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episodio n. 2
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Intanto Olimpia e Virgilio stavano tranquillamente seduti su un masso, protetti da un cespuglio ad osservare il castello.

Ad un certo punto la donna diede un’occhiata al cielo e disse:- guarda, si sta facendo buio… è meglio tornare. In fondo abbiamo visto tutto quello che c'era da vedere. Le guardie sono degli uomini e non c’è nulla di sovrumano in tutto questo. Forse è meglio andare a dirlo a Xena-

Virgilio annuì:- Forse è meglio avvicinarci ancora un po’. Tu vai a casa. Io voglio accertarmi che siano veramente uomini.-

Olimpia non fece in tempo a dire nulla che il giovane si avvicinò pericolosamente al castello.

Tutto sembrava tranquillo, fino a quando Virgilio inciampò, provocando un piccolo rumore: aveva rotto un bastone, camminandoci sopra.

Le guardie sembravano non essersi accorte di nulla.

Olimpia tirò un sospiro di sollievo.

Virgilio rischiò nuovamente, avvicinandosi ancora.

Dal suo nascondiglio poteva ormai distinguere i lineamenti della guardie e accorgersi di un particolare che da lontano gli era sfuggito: gli occhi! Gli occhi dei guardiani erano gialli: erano vampiri!

Sconvolto da quella scoperta che l’aveva lasciato senza parole fece dietro front per andare a parlare con Olimpia.

Ma i suoi spostamenti vennero notati da una guardia che urlò:- una spia! una spia!-

Si scatenò subito un parapiglia.

Tre guardie si stavano dirigendo contro Virgilio, che accortosi del pericolo si era alzato pronto per difendersi.

Olimpia non era stata notata, perché era leggermente lontana e avrebbe potuto scappare, ma il suo altruismo non glielo permise e sfoderando i sais si avvicinò al ragazzo per aiutarlo.

In breve i due furono circondati. I vampiri sfoderarono le spade e si prepararono a combattere.

Virgilio afferrò la sua ed iniziò il combattimento. Olimpia si difese finché le forze glielo permisero, finché esausta non cadde a terra. Virgilio era stato disarmato ed era anche lui a terra accanto a lei.

La ragazza aveva il fiatone per lo sforzo ed era esausta. La lotta, era durata pochi minuti e si erano dovuti scontrare con tutte le guardie, senza riuscire a ferirne gravemente nemmeno una.

Si sentì persa. Avevano fallito. Ed ora che ne avrebbero fatto di loro?

Un vampiro che sembrava essere il capo delle guardie raggiunse i compagni e diede uno sguardo ai prigionieri. Sorrise nel vedere Olimpia, un’altra donna da aggiungere alla loro lista di procreatrici di vampiri. Ordinò quindi che non le venisse fatto nulla e di rinchiuderli in prigione, compreso Virgilio.

-Portateli dentro- ordinò infine.

Così presero Olimpia e Virgilio li legarono e li trascinarono nel palazzo.

Ma prima che potessero chiudere il portone, Olimpia trovò una forza innata e gridò con tutto il fiato che aveva in gola:-XENA!- Uno dei vampiri le diede un colpo alla testa e cadde perdendo i sensi.

La principessa guerriera, che li stava cercando si sentì chiamare.

Subito i suoi occhi si accesero, alla richiesta d’aiuto di quella voce a lei ben nota e corse nella direzione in cui l’aveva udita.

Corse nella neve, a volte rischiando d'inciampare, percorrendo quel cammino che Olimpia e Virgilio avevano percorso prima finché raggiunse quel castello tetro, giusto in tempo per vedere i vampiri trascinare dentro i due amici e chiudere pesantemente il portone.

-OLIMPIA!- urlò Xena battendo i pugni sul portone enorme che aveva raggiunto.

Si ricordò velocemente dell’episodio con le baccanti e a ciò che era accaduto a Olimpia e che poteva ripetersi. Tremò al solo pensiero. Quante altre atrocità potevano compiere sul suo giovane corpo prima della mezzanotte?

Cadette in ginocchio sulla neve.

Quanto male potevano farle? No, non avrebbe aspettato altro tempo. Sarebbe entrata e li avrebbe uccisi… già ma loro erano una cinquantina… lei era sola... “Questa volta sei rimasta sola” si disse.

-No, non sei sola- disse una voce alle sue spalle. Era Marte.

-Chi ti ha dato il permesso di intrufolarti nei miei pensieri?- disse senza neanche guardarlo.

-Ti voglio solo aiutare… -

-Non ho bisogno d’aiuto.-

-Si che ne hai. Ma sei troppo orgogliosa per ammetterlo. Giusto?-

-NO, l’orgoglio non c’entra-

-Allora è la testardaggine, che pure non ti manca. Ascoltami… -

-Ti ho detto di starne fuori Marte, non è la tua battaglia-

- C’è di mezzo anche la sopravvivenza dei pochi dei dell’Olimpo, o te ne sei dimenticata?-

-Non importa ti ho detto di andartene, posso cavarmela benissimo anche senza di te-

Marte si piegò in un mezzo amaro sorriso, consapevole che quella era la sua decisione e tale rimaneva.

-Ok. So che ce la farai anche senza di me… solo che volevo prestarti il mio aiuto, tutto qui.-

Xena non dette neppure peso a quelle parole, poi disse, parlando a se stessa:

-Assaggeranno la mia vendetta- disse infine con un filo di voce, alzando lo sguardo e mostrando involontariamente al dio due occhi già pieni di sangue.

 

4 CAPITOLO

Riaprì gli occhi dopo circa una mezz’oretta e quello che per prima cosa vide, furono le sbarre della prigione in cui erano rinchiusi.

Si massaggiò la testa, proprio sul punto in cui l’avevano colpita. All’inizio fece fatica a ricordare… poi dopo uno sguardo a Virgilio, si era resa conto dell’amara realtà: erano prigionieri.

In un attimo ricordò tutto: lei e Virgilio, i guardiani, Xena e poi quel grande dolore alla testa che le aveva fatto perdere i sensi per parecchio tempo.

-Olimpia… finalmente… iniziavo a preoccuparmi… stai meglio?-

-Si… ma… Virgilio… che… che faremo adesso? È tutto saltato, il nostro attacco al castello… è andato tutto a monte- constatò la giovane donne, provando una fitta di vergogna.

-So a che stai pensando- disse Virgilio. La giovane lo guardò, intuendo ciò che volesse dire il giovane poeta.

-E' colpa mia. Non avremmo mai dovuto avvicinarci tanto. È stata esclusivamente colpa mia se… -

-No. Non voglio che ti prendi tutte le colpe. Non è giusto. Anch’io ho sbagliato. Abbiamo fatto un errore. L’abbiamo fatto entrambi, Virgilio.- disse lei toccando lievemente il braccio al ragazzo che la guardò negli occhi.

-Sei così gentile Olimpia… ma tu sai meglio di me che non è vero. Tu hai cercato in mille modi di convincermi che stavamo sbagliando. Ma io… -

-Adesso basta, Virgilio. Stabilire di chi è la colpa non ci tirerà fuori da questo casino-

-Hai ragione… Dici che Xena… -

-Ce la farà. Ma non senza di noi - disse Olimpia, cercando quasi di autoconvincersi.

Visto che Virgilio sembrava ancora tanto giù continuò.

-Cerchiamo di darci da fare-

-No… sarebbe meglio non peggiorare la situazione.-

Questa volta il poeta sembrava davvero demoralizzato. Come lo capiva. Anche lei si sentiva come lui. Ma doveva cercare di tirarlo su per quanto poteva, per non fargli sentire addosso la colpa di quella situazione. Così strinse i pugni e alzò leggermente la voce.

-Andiamo Virgilio, non dobbiamo buttarci giù in questo modo. È vero abbiamo combinato un bel casino, ma ormai è fatta. Voglio dire, ormai è andata così. Il destino, il fato… tirando le somme, ormai non si può tornare indietro. Ma questo non giustifica il tuo comportamento. Facendo in questo modo non siamo molto d’aiuto a Xena, sai? E poi chissà, forse le possiamo esserle utili più da qui dentro che fuori… - concluse Olimpia, prendendo finalmente fiato.

Il poeta sorrise:- Hai ragione... come capisco Xena… è bello avere accanto una persona come te-

Olimpia tornò leggermente pensierosa. Xena… che avrebbe fatto ora? Come se la sarebbe cavata?

Sicuramente non si sarebbe arresa, si sarebbe fatta forza, avrebbe lottato per ottenere quello che voleva e alla fine… avrebbe vinto. Come sempre.

Ma qui era diverso. Ora doveva pensare, non solo ad uccidere Dracula, ma anche a tirare loro fuori dai guai. Odiava esserle d’impiccio. Lei adorava aiutarla, essere partecipe dei suoi piani, non mandarli a monte. Comunque ormai non voleva compiangersi. “Ce la metteremo tutta per aiutarti, Xena” pensò anche se con l’amara consapevolezza del limite d’azione imposto loro dalle sbarre. Ancora massaggiandosi la testa dolente, diede uno sguardo alla prigione in cui si trovava. Era una piccola cella buia e umida dentro alla quale c’era un piccolo giaciglio, senza finestra e una grande porta di legno sulla quale era posta una finestrella, chiusa da alcune sbarre. Aveva freddo. Virgilio stava appoggiato al muro, fisicamente lì con lei, ma con la mente altrove ed era pieno di lividi. Se ne accorse solo in quel momento.

