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episodio n. 2
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3 CAPITOLO

-Spero di rivederti presto-

-Quando tutto questo sarà finito- gli rispose Xena ancora legata nell’abbraccio del fratello.

Poi Toris salutò Olimpia e Virgilio per far ritorno nella sua piccola casa vicino al tempio sacro a Marte.

-E' questa che cercavi?- chiese Olimpia indicando il piccolo contenitore.

-Esatto, ma non possiamo aprirla qui… andiamo- Il trio si allontanò da Crismy per accamparsi dentro il bosco.

Ormai quasi sera, Virgilio iniziò a cuocere qualche provvista per la cena.

Intanto le due donne si erano sedute su un masso e stavano aprendo con interesse la piccola cassetta.

Xena forzò il contenitore, finché non si aprì e mostrò il suo contenuto: otto pergamene.

Olimpia esultò contenta del ritrovamento e iniziò a disporle per leggerle.

-Ah, Xena…- iniziò Virgilio -L’uomo che abbiamo interrogato oggi ci ha fornito informazioni… interessanti…. Prima cosa, l’attacco che c’è stato a Glene è identico di quello di Crismy. Tutto identico, anche il misterioso rapimento delle donne, l’amnesia iniziale delle vittime, tutto.

Seconda cosa, anche qui prima dell’attacco c’è stata la piccola coincidenza dell’omicidio di una bambina… -

Xena, che fino poco fa non aveva dimostrato molto interesse per le parole del poeta, ora si accese ed incitò il ragazzo a proseguire:-Quindi..-

-la bambina è stata sgozzata…ma cosa più interessante…sul pancino aveva inciso il numero tre a caratteri romani-

-Mentre Sara, aveva un quattro se non ricordo male. Era tutto programmato...-

-Già- constatò Virgilio, mentre preparava le porzioni di carne.

Dopo una cena più frugale che nutriente, il trio iniziò ad esaminare le pergamene.

3 a testa Olimpia e Virgilio, 2 Xena.

Erano entrambi concentrati e dovevano leggere accanto al fuoco, visto che il cielo si era ormai oscurato. Ad un certo punto Virgilio s’illuminò: tra le mani aveva una pergamena che parlava del figlio di Bacco: Dracula.

Subito le ragazze si misero ai lati del giovane che iniziò a leggere:

- Dracula, fu il maggiore, dei figli di Bacco il peggiore, perché fu alla sorella, Baccante appunto, che vennero dati lodi e onor del padre. A Dracula, il dio, diede un titolo nobiliare, forse per risanare la ferita che impresse del cuor della pargoletto, sin da quando era piccoletto. Conte Dracula diventò e delle ombre si appropriò! Porta lutti e sventure al genere umano che lui cerca di sopprimere invano. Giacchè anche se, se ne mangia in quantità…anche lui è per metà un essere mortale, lo giuro è verità! La sua dimora è un castello stregato che si erge alla cima del monte fatato… non t’avvicinar straniero al Monte Bianco, vetta delle Alpi ancor oggi inchinata ai Romani, poiché il conte e i suoi servitori diverranno per sempre l’oggetto dei tuoi sogni peggiori!-

-Questa non ci voleva!- Esclamò Olimpia. - queste pergamene sono una truffa! Ci dice semplicemente che la dimora del Conte Dracula è il monte bianco, la vetta più alta della catena alpina….mamma mia, ci vogliono settimane di viaggio, è una tragedia!-

Virgilio ripiegò la pergamena inutile e ne aprì delle altre, ma con pessimi risultati.

-Niente, disse alla fine. Non sappiamo ancora molto per agire. Xena che ne pensi?-

La donna assunse un tono rilassato:- Di fare una bella dormita-

-Cosa?- chiese Olimpia incredula- Xena la situazione è grave e tu dormi?-

-NOI, dormiamo. Dobbiamo essere lucidi e ben svegli, per domattina.- li congedò la principessa guerriera mentre si sistemava il giaciglio accanto a quello di Olimpia.

