Era
calato nuovamente il tramonto quando le due guerriere raggiunsero
la nave. Xena intravide l’imperatore affacciato alle paratie in direzione
del porto con lo sguardo perso nel vuoto. Sulla nave regnava il silenzio
e la tensione: dove poteva essersi cacciato Antinoo? Per un la principessa
guerriera per attimo si dolse di essere lei l’ambasciatrice della
morte del giovane.Cabria
fu il primo a scovare le figure delle due avvicinarsi e sentì il cuore
riempirsi di gioia, corse dalla zona del timone fin giù al pontile
per poi imboccare il ponte che collegava la nave alla terraferma,
ma appena le ebbe dinnanzi il sorriso stampato sul volto fu spazzato
via da un: - Per tutti gli dei! - e scrutò interrogativo il volto
delle guerriere. - E’ morto… - disse Xena distogliendo lo sguardo.Non
ci fu il tempo di riflettere sul cosa dire all’imperatore, poiché
l’uomo fu subito dietro Cabria. Appena il filosofo si spostò dal raggio
di visione dell’imperatore, Adriano fu colto da una fitta al cuore,
come se diecimila pugnali lo stessero trafiggendo contemporaneamente,
e lanciò un urlò straziato: - Noooooo! - l’eco di quello strazio risuonò
per tutto il porto come una funebre sirena. Xena adagiò il giovane
tra le mani dell’imperatore che tra un incespicamento ed un singhiozzo
si inginocchiò adagiando la schiena bianca e marmorea del giovane
contro il suo ginocchio. - Antinoo! Chi lo ha ridotto così? - singhiozzò
l’imperatore le cui lacrime inumidirono anche la barba. Poi interloquì
con Xena ed Olimpia chiedendo: - Come è successo? - le due donne si
guardarono afflitte, poi Xena trovò un filo di voce e gli disse: -
Lui è stato la prima vittima della congiura contro di te… --
Chi sono i congiuranti? Li punirò nel modo più crudele che conosca!!!
- si alzò di scatto Adriano urlando. In seguito notò l’uomo legato
dietro ad Olimpia, nei suoi occhi passò un guizzo di inumana follia,
corse incontro a Celso e lo riempì di calci. - Adriano,
Adriano, smettila o ammazzerai quest’uomo prima che ci possa parlare!
- disse Xena trattenendo a malapena l’uomo impetuoso. - Voglio ucciderlo,
voglio uccidere tutti! - cominciò a fare discorsi sconclusionati l’imperatore
accecato dal dolore.Gli schiamazzi attirarono anche il
resto delle persone a bordo nave: Ermogene, Lucio Calpurnio, ed i
pretoriani accorsero tutti. Nel giro di brevissimo tempo la notizia
della morte del giovane arrivò perfino ai rematori. Quando
Xena riuscì finalmente a calmare l’imperatore tutti tornarono sulla
nave, Ermogene chiese a Fabio e Polite di portare il cadavere nella
sua cabina, voleva quantomeno dire ad Adriano le cause precise della
morte del giovane.Cabria non si allontanò neanche un istante
dal suo amico imperatore che era sorretto per un braccio dalla principessa
guerriera, mentre Olimpia attaccò al palo dell’albero maestro il prigioniero.L’imperatore
sembrava tornato bambino: il dolore lo faceva piangere battendo i
piedi per terra, strappandosi i capelli e cercando la protezione materna,
protezione che trovò in Xena, la quale gli sussurrò: - Calmati adesso
per favore… - carezzandogli i capelli scompigliati. Cabria non sapeva
che fare, Lucio Calpurnio invece si era dileguato.Appena
l’imperatore stette un attimo meglio, Xena gli propose di interrogare
immediatamente il prigioniero: avrebbero fatto quanto prima luce su
questa congiura.Adriano acconsentì docilmente, chinandosi
al volere di Xena. Fiutando aria di pericolo, Lucio Calpurnio, che
fino ad allora era rimasto in disparte ad ascoltare, intervenne dicendo:
- Non credo che sia prudente sottoporre l’imperatore ad altro stress
emotivo! - - Hai paura che possa cambiare la tua posizione, fedele
Calpurnio? - lo prese in giro Xena. - Cambiare posizione? Dici un
sacco di stupidaggini principessa guerriera! - rispose Calpurnio con
un sorriso che lasciava in realtà trapelare tutta la sua inquietudine.