-Virgilio… ma che ti hanno fatto?-

Lui all’inizio fece finta di non capire, poi toccandosi la guancia destra ancora tutta nera, disse:- Un altro atto eroico finito male-

Olimpia capì che la colluttazione era avvenuta dopo il suo svenimento. Povero Virgilio, aveva tentato il tutto per tutto pur di salvare la vita ad entrambi. Si alzò pesantemente dal giaciglio su cui era stata distesa dal poeta e si avvicinò alla finestrella di sbarre. Notò che nella sala c’erano altre celle, forse erano anche abitate. Magari c’erano le donne che erano state rapite. O forse facevano già parte della combriccola di succhia-sangue? Sporgendo lo sguardo dalle sbarre notò che c’era anche un’altra ragazza che appoggiata alla finestra di ferro, fissava il vuoto. Era giovane e sembrava molto triste. Era mora e presentava qualcosa di vagamente familiare. Olimpia la guardò meglio. No, non sapeva dire a chi somigliava o dove l’aveva vista.

-Ciao- provò a dire. Nessuna risposta. Che stupida si disse, quella ragazza chissà a quali sofferenze era già stata costretta, sicuramente non aveva voglia di parlarne.

Comunque ritentò: -Ciao.-

Questa volta la ragazza alzò i suoi occhi azzurri ed incontrò quelli di Olimpia. Sorrise lievemente e rispose al saluto.

-Io sono Olimpia- iniziò quella che poteva sembrare una farsa di presentazione.

-Io sono Kora - disse la giovane - ma lo sai che Olimpia era anche il nome del bardo che accompagnava mia zia nelle sue avventure? Forse sai già di chi sto parlando… si chiamava Xena, la principessa guerriera. Ne hai sicuramente sentito parlare. Era la sorella di mio padre- concluse Kora, sorridendo orgogliosamente.

Olimpia restò quasi senza parole… ecco a chi somigliava! Proprio a Xena!

Ancora senza parole balbettò:- Xena…era tua zia? -

-Si…-

-Allora tuo padre è Toris, giusto?-

-Si, ma tu come fai a conoscere il suo nome?-

-Vedi Kora, io….-

Kora si ritrasse improvvisamente nella cella. Olimpia si sporse di più e notò l’arrivo delle guardie.

Istintivamente si sedette sul letto e mise le mani agli stivali per prendere i sais. Ma notò con stupore che non erano più al loro posto. Erano stati disarmati.

Le guardie si pararono davanti alla loro piccola cella e li guardavano con disprezzo. Poi uno dei due grugnì qualcosa verso Olimpia e l’altro aprì la cella.

Virgilio avrebbe voluto agire, ma Olimpia con uno sguardo ben preciso lo invitò a non fare nulla per non peggiorare la loro precaria situazione. Non subito almeno.

Così il vampiro aprì la cella e ordinò a Olimpia di uscire, Virgilio avrebbe voluto seguirla ma la porta gli si richiuse in faccia.

I due vampiri le legarono i polsi con una corda e accertandosi dell’impossibilità di sciogliersi, la portarono via. Salirono le scale ed uscirono dalle prigioni.

Imboccarono un lungo corridoio buio accerchiato da alcune colonne.

L’unica cosa che Olimpia distingueva era i loro occhi, gialli e privi d’espressione, altro era incerto. Inciampò due volte, ma non cadde perché tenuta stretta dai due vampiri. -Dove mi state portando?- disse con la voce rotta dalla paura.

Uno dei due la guardò divertito: -Dal conte. Vuole parlarti, prima.-

Prima di cosa? Respirò profondamente e un brivido le pervase il corpo. Lo interpretò come un brivido di freddo e paura e capì che le tenebre erano calate del tutto.

“Buona fortuna, Xena” pensò, mentre pregava in cuor suo che tutto, ma proprio tutto potesse andare per il verso giusto.

 

Era accucciata su sè stessa, decisa a non fare neppure il minimo rumore.

Come una pantera aspetta, pazienta finché non trova il giusto momento per attaccare la sua preda, così anche la tanto famigerata principessa guerriera devastatrice di nazioni, puntava le guardie. Aspettando. Pazientando il momento di distrazione. Che, sicura, prima o poi sarebbe arrivato. L’importante era non attirare l’attenzione delle altre guardie, doveva eliminare i due vampiri di guardia, senza far credere alle altre di un pericolo imminente, senza far uscire loro neppure un grido. E lei sapeva come fare. D’istinto toccò il chakram che le pendeva dai fianchi.

Ma non poteva agire in fretta. Doveva stare attenta, già il piano era fallito una volta, non poteva permettersi certo di sbagliare di nuovo.

Eccolo. Ecco il momento tanto aspettato. Le due guardie iniziarono a parlottare tra di loro. Impugnò il chakram e lo lanciò in direzione delle guardie. L’arma attraversò l’aria producendo un rumore simile ad un fischio.

Ai due vampiri non passò inosservato il rumore, ma si accorsero della pericolosità dell’evento solo quando videro il cerchio rotante fendere la loro gola.

Nemmeno uno stridio. Neanche uno piccolo. Il chakram le ritornò fedele tra le mani dopo alcuni secondi.

La principessa guerriera uscì dal nascondiglio con uno scatto felino, lasciando cadere al suolo il mantello nero che aveva indossato per nascondersi meglio.

Esaminò i corpi delle guardie e si accertò che fossero davvero morte. Poi aprì l’enorme portone ed entrò. Fu tentata di non richiuderlo.

Lo avrebbe lasciato almeno socchiuso, così in caso di una improvvisa fuga, poteva agevolarle l’uscita. Ma fu un attimo perché si disse che era meglio chiuderlo ed entrò.

Era buio. Una penombra tetra, con il quale i vampiri si trovavano a meraviglia, ma lei mortale non vedeva a distanza di pochi metri. Avanzò a passi lenti ed indecisi nell’ombra. Piano piano, i suoi occhi iniziarono a distinguere contorni ben precisi di ciò che vedeva. C’erano delle colonne enormi che delineavano un corridoio.

Ai lati di questo corridoio c’erano di tanto in tanto delle porte.

Doveva assolutamente trovare Olimpia e Virgilio. Doveva scendere nelle prigioni.

Quelle camere non potevano certo essere delle prigioni, erano troppo lussuose perfino le porte; decise quindi di proseguire consapevole del rischio a cui andava incontro ogni attimo. Sospirò e si fece forza.

Sganciò il chakram dalla sua custodia mentre avanzava lungo il corridoio di colonne. C’era un tanfo… una puzza insopportabile di sangue. Ne immaginò il motivo.

Chissà quante persone erano dovute servire da cena a questi avvoltoi. Rabbrividì pensando che sua nipote Kora potesse essere tra queste.

Dai racconti di Toris e dalle sue descrizioni aveva appreso che le somigliava molto, come lei aveva capelli neri lunghi fino le spalle, e occhi del color del mare: unica differenza era che al posto dei capelli lisci di Xena, a Kora dalla testa piovevano una manciata di boccoli corvini che aveva ereditato dalla madre, Pecunia. Una donna, a detta di Toris, bellissima al suo tempo, ma che ora era una gobba vecchietta dagli occhi blu.

Continuò a camminare finché non trovò alcune tracce di sangue a terra. Decise di seguirle e notò che si immergevano nell’ombra che portava ad una scalinata verso i piani inferiori. Piuttosto lugubre con i corrimano di metallo e le scale di pietra sgretolata e rovinata in diversi punto.

Ce n’era anche un’altra, ma quest’ultima saliva verso l’alto. Magari verso l’abitazione e la camera del conte. Avrebbe voluto visitare subito, ma scacciò il pensiero dando la precedenza ai suoi amici.

Seguì la prima scalinata e si inoltrò verso il buio delle prigioni.

Scese le scale lentamente, mentre vide che una luce molto debole rischiarava un corridoio. E un parlottio.

Erano sicuramente sentinelle che sorvegliavano le prigioni. Sentì i loro passi avanzare verso di lei. Avrebbe potuto risalire le scale? No, non aveva senso. L’avrebbero notata sicuramente e dato l’allarme a tutto il palazzo. Forse ormai le conveniva restare dov’era e vedere cosa sarebbe potuto accadere.

Stringendo ancora di più l’arma micidiale tra le mani, si appiattì contro il muro. Ma capì che questa volta doveva battersi.

-Ehi, tu che ci fai qui?- urlò uno dei vampiri. Ma non fece in tempo a finire la frase che la lama del Chakram lo colpì alla gola costringendolo a tacere per sempre.

L ’altro era ancora vivo e vegeto. Prima che potesse pronunciare qualcosa lo colpì al volto, lo fece cadere e poi lo finì con la spada.