Il bardo guardò Virgilio, e anche lui scrollò le spalle, mentre gli sussurrava all’orecchio:- Ha in mente qualcosa, fidati.-

-Ne sono sicuro- rispose lui.

Poi dopo un altro piccolo gioco di sguardi anche Olimpia e Virgilio andarono a dormire, seguendo l’esempio di Xena che a quanto sembrava era già sprofondata in un bel sogno.

Ed invece, quando la guerriera, si accorse che i due dormivano, aprì i grandi occhi blu e si allontanò dall’accampamento, la distanza necessaria per infuriarsi con Marte se ce ne fosse stato bisogno, senza svegliare gli amici.

Si sedette su un masso e lo attese per un bel pò.

Sentiva la voglia irrefrenabile di mandare quell’appuntamento notturno a quel paese, ma si doveva contenere. Marte poteva essergli utile.

Dopo poco avvertì la presenza del dio. Si guardò intorno ma non lo vide.

-Marte, vieni fuori per favore… non lo sai che a farsi attendere sono sempre le donne?-

Offeso, il dio apparve.

-Buonaseeera-

-Allora, che avevi di tanto importante da dirmi? Spero che sia qualcosa d’importante per avermi fatto venire qui nel cuore della notte!-

Il dio esitò un po’, tanto per stuzzicarla, poi prese parola e disse:- Tu piuttosto, che mi dici?-

Xena sentì la calma e la pazienza sfuggirgli dalle mani, ma cercò di resistere.- Marte, tanto lo so che sai tutto!-

-E' vero, ma amo sentirti raccontare!-

Xena mandò al diavolo la pazienza e scagliò un pugno sul naso del dio.

Marte ancora dolorante, guardò di sottocchi la sua guerriera preferita che invece lo osservava trionfante. Xena riprese a parlare :- Senti "Dio della Guerra"… fin’ora ti ho permesso di navigare nelle placide acque della mia pazienza… ma ora hai passato il limite… allora mi vuoi dire che cosa sai di recente del figlio di Bacco, il conte Dracula?-

Marte si sedette su un masso e con aria indifferente iniziò:- Mentre tu e Olimpia eravate ancora addormentate e Evi aveva solo 9 anni, Dracula e il suo esercito di vampiri attaccava ogni villaggio della Grecia, uccidendo gli uomini e portando via le donne compiendo grandi stragi. Così Minerva impietosita decise di fermare i vampiri con un incantesimo e li costrinse a vivere del sangue dei piccoli animali e non più di quello umano... -

-Ma?… -disse Xena intuendo quello che stava per dire il dio.

-Ma i vampiri sono molto astuti. E con il passare degli anni hanno trovato il modo di evadere, anche se per poco dall’incantesimo lanciato da Minerva che si può annullare brevemente se i vampiri agiscono in un notte senza luna e prima di compiere il massacro, versano il sangue di un bambino del posto nato il giorno del solstizio d’inverno. Così hanno libero accesso nel mondo umano e possono uccidere chi vogliono. In più le donne che loro tramutano in vampiri hanno anche il potere di poter uscire di giorno… ma non è finita qui. Ora che hanno trovato il modo di evadere dalla loro prigione d’ombra possono vendicarsi degli dei dell’Olimpo e rompere definitivamente l’incantesimo. Per farlo devono mischiare in un'unica miscela il sangue di cinque bambini, nati nel solstizio d’inverno, e farne un’unica pozione fatale. Una miscela che ucciderebbe anche un dio, al solo contatto con la pelle… diventando così i padroni del mondo-

Le parole del dio fecero uno strano effetto a Xena, e la riportarono velocemente agli avvenimenti degli ultimi giorni, le donne, la notte senza luna, le donne rapite, Sara e l’altra bambina, entrambe numerate… tutto coincideva. Alla perfezione. Mancava solo una bambina per raggiungere il loro scopo.

-Questo è tutto.- concluse Marte.

