CAPITOLO
I
Nel
tempio di Marte tutto è silenzio: il dio della guerra sta riposando
sul suo trono.
La stanza oscura è illuminata solo da un lieve bagliore di
luce soffusa proveniente da alcune fessure tra le mura gelide e grigie
cui sono appese armi d'ogni tipo; per qualche tempo tutto rimane immobile.
Poi ad un tratto un lampo di luce oscura dalle sfumature violastre
illumina per un attimo tutta la stanza. La figura che appare, resta
confusa dall'ombra delle colonne che si ergono imponenti nel tempio;
poi si avvicina lentamente senza far alcun rumore verso Marte. Egli
si ridesta dal suo sonno inquietato dalla presenza di qualcuno; quando
riapre gli occhi trova di fronte a sè una donna alta, dal corpo
sottile e dallo sguardo accigliato, i lunghi capelli neri e lisci
e gli occhi color ghiaccio. Una bella visione se non fosse stato per
lo sguardo incupito da un'espressione costante di rabbia, quasi una
maschera.
- E tu per gl'inferi chi sei? - gli chiede mentre si alza di scatto
dal suo trono.
La donna ignorando la domanda rivoltale lo guarda con aria di sfida
e si volta dandogli di spalle.
- Ehi sto parlando con te .. come hai fatto a entrare nel mio tempio?
-
- E così questa specie di tana tu la chiami tempio? Ci vuole
un bel coraggio! - ribatte l'intrusa mentre inizia a guardarsi intorno.
- Mi sfugge l'ironia di questa battuta .. scusa se non rido
-
risponde Marte con tono piuttosto seccato - Sai
io odio i mortali
che s'intrufolano con prepotenza qui e mi disturbano con i loro assurdi
progetti
perciò ti conviene darmi un valido motivo per
essere qui ora e usare con me questo tono strafottente!-
Lo sguardo della donna continua frugare tra gli angoli del tempio
fino a fermarsi su un enorme specchio rettangolare molto alto. È
circondato da una cornice lavorata, cesellata da contorte lingue di
metallo che serpeggiano sul muro; lo specchio riflette una limpida
luce azzurrina, quasi liquida che somiglia molto alla superficie mossa
di un lago.
La ragazza
gli si avvicina ignorando totalmente la presenza di Marte. Egli la
segue con lo sguardo e gli corre dietro ponendosi davanti al suo scopo.
- Non ti avvicinare a quello specchio
ma si può sapere
che vuoi? -
L'intrusa lo guarda con disprezzo per qualche attimo, poi cogliendolo
di sorpresa gli tira una ginocchiata in pieno torace. Il dio si arresta
un attimo e accusa il colpo mentre la donna lo oltrepassa. Innervosito,
Marte tende una gamba, appoggia una mano al suolo e ruotandosi fa
uno sgambetto alla nemica facendola cadere. Ella si rialza in un balzo
seguita dal dio della guerra; i loro occhi si incrociano per un attimo.
Poi la donna lo attacca con un calcio laterale che il dio para a fatica;
con rapidità, poi, fa leva sulla caviglia e roteando su stessa
gli sferra un pugno colpendolo sullo zigomo. Marte sempre più
irritato si massaggia la guancia per un istante - Questo è
il tuo modo di presentarti?
Originale, mi piace. - la sua l'espressione
si contrae in uno smorfia di rabbia e risponde al gancio dell'avversaria
tirandogli un pugno nella stessa posizione. - Comunque come vedi,
è un linguaggio che conosco molto bene anch'io. - aggiunge
mettendo le mani sui fianchi.
L'espressione fino ad ora agghiacciante della ragazza lascia ora trasparire
un filo di collera. I suoi occhi corrono per un attimo in direzione
dello specchio e poi nuovamente su Marte. In seguito, senza batter
ciglio, con un balzo gli si scaglia contro e lo colpisce allo sterno
con un pugno, lo afferra dietro al collo avvicinandolo a se e con
una ginocchiata in pieno volto lo fa cadere a terra di spalle. Profondamente
innervosito, il dio si rialza di scatto e afferra una lancia appesa
alla parete e la scaglia contro l'intrusa trafiggendola da parte a
parte poco sopra la vita.
