EPISODIO N. 5
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- No Xena, e tu? Non ti lascio sola! - esclamò immediatamente Olimpia prendendole la mano, capendo che Xena stava sacrificandosi per lei. - Non temere, in un modo o nell’altro io me la caverò… - la rassicurò Xena mettendole una mano sulla spalla. Adriano fu colpito da quel gesto amichevole che si scambiarono le due, inoltre lesse negli occhi di Xena tutta la preoccupazione che ella nutriva nei riguardi di Olimpia, e si immedesimò per la prima volta completamente in lei: quante volte era stato in pensiero per il suo migliore amico Antinoo che era stato male?  Così decise anche egli di mettere da parte l’orgoglio e con fare molto più accomodante rispose: - E sia! A patto però che anche tu, Xena rimanga presso la mia dimora! - Xena colta alla sprovvista di quell’atto di clemenza nei suoi riguardi, regalò all’imperatore uno splendido sorriso colmo di gratitudine, sorriso che l’imperatore ricambiò sinceramente. Poi Adriano si rivolse a Cabria dicendo: - Comanda ai servi di preparare per le nostre ospiti una delle stanze dell’ala panoramica del palazzo imperiale; fa in modo che affaccino sulla Valle di Tempe, così che possano sentirsi a casa! - - Obbedisco immediatamente! -  disse l’uomo, congedandosi dai presenti, e mentre egli stava per lasciare la sala dei pilastri dorici, passò di fianco ad Olimpia e strizzandogli l’occhio la ringraziò per aver convinto Xena ad aiutarlo. - Aspetta un momento Cabria! - lo chiamò a gran voce Xena, per poi continuare con molta serietà: - Devi raccontarmi perché hai avuto i sospetti di una cospirazione ai danni di Adriano! -  l’uomo si voltò un attimo per guardarla, quindi concluse frettoloso:                 - Appena ho dato le disposizioni tornerò da lei principessa guerriera! - disse richiudendo la porta dietro di se. -  Valle di Tempe? Ma non è in Tessaglia? - osservò meravigliata Olimpia, che si era estraniata da quel contesto per riflettere sulle parole pronunciate poco prima dall’imperatore.
- Oh, certo! E stando qui rimarrai meravigliata dal genio artistico dell’ imperatore che ha fatto riprodurre a Villa Adriana tanti importanti monumenti; per una persona colta e sensibile come te, questo posto sarà un vero toccasana! - parlò finalmente Antinoo con entusiasmo quando gli animi si furono calmati, rivelando ai presenti la sua solarità ed il suo melodioso tono di voce. Olimpia guardò insistentemente divertita il frizzante giovanotto dall’identità sconosciuta, e dalla parlantina spigliata, quindi Adriano, che fino a quel momento era rimasto a fissarlo incantato,  si ridestò e procedette con le presentazioni: - Lui è Antinoo, il mio migliore amico. Se avete bisogno di qualcosa in mia assenza potete fare capo a lui o a Cabria che avete già avuto modo di conoscere! -  - Ti ringrazio ancora per l’ospitalità Adriano! - esclamò Olimpia cominciando finalmente ad avvertire un’atrmosfera meno tesa - Per me è un vero onore avere la poetessa di Potidea a corte! E’ come se tornassi nuovamente nella mia amata Grecia… - parlò Adriano baciando galantemente la mano di Olimpia. - Infatti! E’ difficile a dirsi che tra voi ed Adriano sia più greco! - parlò ironico Antinoo. - Oh, vedo che questa compagnia ti tira fuori l’umorismo! - gli rispose sarcastico Adriano, voltandosi verso di lui, per poi continuare: - Ma tu non eri stanco? - - Lo sono ancora! - rispose prontamente il giovane. Cominciando ad avvisare la stanchezza, in quel momento Xena ed Olimpia si congedarono dall’imperatore: - Allora, se non ti spiace noi andremmo a riposare… domani cominceremo il nostro lavoro! - disse Xena. - Come sarebbe a dire riposare? La notte è ancora giovane: ceniamo e poi che ne dite di andare a sentire i suonatori egiziani all’Odeon? - chiese Adriano. - Ehm… veramente non ho mai avuto un buon rapporto con l’Egitto… - spiegò Olimpia rimembrando tristemente per un istante sia l’avventura con Antonio e Cleopatra, sia il trasporto delle ceneri della sua amica dopo lo scontro con Yodoshi.