Ma ecco che dall’ombra si fa avanti un altro vampiro. Un terzo. Non l’aveva sentito, ne previsto. Di solito le sentinelle erano due, ma questo evidentemente era un caso particolare. Si maledisse per non averlo previsto, ma ormai era fatta.

Ora lui era davanti a lei, vivo e vegeto.

Alla vista degli amici uccisi, e della guerriera abusiva suonò con forza una campanellino di bronzo che aveva tirato fuori abilmente da una tasca.

Xena si sentì persa. Il vampiro estrasse la spada, anche Xena fece la stessa cosa e in breve ci fu una piccola lotta. Il vampiro, come tutti i semidei era dotato di una grande forza, e di un’abilità eccezionale. In condizioni normali Xena avrebbe potuto duellare con lui per qualche minuto, ma non in questa occasione.

La forza della disperazione guidò la lama e il braccio della principessa guerriera che dopo poco disarmò il vampiro. Nello sguardo del nemico c’era sempre un’aria di vittoria.

“Anche se mi uccidi, hai il destino segnato” sembrava dirle con quello sguardo.

E aveva ragione. Il suono del campanellino non era passato inosservato e presto, molto presto si sarebbe trovata circondata da molti di vampiri, tutti abili e bravi come lui.

Sentì delle urla, erano il segno evidente che le sue paure si stavano per avverare.

Ma forse ancora non era tutto perduto poteva anche capitolare tutto. Era nervosa e frenetica, e non sapeva che fare.

Ma qualcosa le era chiaro: doveva raggiungere Olimpia e Virgilio, poi avrebbe pensato al resto.

-Ora tutti i vampiri sanno che sei qui-

Xena sorrise:- Perfetto-

E lo trapassò con la spada.

 

I vampiri trascinarono Olimpia per un ampio corridoio di colonne che terminava con un'enorme scalinata. La salirono ed arrivarono davanti ad una grande porta.

Olimpia aveva un gran dolore alle braccia che stringevano con forza le guardie e un fastidio alla testa che ancora non le era completamente passato. Entrarono nel salone bussando cortesemente.

Quando sentirono una voce dire:-Avanti- aprirono la porta dorata.

Olimpia rimase quasi di stucco quando vide come potesse essere tutto in ombra tranne quel salone illuminato da un sacco di torce ben accese. Era tutto ben addobbato, assomigliava tanto ad una delle tipiche case romane. C’erano una decina di piccoli divani e due grandi altari. Alle pareti c’erano appesi degli enormi tappeti, probabilmente persiani. Era una bellissima sala, degna dell’Olimpo.

Un particolare notò attirò subito l’attenzione di Olimpia, una coppa enorme di vetro che era poggiata nell’altare più grosso, coppa, che conteneva un liquido rosso: sangue.

Tremò pensando a quello che fosse.

La sua attenzione venne distolta quasi immediatamente dalla coppa, che per altro era sorvegliata costantamente da quattro guardie, per posarsi sulla figura di uomo, che ora le si era avvicinato e la guardava con interesse.

Era un uomo sulla quarantina, con i capelli neri, alto, indossava un completo nero che terminava con un lunghissimo mantello. Il padrone di casa, proprio lui, Dracula in persona. Si avvicinò ancora di più e rise mentre sentiva la paura aumentare nell’animo di Olimpia.

-Benvenuta- disse infine, facendo una strana smorfia con i suoi occhi gialli. Era proprio come l’aveva immaginato, alto, imponente e orribile.

Olimpia rimase in un cortese silenzio.

-Bel castello, vero?- disse ancora, come se cercasse una conferma dalla giovane poetessa anche se in realtà voleva solo prenderla in giro. -Certo, non che non mi dispiaccia ma ne avrei voluto uno come quello delle baccanti… tu te lo ricordi? Com’era?-

Olimpia deglutì a fatica, poi disse:- Meglio del tuo-

-Oh, senza dubbio- continuò il vampiro, prima di dire:-Xena è con te?-

-Non è qui-

-Sei in errore. Lei mie guardie mi hanno riferito d’aver visto una guerriera mora aggirarsi per il castello… tu che dici, è lei?-

La giovane poetessa si sentì una lama trafiggerle l’animo. E adesso? sentì l’ansia crescere in una maniera spaventosa, tanto da togliergli la forza di rispondere al vampiro. Dracula si accorse dell’ansia di Olimpia e di come stava crescendo la paura, non tanto per se stessa quanto per la sorte della compagna.

Scoppiò in una risata fragorosa e agghiacciante che provocò dei brividi alla donna.

-Lasciateci soli- ordinò alle guardie che avevano portato Olimpia da lui. I vampiri con rispetto fecero un piccolo inchino e tolsero il disturbo. La donna si sentiva sempre meno sicura. Sentiva su di sè l’attenzione del semidio e le pesava soprattutto quel suo interesse che lo portava a fissarle il collo in continuazione.

Il conte estrasse la sua spada, bellissima e lucente risplendeva illuminata dalle torce del salone. Un brivido di paura pervase la poetessa che comunque non abbassò mai lo sguardo, anzi teneva la testa alta al pari del semidio che sembrò stupito dal coraggio e dalla faccia tosta della ragazza. Ma capì anche che Olimpia, insieme alla famosa eroina ne avevano visti tanti di dei e ora non avevano certo paura di lui nonostante la sua inquietante presenza. Maneggiò velocemente la spada davanti agli occhi di Olimpia, tanto per impaurirla poi gliela puntò alla vita:
-Ti vuoi liberare da queste corde, si o no?-

La poetessa poggiò i polsi legati sulla lama e premendo con forza la corda si ruppe e fu finalmente libera. Tirò un leggero sospiro di sollievo, ora si sentiva più sicura. Almeno non era completamente alla mercé del vampiro.

-Sei preoccupata per Xena, vero?-

Olimpia distolse lo sguardo.

-Bhè, chi tace acconsente, no? Ma dai non ti preoccupare… non le farò tanto del male...- Fece una piccola pausa. La poetessa alzò lo sguardo per incontrare le iridi del vampiro, sempre più divertite :- In fondo lei mi ha fatto un favore, no? Ha eliminato la stirpe di mia sorella…. le famigerate baccanti, tutte morte, grazie alla tua... ehm amica, no? E a te… si, siete una bella squadra… - attese un po’ la reazione della guerriera, poi disse:- ma ora che vuole da me il tuo amore?-

Olimpia non sentì più il contegno e urlò:- Quello che avete fatto a quelle bambine è pietoso! Povere creature! Che colpa ne avevano se erano nate nel giorno del solstizio d’inverno!-

Dracula sorrise:- Rientravano nel piano. E poi che colpa ne ho io? È stata Minerva a darci questo maleficio..-

-Perché voi non facevate altro che depredare villaggi e uccidere-

-DOBBIAMO VIVERE ANCHE NOI!-

-Non ancora per molto-

Concluse Olimpia con un accentuato sorriso di sfida dipinto in volto.

-Dannazione dobbiamo fare qualcosa!- Virgilio batté ferocemente i pugni sulle barre di ferro della prigione, subito dopo il suo sguardo si contorse in una smorfia di dolore per il colpo che si era autoprocurato.

Kora sorrise:-E' inutile che cerchi una soluzione… siamo prigionieri! Sei cosciente si o no? Non possiamo andarcene di qui in nessun modo!-

Virgilio abbassò lo sguardo. Dannazione, aveva ragione. Come poteva lui uscire da quel pasticcio? Non aveva idee. Sentiva che l’animo della prigione si era surriscaldato in una maniera incredibile. C’era panico.

Le guardie si alternavano in continuazione e correvano su e giù per le scale come se fossero alla ricerca di qualcuno.

Il suo primo pensiero fu per Olimpia. Che avesse cercato di ribellarsi dalle guardie?

Poteva essere Olimpia così incosciente? Anche a lui, prima era venuta un’idea simile, ma la donna l’aveva prontamente fermato con uno sguardo… e ora lei poteva commettere un simile errore? Quel disastroso pensiero si stava facendo sempre più spazio nell’animo del poeta che ormai temeva il peggio per la giovane amica. Forse vista l’impossibilità di salvarsi, aveva tentato l’impossibile?

Vide un altro vampiro correre davanti alle prigioni e smaniare con un altro:- L’hai trovata?- -No, è sfuggita a tutti- -E adesso?- -Dobbiamo cercarla meglio-

-Dividiamoci- -Daccordo- E si divisero, correndo in direzioni opposte.

-Si è Olimpia, non ci sono dubbi. Devo aiutarla!- dedusse infine, quando rimase da solo con Kora.

-Che vuoi fare? Rilassati, non cercare di complicare le cose...- Cercò di persuaderlo la giovane mora. Ma non ci fu verso.

-Agirò nella tattica più antica e più efficiente. Non accadrà nulla che non ho programmato-

-Sbagli! Potresti solo complicare le cose! Fidati!-

Ma Virgilio aveva già deciso di essere il più possibile d’aiuto alla giovane che lui credeva in pericolo… Non lo sfiorò nemmeno il pensiero della principessa guerriera che poteva essersi introdotta nel castello e scatenare tutto quel pandemonio. La fretta e la paura lo portarono ad agire senza pensare e senza riflettere.

