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episodio n. 2
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La mattina era arrivata presto, troppo presto per Olimpia che ancora faticava a svegliarsi.

Aveva dormito come un sasso nonostante le preoccupazioni delle ultime ore.

Quando aprì gli occhi vide Virgilio nello stesso stato e Xena che spegneva il fuoco e sellava Argo.

Si alzò e constatò in breve che la principessa guerriera non aveva chiuso occhio.

Il suo viso era stanco, stanchezza che non aveva in nessun modo oscurato la sua bellezza ma che comunque traspariva, sotto quella corazza impermeabile di guerriera.

“Anche io ora sono una guerriera” si disse, ma nello stesso tempo capì che non sarebbe mai stata come Xena, neppure sotto un incantesimo. Da lei aveva imparato molto, tanto, ed ora si sentiva pronta come non lo era mai stata per seguirla ovunque. Era una persona stupenda sotto tutti i punti di vista. E lei l'amava da morire.

Senza dire una parola, perché troppo occupata a pensare, Olimpia sellò il suo cavallo, mentre Virgilio si stirava e preparava la colazione. Quando ebbe finito invitò le amiche a sedersi e a mangiare.

Olimpia squadrò Xena: era più rilassata. Non solo. Nei suoi occhi non si leggeva più quel senso di smarrimento, ma di vendetta, intraprendenza.

-Ehi…. Xena, la notte ti ha portato consiglio! Ti vedo meglio!- l'anticipò Virgilio.

Xena non gli diede neppure retta e si rivolse ad Olimpia.

-Ho visto Corilo.-

La poetessa tossì e sputò il latte che stava bevendo.

- Com’è possibile?- chiese quando si fu calmata.

-Hai visto mio padre? Dove?- s’intromise il poeta.

-Come dove? In un sogno-

Olimpia si rilassò lievemente, anche Virgilio fece la stessa cosa. La piccolissima, anche più assurda possibilità di rivedere il padre in carne e ossa l’aveva invaso, ma subito dopo la rassegnazione fu l’unico sentimento rimastogli.

-Che ti ha detto?- chiese Olimpia.

-Nulla. Nulla del tipo “come stai?” ma qualcosa di più importante - senza neanche aspettare che il bardo le rispondesse andò avanti: - Ho rivissuto le nostre avventure passate. Una in particolare. L’avventura con le baccanti.-

-E allora?-

-Allora!? Ma non capite? In tutta questa storia sono coinvolti esseri non umani, spero che questo sia chiaro a tutti. Il villaggio attaccato da misteriosi fanti? Non esseri a piedi ma uomini volanti, come i vampiri. Le donne scomparse… non magicamente scomparse ma semplicemente rapite per farle diventare parte del loro gruppo, Sara… -fece una piccola pausa - Sara, presentava una ferita al collo… all’inizio pensavo che fosse stato il morso di qualche animale feroce, ma poi ho escluso l’ipotesi… un normale animale avrebbe finito il lavoro mangiandosi il resto….-

-Helene!- esordì Olimpia.

-Si, Helene! Ricordi? La prima volta che l’hai vista ti chiedeva aiuto da una donna con gli occhi gialli… come… -

-Come i vampiri-

-Scusate- s’intromise Virgilio.

-Ma la vostra avventura con le baccanti è accaduta più di 28 anni fa… e da quell’avventura voi avete distrutto le baccanti, no?-

-Certo- spiegò la principessa guerriera. -Le baccanti, non i vampiri. La leggenda racconta che Bacco ebbe due figli con una mortale ed erano un maschio ed una femmina. Lui predilesse la donna al fratello per superiore intelligenza e le diede il suo nome, quindi “Baccante”. Il fratello, che avrebbe dovuto avere il privilegio dal padre si infuriò con la sorella e suo padre per benevolenza diede comunque un titolo nobiliare al figlio -