A quella risposta Adriano sorrise a crepapelle. - Perché stai ridendo? - chiese curiosa ma anche un tantino stizzita Xena. - No scusa, non era per lei, è solo che… - e intanto si spanciava dalle risate  - … solo che Antinoo ci sarà rimasto sicuramente male, gli egiziani come lui stanno antipatici a molti in questo posto! - ultimò, e finalmente riuscì a contenere la sua risata. - Ah ha! Ridi pure imperatore! Se la metti su questo la rivincita ai dadi non credo che te la darò! - lo sbeffeggiò il giovane. - Antinoo, se la metti su questo piano costringerò Sabina a torturarti a vita: sai benissimo che non aspetta altro! - rispose Adriano e ricominciò a ridere. La risata fu contagiosa anche per le due guerriere che fino ad allora si erano sforzate di darsi un contegno, ed a quel punto anche Antinoo controbatté: - Ti prego, no! Non farmi diventare vittima sacrificale della tua adorata consorte! -  - Consorte? Per la legge forse, ma non per me! Io sono un fedifrago e me ne vanto! - ed i due continuarono a sbellicarsi dalle risate. Nel clima di ilarità generale, Adriano diede un buffetto sulla spalla di Antinoo, ma subito il minuscolo cagnolino intervenne ringhiandogli contro e trattenendolo per il mantello rosso. - Come a dire: ogni cane difende il suo padrone! - parlò ridendo ancora Antinoo, mentre le due guerriere si congedarono ed uscirono dalla sala.  - Che tipi strani quei due! - fu la prima frase che pronunciò Xena appena richiusa la porta dietro di loro. - Si, sono proprio fuori di senno! - sorrise compiaciuta Olimpia, che aggiunse: - Però sono divertenti! - Xena e l’amica si guardarono negli occhi un istante: - Ad ogni modo,  divertenti o no, ora noi corriamo a riposare, visto che non sei stata molto bene in questi ultimi giorni! - disse sorridente la guerriera. - Beh… in effetti, hai ragione - incalzò Olimpia. Le due arrivarono a destinazione.                   
La porta della camera fu spalancata da uno dei servi di corte e lasciò intravedere alle due guerriere tutte le delizie custodite al suo interno.
Xena ed Olimpia entrarono esterrefatte in quella camera dalla quale fuoriusciva un intenso profumo di vaniglia, e congedarono frettolosamente lo stuolo di servi accorsi per sistemare quel posto.
Appena richiusa la porta dietro di loro, le donne non poterono fare a meno che lasciarsi andare a svariati commenti: - Quanta raffinatezza! Quanto lusso! Non ho mai visto nulla di simile prima d’ora! - esclamò olimpia stropicciandosi gli occhi come per paura di essere in un sogno. - Lenzuola di seta rossa… - constatò Xena passando delicatamente una mano sul letto appena composto per poi continuare l’elenco: - Tappeti persiani… mobili in legno di tek provenienti da Sidone… soprammobili ed orpelli da tutto il mondo…. Pregiati vetri e ceramiche delle migliori fabbriche dell’impero… non c’è dubbio: in nessun altro posto è presente così tanto lusso! - ultimò Xena pensierosa, le cui parole furono sovrastate dal gridolino di eccitazione di una esaltata Olimpia che, uscita sul balconcino della stanza, ammirò il paesaggio notturno di un folto boschetto sottostante illuminato a malapena dalle fioche torce dei pretoriani di ronda. - Sembra davvero la Tessaglia! - parlò entusiasta Olimpia indicando a Xena col dito scorci di paesaggio che a loro erano realmente familiari. - Ora capisco perché si chiama  terrazza di Tempe: questo posto è la fedele riproduzione in miniatura della valle della Tessaglia! - concluse Xena, invitando l’amica a rientrare perché imprudente esporsi all’aria fresca della sera dopo il malanno che aveva avuto. 
- Credo che sia ora di dormire… domani dovremo cominciare il nostro lavoro a corte e mi sembra di capire che sarà un’impresa alquanto ardua… - parlò Xena togliendosi il corpetto di ferro e i bracciali protettivi da gambe e braccia. - Riesci ad avvisare il pericolo di cui Cabria tanto parla? - le domandò Olimpia preparandosi un pietoso infuso di erbe a base di foglie stritolate e frutti secchi di olivo, faggio, alchechengi, e camomilla, mescolate con acqua, dalle proprietà febbrifughe
- No! Cioè, voglio dire… è molto difficile… Non riesco a capire se la minaccia che avverte Cabria esiste realmente o è soltanto frutto della sua fantasia… - le spiegò Xena infilandosi sotto la morbida coltre rossa. Olimpia bevve inorridita tutto d’un fiato il miscuglio benefico, poi si andò a sdraiare accanto all’amica aggiungendo: - In ogni caso domani potremmo farci un’idea più chiara di quanto accade. -
Le due donne, stanche del viaggio si addormentarono pressoché subito e consegnarono un’altra delle loro avventurose giornate alla leggenda. 