- Il colpevole è stato preso, ed è legato a quel palo in questo momento!
- parlò nuovamente Calpurnio cercando di far ricadere la colpa su
Celso. - Credi davvero che
un tonto come lui sia riuscito ad ordire una congiura ai contro l’imperatore
da solo? No caro Capurnio, lui ha agito eseguendo ordini superiori,
chissà magari provenuti proprio da te, o peggio ancora dal senato!
- lo provocò Xena cercando una sua confessione. - Sono tutte calunnie
le tue! - urlò spazientito Calpurnio. - Basta così! - intervene l’imperatore
ripresosi, che in seguito continuò: - Se dobbiamo far luce su questa
congiura, che luce sia: Olimpia fa portare il prigioniero qua! - ordinò
l’imperatore, e la barda annuì soddisfatta. Il prigioniero
fu condotto alla presenza di Adriano, Xena, Olimpia, Cabria e Lucio
Calpurnio. Fu posto dinnanzi a loro e finalmente Adriano gli rivolse
la parola: - Chi congiura contro di me? -
gli chiese, ma l’uomo non rispose. - Sei diventato sordo? -
continuò l’imperatore. - Lascia che ci provi io! -
esclamò Xena, puntandogli due dita alla gola: - Vuoi di nuovo
rischiare la vita? - gli sussurrò all’orecchio facendogli ricordare
il dolore che aveva provato quando lo aveva immobilizzato Olimpia.
Il soldato scosse in capo, quindi la guerriera continuò: - Bene, allora
dicci quello che sai. - ed arretrò. L’uomo rifletté un attimo, poi
finalmente rivelò: - I congiuranti sono Gaio Licinio, Tito Popidio,
Marco Quintilio e Publio Valeriano! - l’imperatore sussultò: - Sporchi
bastardi! Si sedevano alla mia mensa ed intanto tramavano contro di
me! - sbottò arrabbiato. Lucio Calpurnio tirò un sospiro di sollievo:
Celso non l’aveva tirato in ballo. Olimpia che non lo perse di vista
neppure per un secondo, e desiderando ardentemente incastrare quell’ipocrita
si rivolse nuovamente a Celso: - E tu per chi
lavori? - Calpurnio sbiancò in volto, se Celso avesse parlato per
lui sarebbe stata la fine, per un attimo fu incapace di muoversi,
sembrava paralizzato dal terrore di essere scoperto. - Rispondi! -
ordinò Adriano. Il soldato guardò Calpurnio ripetutamente, ripensò
velocemente al fatto che il suo capo non aveva esitato un attimo a
consegnarlo nelle mani dell’imperatore come capro espiatorio, quindi
parlò finalmente: - Lavoravo per quell’uomo: E’ lui l’esecutore materiale
della congiur… - Ma non fece neppure in tempo ad ultimare la frase
che sotto gli occhi allibiti dei presenti Lucio Calpurnio lo trafisse
in pieno petto.- E’ una
menzogna! - urlò l’uomo notando gli occhi inquisitori dell’imperatore.