-Ormai ho deciso!- concluse infine.

-Ma deciso, cosa?-

-Sta a guardare Kora.-

Il giovane poeta urlò come un ossesso e attese le guardie che, secondo la sua ottica sarebbero dovute accorrere velocemente. Ed infatti in pochissimo tempo un vampiro, tutto sudato e armato di frusta si presentò davanti alla cella di Virgilio.

-ehi, tu che diavolo hai da urlare?-

Ma la recitazione di Virgilio non era ancora finita e continuando a torcersi, non finiva mai di urlare.

-Dico a te! Cosa… -

Sempre più spazientito il vampiro aprì la cella del poeta con l’intento di frustarlo ma il ragazzo con un movimento tanto abile quanto immediato, sbatté la porta in faccia al nemico.

Finalmente libero, Virgilio guardò il corpo del vampiro svenuto, lo mise nella prigione al suo posto, in modo che nessuno avesse mai potuto notare la sua scomparsa e richiuse la segreta. Poi constatando che ce l’aveva fatta soprattutto grazie alla stupidità delle guardie disse ridendo:
-E' incredibile! Ma non li leggono mai i papiri d’avventura?- chiese a Kora.

La giovane sorrise divertita, soprattutto contenta del fatto che anche per lei esisteva la possibilità di fuggire:- bravo! Dai fai uscire anche me.-

Virgilio si mise una mano alla fronte, consapevole del grande errore che aveva fatto, aveva messo la guardia nella cella! Provò a riaprire la segreta ma non ci fu verso. Kora capì quello che stava accadendo. Aveva perso l’occasione per darsi alla fuga.

-Ma… cosa hai fatto?- gli urlò quasi in lacrime. Ormai il vampiro era imprigionato nella cella e assieme a lui le chiavi delle altre segrete.

-Kora… scusa io non… -

-Avanti, avanti è di là!- urlarono le altre guardie che stavano per scendere alle prigioni. L’ultimo sguardo di Virgilio cadde su Kora che si accasciò sul suo letto, senza speranza. Provò a dire qualcosa, ma se ne andò, sentendo i passi arrivare.

Kora vedendolo correre via, si alzò velocemente dal letto e lo seguì con lo sguardo mentre scompariva nel buio del corridoio. Si appoggiò alle sbarre.

Era un mese e più che si trovava in quella cella malsana, e non si era mai fatta tante illusioni. Si era arresa al suo destino sin dall’inizio.

Ma ora per la prima volta aveva visto una piccola speranza accendersi. E subito dileguarsi come un respiro. Aveva tenuto duro sin dall’inizio… ma ora sentiva le lacrime scorrerle veloci sulle guance e scontrarsi a volte con il ferro ruvido delle sbarre. Pensò al padre e si rese conto di quanto gli mancava lui e le storie della famigerata Xena che gli raccontava sempre. Sospirando per l’ennesima volta si lamentò:
-Zia… se ci fossi tu qui-

 

Corse per il corridoio di colonne finché non trovò una porta piccolissima, ed entrò.

Non c’era quasi ossigeno e una puzza tremenda. Pensò quasi di morire di soffocamento. Tastò l’aria con le mani, finché non trovò una piccola finestra e la spalancò più che poteva. Respirò l’aria pura e socchiuse gli occhi per assaporare quel secondo di tranquillità. -E adesso?- le serviva un’idea formidabile.

I vampiri, erano una cinquantina e doveva trovare un modo per eliminarli tutti. Si grattò la testa mentre cercava un’idea plausibile. Osservò quello che c’era nella piccola stanza. C’erano una ventina di barili. Indovinò in breve che cosa contenevano dall’odore che emanavano: sidro.

Rimase perplessa nel pensare a cosa poteva servire ad un mucchio di vampiri, ma subito dopo capì: era il modo più veloce per far incendiare completamente i villaggi. Veloce ed immediato. Il contatto con una fiammella e subito un incendio.

Un’idea le balzò in mente e i suoi occhi azzurri si illuminarono… ecco il modo per eliminarli tutti. Un bel falò. Ma non poteva certo farcela da sola. Le serviva qualcuno dall’esterno a cui far spargere il liquido incendiario nei dintorni del castello e sulle torri… insomma ovunque. Si morse la lingua pensando al NO, che aveva rifilato a Marte. Ora si che le sarebbe servito. Qualcuno dall’esterno. Lei non poteva assentarsi un attimo e poi rientrare. E adesso? Mandò a quel paese l’orgoglio e chiamò Marte. Naturalmente non venne nessuno. All’inizio.

Si schiarì la voce:-Marte! - urlò, sempre cercando di tenere il volume della voce abbastanza basso. -Insomma cosa aspetti? E va bene….PER FAVORE…Marte!!-

Il dio comparve con in faccia stampato un sorrisetto trionfante.

-Chi era quella che aveva detto di non aver bisogno del mio aiuto?-

-Mi sbagliavo… ma ora ascolta, devi... -

-No... non penserai di cavartela così-

Xena lo guardò senza capire.

-Io faccio un favore a te, tu ne fai uno a me. Mi segui?- annuì leggermente pensando che non sarebbe mai cambiato, tanto sapeva che sarebbe andata a finire così.

-io ti aiuto adesso e tu…- assunse un’espressione maliziosa, ma prima che potesse continuare Xena troncò la frase con :
- Io ti salvo la vita sterminando i vampiri. Ci sto.- E sorrise soddisfatta. Marte alzò gli occhi al cielo.

-Parlando seriamente… devi andare fuori e spargere il liquido che è contenuto in questi barili intorno al castello e sul castello. È chiaro?-

Il dio sembrò non convinto e guardando i barili disse:- Che roba è?-

-Sidro. Sai cos’è vero?-

-Ma certo!-

-Se farai quello che ti dico basterà la vicinanza con una fiammella per distruggere questo posto e chi lo abita. Ma attento a non fare pasticci. Solo sul castello. Mi hai capito?-

Marte annuì.

-E un’altra cosa: darai fuoco al castello al mio segnale, intesi?-

-Che genere di segnale?-

-Lo capirai. Allora è tutto chiaro?-

-Si… si può fare-

-Bene- la principessa guerriera si girò e mise mano alla maniglia per aprirla ma la voce del dio la fermò:- Aspetta-

Xena si girò incontrando lo sguardo della divinità.

-per bruciare completamente il castello occorreranno una buona manciata di minuti e… -

-non se spargi per bene il sidro.-

-Si ma… Xena quello che voglio dirti è che… Insomma per farlo bruciare tutto occorrerà appiccare il fuoco quando voi siete ancora dentro… -

-Non vedo il problema. Marte, al mio segnale scatena l’inferno. Non pensare ad altro.-

Questa volta il dio sembrava proprio irritato.

-Non pensare ad altro? Devo fare il piromane ad un castello pensando che tu ci sei dentro? Xena ma lo capisci che potresti….. oh, non voglio neppure pensarci. Ti ho perso una volta, Xena. Non voglio che accada ancora-

Xena lo fissò quasi amorevolmente. Quasi. Era così tenero quando si preoccupava per la sua sorte… si avvicinò lentamente e gli accarezzò la guancia con il dorso della mano:
- non accadrà- disse infine prima di aprire la porta e scomparire nell’oscurità del castello.

Marte sospirò. -Non accadrà- si disse, quasi per farsi coraggio, per convincersi che sarebbe andata così. Si avvicinò al primo barile e scomparì insieme ad esso mentre s’apprestava a compiere la missione assegnatagli dalla sua principessa guerriera.

 

Il colpo che si era aspettata per la sua battuta, non tardò ad arrivare. Il conte la colpì con un manrovescio al viso che la face cadere di fianco, tale era la potenza della percossa.

Olimpia si rialzò quasi subito, stando sempre eretta di fronte al vampiro.

-Siete tutte uguali voi umane. Pensate di dover comandare il mondo. Credete di dover soccombere tutti quelli che non facilitano la vostra sopravvivenza. Ma avete mai pensato, che siete voi quelle d’intralcio?-

Olimpia rifletté sulle parole del vampiro. Mostri, divinità, ciclopi, sirene, vampiri, baccanti, triadi, arpie… solo loro erano normali… che fossero veramente gli uomini i parassiti della Terra? Scacciò quel pensiero quasi ridendo, smorfia che il conte interpretò da sè e senza pensarci un minuto di più, la colpì di nuovo. Questa volta Olimpia non se l’aspettava e cadde a terra di peso, battendo il naso, come prima ma stavolta grondava sangue. Si tenne il naso sanguinante con una mano imbrattandosi di copioso sangue rosso che sgorgava dalla ferita. Dopo un po’ si calmò, e la ragazza non rifiutò la mano che il conte le aveva offerto come aiuto per alzarsi.

Dracula squadrò la giovane. Poi sorrise pensando che anche lei poteva far parte della lunga lista di donne addette alla procreazione di altri vampiri. Aveva già inquadrato il vampiro giusto con cui farla accoppiare… proprio come fosse stata nulla di più che una cagna.

L’altro giovane, Virgilio, invece sarebbe stato direttamente tramutato in vampiro. Avevano bisogno di giovani forti e robusti.