-Quale?-

-Conte. Il conte Dracula. Che come la stirpe di sua sorella è per metà uomo e metà divinità. Agisce solo di notte e si nutre con il sangue degli uomini. Chiaro ora? -

-Si, ma… voglio dire… perché proprio ieri, perché proprio Glene?-

-Questo dobbiamo scoprirlo-

-E un’altra cosa… - iniziò Virgilio - Tu, Xena hai detto d’aver trovato segni di un morso sul collo della piccola… ma sugli altri cadaveri non c’era nulla del genere! -

-Hai ragione, ma...- cercò di spiegare Olimpia - Forse si trattava solo di una missione per aumentare di numero… procreando con le donne rapite e nutrendosi di loro più tardi, dopo la nascita del piccolo vampiro, magari. -

-Oppure fare delle donne delle vampire a tutti gli effetti e cercare cibo altrove - concluse Xena.

-Ma allora perché solo Sara?- chiese ancora con insistenza Virgilio.

Xena prese parola : - Tuo padre ci ha aiutato, il resto dobbiamo farlo noi-

 

Arrivarono ad un piccolo villaggio che presentava il nome di Crismy.

-Perché siamo qui, Xena?- chiese Virgilio.

Era chiaro che non era molto convinto del ragionamento che avevano fatto la poetessa e la guerriera, come sempre di comune accordo. Era perplesso.

-Cosa c’è che non va?-

La risposta improvvisa della mora guerriera disorientò il poeta che mentì spudoratamente sul fatto, cercando di ingannare la donna tirando in ballo la stanchezza e le ultime emozioni.

-Comunque - disse Xena lasciando trasparire i suoi dubbi su quello che aveva detto Virgilio - Siamo a Crismy perché qui un mese fa c’è stato un attacco del genere e vogliamo saperne di più.-

-E se la gente non lo ricordasse come a Glene?-

-Non so che dirti Olimpia, magari a distanza di un mese…E poi qui c’era un sacerdote.-

-Un sacerdote?-

-Si, un eremita che tempo fa viveva qui. Alloggiava in un tempio dedicato a Marte, lassù - la principessa guerriera indicò un piccolo tempio che si estendeva su una collinetta al di sopra di Crismy.

-Ora è morto- continuò la donna - ma le sue pergamene sono ancora conservate. E sembra che i suoi scritti parlino con morbosa precisione di tutte le divinità dell’Olimpo…quindi anche di Bacco e dei suoi figli.-

-Ma sono passati più 28 anni, Xena - l’interruppe il poeta.

-Ci saranno ancora. Ne sono certa - Ci dovevano essere. Erano l’unica cosa che poteva darle una mano a sbrogliare quell’intricata faccenda.

-Xena…. Intanto che tu vai al tempio… noi che faremo?-

-Interrogate le persone. Ci sarà qualcuno che saprà dirvi qualcosa- congedò la principessa guerriera mentre montava su Argo e lo spronava per il sentiero che avrebbe dovuto portarla sino al luogo sacro.

-Al lavoro!- disse Olimpia cercando di incoraggiare Virgilio che sembrava sempre più cupo.

I due si diressero verso una locanda, ed entrarono. Certo avere informazioni era difficile ma entrarono nel locale pieni di speranza.

Si appoggiarono al bancone ordinando dell’acqua. Senza dare troppo nell’occhio Virgilio iniziò a parlare con un uomo che non sembrava tanto brillo, era vecchio e barbuto.

-Il villaggio si è ripreso bene.- iniziò Virgilio.

-Ma che diavolo vuoi ragazzo?- gli rispose burbero il vecchio.

Il poeta rimase un po’ male alla risposta, pensava fosse mite come gli suggeriva il suo aspetto.

-Sta parlando del massacro avvenuto un mese fa - s’intromise Olimpia

-E' inutile, non ci riuscirete- troncò l’anziano.

-Riuscire in cosa?-

-A saperne di più. Qui la gente ne è rimasta scioccata, nessuno ne ricorda più nulla-

-Nemmeno lei?- chiese Virgilio.