-Ovvero niente- ribatté la principessa guerriera.

-Niente? Ma ti ho praticamente risolto il caso!-

-La fai troppo facile… devo raggiungere il Monte Bianco e… -

-Non sarai sola...- disse sensualmente il dio avvicinandosi alla guerriera.

-Lo so, anche parlandone, Olimpia non si farebbe mai tirare fuori dal caso...-

-NO, NO…Xena…non sarai sola perché ANCH’IO combatterò al tuo fianco!-

Xena rimase lievemente stupita dalle parole del dio, ma poi giunse alla conclusione:
- Voi divinità siete tutte uguali, pur di tener salva la pelle …-

-NO, XENA!-

Il dio , forse senza accorgersene aveva urlato il suo nome, come fosse un espediente per soffrire di meno:- NO, non è per questo. Quando tu sei morta…. Io ho capito che la mia vita senza di te… sarebbe vuota. non voglio più rischiare di perderti-

Xena si allontanò, leggermente risentita :- Non ho bisogno della tua protezione, pensavo fosse chiaro e che anche i miei sentimenti fossero chiari. Lo sai che amo Olimpia.-

Girò i tacchi e fece per andarsene, quando Marte si accorse del terribile errore che aveva commesso: Xena era maledettamente, stupendamente orgogliosa. Mostrandole la sua protezione, lui l’aveva ferita nel profondo.

La prese per un braccio e mormorò:- Lo so, lo so. In tanti anni, in mille modi diversi tu mi hai battuto e hai tenuto salva la vita, nonostante le situazioni più pazze, più incredule, più difficili che ti presentavo… tu sei unica… non hai bisogno della protezione di nessuno ma io penso di servirti adesso -

Xena si calmò leggermente, ma quel “Io penso di servirti..” non le andava giù.

-Me la posso cavare anche da sola, non vedo come… -

-Dì un po’…..come pensi di arrivare al monte Bianco? Con l’amore di Olimpia?-

Xena sorrise leggermente e disse :- Penso che ti convenga portarmi là… sbaglio o c’entra anche la tua sopravvivenza in tutta questa storia?-

Marte sorrise scuotendo leggermente la testa in un “non cambierai mai” di dolce consapevolezza, mentre constatava che anche questa volta Xena aveva saputo usarlo come voleva e avere l’ultima parola. Come sempre. A quanto pare le cose erano ritornate sul serio alla normalità.

-Vado a dormire. Domattina all’alba, ci porterai nell'impero romano. Tutto chiaro?-

-Manca qualcosa-

-Cosa?-

-G-r…?-

-Gr cosa?-

-Gra-z..?-

-Senti Marte non ho tempo di… -

-Gra-zi……-

-Ma che diavolo…..-

-Oh suvvia Xena, è così difficile usare un po’ di gentilezza? -

-Continuo a non seguirti…-

-GRAZIE! Quello volevo sentirmi dire era GRAZIE….era così difficile?…-

-No, anzi. PREGO, NON C’è DI CHE-

Disse ridendo mentre scompariva nel buio della foresta.

Marte le sorrise lievemente congedandosi pensando che quella notta Xena avrebbe occupato tutti i suoi pensieri...

 

La prima cosa che sentirono fu un freddo pungente che penetrava in ogni lembo scoperto della loro pelle. Capirono così di essere arrivati.

La montagna innevata si ergeva in tutta la sua imponenza e bellezza e sulla cima un castello.

Il vento era fortissimo e scompigliava maleducatamente i loro capelli, facendogli camminare a fatica. La voce si gelava nella gola e non riuscivano quasi neanche a comunicare.

Xena era la prima della fila indiana che ora si dirigeva verso una piccola baita abbandonata. L’unico modo per riparasi e pensare ad un piano da mettere in azione.

Marte dopo aver accompagnato i ragazzi sul monte Bianco era poi improvvisamente scomparso.

Piano, piano i tre ragazzi arrivarono alla piccola baita che da lontano sembrava abbandonata.