- No che non lo è: il gesto che hai fatto equivale ad un’ammissione
di colpa: se fossi stato innocente non avresti trucidato così barbaramente
quest’uomo! - rispose Olimpia alterata. Xena continuò: - Lo hai ucciso,
perché temevi che dicesse che i congiuranti sono i senatori, ma l’esecutore
materiale sei tu, temevi che dicesse al tuo imperatore che tu stavi
tramando contro di lui perché non gli avevi mai perdonato di aver
dato il posto di generale dell’esercito romano ad Antonino Pio, anziché
a te! Temevi che rivelasse che in cambio delle tue prestazioni avrebbero
fatto in modo che il senato destituisse Antonino a favore tuo… - la
guerriera si avvicinò con la spada sguainata al soldato ed aggiunse:
- …E temevi che rivelasse che sei stato tu ad ordinare la morte di
Antinoo! - gli puntò la spada alla gola. - No, questo no! - tentò
almeno di discolparsi di quel gesto, ma la verità balzava velocemente
fuori travolgendolo di accuse. - Ah no? E perché allora hai colpito
Sergio alle spalle per toglierlo di mezzo e far scortare il giovane
dai tuoi complici Milone e Celso? Se vuoi saperlo la spada che ha
ferito al ventre Antinoo era quella del tuo amico Milone! Solo tu
potevi averlo istruito ad ucciderlo per ritorsione contro l’imperatore
che tanto dici di rispettare! - concluse Xena incastrando Lucio tra
la sua spada e la parete della nave. - Non hai più vie di fuga: arrenditi!
- tuonò l’imperatore che finalmente seppe la verità e chiamò: -
Guardie! - I pretoriani accorsero, ed Adriano ordinò: - Mettete questo
schifoso ai ceppi: arrivati a Roma lo condannerò pubblicamente a morte
assieme ai membri del senato suoi amici! - disse il sovrano. Lucio
fu preso di forza da Sergio e Polite, fu condotto nella stiva della
nave e legato ad una botte piena di aceto. - Mi fidavo di lui… - sussurrò
l’imperatore colto da un immane senso di delusione.In quel
momento corse loro incontro il medico Ermogene con una pergamena scritta
in maniera frettolosa. - So le cause della sua morte! - esclamò con
una soddisfazione fuori luogo per quel momento. Adriano si sedette
sul sacco di fave dimenticato ormai sul pontile, insicuro del fatto
che potesse reggere anche questa notizia, Cabria gli fu subito vicino,
Xena ed Olimpia dietro a lui. - Com’è morto? - chiese flebilmente
convincendosi che almeno doveva sapere in che modo era finito il suo
amante . - Il tagliò all’addome era molto profondo, tuttavia non abbastanza
da aver toccato gli organi vitali. La spada deve avergli reciso leggermente
un’arteria... tuttavia non l’aorta. Insomma la vera causa della morte
di Antinoo è l’annegamento nel Nilo: i suoi capelli erano infatti
ricchi di tracce di limo, deve essere per forza stato sul greto del
fiume! - decretò Ermogene. Olimpia ripensò alle ultime parole del
giovane prima di cadere in acqua: - “Se non posso stare da vivo
al fianco del’ imperatore, almeno lo farò da morto con gli onori dell’altare…Sarò
il suo personale nume protettore…” - rimuginò un attimo su questo
pensiero poi le sovvenne nuovamente un ricordo: -
“… mi sembra che qui festeggino
ogni anno l’anniversario della morte del dio… si racconta che chiunque muoia
annegato nel Nilo in quel giorno, proprio come Osiride, debba essere
innalzato agli onori dell’altare…” - Oggi che giorno è? - chiese nuovamente Olimpia,
con una domanda apparentemente inopportuna. - Oggi è il 30 ottobre…
- rispose Cabria distratto. - Oggi è l’anniversario della morte del
dio Osiride! - esclamò Olimpia. Adriano alzò per un secondo gli occhi
arrossati e gonfi di pianto verso di lei per poi meditare: - Chiunque
cada nelle acque del Nilo in questo giorno deve essere innalzato agli
onori dell’altare! - rifletté Adriano ed un barlume di emozione gli
si accese negli occhi. - Presto Cabria, ordina che sul luogo della
morte del giovane Antinoo venga eretto un tempio, da oggi in poi sarà