-Nemmeno io-

-Ti prego…- iniziò Olimpia. Il suo sguardo supplichevole si posò sull’uomo che di fronte e quello sguardo puro, abbassò gli occhi. - E'molto importante! Se ricorda qualcosa… anche un piccolissimo particolare… ti prego di dircelo!-

L’uomo esitò leggermente, poi disse:- Quando è accaduto il misfatto io lavoravo dentro casa e non ho visto nulla, perché sono un falegname. Ma ho sentito. Tutto. Gente che urlava, gente che sbraitava… Poveracci inseguiti da persone volanti, mi dissero ma io vi ripeto non vidi nulla-

Olimpia sorrise mestamente. Nulla di nuovo.

Stava per ringraziare e congedare l’uomo, quando il vecchio disse: -Aspettate c’è dell’altro -

La donna guardò trionfante Virgilio- Tre birre, per favore- disse il ragazzo offrendola anche al vecchio che contento sorrise.

Il bardo si sistemò meglio e si preparò ad ascoltare quello che doveva dirle l'anziano di Crismy.

 

Xena legò Argo ad un palo e scese pronta per andare al tempio.

Si accorse che lì accanto c’era anche una piccola casa. Strano. Era pericoloso abitare lontani da un villaggio, specialmente in quei tempi di paura. Si avvicinò all'edificio: era ben chiuso.

Ma lei aveva intenzione di entrare e mentre pensava ad un modo migliore che prendere a calci la porta, sentì una voce da dentro la piccola casetta.

Ma quello che diceva non le giunse bene all’orecchio e tornò a pensare. Sperò con tutta se stessa di trovare quelle dannatissime pergamene, e soprattutto quella riguardante Bacco e la sua progenie.

-Ferma!!!- questa volta la voce suonò forte e chiara alle sue spalle.

Non si voltò, ma disse semplicemente : - Non si può entrare?-

-No, questo posto è stato chiuso al pubblico 10 anni fa, guerriera.-

-Io DEVO entrare - aggiunse continuando a porgergli le spalle, in modo forse maleducato.

-Ti ho detto che non si può!- la voce dell'anziano era anche più alterata questa volta.

Xena per tutta risposta scrollò le spalle e con un calcio ben assestato convinse la vecchia porta ad aprirsi.

Il vecchio non riuscì a contenere l’ira e le si parò davanti.

Rimasero tutti e due senza parole.

Non c’erano commenti o suoni per descrivere quello che provavano.

Xena sentì riaffiorare parole, ricordi, giochi e pianti della sua giovane infanzia.

Ancora incredula di ciò che vedeva scrollò la testa, come per convincersi che quella era soltanto un’allucinazione.

Anche l'anziano da parte sua non sapeva cosa dire. Vista di spalle, poteva sembrare una guerriera qualunque, non QUELLA guerriera. I capelli corvini, lunghi e lisci gli avevano ricordato vagamente la stessa donna, come anche la sua altezza imponente e il fisico atletico gli avevano ancora una volta portato alla mente LEI.

Ma non poteva essere. Diamine erano passati ventotto anni, il tempo doveva essere passato anche per lei, che invece sembrava avere la stessa età di quando giocavano insieme, solo lo sguardo più maturo era cambiato.

Aveva anche sentito parlare della sua morte e ne aveva pianto. E ora dopo tutto questo tempo, eccola lì.

Se vedendola di spalle aveva avuto qualche dubbio, ora guardandola in faccia non aveva incertezze: era lei.

Cercò di convincersi che non era possibile ciò che stava pensando ma non vi fu verso. I suoi occhi azzurri nei quali per tanto tempo si era specchiato, ora erano davanti a lui e li colmava lo stesso smarrimento che colmava i suoi.

Ma com’era possibile?

Che fosse una dea?

Scosse ancora la testa, pensando fosse la vecchiaia a giocargli qualche scherzo di cattivo gusto.