E Xena? Tanto avrebbe catturato anche lei. Era nel palazzo e prima o poi l’avrebbero presa. Erano in tre, loro erano una moltitudine. La cara principessa guerriera avrebbe presto capito che non aveva modo per sconfiggerlo. Si domandò come poteva essere stata così ingenua. Poi un sorrisetto comparve sul viso di Dracula pensando a Xena. Solo il pronunciare quel nome gli faceva venire la pelle d’oca, una donna potente, sicura di sé… Chi altri potevano essere la sua sposa? Oh, si. Xena. Era l’unica. Insieme avrebbero generato qualcosa di unico: un figlio con il sangue divino, l’aspetto mortale, anche se un vampiro. E che altro poteva venire fuori dall'unione della donna più potente e dell’essere che ora si preparava a dominare il mondo?

Sorrise pensando a quanta magia potesse esserci in un'insulsa creatura mortale: aveva fatto girare la testa proprio a tutti, uomini, dei, demoni, vampiri… Il suo pensiero lo fece sorridere maliziosamente, finché la sua attenzione non ritornò su Olimpia che lo guardava smarrita.

-Vieni- disse indicando una piccola porta di legno che c’era ad un lato del muro.

Olimpia camminò incerta, poi vide che il vampiro apriva la porta e le mostrava il contenuto della stanza, senza costringerla ad entrare.

Distolse lo sguardo.

Era una stanza enorme, con all’interno tanti divani. C’erano le donne che erano state rapite nei villaggi. Ormai non avevano più aspetto umano, anzi. Erano vampiri a tutti gli effetti, la dentatura, gli occhi… non erano più in sè. Alcune avevano in braccio dei vampiri appena nati e negli occhi una sofferenza inaudita.

-So cosa ti stai chiedendo- disse ad un certo punto Dracula.

Olimpia capì a cosa si riferiva il vampiro. In effetti si, se lo stava esplicitamente domandando.

-Non potranno più diventare umane. Ormai sono vampiri a tutti gli effetti. Non puoi fare nulla per loro.-

-E lei?- disse Olimpia indicando una vecchietta, ancora umana che si occupava della altre donne.

Dracula sbuffò:-Quella non è utilizzabile. E' troppo vecchia per procreare- disse con una smorfia.

Olimpia fece alcuni passi indietro.

“Non è più utilizzabile, che schifo”. Pensò la poetessa constatando che le donne venivano usate come oggetti. Tremò pensando che il suo destino sarebbe stato lo stesso di quelle prigioniere. Ma tra poco sarebbe arrivata Xena. Già Xena… che fine aveva fatto? A quest’ora avrebbe già dovuto essere da lei, perché ci metteva così tanto? Qualcosa era andato sicuramente storto. Si sentì improvvisamente molto insicura quando gli occhi del vampiro caddero su di lei. Cercò di cambiare argomento.

-Che cos’è quella?- disse indicando il calice pieno di sangue.

Dracula sorrise, e si avvicinò alla coppa, facendo spostare le guardie che la proteggevano:- Questa è la coppa di luce. Ossia la coppa che contiene il sangue dei bambini nati nel giorno del solstizio d’inverno e che sono stati immolati. Manca solo un altro bambino poi… -

Mentre il vampiro era impegnato a parlare, Olimpia si riscosse e decise di fare qualcosa per la sua sopravvivenza, per quella di Virgilio e per quella del mondo.

Diede una gomitata nello stomaco di una guardia, il vampiro si piegò per il colpo e gli sfilò la spada che teneva preziosamente foderata. Dracula si ritrovò ben presto con la punta della spada alla gola.

Il conte sorrise:-Che cosa vuoi fare?-

-Ucciderti- rispose fredda la donna.

Il vampiro schioccò le dita e tutte le guardie impegnate nel vigilare la preziosa coppa presero ad avanzare contro il bardo brandendo le proprie spade.

Dracula si sedette tranquillamente sul suo trono:
-Ragazzi non fatele troppo male. Sapete che ci serve -

Olimpia fece istintivamente un passo indietro per controllare meglio la situazione. Sperò in un intervento di Xena, ma era evidente che la principessa guerriera era lontana e non poteva aiutarla. Doveva cavarsela da sola. Le guardie erano in quattro, lei da sola. Non aveva grande dimestichezza con la spada, ma forse la sua migliore amica le aveva insegnato comunque quello che bastava per non finire nell’Averno.

“Ok, posso farcela” pensò la poetessa. Un nemico attaccò.

In breve nella grande sala si udì il rumore metallico delle lame.

 

“Ci siamo” si disse Virgilio mentre si apprestava ad aprire la porta che conduceva nella stanza di Dracula. Ce l’aveva fatta. Aveva eluso le guardie e cercando era arrivato dal conte. Era ad un passo. La sua mano avanzò tremante verso l’enorme maniglia. Qualcuno lo afferrò alle spalle e chiudendogli la bocca lo trascinò poco più in là. Il ragazzo cercò di dibattersi ma il misterioso uomo lo teneva in una stretta d’acciaio e vani furono i suoi tentativi di sciogliersi.

Lo trascinò poco più in là poi lo liberò dalla presa. L’uomo misterioso sorrise nel vedere la faccia che aveva fatto Virgilio, certo il poeta non se l’aspettava o semplicemente si era scordato di lei...

-Xena!-

-Parla piano vuoi che ci sentano tutti?-

Virgilio abbassò la voce:-Finalmente ma dov’eri?-

-Dov’eravate voi! Nelle prigioni non c’era nessuno!-

-Come nessuno? E Kor… -

-Senti non abbiamo molto tempo- tagliò corto la donna -Devo dare il segnale a Marte, tu intanto entra nella stanza-

-E' quello che stavo per fare! Ma… che segnale?-

-E' una sorpresa. Comunque se va tutto come dico io. Presto inizieremo ad avere caldo-

Virgilio rimase leggermente spaesato dalle parole della guerriera, ma si fidava troppo di lei per dubitarne anche di poco.

-Dov’è Olimpia?- chiese ad un certo punto la donna.

-Non lo so. Credo che stia qui dentro- disse indicando la stanza.

-Ok, entra… e prendi questa- disse sfoderando la spada e consegnandola nelle mani di Virgilio.

-Ma…tu come farai?-

Xena sorrise battendo un piccolo colpo sul chakram che le pendeva come sempre sul suo fianco.

Il poeta annuì ed entrò.

Xena intanto con una gomitata spaccò una finestra, tanto quanto gli bastava per far uscire il braccio che brandiva l’arma rotante. Lanciò il chakram tagliandosi leggermente con il vetro e attese.

L’arma fece il giro del castello e passò proprio davanti al naso di Marte che aveva appena terminato di svuotare i cinque barili di sidro.

-Deve essere questo il segnale...- disse mentre, a malincuore faceva apparire una piccola fiammella tra le mani. Poi si avvicinò leggermente al fiumiciattolo di liquido scuro vicino all’enorme portone d’accesso al castello. In pochi secondi fiamme alte si estendeva davanti all’enorme portone e si propagavano. Come d’accordo, Marte con i suoi poteri aprì una piccola apertura nel muro per lasciare una via d’uscita a Xena e alla compagnia.

Il fuoco si stava propagando velocemente. Molto velocemente.

Trovò un masso e si sedette mentre mormorava tra sè:-Buona fortuna mia cara-

Il chakram ritornò fedele tra le mani della principessa guerriera quasi subito dopo.

Virgilio era già entrato e sentiva lo scatenarsi di una battaglia.

Strinse il chakram tra le mani e con un calcio buttò giù la porta per entrare nel grande salone di Dracula.

 

Olimpia era stata leggermente distratta dall’arrivo di Virgilio ma ora i due avevano formato un fronte resistente agli attacchi dei vampiri. Il botto della porta schiantata al suolo distrasse un po’ tutti che interrompendo la battaglia, si girarono verso Xena, che sorrideva soddisfatta:- Scusate la porta era aperta...-

Olimpia si sentì sollevata e ora molto più sicura di sè e riprese la lotta cruenta con le guardie. Xena con un saltò evitò i vampiri e si scaraventò dinanzi a Dracula puntandogli il chakram alla gola.

Il conte sorrise e disse:- Fammi indovinare, vuoi uccidermi e impedire la conquista del mondo dei vampiri-

-Wow, sei davvero perspicace, credo d’averti sottovalutato sai?-

-Infatti, potresti cambiare idea, quando ti illustrerò i nostri progetti, anzi cambierai idea quando sarai la mia regina.-

Irritata dalle sue parole disse:- Cosa? Ma allora è una mania! Non voglio diventare la regina di nessuno! Non voglio conoscere nessuno dei tuoi progetti: non mi interessano. Voglio solo staccarti la testa e distruggere quella - disse indicando la coppa, ora incustodita.

-Lo vedremo- disse Dracula e sfoderò la spada.

Xena si pentì leggermente d’aver lasciato la spada a Virgilio, ora lei aveva solo il chakram.

Dracula partì all’attacco. I suoi colpi erano veloci e quasi impossibili da parare, tanto erano celeri. Si difese a colpi di chakram, dividendo la lama in due.