Xena spinse forte la porta con un calcio e questa cedette subito, rivelando l’interno della casa, caldo e confortevole.

I tre entrarono convinti d’essere gli unici abitanti dell’abitazione.

Ma si sbagliavano.

Olimpia si appoggiò ad una sedia si massaggiò la pelle nel tentativo di riscaldarsi:- mamma mia che freddo! Ma questo castello non potevano farlo che ne so… su un'isola tropicale?-

-Sarebbe stato troppo facile, no?- disse Virgilio che aveva velocemente imitato la giovane.

Xena cercò della legna pensando di non trovarla. Invece ne trovò un bel po’ e rimase di stucco da questo ritrovamento.

-Perché ti meravigli tanto?- chiese Olimpia - Se non c’è la legna in montagna dove si può sperare di trovarla?-

-Non nella case disabitate, Olimpia-

Le due si guardarono in assenso, sicure di ciò che stava per avere conferma.

-Ah!- Una ragazzina di si e no 16 anni, era uscita dal suo nascondiglio e tendeva un bastone in mossa d’attacco verso di loro.

Xena sorrise nel vedere la ragazzina mossa da un tale coraggio. Capelli scuri, ricci e leggermente spettinati le ricadevano liberi sulle spalle, occhi scuri ed espressivi. Trasmettevano un istinto di protezione verso qualcuno, più che verso sè stessa.

-Calmati- cercò di tranquillizzarla Olimpia - e scusaci, non volevamo invadere la tua abitazione… pensavamo fosse disabitata, scusaci ancora, ma di fuori c’è una tempesta di neve tremenda e noi… -

-Olimpia…- la interruppe Xena.

-Che c’è Xena? Non vedi che sto cercando di calmarla?-

-Olimpia…. -

-Ma che cosa vuoi…-

-Olimpia, dove siamo?-

- Che domande.. sulle montagne!…-

-E che lingua si parla nell'impero romano?-

Olimpia rimase a bocca aperta. Che sciocca! Come poteva quella ragazza capirci qualcosa?

-Ops…- balbettò incerta la ragazza imbarazzata.

Intanto la sedicenne non aveva abbassato l’arma ed era decisa ad usarla contro Xena. Dal canto suo la principessa guerriera non aveva nessuna intenzione di mettersi a lottare con la giovane e a modo suo cercò di farglielo capire, ma vuoi per paura o per chi sa cosa non accennava ad abbassare il bastone. Anzi.

Cercò di avanzare un affondo che la donna evitò velocemente per poi ricomporsi.

La romana però non si voleva arrendere e continuò ad intimarle d’andarsene attaccandola per bene con l’arma che aveva a disposizione. Xena iniziò con l’evitare gli attacchi, poi decisa a finirla con un calcio, disarmò la giovane fanciulla.

Quando vide l’arma scivolarle dalle mani e finire a terra si sentì persa. Si inginocchiò davanti alla guerriera che sempre più stupita la guardava senza capire.

Iniziò a piangere.

Xena, sconsolata si girò verso Olimpia e Virgilio che incapaci come lei di capire, erano divertiti dalla situazione.

-Se non sono matti, non fanno per noi, giusto?- scherzò la principessa guerriera, mentre pensava a cosa inventarsi per calmare la giovane.

Dopo poco da una stanza buia fece la sua comparsa un vecchio. Era un uomo sull’ottantina, sicuramente l’unico parente della giovane. Anche l’uomo s'inginocchiò ai piedi di Xena.

D’un tratto Virgilio venne mosso da un’idea, da un improvviso ricordo.

Prese dallo zaino di Olimpia, una pergamena e una piuma per scrivere e scrisse la parola “AMICITIA” che nella lingua latina vuol dire amicizia.

Il vecchio lesse e sembrò contento. Intimò nella loro lingua incomprensibile alla donna di alzarsi, ed entrambi sorrisero agli stranieri che avevano capito, venivano in amicizia.