Ne avevano passate tante insieme, erano cresciuti in armonia anche se caratterialmente non erano molto simili. Xena l’aveva odiato quando l’aveva abbandonata, lasciandola sola a combattere una battaglia più grande di lei ,così si erano divisi improvvisamente, poi ritrovati per combattere ancora una volta insieme contro un nemico comune che aveva infossato una profonda piaga nel cuore di entrambi. Xena fece lentamente un passo all’indietro. L’uomo avanzò.

Entrambi cercavano le parole.

Poi improvvisamente il vecchio si riscosse e avanzò di nuovo verso la guerriera.

-Xena… sorella mia -

La donna deglutì cercando di fare uscire dalla sua bocca qualcosa di sensato ma l’unica cosa che riuscì a balbettare fu….

-Toris?…-

 

-Una luna fa… come voi già sapete c’è stato questo dannatissimo attacco al nostro villaggio. Era una bella serata. Sembrava che tutto andasse bene, fino a quando Isaka disse di aver perso la sua bambina. Si, non la trovava più! Ricordo che anch’io partecipai alle ricerche della piccola… -

-E la trovaste alla fine?- chiese la bionda interlocutrice.

Il vecchio si fece cupo.

-Si. A pezzi.-

-Cosa?-

-Morta. Sgozzata. Qualche bastardo le aveva tagliato la gola. Povera Isaka, non sapete quanto ha pianto… il dolore di vedere la propria figlia uccisa, senza motivo la smembrava. Ma forse è stato meglio così... -

Olimpia sgranò gli occhi.

-Meglio così?-

-Zitta, fammi spiegare….- cercò di calmarla l'anziano e appena ci fu riuscito continuò:

-Lilo era posseduta da qualche demone. -

-Ma cosa dici? Era una… una bambina! - questa volta era stato Virgilio ad intervenire incredulo di ciò che ascoltava.

-Era demoniaca vi dico!- ribatté il vecchio alzando leggermente la voce. -E una bambina demoniaca, anche se tale deve essere uccisa. Sia lodato quello che ne ha avuto il coraggio -

Olimpia si fece cupa.

Tutta quella faccenda non poteva non farle ricordare Speranza. La piccola Speranza.

Non era neppure venuta al mondo che subito il suo destino era già stato segnato:”lei è il male” Le aveva detto Xena, nemmeno un’ora dopo il parto. Dannazione quella era sua figlia! Anche se frutto di una violenza era sempre sua figlia, come poteva chiederle di assassinarla a sangue freddo?

Forse anche se quell’azione richiedeva coraggio, andava eseguita subito. E se l’avesse fatto avrebbe risparmiato molte sofferenze a Xena e a lei stessa.

Quella era Speranza. Era la figlia di Dahak. Non un’innocente bambina di nome Lilo, nata e concepita esclusivamente da esseri umani. Con la voce ancora impastata di ricordi chiese al vecchio:- Come ne eravate sicuri?-

L’uomo si guardò istintivamente intorno, come per notare se ci fosse qualcuno nei paraggi ad ascoltare, poi abbassò leggermente la voce e disse:- quando la madre l’ha spogliata per metterle l'ultimo vestito ha trovato il pancino della piccola segnato di sangue. Ma badate, non era una ferita… era un’incisione!-

Virgilio collegò subito Sara alla bambina di Crismy e chiese interessato:

-Quale incisione?-

-Così- disse il vecchio disegnando con le dita sporche di birra un segno del genere “III”.

Olimpia sobbalzò:- Tre. Significa tre!-

-Che vuoi dire?- chiese l'anziano indagando.

-Nulla, scusa… va avanti-

L’uomo finì di bere la sua birra e continuò.