festeggiato, acclamato, adorato dalla popolazione romana con il nome
di Antinoo-Osiride! Ti vendicherò amico mio, contaci! - Adriano si
alzò dal sacco e corse diritto filato nella cabina di Ermogene per
portare alla neo divinità il suo personale omaggio. - “Ce l’hai
fatta Antinoo!” - pensò Olimpia.Il giorno
seguente, l’imperatore ordinò il rientro della nave al porto di Ostia.Voleva
tornare a casa, non voleva lasciare impuniti i senatori congiuranti,
improvvisamente l’idea dell’ispezione in Egitto era passata in second’
ordine rispetto alla priorità di tornare a casa per difendere il suo
potere, la sua gente e vendicare la morte del suo prediletto.La
nave salpò di buon ora dal porto di Tebe
e si incamminò verso ovest, alla volta di Roma. L’entusiasmo
iniziale per la divinizzazione di Antinoo lasciò posto alla solitudine
ed alla desolazione nel suo cuore.Trascorse la maggior
parte del viaggio affacciato al parapetto della nave con lo sguardo
perso nel vuoto, neanche parlare con xena ed Olimpia riusciva a distrarlo.Nonostante
Olimpia avesse aiutato Antinoo a compiere il suo destino e cioè a
morire per poi risuscitare proprio come Osiride, non era del tutto
convinta che le cose dovevano andare proprio in quel modo, quindi
prese ad analizzare micragnosa ogni singola frase della profezia per
cercare quantomeno di capire se quel sacrificio fosse davvero servito
a qualcosa.Nei giorni del viaggio l’imperatore fu confortato
dalla compagnia della principessa guerriera che cercò di distoglierlo
dai suoi piani di vendetta. Adriano confidò alla guerriera che non
riusciva proprio a capire perché tutti i suoi uomini più fedeli stavano
congiurando contro di lui, quindi Xena dovette spiegarglielo avvalendosi
di ciò che aveva scoperto con Antonino Pio.- Vedi Adriano,
nella tua giovinezza per motivi più o meno discutibili ha pestato
i calli a parecchia gente che ha giurato di fartela pagare ad ogni
costo… Gaio Licinio non ha mai potuto digerire il fatto che tu sia
diventato imperatore al posto del figlio Stefano… Tito Popidio che
amava particolarmente quel vigneto che tu gli portasti via sui Colli
Albani non te l’ha mai perdonato, così come imperdonabile è stato
a giudizio di Publio Valeriano il tuo intervento ed il conseguente
blocco della sua carriera militare. Marco Quintilio è solo un giovinetto
inesperto accecato dalla fama di brama e di potere! Contro questa
gente stai combattendo, ora ti chiedo: vale la pena di vendicarsi?
- - Certo! Quegli stolti stanno ancora pensando a un fazzoletto di
terra o a una questione personale, ed intanto Roma ne paga le spese!
- tuonò l’imperatore che aggiunse:
- Già ho in mente un modo del tutto particolare per vendicarmi; renderò
pan per focaccia! - e sorrise di un riso folle. Per la prima volta
da quando lo aveva conosciuto, a Xena sembrò che Adriano avesse perso
la sua umanità.L’imperatore respirò la brezza marina a
pieni polmoni; il grecale che li aveva accompagnati per tutto il viaggio
di andata, lasciò posto ad un vento caldo vento di libeccio che contrastava
con la rigidità del clima ormai quasi invernale.- Il mio
unico rimpianto è aver lasciato Villa Adriana del tutto sguarnita
di difese… - parlò poi l’imperatore ripensando a tutto ciò che la
sua dimora rappresentava per lui, e a quanti sacrifici avesse fatto
per renderla una bella e confortevole dimora. Istantaneamente il suo
pensiero andò anche a coloro che aveva lasciato a Tibur: la moglie
Sabina, la suocera, gli amici Flegone ed Euforione, e tutte le altre
persone che in pace con lui vivevano. - Non devi preoccuparti
Adriano… prima di partire ho mandato Marco Aurelio a Roma: se tutto
è andato bene, Antonino Pio e l’esercito saranno un baluardo difficile
da abbattere! - disse sorridendogli bonaria Xena.- Pensi
sempre a tutto tu principessa guerriera eh? - la guardò riconoscente
l’uomo ricambiando il suo sorriso.