Olimpia fece un sospiro di sollievo: chi dice che sapere le lingue non serve! Se non fossero riusciti a farsi capire, come avrebbero potuto sostare nella baita? Quindi sarebbero dovuti uscire.

Sorrise e strinse la mano della giovane e del vecchio, presentandosi: -Olimpia- disse battendosi il pugno al petto per aumentare l’effetto.

-Eirene- disse timidamente la giovane.

Si sedettero al tavolino e il vecchio offrì loro qualcosa da mangiare, poca roba come formaggio,carne cruda e latte… ma almeno qualcosa di caldo su quel congelante monte.

Certo non fu un pranzo molto stimolante, dal punto di vista verbale, ma almeno tutti mangiarono in pace il loro pasto e furono presto pronti per pensare ad un piano per attaccare Dracula, vista l’impossibilità d’uscire per colpa della tempesta.

Il vecchio indicò loro una piccola stanza con due giacigli e il gruppo entrò contento di quella piccola privacy.

La stanza era molto rustica. Le pareti non erano belle e sofisticate come tante di quelle case romane che avevano visto, ma semplici e molto più confortevoli.

C’era una piccola finestra e due giacigli. Niente di più.

Le guerriere si sedettero sui giacigli, mentre Virgilio faceva su e giù per la stanza in cerca di un piano.

-Potremo attaccare dall’alto!- ne uscì improvvisamente Olimpia.

-In che senso?- chiese Virgilio.

-Ci arrampichiamo sul tetto poi…-

-Troppo rischioso…- la interruppe Xena.

Olimpia sbuffò, riconoscendo quanto l’amica avesse ragione e tornò a ragionare.

Xena si prese la testa fra le mani. I suoi occhi blu si fissarono su un punto fisso e la sua mente volò alla ricerca di una soluzione.

Si distese sul letto e cercò di riposare. Anche Olimpia cercò di dormire, ma invano.

Invece Xena dopo poco si appisolò. Il suo respiro divenne pacato e i due amici capirono che un po’ di riposo porta benessere e consiglio.

La lasciarono riposare ed uscirono dalla camera, per paura di disturbarla con le loro chiacchiere.

Eirene era nella grande sala e stava filando un gomitolo di lana rosa, mentre il vecchio scriveva una pergamena. La poetessa guardò fuori. Il tempo si era calmato.

In accordo con Virgilio uscirono di casa salutando con un cenno della mano la giovane e l'anziano.

Non nevicava più ma c’era comunque la stessa aria pungente di prima, Olimpia si pentì leggermente d’aver lasciato la calda dimora ma iniziò a chiacchierare con Virgilio e presto si adeguò alla temperatura.

-E' una situazione molto precaria. Non saprei quale piano attuare per attaccare il castello di Dacrula e distruggerlo. Tu hai qualche idea?- Olimpia scosse la testa, mentre si stringeva sempre di più in se stessa per ripararsi dal freddo.

I due diedero uno sguardo alla dimora del famigerato vampiro. Un castello come tanti, fatto di pietra, assolutamente normale di giorno. Non aveva nulla di particolare o qualcosa che poteva far pensare al castello del figlio di Bacco.

Ed era sorvegliato da due guardie che avevano tutto, meno che l’aspetto di vampiri.

Tenevano in mano delle lance, e come tutte le guardie parlottavano tra di loro.

A Virgilio venne un dubbio:- siamo sicuri che sia quello?-

-si… credo di si...-

-Perché non andiamo a vedere più da vicino?-

C’era il divertimento negli occhi del ragazzo, e Olimpia capì che contraddirlo non sarebbe servito a nulla, comunque tentò:

-No…Virgilio… potrebbe essere pericoloso... dovremo parlarne con Xena… -

-E tu vorresti svegliarla per una cosa del genere?-

-Bhè… no… ma non è prudente!-

Virgilio rise.:- Ma dai… dimmi che tu non sei curiosa? Non faremo nulla di tanto pericoloso… E poi chi ti dice che quello è veramente il castello del Conte Dracula? Che Marte ci abbia portato nel posto sbagliato? Ci si può fidare di lui?-

Olimpia scosse la testa:- Comunque non mi pare il caso di… -

Virgilio alzò gli occhi al cielo:- ok, allora mettiamola così: ci avviciniamo per scoprire qualcosa... per accertarci che il luogo si quello giusto, e anche per valutare vari punti deboli del nemico.-

Olimpia si accorse che non aveva più argomentazioni… allora, che fare? Certo l’idea era un po’ pericolosa… ma anche necessaria, si disse.