-Durante l'attacco stavo lavorando dentro casa mia e non ho subito nessuna violenza nè tantomeno ho visto nulla. Quando sono uscito tutto era finito e ho chiesto in giro cosa fosse accaduto ma tutti non sapevano dirmi altro che “non lo so” o“non ricordo” e nessuno sapeva nulla di ciò che era accaduto.-

-Non si ricordavano proprio nulla?-

-Niente! Poi dopo qualche giorno incominciò a delinearsi qualche ricordo. Così qualcuno disse di aver udito un boato, poi uomini venir giù dal cielo… ma non mi va di raccontare certe cose perché sono tutte fantasie…-

-No continua…- lo esortò Olimpia.

-Volete sapere delle bugie?-

Virgilio toccò il braccio alla giovane come per calmarla.

-Vedi… a noi interessa sapere anche le cose che tu ritieni false… -

-Bhà, chi vi capisce! - sbuffò il vecchio seccato dal dover continuare il racconto.

-Uomini volanti, persone sgozzate… sta di fatto che fu una vera e propria carneficina.-

-E delle donne che mi sai dire?-

-Giusto! Le donne. Tutte scomparse. Tutte le donne. Le fanciulline non vennero toccate. Gli uomini dissero che se le portarono via i mostri-

-Tutte quante?-

-Si, non c’era più l'ombra d’una femmina. Potete capire che noia i giorni dopo… -

Olimpia e Virgilio si guardarono. Come potevano essere rustiche e superficiali le persone di campagna...

-Grazie. Ci sei stato molto utile.- troncò Olimpia.

I due uscirono dalla locanda.

Tutto ciò che sapevano adesso non superava molto le loro conoscenze precedenti.

L’unica cosa veramente nuova era la bambina: il tre inciso sulla pancia.

Sara il quattro.

Che fosse una serie di attacchi programmati?

-Che ne pensi?- disse Virgilio interrompendo i pensieri di Olimpia.

-Ce ne sono stati quattro di questi attacchi e ce ne sarà un altro. Ne sono certa-

 

-Non sei cambiata affatto-

-Neanche tu… non tantissimo-

Seduti su un masso, Xena aveva rivelato al fratello i motivi della sua immutata giovinezza, di Evi, di Livia, di Olimpia e del Giappone.

Toris si asciugò le lacrime che gli erano scivolate per le guance.

-Hai sofferto tanto-

-Ho avuto sempre una spalla su cui piangere- rispose la principessa guerrera, riferendosi alla bionda compagna.

-Già… Olimpia…. Io invece sono stato solo per tutta la vita. Un giorno, dopo una lite con nostra madre, me ne andai sbattendole la porta in faccia. Non immaginavo che non l’avrei più rivista viva. Nel frattempo mi ero fatto una famiglia -

- Dov’è ora?- chiese la principessa guerriera temendo di conoscere già la risposta.

Toris sospirò e disse:- Vivevamo bene. Certo questa occupazione come guardiano non mi dava tanti denari.. ma non ci mancava nulla per vivere..-

-Poi….-

-Poi …un mese fa, un attacco improvviso… mia moglie venne rapita insieme a Kora, nostra figlia. Aveva solo 28 anni.-

-Com’è successo?-

-Non so dirti niente. Ho ricordi sfuocati di quella sera-

Xena sospirò. Doveva ritrovare la famiglia di Toris… se erano ancora in vita.

-Dimmi… perché volevi entrare nel tempio?-

Xena si riscosse. Conversando con il fratello si era completamente dimenticata dello scopo della sua missione. S’alzò e disse:- Aspettami qui- Ed entrò nel tempio.

C’erano ragnatele e polvere ovunque.

Faticava a vedere qualcosa, così corse ad aprire una finestra e per farlo dovette uccidere un paio di tarantole che avevano insediato il loro nido proprio lì. Con la luce del giorno, almeno i contorni dei mobili erano più chiari. C’erano due stanze. La prima dove si trovava lei, era un vero e proprio tempio mantenuto con cura e si accorse che non c’era traccia delle famose pergamene.

Senza perdere la speranza si recò nella seconda stanza. Era quasi completamente nella penombra.