CAPITOLO 2 

L’ indomani mattina giunse presto e Xena si svegliò accarezzata da un lieve, piacevole venticello che entrava dal balconcino, sollevando i lembi delle tende di lino color panna. La stanza era ancora avvolta nella penombra, il sole quella mattina sembrava sorgere svogliatamente; senza far troppo baccano la principessa guerriera si rimise in piedi, e stando ben attenta a non svegliare l’amica, poi afferrò il suo pugnale, lo nascose come sempre tra i seni e uscì dalla stanza per andare a fare un giro.
I corridoi di quell’ala del palazzo erano deserti e silenziosi, quasi come se fossero disabitati; Xena ne approfittò per godersi gli ultimi momenti di pace prima di accingersi ad iniziare la sua missione; si affacciò da un finestrone, il sole stava cominciando ad elevarsi in cielo, ad occhio e croce dovevano essere le sei del mattino, o il “diluculum” come preferivano indicarlo i romani; sorrise tra se e se pensando che pur detestando così tanto Roma e la maggior parte dei romani, aveva suo malgrado assimilato abitudini e modi di fare e dire di quella popolazione;  - E’ proprio vero il proverbio “chi va a Roma un po’ romano ci diventa”….- disse sorridendo mentre scosse il capo.
Ben presto uscì dal palazzo e svoltò alla sua destra, imboccando uno stretto viottolo costeggiato da arbusti squadrati di bosso; si dirigeva inconsapevolmente verso la palestra, il teatro latino ed i tempio di Venere.
Mentre respirava a pieni polmoni l’aria salubre del mattino, sentì un’improvvisa minaccia dietro di lei, si voltò ripetutamente per cercare di capire di cosa si potesse trattare, improvvisamente sentì un fruscio ed un pesante rantolo provenire aldilà dei cespugli.
Con passo felpato entrò nel mezzo delle siepi, e intravide una figura accovacciata in lontananza, cercò di portarsi di soppiatto dietro di questa, per coglierla di sorpresa alle spalle. Appena fu sicura di avere a tiro il malcapitato, Xena senza dir nulla si avventò su di lui, tirandolo con forza e puntandogli da dietro il pugnale alla gola:           - Dimmi chi sei o ti ammazzo all’istante! - gli intimò la guerriera, ma la sua presa era tanto forte da non permettere all’uomo di parlare, anzi tossì ripetutamente  e fu allora che la guerriera decise di usare il suo tocco paralizzante: con due rapidi e violenti colpi all’altezza della carotide la sua vittima fu immobilizzata, dunque Xena parlò nuovamente: - Chi ti manda a cospirare contro l’imperatore di Roma? - Provando a concentrarsi sui pochi respiri rimastigli l’uomo sibilò: - Xena sono io l’imperatore! Sono Adriano! - ma le ultime sillabe gli morirono in gola. - Si certo, e io sono Cleopatra! Dimostramelo! - gli abbaiò contro Xena. - Nel “De bello civili” Giulio Cesare ti citava per la tua abilità in battaglia, per la tua ostinazione e per la tua arte di saper amare… tuttavia si gloriava di averti appeso ad una croce insieme alla tua compagna…- parlò a fatica Adriano. - Questo lo sanno tutti! Come dici tu è scritto! - sbottò Xena. - Si ma appartiene a privati documenti imperiali la tua sentenza di condanna a morte nelle idi di marzo, nell’ora sesta, alle pendici dei monti Rodopi! Privati documenti imperiali! -  sottolineò Adriano il cui volto cominciò a macchiarsi di rivoli di sangue a causa dell’epistassi. Xena fu scossa da un tremito e un doloroso ma breve ricordo si fece strada in lei:
“Era la primavera di alcuni lustri fa… il drappello d’esecuzione tirava con violenza fuori dalla cella Olimpia e lei con la schiena spezzata; nonostante fosse marzo, sulle pendici di quel monte faceva orribilmente freddo, troppo per due donne coperte semplicemente da una consunta tunica sporca, le due croci erano lì ed aspettavano soltanto le loro vittime, che presto vennero inchiodate selvaggiamente ad esse tra grida lancinanti, ed issate bruscamente in verticale  per spezzar loro le gambe…”
- Cough Cough! - tossiva ansimando l’imperatore; Xena si ridestò presto dal ricordo, e dette altri due violenti colpi alla gola dell’imperatore, egli fu libero di respirare.