La donna non ha alcuna reazione: osserva indifferente la lancia e
rivolgendosi a Marte con arroganza dice - Questo non è molto
simpatico da parte tua
lo sai che le donne non dovrebbero essere
toccate nemmeno con un fiore? -
Come se nulla fosse si estrae dal corpo la lancia e la spezza in due
sul ginocchio destro. Il dio della guerra resta incredulo osservando
la ragazza che non riporta alcuna ferita e sorpreso balbetta - Ma
tu non sei una comune mortale
-
La ragazza si passa una mano sulla fronte allontanando un ciuffo di
frangia dalla fronte e con un ghigno altezzoso sulle labbra si avvicina
all'avversario fermandosi a pochi centimetri da lui. Mantenendo lo
sguardo fisso su di lui gli si avvicina sussurrandogli nell'orecchio
- Vuoi sapere chi sono? Io sono la tua ombra, la tua coscienza, il
tuo rimorso .. io sono il peggiore dei tuoi incubi. -
Il dio resta scosso da queste parole soffuse bisbigliatogli nelle
orecchie e percosso da un brivido si scosta da lei che ancora lo guarda
in modo freddo e altezzoso. Cala di nuovo il silenzio nel tempio e
i due sfidanti restano immobili osservandosi a vicenda.Un istante
dopo la donna contrae le sue labbra in un freddo sorriso e fa scaturire
dal palmo della sua mano una sfera luminosa di energia lanciandola
con violenza contro Marte, che travolto finisce contro la parete dove
resta per qualche attimo incapace di reagire. L'intrusa soddisfatta
corre verso lo specchio e appoggia la mano sulla superficie; in pochi
secondi penetra al suo interno sprigionando un'intensa luce che a
fasci si scaglia nella stanza, illuminandone ogni più piccolo
angolo. Un istante dopo, con un movimento brusco estrae il polso dallo
specchio sottraendo così la leggendaria spada di Marte.
Il dio si rialza velocemente da terra e cerca di avvicinarsi a lei
per strappargli di mano la sua preziosa spada, ma prima che la potesse
raggiungere ella scompare nel nulla in una sonora risata che per qualche
attimo riecheggia tra le pareti della stanza. Un istante dopo Marte
sente che le sue forze vengono meno e si inginocchia a terra: gli
arti si fanno terribilmente pesanti, la circolazione sanguigna rallenta
e sente ogni angolo del corpo invaso da brividi si freddo. E mentre
la testa lo logora con forti fitte di dolore, sente che in un lampo
la sua divinità lo abbandona portandolo ancora una volta ad
una condizione mortale.
CAPITOLO
II
E'
una giornata di primavera: l'aria è calda e tutt'intorno si estende
una vasta prateria dall'erba verde e profumata ancora bagnata dalla
pioggia della sera precedente. Xena e Olimpia camminano lungo un sentiero
costeggiato da faggi e ciliegi che le conduce verso una collina arrotondata.
Si sono appena lasciate alle spalle uno splendido fiumiciattolo dall'acqua
limpida e fresca, dove fino a poche ore prima si erano intrattenute
pescando.
- Avanti provaci, non essere timida! - dice Xena.
- Smettila Xena! Non mi piace farlo davanti agli altri! -
- Andiamo! Dobbiamo pur passare il tempo prima di arrivare a Melfi!
-
- Bè trovati un altro passatempo, perché non ho nessuna
intenzione di spaventare gli animali del bosco! -
- Ma hai una bellissima voce, ti ho sentita prima, mentre lavavi le
stoviglie al fiume! - continua Xena cercando di trattenere un sorriso.
- Credevo che nessuno mi ascoltasse! E non insistere più, non
voglio cantare! -
Un po' imbarazzata Olimpia comincia a giocare con i lacci della spallina
della sacca che porta in spalla e fa finta di niente sentendosi addosso
lo sguardo di Xena. Dopo aver proseguito il cammino in silenzio per
un paio di minuti vedono due figure stese sull'erba sotto un albero:
sono due giovani in tenere effusioni. Xena vedendoli da lontano si ferma:
- Uh!
Sarà meglio cambiare sentiero -
- Già meglio non disturbare - risponde prontamente Olimpia.
Le due cambiano direzione e un istante dopo compare davanti a loro Venere
nella sua solita mise rosa tutta trasparenze:
- Ragazze che fate ve ne andate senza salutarmi?! Come mai avete tutta
questa fretta? -
La dea dell'amore sorride in attesa di un saluto e di una risposta da
parte delle sue amiche.
- Venere!
Dovevamo immaginarlo che fossi qui! - dice Olimpia facendo
segno ai due ragazzi da cui si erano allontanate poco fa che si stanno
ancora baciando.
- Già, sono due dei tanti che avevano bisogno di un piccolo aiuto
da parte mia. Ma voi piuttosto che fate di bello? -.