- Ad ogni modo non devi preoccuparti, fra meno di un giorno
saremo a Roma! - parlò la principessa guerriera avvistando le coste
della Trinacria.
EPILOGO
Villa
Adriana era illuminata dalla luce arancione al tramonto. Era appena
finito un duro scontro tra i senatori ed Antonino Pio, il quale come
gli aveva chiesto Xena li aveva fatti rinchiudere con non poche difficoltà
nella sala dei filosofi insieme alle loro numerosissime famiglie.Più
che una congiura quegli scontri stavano degenerando in una vera e
propria guerra fratricida in cui si scontravano in opposte fazioni
padri e figli, fratelli ed amici. I dissidenti che ancora erano a
piede libero in giro per Villa Adriana, presa ormai d’assalto da parte
dell’esercitò comandato da Licinio, misero alcuni degli edifici a
ferro e fuoco, non si limitarono soltanto a incendiare ma anche a
compiere dei veri e propri atti vandalici: molte delle statue nella
sala dei pilastri dorici furono mutilate, quelle dell’accademia distrutte;
le terme private di alcuni dei bellissimi mosaici pavimentali e i
marmi del vestibolo fatti a pezzi. La servitù andò a nascondersi impaurita
nelle centocamerelle, mentre Sabina e Cornelia si rinchiusero nei
loro appartamenti all’interno del palazzo imperiale.Alcuni
pretoriani schierati con i senatori organizzarono una controffensiva
ed attaccarono di sorpresa i soldati di Antonino Pio ingaggiando una
nuova cruenta battaglia.Questo fu lo scenario che si profilò
dinnanzi all’imperatore che giunto a Villa Adriana si sentì ghiacciare
per qualche istante il sangue nelle vene, poi con fredda disumanità
prese il prigioniero Calpurnio per la corda e se lo trascinò per tutto
il tempo. Entrando dal Pecile, l’imperatore poté vedere Antonino ed
altri uomini combattere, così ordinò ai suoi pretoriani di dar loro
una mano. - Dove sono i senatori? - chiese frettoloso ad Antonino
che duellava con un uomo alto e robusto pieno di cicatrici: - Sono
nella sala dei filosofi! - gli disse l’uomo schivando un fendente.
- Andiamo! - soggiunse a Xena ed Olimpia, mentre con fatica si ostinava
a portarsi dietro Calpurnio che puntava come un asino i piedi in terra.
Xena lanciò una fugace occhiata ad Antonino che ricambiò lo sguardo
della principessa, quindi gli fece cenno di avvicinarsi alla sala
dei filosofi e stare pronto ad agire. L’uomo le diede ad intendere
che aveva capito, poi si voltò per trafiggere un nemico.-
Cosa hai intenzione di fare? - domandò Xena seguendolo. - La mia vendetta
sta aspettando solo me! - le spiegò l’imperatore schiaffeggiando Lucio
affinché la smettesse di porre resistenza. - Cabria, fa
portare i migliori tiratori scelti sul matroneo della sala dei filosofi!
- ordinò poi all’uomo, che sparì verso la caserma
per radunare i pochi uomini liberi ancora rimasti, ed armarli di arco
e frecce.- Xena! Ma cosa ha intenzione di fare! E’ impazzito?
Sembra fuori controllo! - disse impaurita Olimpia che faticava a stare
dietro ai due, il cui passo nonostante tutto risultava più spedito.
- Lo è! - confermò la guerriera. Entrambe seguirono l’imperatore sul
matroneo della sala, mentre fuori ancora incalzava la battaglia.-
Invece di perdere tempo con i senatori, ora dovremmo aiutare Antonino!