E se Virgilio avesse avuto ragione? Marte avrebbe potuto ingannarle ancora un volta? Si autoconvinse che era meglio constatare se quello fosse veramente il castello del conte. Se non lo era, avrebbero evitato un buco nell’acqua, oltre che una ulteriore perdita di tempo.

Altrimenti, avrebbero avuto l’occasione per vederlo da vicino… prima di agire quella notte. Di giorno avevano l’opportunità di vedere meglio un appiglio su cui arrampicarsi, la frequenza del turno di guardia e tante altre cose che potevano esserle utile per l’attacco.

Decise quindi di accontentare Virgilio, che da parte sua stava già aumentando il passo in direzione del tetro castello, senza aspettarla. Improvvisamente il poeta si girò verso di lei e quasi urlando per farsi sentire le disse:- Allora, hai deciso o no?-

Dato che la poetessa non accennava a rispondere continuò:- O vieni con me o ci vado da solo!-

Olimpia aguzzò i suoi occhi verdi verso il castello… ci avrebbero messo poco… Xena non se ne sarebbe neanche accorta… Sorrise lievemente mentre un soffio di vento le scompigliava ancora una volta i capelli dorati… Diede uno sguardo verso la baita dove Xena dormiva beatamente e dove Eirene e suo nonno le avevano dato ospitalità. Il suo sguardo tornò su Virgilio che già si stava dirigendo verso il castello intimandogli di aspettarlo:- ASPETTAMI!!!-

Disse correndo nella neve al fianco del giovane poeta.

 

Xena era ancora addormentata, quando Marte apparve nella piccola stanza. Scorse il corpo di Xena riposare e sorrise.

Voleva accarezzarle la guancia, ma ritrasse la mano quando constatò che avrebbe potuto svegliarla e suscitare la sua ira.

Si sedette sull’altro giaciglio e restò incantato nel guardarla.

Il suo corpo era girato di fianco, e i suoi capelli corvini erano sparpagliati sul braccio che le reggeva la nuca. Il suo volto, dai lineamenti perfetti era rilassato e sembrava non pensare a nulla, se non a riposarsi e stare ben lucida per l’assalto della notte.

Provò una fitta di rimorso nel pensare che era tutto come in passato. Sarebbe stato per sempre così il rapporto tra lui e la sua adorata Xena? Ci sarebbe sempre stata Olimpia tra di loro?

Scacciò il pensiero, che comunque andò a concentrarsi su di lei.

Xena… Xena… Xena… quante volte aveva pronunciato quel nome, che sin dalla prima volta l’aveva incuriosito e spinto a conoscere quella splendida mortale. L’aveva pronunciato a volte con odio e astio, altre volte con amore. In special modo quando era solo un mortale. Si svegliava di notte, sudato e spaventato con solo il suo nome sulle labbra, nome che secondo i racconti di Venere urlava anche nel sogno.

Pensò a quanto quella donna, lo teneva in pugno. Lo aveva convinto a commettere sciocchezze in passato… ma il suo futuro era lungo e chi sa quante altre ne avrebbe fatte.

Ma in fondo era privilegiato. Lui poteva starle accanto, lottare con lei, spiarla magicamente quando ne aveva voglia.

Ancora una volta Xena era impegnata a salvare qualcuno, con un nemico da distruggere per il bene dell’umanità. In passato era la sua guerriera. Ma si rese conto che l’usava per i suoi scopi come con Livia e tutto finiva lì.