Ancora una rovesciata e una giravolta della principessa guerriera ma le sorti dell’incontro non cambiavano. Iniziò a sentirsi l’odore del fumo.

Olimpia e Virgilio ormai avevano quasi finito di sgozzare i vampiri e si chiedevano da dove venisse quel fumo, che già iniziava a togliere il fiato.

Xena percepì che la situazione stava degenerando e decise di dare una svolta definitiva all’incontro. Lanciò una lama del chakram verso il conte che però la evitò tranquillamente. Ma la principessa guerriera, non sembrava essere dispiaciuta per aver mancato il bersaglio. Forse perché non era lui il suo bersaglio.

Il chakram girò a lungo per la stanza finché non si scontrò con la coppa di sangue che cadde in pezzi.

-NO!!!-urlò disperato Dracula vedendo il suo sogno di conquista svanire in un secondo.

La lama ritornò da Xena, che approfittò della distrazione del conte. Prese un divanetto e lo scagliò in faccia a Dracula che cadde a terra e svenne.

Xena corse verso Olimpia e Virgilio che avevano appena finito la loro piccola battaglia.

-Andiamo. Il castello sta prendendo fuoco-

Olimpia annuì ma prima disse:- Aspetta. C’è una donna che non è ancora un vampiro-

Xena si illuminò pensando a Kora:- Chi?-

-E' una vecchietta, sta in quella stanza- con un balzo la guerriera raggiunse la stanza piena di vampire e prese per mano la vecchietta dagli occhi blu: Pecunia.

Senza neanche darle la possibilità di parlare strappò dal vestito della vecchietta un piccolo brandello di stoffa che mise prontamente sulla bocca della donna per non farla soffocare dal fumo che si stava propagando.

-Andiamo!!- urlò Xena uscendo dalla stanza.

Olimpia e Virgilio la seguirono a ruota per il lungo corridoio di colonne.

Il fuoco non era ancora penetrato ovunque ma il fumo ormai occupava gran parte dell’aria disponibile.

Correndo a perdifiato arrivarono all’entrata del castello, già invaso dalle fiamme.

Ma non completamente. C’era ancora una piccola uscita, protetta dal fuoco quella preparata da Marte. Ma tra loro e la salvezza c’era una vagone di fuoco. Come fare? Il fumo si faceva sempre più denso, e c’erano poche probabilità di sopravvivenza per Pecunia se non trovavano immediatamente un modo per uscire.

La principessa guerriera alzò lo sguardo per vedere qualcosa che potesse esserle d’aiuto. I suoi occhi blu incontrarono solamente una vecchia tenda appesa alla parete, che ancora non aveva preso fuoco. Era spessa almeno tre dita, perché non facesse filtrare nemmeno un filo dell’odiatissima luce. Xena prese il chakram, lo lanciò e l’arma andò a colpire la tenda che cadde davanti ai loro piedi coprendo la distanza tra loro e l’uscita, soffocandone le fiamme.

-Brava!- gioì Olimpia ritrovando la speranza.

Xena sorrise e si avventurò camminando sul tendone. I ragazzi la seguirono e ben presto tutti, Pecunia compresa, si ritrovarono fuori dall’enorme castello.

Marte notò subito le quattro ombre che uscivano da quel limbo di fuoco e con i suoi poteri aprì loro un varco tra le fiamme che circondavano l’abitazione.

In men che non si dica, i nostri eroi furono salvi. O almeno quasi tutti.

Olimpia si sedette sulla neve, cercando di nascondere il freddo che le causava quel gesto, ma era felice perché tutto era andato come voluto dall’infallibile principessa guerriera.

Xena fece accomodare Pecunia sul masso dove poco prima si era seduto Marte e cercò di istaurare un dialogo con lei.

-Sei Pecunia, vero?- ma la donna non voleva parlare, sembrava in trance, come se si stesse scordando di un particolare. Di qualcosa di importante. Anche Virgilio si sentiva nel medesimo stato, ma per quanto si sforzasse di ricordare non riusciva a capire cosa gli stesse sfuggendo. Xena non riusciva a capire.

Ad un certo punto Virgilio si alzò di scatto e urlò:-Kora!-

Xena lo prese per il colletto e lo sollevò da terra:- Dov’è mia nipote?-

-Nelle prigioni!- disse Virgilio appena riuscì a prendere fiato.

-E' vero!- gli fece eco Olimpia presa da un attacco di panico.

-Oh, no mia figlia!- urlò disperata Pecunia scoppiando in lacrime. Xena guardò il castello. Le prigioni erano nei sotterranei, forse c’era ancora una speranza. Forse la ragazza non era ancora morta. Marte indovinò quello che la principessa guerriera stava per dirgli e l’anticipò sul tempo:
-Scordatelo. È troppo rischioso. Anche se le fiamme non l’hanno raggiunta, sarà morta per soffocamento.- Il dio vide che Xena era rimasta visibilmente provata dalle sue parole, e si tranquillizzò pensando che forse l’aveva convinta. Ma…

-Non importa. Devo tentare- detto questo, si riprese la spada che aveva prestato a Virgilio e si preparò ad entrare. Prese un fazzoletto e lo inumidì con la neve.

-preparami un varco tra le fiamme. Devo entrare e riprendere mia nipote-

Marte capì che controbattere non sarebbe servito a nulla. Ormai aveva deciso.

Aprì la mano e fece comparire un varco tra le fiamme, in modo che potesse entrare tranquillamente nella piccola entrata.

-No, ferma che vuoi fare?- questa volta era stata Olimpia ad intimarle di ragionare.

-Olimpia, per favore… -

-Marte ha ragione! Ormai Kora… insomma potresti rimetterci solo tu!-

-Non importa Olimpia. Devo salvare quello che rimane della mia famiglia. Che sia viva o morta, porterò Kora fuori di lì- concluse Xena.

Si girò verso i suoi amici.

Virgilio si era inginocchiato a pregare ed invocava il nome di Belhur, Marte lo osservava con un’espressione contrariata, come anche Olimpia. Pecunia non aveva ancora smesso di piangere.

Corse verso il castello ed entrò nella piccola entrata, scomparendo nel rosso delle fiamme, in quella che aveva tutta l’aria d’essere una lotta contro il tempo.

5 CAPITOLO

Fumo e fuoco invadevano la sala d’ingresso e tutto il castello stava ormai per cadere. Appena entrò tossì rumorosamente alla ricerca d’ossigeno. Un’ala del castello crollò e si schiantò a terra. Xena la evitò per un pelo. Faticando come una ladra, raggiunse il corridoio, ormai infestato dal fumo. Si sentivano urla di orrore, dei vampiri e rantoli di chi soffocava lentamente nella grigia agonia del fumo.

Pregò con tutta sè stessa che non si trattasse anche di Kora. Superando il tunnel di colonne arrivò alla scala che portava alle prigioni. Era invasa dal fumo, anche se non ancora dal fuoco. Tossì forte mentre cercava di non inciampare per le scale. Tossì ancora e questa volta non accennava proprio a voler diminuire: come in un attacco d’asma, Xena non riusciva a prendere aria e si appoggiò con una mano al muro alla ricerca d’aiuto.

Si fece coraggio e si inoltrò nelle prigioni, dove c’era ancora meno ossigeno. Tremò al pensiero di scorgere Kora senza vita. Con che coraggio sarebbe ritornata da suo fratello? Con che faccia avrebbe dato la notizia a Pecunia? Avrebbe preferito morire nel castello, piuttosto che uscirne con il cadavere di Kora tra le braccia.

Esaminò una per una le prigioni, finché non scorse la figura di una ragazza che teneva un cuscino davanti alla faccia ed era distesa sul letto.

La chiamò:- Kora!-

La ragazza non si mosse. Una brivido invase la guerriera, che cercava di scacciare il tremendo pensiero che si stava facendo largo nel suo animo.

-Kora!!!- urlò più forte, sprecando una tale quantità d’aria che tossì per i successivi minuti. Finalmente la ragazza si girò e senza levare il cuscino che le aveva salvato la vita si avvicinò verso la guerriera. Xena si sentì sollevata. Era ancora viva.

-Chi sei?- chiese la donna attraverso il cuscino.

-Sono Xena… tua zia, Kora-

-Cosa??? Ma tu, tu sei morta!-

-Ci sarà tempo per spiegare, ma ora è essenziale che tu creda che io non sono uno spirito che ti voglio portare nei campi elisi, voglio tirati fuori da quest’inferno. Chiaro? Ma tu devi collaborare.-

Kora sorrise alla zia, riconoscendola come persona in carne ed ossa ed annuì.

-Bene, niente panico. Ora dovremmo attraversare le fiamme, non avere paura-

Kora annuì di nuovo.

Xena sganciò il chakram e ruppe la serratura della prigione lasciando libera la ragazza, che cercò conforto nelle sua braccia.