- obiettò Xena. - Se Antonino è stato fatto generale un motivo ci
sarà pure Xena! - rispose perentorio l’uomo. Il gruppo salì le strette
scale a chiocciola del lato ovest de matroneo, arrivando così fin
su. Appena uscirono sul ballatoio del matroneo, Adriano si affacciò
e vide che tutti i senatori che avevano tramato contro di lui imprigionati
in quella sala, come le belve dell’anfiteatro rinchiuse nella gabbia
in attesa del loro massacro. C’erano anche i loro parenti, coloro
che avevano dato manforte nella congiura pur non essendo direttamente
implicati, un ghigno arcigno gli si dipinse sul volto, quindi trasse
la spada dal fodero, la puntò alla gola di Calpurnio e finalmente
richiamò l’attenzione dei presenti su di se: - Illustrissimi membri
del senato… - immediatamente tutti i presenti si ammutolirono e guardarono
verso il matroneo dove videro l’imperatore alla balaustra che continuò:
- …Credo che voi tutti sappiate bene perché vi trovate qui rinchiusi!
Sono stato messo al corrente di una congiura ai miei danni! - prese
una pausa l’imperatore. - Per colpa di questa congiura il mio migliore
amico: Antinoo è morto, ucciso da questo signore! - continuò puntando
la punta della spada al petto di Lucio. - Questo signore mi ha inoltre
detto che non era il solo a complottare contro di me, ma che faceva
capo proprio a voi cari senatori! - parlò ancora l’imperatore che
con un gesto fulmineo trafisse Lucio al ventre e lo scaraventò al
piano inferiore facendolo cadere su due donne che alla vista del sangue
si spostarono inorridite.Olimpia che nel frattempo assisteva
con Xena alla scena si nascose con la faccia dietro alle spalle della
guerriera per non guardare, e disse sottovoce alla guerriera: -
Non ha più niente di umano… E’ diventato una bestia! - Xena annuì
profondamente turbata. - Ora, visto che vi ho concesso ogni sorta
di bene e sono stato ripagato con inganni e menzogne è giusto rendervi
tutto quello che mi avete dato! - parlò nuovamente Adriano adocchiando
i pretoriani venuti in suo soccorso dall’altra parte del matroneo.Anche
Xena vide un continuo agitarsi dal lato opposto del matroneo, poi
finalmente scorse i soldati armati di arco e frecce disporsi in fila
lungo il pianerottolo quadrangolare. - Per gli dei Olimpia, Adriano
vuole trucidarli a suon di dardi! - si voltò Xena notando il pallore
della sua amica che aveva perfettamente capito l’intenzione dell’imperatore.
Adriano fece cenno ai pretoriani di avvicinarsi alle balaustre e di
puntare le frecce sui presenti, ad un successivo gesto avrebbero dovuto
scoccare i dardi.- Basta! Questo è troppo! - intervenne
Olimpia. - Smettila Adriano! Sei diventato un animale, ma non te ne
rendi conto? In questa stanza ci sono i congiuranti, ma ci sono anche
donne bambini e anziani che non ti hanno fatto niente! Non puoi punire
anche loro solo perché parenti di questi vigliacchi! - osservò la
barda. - Sta zitta Olimpia ho un lavoro da compiere! -
la ammutolì Adriano. - Quale lavoro? Lo sterminio di gente
innocente, se fai scoccare quelle frecce ai tuoi uomini non sarai
migliore dei tuoi antenati! E tutta la storia di Roma ti ricorderà
come l’imperatore che fece un bagno di sangue per vendicare un morto,
che pur essendo morto è diventato una divinità! Non sarai meglio del
sanguinario Caligola, o del crudele Giulio Cesare! - Parlò Xena. -
Antinoo non avrebbe approvato questo tuo comportamento lui ti stimava
proprio per la tua umanità: dov’è finita quella luce e quel calore
che emani quando la gente ha a che fare con te? - parlò Olimpia cercando