“Ah, si? E allora perché sei ossessionato da ciò che è ora? Avanti! dimmi che non sei attratto dalla vera Xena, quella onesta” ripensò alle parole di Olimpia, quel giorno ad Anfipoli. Tanto tempo fa.

Ma anche se a distanza di tempo, non c’era niente di più vero. Lui l’amava perché era così.

Nulla in più, niente di meno. Anche quella volta la biondina aveva colto nel segno.

Tuttavia pensava che il suo amore fosse inutile e non ricambiato. E questo un po’ lo faceva sentire male, al pensiero di Olimpia e Xena teneramente abbracciate… le loro effusioni… i baci…

Era ancora assorto, quando Xena aprì i suoi stupendi occhi blu.

-Che…che diavolo ci fai tu qui? -chiese appena fu in grado di farlo.

-Ti….. guardavo….-

-Abbiamo cose più importanti da fare che guardarci, Marte- constatò lei pensando al piano da elaborare.

-Ti sei riposata?-

Xena annuì. Quella dormita le aveva fatto bene, ora si sentiva ricaricata e avrebbe potuto spaccare il mondo intero!

-Olimpia?- chiese.

-Sarà fuori con Virgilio, il tempo si è migliorato -

-Vado a chiamarla. Devo metterla al corrente del mio piano- disse soddisfatta la donna.

-Hai un piano?-

-Certo- e si alzò. Stava uscendo, quando il dio della guerra la prese per il braccio.

-Aspetta…. Ti devo parlare-

Marte la fece avvicinare… le accarezzò lentamente le braccia, poi le mise le mani sulla vita.

Xena non oppose resistenza alcuna, almeno per il momento.

Il dio le si avvicinò di più.

-Xena… Io… io non riesco a stare dieci minuti senza vederti… ed ogni volta che ti vengo a trovare mi sento agitato… imbarazzato… mi sento tremare… Mi gira la testa… - e abbassò lievemente lo sguardo.

Xena sorrise e posò una mano sulla sua fronte, poi disse:- Forse hai la febbre-

-NO!-urlò il Dio. Xena lesse un tale sconforto nei suoi occhi, che la disarmò completamente.

-Io ti amo!- urlò al mondo intero.

-Marte…io…-

-No, tu non sai cosa è significato per me stare tutto questo tempo senza vederti, senza toccarti….ho sofferto le pene dell’Inferno, mentre tu eri in Giappone ora….ora che sei qui….non rifiutarmi il tuo amore-

Il dio si avvicinò e la guardò negli occhi. Xena abbassò lo sguardo e istintivamente indietreggiò.

Lei conosceva perfettamente i suoi sentimenti. E allora… “ Marte perché insisti?” si chiese. Poi pensò che se Olimpia fosse stata di qualcun altro, forse anche lei avrebbe insistito fino a morire per lei. Si accorse che riusciva a capire i sentimenti di Marte. Anche se indubbiamente tutto questo la sorprendeva.

Lui era l’oscurità, era quello che combatteva ogni giorno. Quello che in passato l’aveva trasformata in un’assassina. Quel freddo dio che non era e non sarebbe mai stato capace di amore.

Lui cercò di balbettare qualcosa, ma lei gli mise una mano sulle labbra, intimandogli di tacere.

Ora era lei a dover parlare.

La porta si aprì lentamente e Eirene fece comparsa nella stanza. Visibilmente irritato il dio scomparve.

La ragazza non sapeva cosa dire, ma Xena cercò di spiegargliele che era un dio e che ora poteva stare tranquilla perché se ne era andato.

La giovane sorrise e annunciò che era pronta la cena. Pensò di dover andare a chiamare Olimpia e Virgilio, che ormai erano via da parecchio tempo.

Così uscì dalla casetta richiudendo la porta alle sue spalle, mentre una ventata d’aria gelida le preannunciava l’arrivo delle tenebre e del loro attacco.

di Diomeche

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