- Stiamo andando a Melfi. L'oracolo ci ha mandato a chiamare. -
La bionda guerriera si interrompe osservando l'espressione assunta da
Xena a proposito di quello che ha appena rivelato a Venere.
La principessa guerriera infatti non si aspettava tanta eloquenza da
parte dell'amica e la guarda rassegnata come per dire "Ormai lo
hai detto!".
Tra le tre cala per un attimo il silenzio fino a quando Venere interviene
con tono annoiato:
- Ho capito
si tratta di una delle vostre solite "missioni
umanitarie"? Non mi competono queste cose e poi adesso vi devo
proprio lasciare perché mi aspetta un massaggio. -
La dea dell'amore saluta le due guerriere facendo loro l'occhiolino
e schioccando le dita scompare in un bagliore luccicante.
Le
due riprendono il cammino. Una volta oltrepassata la collina si ritrovano
davanti a un bosco piuttosto rado e spoglio. Xena decide di fermarsi
un attimo e permettere ai cavalli di abbeverarsi. Lega le briglie di
Argo al tronco secco di un vecchio albero e si siede su una roccia.
Olimpia si trattiene un attimo in più: lega in suo stallone bianco
vicino al destriero di Xena, prende dalla sua sacca un paio di mele
e un otre d'acqua e raggiunge la compagna.
- Perché non hai voluto che parlassi a Venere dell'oracolo? -
chiede la bionda fanciulla mentre porge la mela a Xena.
- Non lo so. L'oracolo ci ha chiesto massima discrezione e sappiamo
entrambe che a Venere è meglio non fare molte confidenze .. non
vorrei che per caso se lo facesse scappare con qualcuno -
- Xena, rilassati ogni tanto, ti preoccupi anche troppo ultimante
a chi vuoi che lo vada a dire?! -
- Si, forse hai ragione tu
Senti
Melfi è ancora
molto distante e il tramonto è ormai prossimo
se ti va
per stanotte potremmo accamparci qui
domani all'alba ripartiamo.
-
- Per me va bene
vado a cercare un po' di legna per il fuoco.
-
- Ok
io intanto provo ad andare a cercare la cena che ne dici?
-
- D'accordo ci ritroviamo qui al calar del sole. -
CAPITOLO
III
La
dea dell'amore torna nel suo tempio. Le stanze, piene di statue dorate,
sono illuminate da colori vivaci e alle mura sono appesi molti quadri.
Con aria svogliata Venere si avvicina ad una lunga tavolata carica di
doni che i suoi devoti le hanno portato nel corso della giornata in
segno di devozione alla sua divinità. La sua attenzione si perde
su un ciondolo che porta al collo, mentre con una mano inizia a pizzicare
una grappolo di uva bianca.
Qualche istante dopo richiama l'attenzione di qualcuno con uno schiocco
di dita. Da un'altra stanza arriva velocemente un ragazza sulla ventina
dal fisico snello e slanciato. I suoi occhi chiari sono parzialmente
coperti da un velo che le copre il volto e da qualche ciocca di capelli
color castano.
- Dimmi mia dea -
- Milena .. prepara l'acqua
voglio farmi un bel bagno e rilassarmi
.. oggi sono proprio stanca
ho dovuto seguire ben tre coppiette
in crisi! -
- Subito Venere -
La giovane fa un breve inchino e si allontana di corsa verso un'altra
stanza in cui c'è un immensa vasca dal fondo argentato. Si avvicina
a un piccolo tavolino di legno e inizia a leggere le etichette di alcune
piccole ampolle di vetro dalle forme più varie. Con cura versa
alcune gocce di diverse essenze all'interno della vasca che iniziano
subito ad espandere il loro aroma particolare nell'aria. Poi si lega
i capelli con un nastro che teneva appeso alla cintura e dopo un piccolo
sospiro prende in mano un secchio di legno e esce dal tempio passando
per una piccola porta ovale posta sul retro della stanza. Canticchiando
percorre un breve sentiero che la porta a un piccolo pozzo di pietra
semi illuminato dalla fioca luce della luna. Dopo aver legato l'estremità
del secchio a un gancio metallico, inizia a spingere la corda all'interno
del pozzo; in breve il secchio viene invaso da un flusso d'acqua limpida
e fresca che la ragazza raccoglie. Per un attimo resta a guardarne la
superficie immobile nella quale riesce a specchiare l'immagine del suo
volto; i suoi pensieri corrono altrove ma vengono disturbati dal verso
di un corvo che prende il volo da un ramo di un albero vicino. Milena
si spaventa un attimo e porta il suo sguardo al volatile per poi riportarlo
nuovamente sulla superficie dell'acqua che stavolta, invece di riflettere
la sua immagine mostra il volto di una donna dai lunghi capelli corvini
e gli occhi agghiaccianti. Di scatto si volta verso questa figura che
le fa segno di mantenere il silenzio mettendo un dito davanti alle labbra.