-Mia madre..-

-E' salva-

Kora guardò Xena negli occhi:-Grazie-

Xena sorrise e le porse il fazzoletto che aveva preparato:-Tieni mettiti questo davanti alla bocca, e tieni duro. Dobbiamo fare in fretta. Qui dentro ci sono almeno una quindicina di barili di sidro. Ancora il fuoco non lo ha raggiunto ma quando lo farà...-

Kora capì subito. Dovevano fare in fretta, tra pochissimo sarebbe scoppiato tutto.

Xena la prese per mano ed insieme risalirono le scale della prigione.

Un’altra ala del castello era crollata ed ora era sempre più difficile orientarsi.

Xena tossì alla ricerca d’aria ed ancora una volta pensò di soffocare dal fumo, ma doveva tenere duro. Se non per lei, per Kora, per suo fratello.

Strinse i pugni e cercò con gli occhi dove fosse il lungo corridoio di colonne.

Ad un tratto lo trovò.

Correndo lei e Kora risalirono il corridoio ancora non completamente in preda alle fiamme. Fecero una corsa a perdifiato, evitando i massi di soffitto che gli crollavano addosso e le colonne che ogni tanto si schiantavano al suolo.

La principessa guerriera scorse con lo sguardo la piccola stanza che conteneva il sidro. Le fiamme l’avevano quasi raggiunta. Spinse Kora in una corsa sempre più veloce, finché la ragazza non costrinse la donna a fermarsi, per prendere un po’ fiato.

-Non ce la faccio… - balbettò la ragazza, non riusciva più a stare al passo.

-Avanti Kora, manca poco- disse tra un colpo di tosse ed un altro.

-L’uscita… è quella là?- disse indicando la piccola via non illuminata dal fuoco.

-Si, ci siamo. Avanti ancora un piccolo sforzo- camminarono ancora, finché arrivarono alla spessissima tenda che ancora non aveva preso fuoco. Kora stava per gioire quando una figura macabra le si parò dinnanzi bloccando la loro fuga: Dracula.

Xena non poteva certo immaginare di trovarselo lì proprio ora. L’ennesimo attacco di tosse di Kora l’avvertì del fatto che la ragazza aveva respirato una buona quantità di fumo per passare all’altro mondo. Ma ora quella visita davvero inaspettata le stava sconvolgendo i piani. Con uno sguardo indietro capì che ormai le fiamme stavano raggiungendo sempre con più velocità lo stanzino col sidro.

-So cosa hai fatto. Presto salteremo tutti in aria. Ormai io sono finito. Hai distrutto la mia stirpe e il mio sogno di gloria. Tanto vale morire -

Xena si sentì un po’ sollevata da queste parole, che il conte non abbia avuto intenzione di vendicarsi?

-Ma non così facilmente. Tu verrai con me. Brucerai anche tu che mi hai distrutto-concluse il semidio.

-Come vuoi- disse la donna stupendo non poco Kora e Dracula.

-Ma lei no. Lasciala andare. Non centra nulla-

Dracula sembrò rifletterci su, poi annuì soddisfatto.

-Va bene. Lei va, tu resti-

Xena voltò le spalle al semidio per parlare con Kora.

-Tranquilla andrà tutto bene. Ora esci, tua madre ti aspetta-

Kora era sul punto di scoppiare a piangere:- Con tutto il cuore, no. Non puoi chiedermi questo. Tu mi hai salvato… ed ora… -

-Vai, hanno bisogno di te, tua madre e tuo padre. Io me la caverò. Vi raggiungo presto, ok?-

Kora piangeva questa volta, ma la principessa guerriera non le dava altra scelta.

-Ti voglio bene, grazie! - e si abbracciarono velocemente.

Poi la giovane corse sulla pesantissima tenda e fu salva.

Xena sfoderò la spada, mentre continuava a tossire.

-Non è bellissimo? Moriremo soffocati, con la spada in mano come due grandi guerrieri!- disse ad un certo punto Dracula.

-Commovente!- esclamò la donna, mentre si apprestava ad iniziare una lotta all’ultimo respiro.

 

-ma perché ci mette tanto?-urlò ad un certo punto Olimpia. Si teneva pesantemente la testa tra le mani, come se pesasse una tonnellata. Non ce la faceva più ad aspettare l’arrivo di Xena. Si immaginava di continuo l’arrivo di due figure dal fumo, ma poi si rendeva conto che era solo immaginazione. Marte aspettava nel suo stesso stato d’animo, come anche Virgilio e Pecunia.

D’un tratto la vista della poetessa vide sul serio qualcosa. Una figura si distingueva dal fumo. Una sola.

- Xena!- urlò Olimpia, con nel cuore un magone, misto di contentezza e paura. Contenta di rivedere Xena, terrorizzata che fosse sola. Ma la donna era sola.

Il fumo si dissolse e davanti agli occhi di tutti apparve la figura della donna.

Il viso era rigato dalle lacrime che non riusciva a nascondere, i suoi occhi blu erano rossi dalla disidratazione, e i capelli corvini erano quasi grigi dal fumo. Un boccolo le si parò davanti alla faccia, e la ragazza con un gesto secco lo rimise dietro all’orecchio. Era Kora.

-Kora, bambina mia!-urlò di gioia Pecunia che corse ad abbracciare la sua figlioletta.

Olimpia si sentì crollare il mondo addosso, per la seconda volta. Marte si avvicinò a Kora e le gridò:- dov’è Xena?-

Kora, già piangeva, e alla domanda del dio aumentò i singhiozzi.

-Xena… è dentro-

-Che significa, perché non esce? Cosa glielo impedisce?- era stato Virgilio a domandarlo alla giovane.

-Dracula. Ha fatto uscire me, ma ora lei deve affrontarlo per poter uscire. Mi dispiace tanto-

-Ma…..salteranno in aria!-

-NO!- Olimpia si era alzata e con quel grido secco aveva catturato l’attenzione di tutti. -NO, non accadrà nulla del genere. Lei ce la farà. Ne sono certa- disse dando le spalle ai presenti mentre cercava di risultare il più convincente possibile, ma soprattutto di nascondere le lacrime che le riempivano di occhi.

 

Un dritto, un fendente ma la situazione non accennava a migliorare. Dracula era forte, Xena si sentiva mancare il fiato. Si teneva una mano sul cuore, come per aiutarlo a pompare il sangue, gesto involontario che comunque le causava fatica.

Il fuoco si era sparso quasi ovunque. Anche sulla tenda pesante e ormai non c’era più via d’uscita. Le fiamme avevano raggiunto anche lo stanzino e la porta già iniziava a bruciare bene.

Non avevano neppure lo spazio per lottare. Xena sentì un improvviso capogiro e Dracula ne approfittò per ferirla al braccio destro. Ormai non sentiva neanche il dolore.

Era come in trance e quello che le accadeva intorno era superfluo. Tossì. Ma questa volta era un vero e proprio attacco d’asma e non riusciva a riprendersi. Anche a Dracula accadeva la stessa cosa ed entrambi non riuscivano più a reggere nemmeno la spada.

La porta dello stanzino bruciò del tutto e il fuoco entrò libero nella stanza.

Poteva fare il conto alla rovescia ora, quanto mancava? venti secondi? dieci?

Rinfoderò la spada, tanto ormai non serviva più a nulla. Anche se avrebbe sconfitto Dracula, non avrebbe potuto uscire dalla piccola porticina, perché tutt’intorno era pieno di fuoco. Poi le venne un’idea.

Si avvicinò a Dracula che stava avendo un altro attacco di tosse e lo spintonò fino a farlo cadere sulle fiamme. Il conte urlò di dolore, e cercava di alzarsi ma invano.

La guerriera, gli teneva un piede sullo stomaco e premeva con tanta forza che il povero vampiro non riusciva nemmeno a muovere un muscolo del bacino.

Si fece coraggio.

“Se a questo punto devo scegliere tra me e lui… scelgo me” pensò e camminò sopra al corpo di Dracula finché non raggiunse la porticina ed uscì.

Si girò verso il castello. Ormai le fiamme avevano sicuramente invaso lo stanzino. Si buttò a terra prevedendo l’esplosione.

 

Un boato enorme e l’esplosione. Come l’avevano prevista e puntuale come credevano, avvenne. Olimpia scoppiò a piangere gridando il suo nome, gridando e disperandosi, convinta d’averla persa un’altra volta. Marte chinò lo sguardo partecipe del dolore che provava il bardo. Virgilio non si conteneva dalla rabbia e prendeva a pugni la neve, mentre madre e figlia se ne stavano in un dolore dignitoso, di chi sa di avere parte delle colpe.

-Non è possibile!- piangeva Olimpia coprendosi gli occhi con le mani.

Marte si sentiva carico di una rabbia cieca di quelle che non si possono spegnere avrebbe distrutto il mondo intero pur di riaverla. Maneggiava nervoso la spada, giocando a farla volteggiare in aria.

Erano ancora tutti piegati in due dal dolore, quando sentirono dei passi. Passi leggeri, quasi impalpabili, regali. Non ci volevano credere, eppure sapevano a chi appartenevano. Marte fu il primo a scorgere la sua immagine.

Tra il fumo si fece spazio lei. La spada le cadde di mano, appena costatò di chi si trattava.

- Xena... - fu la sola cosa che riuscì a pronunciare.

Olimpia si alzò, incredula, anche se nel profondo del cuore, lo sperava con tutta se stessa.