L’uomo si voltò per guardarla negli occhi, che in quel momento risultavano completamente inespressivi, poi disse: - Mi dispiace aver rivangato una tua disgrazia, ma mi avresti fatto fuori se non ti avessi fermato! - Xena scosse la testa e fece un sorriso di circostanza. - Con questo non dico che approvo il comportamento del mio predecessore… Anzi trovo molti dei miei antenati volgari, crudeli e sanguinari, dilapidatori del patrimonio pubblico, veri maestri di ipocrisia… i “mos maiorum” loro, non sapevano neppure dove stavano di casa! - si sentì di rassicurarla Adriano. - I mos che? - chiese delucidazioni Xena. - Ah già… i “mos maiorum” sono le tradizioni e le usanze dei nostri padri… rappresentano tutti i buoni valori che si tramandano di padre in figlio… di generazione in generazione. - Le spiegò Adriano. - Forse questi mos maiorum hanno saltato qualche generazione tra  voi imperatori! - riprese sarcastica Xena per poi aggiungere con scherno: - E comunque io odio i tuoi avi! -  Adriano la guardò negli occhi, non c’era violenza nelle sue parole, solo tanto sdegno-  Ti capisco…. Credo di odiare alcuni di loro almeno quanto te! - sospirò l’imperatore. Cadde per un attimo il silenzio tra i due, poi cercando di deviare argomento Adriano le disse: - Posso chiederti cosa ci facevi in giro alle sei del mattino? - - E’ la stessa cosa che potrei chiedere io a te imperatore! - rispose Xena sorridente poggiando la schiena contro un leccio. - Non avevo sonno, sono uscito e…. Per gli dei Xena, ho perso Lupa! - esplicò l’imperatore in tono semiserio. - Lupa??? Chi è Lupa? - chiese Xena. - E’ il cane di Antinoo, sono uscito dal palazzo e mi ha seguito, ma si è perso nella boscaglia e io lo cercavo, almeno finché non sei arrivata tu! Antinoo non mi perdonerà!! - cercò di essere più esaustivo Adriano rasentando quasi il melodrammatico, per poi aggiungere: - Comunque ti ringrazio, hai cercato di difendermi da eventuali nemici! - - Anche se controvoglia sono qui a Roma per questo… - constatò Xena. - Hai l’aria di una che non ci è venuta spontaneamente qui, vero? - parlò di colpo serio l’imperatore. - Esattamente! - concluse tranquilla Xena spostandosi dall’albero e accingendosi ad andar via. - Oh, ecco chi si rivede! - concluse indicando il cagnolino che saltò in braccio all’imperatore. Poi uscì dalle siepi.
Nella stanza in fondo al corridoio est del terzo piano del palazzo imperiale, Olimpia era sveglia già da un bel po’, si era accorta praticamente fin da subito dell’assenza di Xena, così decise vestirsi di fretta e furia per andare a vedere dove l’amica si fosse cacciata, sperando che non fosse finita nei guai: Xena aveva una naturale tendenza a cacciarsi nei guai. Si mise i sais negli stivali e uscì frettolosa sbattendo la porta dietro di se.
I corridoi si erano illuminati maggiormente da quando Xena era uscita, così ebbe modo di notare quanto ampia fosse quell’ala del palazzo; la sera precedente un po’ a causa della stanchezza, un po’ a perché distratta dai suoi discorsi con Xena, non ebbe modo di accorgersene. Camminò a passo svelto, fino alla fine del corridoio che si immetteva sul pianerottolo, dove si arrestò di colpo vedendo Antinoo e Cabria confabulare tra di loro. - Buongiorno Olimpia! - dissero in coro i due, appena si accorsero della presenza della barda. - Ehm buongiorno… - disse Olimpia, scrutando nei loro occhi uno sguardo di ammirazione diretto al suo decolté, quindi abbassò leggermente lo sguardo e notò solo in quel momento che la fretta le aveva fatto dimenticare di allacciarsi il corpetto. Immediatamente rossa in volto, Olimpia si prese entrambi i lembi di stoffa tra le mani, e si sbrigò a fare un nodo quanto più stretto possibile, sbraitando poi contro i due: - Beh, cosa vi prende? Non avete mai visto una donna ehm… nuda? - - Oh certo! - le disse Cabria - Ma è difficile trovarne una con un corpo così tonico e snello come il tuo! - concluse. - D’altronde viviamo circondate da grasse e sformate matrone che appena si presenta l’opportunità aguzziamo subito la vista! - aggiunse Antinoo con tono scanzonato. - Luridi maiali, per chi mi avete preso? Per Messalina o Poppea? Io non sono ne lasciva ne fedifraga! - commentò alterata Olimpia e si fece largo tra i due strattonandoli con forza. - Non ho tempo da perdere con voi adesso, sto cercando Xena! - terminò di parlare che era già a metà della prima rampa di scale. - Suvvia Olimpia stavamo scherzando! - Le disse Antinoo cercando lo sguardo di Cabria: non era stato certamente quello l’approccio migliore con la barda, pensarono rammaricati entrambi.