Camminando inciampò, ma trovò l’equilibrio e non cadde. Seccata volle vedere cosa l’aveva fatta sbilanciare. Era quasi buio, ma distingueva i contorni di qualcosa di piccolo.

Temendo che fosse un altro ragno esitò nel raccoglierla. Ma poi esaminando bene l’oggetto si accorse del riflesso oro che aveva con la luce. Lo raccolse.

Togliendo con le mani gran parte della polvere che la circondava scoprì la sua vera forma. Una chiave. Pur non sapendo che peso dare a quella scoperta, Xena la strinse in mano e andò avanti.

Ormai i suoi occhi si erano abituati alla semioscurità e vedeva distintamente quasi tutto.

C’era un mobile enorme, alcune mensole e un piccolo giaciglio. Letto, ora usato semplicemente da uno scheletro e da centinaia di piccoli animali.

Il grande mobile aveva tutto l’aspetto di un armadio.

Xena sospirò rassegnata. Nessuna traccia delle pergamene. Scrutò la piccola chiave che aveva in mano. “Provare non costa nulla” disse tra sè e si avvicinò all’armadio con l’intento di aprirlo con la piccola chiave dorata.

Una volta apertò scoprì che non si trattava di un armadio qualsiasi: c’erano si, dei vestiti ma anche dei recipienti. Xena ne prese uno e lo osservò. C’erano almeno 2 dita di polvere e non si leggevano le scritte impresse.

Prese un panno e pulì la cassetta alla meglio. In lettere dorate comparve la scritta “la dea ERIS”.

Illuminata da una piccola speranza forzò la cassetta e ne aprì il contenuto. C’erano una ventina di pergamene. Erano le pergamene allegate alla Dea della Discordia e ai suoi diretti discendenti.

Erano ciò che stava cercando.

Pulì le altre cassette finché non vide comparire su una di esse “il dio BACCO”

Prese la cassetta che le serviva e mise a posto le altre. Strinse a sé la cassetta, contenta del suo ritrovamento:- Qui c’è tutto quello che mi serve- disse a sè stessa.

-Sicura?- domandò una voce alle sue spalle.

-Marte- disse riconoscendolo.

-Perché tieni tanto a quella cassetta?-

-Non ti riguarda.- Lo congedò la principessa guerriera cercando di andarsene, ma il dio la prese per il braccio costringendola a voltarsi verso di lui.

-Oh, mi riguarda invece. Sbaglio o Bacco è mio fratello?-

-Non è a lui che devo badare questa volta ma a suo figlio.- Marte sembrò accigliarsi...

-Dracula? Ah… ma lui ora è del tutto innocuo-

-In che senso?- forse Marte poteva essergli utile.

-Te lo dirò solo se mi spieghi questa nuova faccenda- disse il dio sorridendo.

Xena sentì la pazienza svanire lentamente.

-Ma che te ne importa?!- chiese urlando.

-Lo sai che mi interessa sempre sapere quello che frulla questa bella testolina...-

-Senti… io capisco che tu ti trovi a tuo agio, in mezzo a tutto questo schifo- disse mentre la sua bocca prendeva la forma di un sorriso -Ma a me viene la nausea a stare qua dentro. Possiamo parlarne fuori?-

Marte sembrò riflettere poi disse:- No, meglio stasera-

-Stasera? Ma stai delirando?-

-Per niente… stasera, ti vengo a trovare quando il bardo se ne sarà andata verso un altro regno... Va bene?-

-No, senti non ho tempo da sprecare e… -

-a stasera!- disse strizzandole l’occhio per poi scomparire.

Xena sbuffò contrariata al dover aspettare fino alla notte per liquidare il dio della guerra ma non poteva fare altrimenti. ”Meglio tardi che mai” disse a sè stessa mentre usciva dal tempio con in mano la piccola cassetta, diretta dal fratello e poi da Olimpia e Virgilio ma soprattutto, vicina alla soluzione del mistero.

di Diomeche

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