Semmai si riferisce a tutte
e due; ha parlato al plurale!>
Attis continuò: <
Più muscolose
>
Xena arrabbiandosi disse: <Ehi, cos' hanno che non vanno i miei
muscoli?>
Olimpia la trattenne per evitare il peggio, poiché sapeva quanto
Xena faticava per tenersi in forma, e proprio non accettava quando
le si diceva che non lo era; quindi chiese ad Attis: <Attis, ma
ti aspettavi di avere a che fare con due guerriere o con i titani?
No perché da come ci stai descrivendo, nella tua fantasia sembriamo
due titanesse!>
La donna si difese: <No
è che circolano così
tante leggende sul vostro conto e tutti vi enfatizzano
Io vi
immaginavo così per quello che ho sentito dire, ed il fatto
di avere di fronte a me le due più impavide guerriere del mondo,
che hanno il mio stesso esile aspetto, è stata per me una tale
sorpresa
>
Xena si rivolse a Olimpia preoccupata: <Esile? Sono esile secondo
te?>
Olimpia le disse: <Bhè, effettivamente da quando sei tornata
mi sembri un po' più sciupata
Ma non farne un dramma
adesso!> Poi ricordandosi che c'era anche Attis con loro Xena le
si rivolse: <Allora, te lo ripeto per l'ultima volta, vuoi il nostro
aiuto?>
<Certo che lo voglio!! Che domande, mica ho girato giorni e giorni
per ritornarmene a Lamia senza mandare soccorso alla mia amica!?!>
di
Bard and Warrior
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il racconto