Ancora nervosa per l’accaduto, Olimpia aveva rinunciato a cercare Xena: in un posto così grande sarebbe potuta essere ovunque; decise quindi di sedersi al sole su un prato antistante il palazzo reale, per prendere una boccata d’aria fresca; magari Xena sarebbe passata nei dintorni e l’avrebbe notata. Poco dopo infatti una figura molto alta, dai lunghi capelli nero corvini spuntò dietro di lei facendole ombra: - Per tutti gli Dei! Xena ma dove ti eri cacciata?? - esclamò Olimpia voltandosi a vedere la sua amica. - Scusami, ma non riuscivo a dormire ed ero scesa a fare un giro! - le spiegò Xena sedendosi sull’erba accanto a lei. - Poco male! - Continuò: - Mi sono imbattuta in qualcuno di altrettanto mattiniero come me! -  - E chi sarebbe? - chiese curiosa Olimpia. La principessa guerriera si voltò circospetta attorno, poi prese a raccontare con dovizia di dettagli la situazione assurda in cui poco prima era piombata e mentre raccontava gesticolando e imitando l’imperatore, si sbellicava dalle risate; ottenne alla fine della storia di far ridere a crepapelle anche Olimpia. - Ora però è il caso di cercare Cabria, deve parlarci di questa famosa congiura! - disse in seguito Xena alzandosi di scatto e tendendo la mano per aiutare la sua compagna a rialzarsi. Olimpia l’afferrò prontamente e tenendola forte si rimise in piedi.
- Oh, ecco Cabria! - parlò Xena notando l’ometto smilzo che si dirigeva al triclinio imperiale. - Cabria! - chiamò Xena.  - Cabria! - ripeté a gran voce Olimpia, osservando l’ometto che doveva anche esser un po’ duro d’orecchi. Finalmente al terzo tentativo l’uomo si voltò e mutò la propria direzione dirigendosi verso le due guerriere. - Scusami ancora per il mio comportamento sconveniente di poco fa! Sono stato uno sciocco non dovevo lasciarmi andare a certi ehm… apprezzamenti! - parlò direttamente rivolto ad Olimpia appena si fu loro avvicinato, ignorando la reazione che avrebbe potuto suscitare in Xena, che guardò entrambi stranita, poi gettò uno sguardo inquisitorio ad Olimpia; ella per tutta risposta le disse: - Poi ti spiego! - Quindi glissando l’argomento con cui Cabria aveva aperto la conversazione disse con molta serietà: - Devi parlarci dei tuoi sospetti sulla congiura contro Adriano, altrimenti non potremo mai scoprire nulla! - - Oh certo! -  disse Cabria con fare disponibile: - Però lontano da orecchie indiscrete! Seguitemi! - continuò. - Dove stiamo andando? -  chiese curiosa Olimpia. - Lo scoprirete! - rispose l’uomo cominciando a camminare verso un colonnato circolare. Olimpia notò che dopo il discorso di Cabria, Xena aveva una strana smorfia disegnata sul volto, un misto di dubbio e fastidio: - Cosa c’è? - le sussurrò avvicinandosi all’orecchio. Xena limitò la sua risposta ad un secco gesto di fastidio con la mano. - Posso sapere cosa c’è? Guarda che non serve tu te la prenda così! c’è stato solo un incidente dovuto alla mia fretta di ritrovarti, tutto qua! - si chiarì Olimpia. - Ne parleremo dopo! - rispose secca ed evasiva Xena, cercando di tenere lo stesso passo svelto dell’uomo, che era ormai dieci spanne più in avanti di loro.
In breve tempo si ritrovarono ad attraversare uno stretto passaggio nel retro del cortile delle biblioteche; finalmente si profilò dinnanzi alle guerriere in tutto il suo splendore il colonnato circolare che dapprima si intravedeva soltanto. Entro il colonnato vi era un fossato circolare colmo d’acqua, al centro del quale si ergeva un piccolo palazzo posizionato su di un isolotto. - Che meraviglia! - sospirò Olimpia quasi estasiata. Anche Xena che non era molto avvezza al sentimento della meraviglia, non poté fare a meno che stupirsi: - “E’ incredibile cosa la ricchezza e il potere riescano a far fare a certi uomini!” - pensò tra se e se, notando poi l’ingegno con cui il ponte poteva essere calato per far raggiungere quel posto ai pochi diletti, e poi ritirato completamente sulla sponda opposta per isolarli dal mondo. - E’ molto interessante questo sistema di difesa dell’edificio circolare… A dir la verità tutta la villa mi sembra ben protetta!- parlò Xena esaminando attentamente l’ingegnoso sistema di carrucole e leve che spingono le funi da una parte o dall’altra del fossato.