- Non aver paura
non voglio farti del male
-
- Chi sei? -
- Sono un'amica
Milena. -
- Ma io non ti conosco .. come sai il mio nome? -
- Sono un'amica di tua madre
è per suo conto che sono
qui. -
- Mia madre?! Le è successo qualcosa? -
- Purtroppo si .. la sua malattia è degenerata .. mi dispiace
.. è in punto di morte. -
- Ma è impossibile .. il curatore aveva detto che non era nulla
di grave e che si sarebbe ripresa!! -
- E invece non è così. -
- Ma siamo sicuri che parliamo della stessa persona
io non ti
ho mai vista prima d'ora .. -
- Non ti preoccupare e ascoltami ora
se ci tieni a tua madre
tu sei l'unica che la può aiutare. -
- Io? E come? -
- La cintura d'oro di Venere è l'unica cosa che può essere
utile a tua madre. -
- La cintura di Venere?
Ma che c'entra
i suoi poteri come
possono esserle utili? -
- Non importa ora .. non ho tempo di spiegarti
ora è importante
che tu sottragga la cintura alla dea!! -
- Portargliela via? .. Non posso
io sono al suo servizio fin
da bambina .. non posso sottrargliela con l'inganno
perderebbe
la sua immortalità. -
- A te che importa?! Conta di più lei o tua madre? -
- No, mi spiace
non posso farlo. -
La donna misteriosa dalla scura chioma raccoglie le labbra in un gelido
sorriso e posa una mano sulla fronte della ragazza.
- A te non importa nulla delle sorti di Venere
ora ciò
che conta davvero e che tu sottragga la sua cintura. -
Gli occhi della ragazza si fanno cupi, come se fosse sotto ipnosi e
chiaramente sotto il flusso di un sortilegio fa un breve senso di assenso
con il capo.
- Prendi il tuo secchio d'acqua e torna al tempio a fare ciò
che devi. -
-
.Si, mia signora. -
Milena torna lentamente verso il tempio osservata da quella donna misteriosa
che sussurra:
- Ora che anche Venere come Marte è sistemata non mi resta che
porre fine ai giorni di quella dannata guerriera
a quel punto
nessuno potrà più contrastarmi! -
La
giovane torna al tempio dove Venere l'attende spazientita:
- Alleluia Milena
ma che fine avevi fatto?
E' un bel po'
che sei in giro! Cos'è, ti sei persa di nuovo?! -
- Scusami Venere
se vuoi ti faccio un massaggio prima del bagno.
-
- Si perché no
non è una cattiva idea. -
La dea dell'amore si leva lentamente il suo abito tutto veli e trasparenze
e lo adagia sul tavolo. Pochi istanti dopo, alla luce compare intorno
alla sua vita la leggendaria cintura d'oro
che conferisce alla
dea il potere di far innamorare di lei ogni uomo.
Con cautela si slaccia la cintura che posa delicatamente su di un gonfio
cuscino rivestito di seta rossa. Con sguardo assonnato si sdraia su
di un giaciglio appoggiando i polsi sotto il mento e chiude gli occhi
in attesa dell'arrivo della ragazza che nel frattempo ha aperto una
piccola ampolla d'olio e dopo essersene versate due gocce sulla mani,
inizia a massaggiarsele con calma. Lentamente si avvicina alla dea iniziando
a massaggiarle con cura la schiena: in pochi istanti Venere si rilassa
e finisce quasi per addormentarsi; Milena approfitta dell'occasione
e con un colpo deciso al collo fa perdere i sensi alla dea. Rapidamente
si avvicina alla cintura, la prende e corre via dal tempio un po' spaventata.
Lungo il sentiero incrocia nuovamente la misteriosa donna di prima:
- Mia signora
-
- Brava la mia ragazza
mi hai portato la cintura. -
- Si signora
come mi avevi ordinato. -
La giovane dà la cintura alla donna che con uno sguardo compiaciuto
fa scaturire dal palmo della sua mano un globo di fuoco e mantenendo
lo sguardo fisso sul " bottino" la lancia contro Milena. La
giovane spaventata tenta di sottrarsi alla sua condanna scappando in
direzione del tempio ma inutilmente; di lei in breve non restano che
piccoli brandelli di tela arsi come il resto del corpo.
di
Darkamy e Xandrella
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il racconto
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