Ed ora eccola là. Che le sorrideva, con quell’aria di sfida sempre impressa nel volto, come se ogni difficoltà , ogni battaglia della sua vita fosse un modo per mettersi di nuovo alla prova, per vedere quanto valeva. Senza pensarci l'abbracciò, con tutto l’affetto di cui era capace. Voleva baciarla ma la presenza di altre persone la fece convincere che forse non era il caso.

Poi, si staccò improvvisamente e urlò alterata:-Accidenti a te!-

Xena non sapeva come interpretare la frase e attese che fosse Olimpia a continuare.

-Sempre con questa fissa delle cose impossibili. Tu mi vuoi farmi morire d’infarto! Ecco la verità! Dì, ci provi gusto a farmi prendere un accidente, ogni volta, vero?-

Xena rise e poco dopo anche tutti gli altri scoppiarono in una risata liberatoria.

 

Si ritrovarono alla casetta di Eirene per salutare e approfittarne per fare un bagno, visto che tutti, chi più (come Xena), chi meno, avevano la pelle annerita dal fumo. Dopo una bella ripulita, un saluto e i ringraziamenti più che dovuti alla famiglia di Eirene, Xena si avvicinò a Marte e gli chiese:
-Puoi riportarci in Grecia?-

Marte annuì, soddisfatto che avessero ancora bisogno del suo aiuto.

Si ritrovarono tutti davanti al tempio di Marte, vicino alla piccola casetta di Toris.

-Padre!- urlò Kora. La figura del piccolo vecchietto comparve sulla soglia di casa e quasi svenne nel vedere Pecunia e Kora.

Toris si mise una mano sulla fronte, poi sugli occhi quasi credesse di sognare, non sperava più di rivedere moglie e figlia.

Kora gli volò tra le braccia e Toris si sciolse in un pianto, mentre riabbracciava l’adorata ragazza creduta morta ormai da una luna. Il secondo abbraccio andò a Pecunia, l’adorata sposa e compagna della sua vita.

Toris ancora in lacrime posò lo sguardo sulla sorella. Xena, l’aveva aiutato ancora una volta… L'abbracciò con un affetto che neppure sapeva d’avere nei suoi confronti.

-Xena... io ti sono di nuovo debitore… tu...-

-Non mi devi nulla… assolutamente nulla.-

Si guardarono a lungo negli occhi riscoprendo la loro antica affinità.

-Zia…- s’intromise Kora -Prendi questa.- disse la giovane porgendole una piccola collana di conchiglie -E' molto importante per me… e vorrei che la tenessi tu.-

Xena stava per dire qualcosa ma Kora la bloccò prima che potesse aggiungere altro.

-Ti supplico. Io so che tu giri per il mondo e difficilmente ripasserai da queste parti. Tienila. Ti prego -

Xena, prese tra le mani la piccola collanina fatta unicamente di conchiglie rosa. -Ti ringrazio- fu l’unica cosa che riuscì a dire.

Anche Olimpia e Virgilio salutarono vivamente Toris e Kora poi attesero pochi minuti, il tempo necessario a Xena per rimettere a posto le pergamene su Bacco nel tempio.

Quando videro Xena tornare, s’incamminarono insieme giù per la collina verso Corinto.

-Sentite- iniziò Virgilio. -Io vorrei andare ad Atene, ci dovrebbe essere un poeta che canta alcune opere... - disse cercando d’invogliare Olimpia nel seguirlo.

Ma la giovane ora voleva solo pensare a riposarsi, non aveva voglia di affrontare un viaggio lungo fino ad Atene e non dimostrò molto interesse, deludendo profondamente Virgilio.

-bhè, spero che ti divertirai Virgilio, io e Xena vogliamo rimanere nei dintorni.-

La principessa non aggiunse altro felice di essersi risparmiata noiose giornate di poesie.

Seguendo il sentiero arrivarono all’affollatissima Corinto tutta piena di bancarelle come al solito.

Virgilio decise allora di proseguire per Atene anche se da solo e prese un cavallo grigio da un vecchio che lo vendeva a un buon prezzo.

-Allora ciao!- le congedò Virgilio, mentre montava in groppa al cavallo.

-A presto! -lo salutò vivamente Olimpia.

Xena lo salutò con un gesto rapido della mano, prima di vederlo scomparire tra la folla di Corinto.

Le due si accamparono nel bosco, ora finalmente tranquillo e pacifico.

Olimpia stava già tra le coperte e teneva in mano una pergamena e una penna per iniziare a scrivere anche questa avventura.

Xena sembrava rovistare nella sacca di Argo, apparentemente senza motivo.

-Ma che fai?- chiese il bardo ad un certo punto.

-Niente- chiuse l’argomento la mora guerriera.

-Dai….dimmelo!- s'indispettì curiosa Olimpia volendo a tutti costi sapere cosa stesse nascondendo l'amica.

Xena si fece ancora più misteriosa e per stuzzicarla nascose il misterioso oggetto che aveva preso dalla bisaccia di Argo e lo mise dietro la schiena per gioco.

-Dai fammi vedere cosa nascondi…- La donna si alzò nell’intento di vedere cosa stesse nascondendo.

-Chiudi gli occhi...- disse Xena.

Olimpia sbuffò contrariata ma chiuse immediatamente le palpebre.

Un attimo dopo la principessa guerriera le diede il permesso di aprire gli occhi e la donna non se lo fece ripetere due volta, curiosa di vedere il regalo.

-Ma Xena… dove…- balbettò la guerriera bionda nel vedere due sais nuovi di zecca ed identici a quelli che i vampiri gli avevano sottratto.

-Li ho comprati ad Atene, un giorno, li ho visti e ho pensato che avrebbero potuto servirti…-

-Grazie!- disse la poetessa abbracciandola, poi diventando cupa.

-Io non ho preso niente per te-

Xena sembrò alterarsi improvvisamente, poi il suo viso ritornò dolce e disse:- Tu fai tanto per me Olimpia, mi dai tanta serenità ogni giorno della mia vita... mi dai tanto amore-

Olimpia sorrise:- Io conosco tutto di te, eppure ti amo!- rise la poetessa.

-Che significava quell’ “eppure”?-

-Oh… nulla…-

Le due iniziarono a farsi il solletico e a ridere finché Olimpia non vide Marte tra gli alberi e disse:-Ehm… c’è qualcuno per te… - poi con tono alterato e geloso aggiunse:
-Ma fai presto!-

Xena si alzò pigramente dal giaciglio e si diresse verso il dio lasciando sola Olimpia che tutta soddisfatta disse :-Adesso ti frego io-

E si coricò, pregando che almeno questa volta le riuscisse lo scherzo.

 

-Marte!-

Il dio scostò una pianta e si manifestò a Xena.

-Non volevo disturbarti…..ero qui di passaggio…-

Xena storse il naso:-Come no. Comunque devo parlarti anch’io-

Marte sorrise:-Dirmi cosa?-

-Grazie- rispose Xena dolcemente.

-Grazie per cosa….-

-Per averci portato sulle montagne… per il sidro, insomma senza di te non so se sarebbe riuscito tutto -

Marte sorrise maliziosamente:-Allora, ammetti d’aver bisogno di me-

Xena distolse lo sguardo e fece per andarsene, ma il dio la fermò.

-Prego- le disse sempre con quell’aria da scemo stampata in volto.

-Non ti abituare.-

Marte alzò gli occhi al cielo e scomparve lanciandole un bacio con la mano.

Xena se ne tornò tranquilla al suo piccolo accampamento dove Olimpia sembrava placidamente addormentata.

Rise constatando che anche questa volta le avrebbe mandato a monte lo scherzo. Cercò di non farci caso e vide che la donna per rendere ancora più incredibile la scena, aveva lasciato aperta la pergamena che stava scrivendo.

Xena tutta contenta la prese e la srotolò per leggere quel poco che aveva scritto, questo avrebbe sicuramente irritato Olimpia che si sarebbe alzata mettendo fine alla sceneggiata. La prese e la aprì ma nulla, Olimpia non si mosse.

La lesse anche ad alta voce, sicura che questa volta la poetessa avrebbe fatto una reazione: “Era qualcosa di fatale e terribile. I seguaci di Dracula seminavano terrore. Il sangue era il suo annuncio, e il suo suggello, il rosso orrore del sangue. Sangue notturno”

Nessuna reazione.

Xena provò con tutto. Il solletico, gli schiaffetti, ma nulla. Mise la testa sul suo torace e constatò che dormiva.

Scoppiò in una risata pensando alla faccia che avrebbe fatto Olimpia quando la mattina si sarebbe svegliata e avrebbe constatato che anche per quella volta lo scherzo era andato a farsi benedire… ma soprattutto che era stato unicamente per colpa sua, per essersi addormentata sul serio. Ancora ridendo si mise sotto le coperte e mormorando:-Peccato Olimpia, questa volta avrei giurato che ci saresti riuscita...-

Pensò, prima di cadere come Olimpia tra le braccia di Morfeo , aspettando l’alba che le avrebbero portate ad una nuova avventura.


Fine della puntata

di Diomache

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