- Vi stupirete di questo posto ancor di più… il Teatro Marittimo è un palazzo in miniatura, dotato di tutti le comodità  ed utilizzato per i momenti di meditazione e relax dell’imperatore! - spiegò Cabria facendo loro da cicerone attraverso quei vani il cui pavimento era in cipollino. - “Però, si tratta bene l’imperatore!” -   pensò Olimpia fra se e se.
Finalmente arrivarono nella stanza con scene di mostri marini affrescate alle pareti, si sedettero ad un piccolo tavolo rotondo e cominciarono a ragionare tra loro.
- Allora, dopo tutta questa strada che ci hai fatto fare puoi illuminarci circa le tue ipotesi di congiura? - sbottò Xena spazientita, ritenendo eccessivo il sospetto dell’uomo.
- Ecco vedete… tutto è cominciato qualche tempo fa. A corte si sono strette delle alleanze insospettabili tra gente che si è combattuta per decenni… io ritengo che debba esserci sotto un vantaggio a loro comune se da nemici giurati quali erano hanno deciso di stringere un sodalizio…Un vantaggio molto grande! Tanti hanno finito con il prendere le distanze dall’imperatore, alcuni si sono rivelati inaspettatamente suoi fedeli servitori… - cominciò a raccontare l’uomo. - Tipico di una congiura! -  lo prese in giro Xena, facendogli notare che se quella in cui si trovavano era davvero una congiura, quegli uomini avevano fatto la cosa più naturale; d'altronde le congiure si fanno proprio perché se vanno a buon fine c’è sempre qualcuno che se la gode a scapito degli altri. - Si, ma questo non giustifica i tuoi sospetti; magari hanno solo cambiato idea su Adriano! - constatò Olimpia cercando di essere maggiormente diplomatica. - Olimpia io sono un filosofo e dovrei essere avvezzo ai mutamenti, ma… non so, qualcosa non quadra. La maggior parte dei nemici dell’imperatore è stata mandata in esilio eppure… sento un’incombente minaccia… qualcosa che proviene dall’interno dell’impero… - continuò Cabria. - Ma tu sei un filosofo o un oracolo? - incalzò sarcastica Olimpia per poi insistere: - Se tutti i nemici dell’imperatore sono in esilio, chi mai potrebbe cospirare contro di lui? -
- Un uomo dal potere immenso quale è Adriano, ha sempre nemici, anche quando crede di non averli! - rifletté ad alta voce Xena. - Esattamente! Lo credo anche io! - rincarò la dose Cabria. Xena prese a tamburellare con le dita sul legno scuro del tavolo mentre l’altra mano era impegnata a sfregarle ripetutamente il mento in segno di riflessione. - Da quanto ne so io gira voce che Adriano sia salito al trono al posto di un certo Tullio Livio… il che non fu molto gradito ai membri del senato, che finirono col sostenerlo solo perché Adriano godeva della protezione dell’allora imperatore Traiano… ma una volta morto Traiano… quell’uomo dalle origini barbare, così diverso da loro nel modo di ragionare ed agire, diventò per i senatori una vera e propria spina nel fianco… - rimuginò Xena. - Certamente… - concordò Olimpia.                - Inoltre ha sempre auspicato un mutamento politico entro le province del suo impero, destabilizzando il potere militare dei senatori, che evidentemente hanno intuito che l’uomo anteponeva l’espansione di Roma, ai loro stessi interessi. Insomma ne ha pestati di calli ai piedi questo sovrano! - ultimò Xena.
- Si, ma tutto ciò non ci porta ad una possibile risoluzione del caso Xena, soprattutto se Cabria dice che Adriano non ha più nemici a Roma! - convenne Olimpia.
- Però c’è dell’altro… - parlò improvvisamente Cabria. Olimpia  strabuzzò gli occhi verso Xena, come a darle ad intendere che l’ossessione dell’uomo stava cominciando ad irritarla profondamente, poi guardò l’uomo e lo canzonò: - E cosa aspetti a continuare? - - Fino ad ora lo consideravo un dettaglio irrilevante, parole strambe pronunciate sotto il l’ effetto dei vapori dell’alcol  ma… l’altra sera tornando da una passeggiata, ho intravisto Lucio, il capo dei pretoriani, con il senatore Popidio, e mentre giocavano ai dadi, sentii pronunciar loro una strana frase: - “Presto saremo più famosi del nostro “caro” imperatore…” - Non so cosa possa significare, ma non mi è piaciuta la cosa! - si sbrigò a concludere Cabria.
- Ecco, questo è già un punto migliore dal quale cominciare le ricerche! - esclamò Xena.
- Ma è tutta gente che non conosciamo, Xena! - osservò Olimpia.
- A questo problema si può facilmente rimediare! Potreste venire anche voi alla cena di stasera… ci sarà un bel po’ di gente in occasione dell’anniversario della fondazione della città di Adrianopoli! Festa grande insomma!! - si entusiasmò Cabria strofinandosi gongolante le mani.
Le due guerriere si guardarono negli occhi come per vagliare attentamente quella proposta, dunque Xena rispose finalmente: - Perfetto, stasera cercheremo di scoprire qualcosa in più! -   
Decisero quindi di fare ritorno al palazzo e di rivedersi quella stessa sera.
L’ora duodecima, nella quale il tramonto tinse di arancio i lievi e dolci pendii dei colli tiburtini, lasciava lentamente ed inesorabilmente posto al vespero che calava come una fitta cappa scura sopra Villa Adriana. Xena ed Olimpia stavano rinfrescandosi nella loro camera prima di andare a cena; quando entrambe furono pronte si armarono ed uscirono ridacchiando dalla loro stanza.
Arrivarono leggermente in ritardo al triclinio imperiale, luogo ove si sarebbe svolta la cena, videro infatti tutti gli ospiti già seduti intorno i tavoli su enormi triclini; la cena dei romani non era l’occasione per consumare un pasto frugale, bensì un vero e proprio convivio, e questo Xena ed Olimpia lo impararono molto presto. Appena le porte si aprirono lasciandole entrare, l’imperatore Adriano le accolse con una vera e propria ovazione, tanto che alcuni dei presenti si alzarono in piedi e cominciarono a batter loro le mani. Mentre entravano, esortate dallo stesso imperatore a sedersi al proprio tavolo, Xena notò subito alcune persone rimaste in un cantuccio che si limitavano a guardarle con disprezzo, e a confabulare tra di loro. Raggiunsero con non poca difficoltà il tavolo, dato che molte persone, soprattutto donne e bambini si protraevano verso le due al loro passaggio per toccarle come se fossero delle guaritrici; alla fine presero posto entrambe sullo stesso triclinio, proprio di fianco al triclinio di Adriano ed Antinoo. La lunga tavola contava sei triclini, sui quali erano seduti appaiati Cabria e il medico personale di Adriano, Ermogene; una donna che loro riconobbero come l’imperatrice Vibia Sabina con la sua vecchia nobilissima madre, ma non conoscevano altri.
Adriano mostrò totale disponibilità nei loro riguardi, tanto che in più di una circostanza sorprese Xena parlottare allegramente con l’imperatore; pareva che tutte le sue remore, tutte le sue ostilità nei riguardi di esso si fossero placate, e finalmente tirò un sospiro di sollievo. Durante quella sera in compagnia le guerriere ebbero modo di constatare quanto profondo e sincero fosse il rapporto tra Adriano ed Antinoo, e di contro quanto inesistente il legame coniugale con tra la moglie e l’imperatore.
Olimpia parlò più a lungo con Antinoo e scoprì di avere tanti interessi in comune con il giovane egiziano: entrambi amavano molto la letteratura, la musica e la poesia.
Verso metà pranzo, le guerriere avevano già le pance più che piene, e guardavano con sempre crescente nausea tutte le pietanze che ancora  gli schiavi servivano in tavola su vassoi d’argento lunghi e stracolmi. Il troppo cibo a cui non erano abituate, annaffiato da fiumi di falerno rosso, causò loro un forte mal di testa; nacque quindi in loro uno smodato desiderio di riposo, ma prima di ritirarsi nella loro stanza, Cabria volle far soffermare la loro attenzione su alcuni dei presenti: - Lo vedete quello laggiù in tunica bianca con gli orli dorati? - parlò dal triclinio accanto al loro - Si, chi è? - chiese Olimpia curiosa. - Quello è Tito Popidio, un senatore molto influente! - rispose loro Cabria. - Suppongo che anche l’uomo in tunica verde e quello in tunica ocra siano senatori… - appurò Xena. - Si, quelli sono Marco Quintilio e Publio Valeriano. Sono diventati senatori da poco! - spiegò Cabria. - Quello deve essere il capo dei soldati pretoriani? - continuò Xena additando un uomo alto, robusto e barbuto, con un’armatura dorata su un vestito rosso scarlatto, e una spada infoderata nella cintola. - Esattamente, si tratta di Lucio Calpurnio! Un uomo rude e brutale… - esplicò ancora Cabria. - Già, non ha proprio un aspetto caloroso e cordiale! - sorrise Olimpia. - Cabria! Finiscila di tediare le nostre illustri ospiti con le tue teorie epicuree! - parlò avvicinandosi improvvisamente al gruppo un ragazzetto smilzo e foruncoloso. E così dicendo si presentò: - Piacere io sono Marco Aurelio! - le due sorrisero perplesse all’intraprendenza del ragazzo, poi l’attenzione di Xena fu calamitata altrove: - E quello deve essere un vero e proprio pezzo grosso nel senato, vero? Tunica cremisi con orli dorati… molto raffinato non c’è che dire! - concluse la guerriera. - Si tratta del senatore Gaio Licinio, il capo dei senatori! - intervenne lo stesso Adriano, per poi continuare con maggiore serietà: - Noto che hai già cominciato a guardarti attorno circospetta a caccia di congiuranti? - - La prudenza non è mai troppa Adriano, faresti bene ad esser anche tu più cauto… - lo esortò Xena. Così dicendo si congedò e si alzò seguita a ruota da Olimpia.  
Quando stanche e sfinite entrarono nella loro camera Xena poté immaginare che si trovavano nell’ora “gallicinum” ossia notte fonda.Senza fiatare si spogliarono delle cose superflue e si sdraiarono nel letto portando sui loro corpi congestionati dalla digestione una coperta peli di coniglio. Si addormentarono istantaneamente. 

CAPITOLO 3

Per alcuni giorni a seguire, Xena ed Olimpia furono completamente assorbite dalla loro delicata missione: scoprire se a corte era veramente in atto una congiura contro l’imperatore.A parte Cabria ovviamente, loro due parvero le uniche ad essersi convinte della sensatezza di questa ipotesi, convinzione che proseguiva a mano a mano che scoprivano particolari maggiori sulle relazioni che intercorrevano tra Adriano e la sua corte. Xena era convintissima che semmai ci fosse stata la congiura, non poteva che essere architettata da qualcuno che voleva regolare i conti con l’imperatore, qualcuno di molto vicino a lui che covava così tanto rancore da poter volere la sua abdicazione o peggio ancora la sua morte.Sebbene brancolasse ancora nel buio, Xena poteva però sempre contare sul sostegno della sua compagna che si impegnava nelle indagini almeno quanto lei; ogni giorno si alzavano di buon ora e si mettevano alla ricerca di indizi che comprovassero questa verità, provando anche una certa rabbia verso l’imperatore Adriano che pur essendo il diretto interessato sembrava fosse l’unico a cui non importasse nulla di questa storia.“Adriano odia i suoi avi ma è superbo almeno quanto loro! E’ incredibile la sua mancanza di preoccupazione di fronte ad un pericolo… Soprattutto se per ritorsione i congiuranti si vendicano anche contro chi gli sta intorno…” - pensò più volte Xena il cui pensiero andò subito alla cerchia di persone più care all’imperatore: Antinoo, Cabria, Vibia Sabina, la vecchia Cornelia Sabina.Un mattino burrascoso di metà autunno, Xena ed Olimpia essendo impossibilitate a condurre le indagini decisero di prendersi qualche ora di riposo, almeno finché non avesse cessato di piovere; presero dunque due robuste sedie di faggio, si sedettero nei pressi del balconcino della loro camera, osservando le tende ondeggiare al vento e si misero a parlare un po’.- Da quanto tempo non trascorrevamo una giornata di ozio! - rifletté Olimpia. - Già! - rispose pensierosa Xena. Olimpia non proseguì notando che Xena non la stava degnando di nessuna attenzione, si innervosì per un attimo, poi capì che erano altre le priorità e le esigenze della guerriera in quel momento, quindi le chiese: - Xena, mi ascolti? - ma Xena non diede nessun segno di aver udito le sue parole, quindi con maggiore impeto Olimpia le parlò: - Ehi, mi ascolti? Cosa c’è? - disse scuotendola debolmente.- Eh? Ah, si scusa, dicevi? - parlò Xena come se cadesse dalle nuvole. - Una monetina per i tuoi pensieri! -  parlò sorridendole gentilmente Olimpia.- Scusami Olimpia sono incorreggibile, penso all’indagine anche quando potrei passare un po’ di tempo libero con te… - - E cosa ti affligge Xena? - le chiese la barda. - Non riesco a non pensare che Adriano stia allevando delle serpi in seno… - rispose accigliata Xena. - Dunque credi che sia proprio il senato a complottare?  - constatò Olimpia.

di Bard and Warrior

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