di sfilargli la spada di mano. In quell’istante fu folgorata da un
pensiero e di nuovo riaffiorarono nella sua mente le parole della
profezia: - “Un oscuro baratro attenderà l’imperatore Adriano,
mettendolo duramente alla prova. Urge sacrificare tutto ciò che di
più prezioso esista per l’imperatore. Il pegno di un solo grande tesoro
potrà rendergli la vita, se il sacrificio non avverrà, le sventure
più orribili patirà…”-L’aveva studiata scrupolosamente
in quei giorni, ma solo ora, forse stava realizzando il significato
più profondo di quell’oracolo: la chiave di lettura di quella profezia
era l’umanità di Adriano. Mentre Xena cercava di convincere
l’imperatore a non uccidere inutilmente tutta quella gente terrorizzata
Olimpia mormorò a bassa voce: - Un oscuro baratro attenderà l’imperatore
Adriano, mettendolo duramente alla prova: si riferisce sicuramente
alla congiura: il baratro della congiura farà precipitare la fama
di Adriano se si comporterà in maniera inumana. Da quando è morto
Antinoo infatti ha cominciato a comportarsi in maniera disumana, precipitando
sempre più nel baratro. La cosa più preziosa per lui è la vendetta
in questo momento… Urge sacrificare tutto ciò che di più prezioso
esista per l’imperatore. Non deve quindi vendicarsi dei senatori,
ma al contrario assicurarli alla giustizia, solo così avrà fatto la
cosa giusta è sarà sicuro di aver vendicato Antinoo. - sorrise soddisfatta
del suo lavoro di logica, quindi disse: - Fermati Adriano, torna ad
essere la persona giusta e retta che noi tutti conosciamo ed affida
questa gente alla giustizia! Ognuno di questi bambini qua dentro potrebbe
essere tuo figlio, ognuna di queste donne tua moglie, ognuno di questi
anziani tuo genitore. Se vuoi vendetta, prenditela solo con chi realmente
ti ha tolto Antinoo: Licinio, Popidio, Quintilio e Valeriano, ma lascia
andare gli altri! - concluse Olimpia. - Stalla a sentire! - incalzò
Xena. L’imperatore guardò prima sotto di loro la calca di gente che
cercava di nascondersi alla meglio per non essere uccisa, poi i pretoriani
di fronte a lui, poi fissò le guerriere ed un immagine di Antinoo
gli passò per la mente: il giovane aveva una tunica bianca folti capelli
neri ed una leggera peluria sul viso; lo fissava sorridendo. L’imperatore guardò di nuovo i pretoriani ed
alzò il braccio; Xena ed Olimpia sussurrarono insieme: - Sta dando
l’ordine di attaccare: è finita! - Ma poi abbassò veloce il braccio
ed i soldati gettarono l’arco e le frecce, Immediatamente Xena fischiò
e dopo un sodo tonfo le porte sprangate della sala si aprirono lasciandovi
entrare Antonino con i suoi uomini per fare prigionieri i senatori
congiuranti. La piccola folla all’interno della sala si dileguò ancora
incredula di essere stata risparmiata da un atto di clemenza così
grande.- Li porto a Roma mio imperatore, ti prometto che
non avranno vita facile in attesa di essere giudicati dal senato e
dalla magistratura romana! - disse Antonino rivolto verso l’imperatore
con in mano le estremità delle catene a cui aveva assicurato i congiuranti.
Adriano acconsentì, quindi il generale alzo un braccio in segno di
saluto, ed andò via dando un’ultima occhiata a Xena che gli sorrise
colma di riconoscenza. Adriano gettò la spada a terra,
si rannicchiò contro la balaustra e pianse ancora la morte del suo
giovinetto, Xena ed Olimpia gli stettero vicino per tutto il tempo
e tirarono un sospiro di sollievo: il bene aveva trionfato ancora.Dopo
un paio di giorni le due guerriere decisero di partire, era ormai
giunta l’ora di lasciarsi alle spalle la morte di Antinoo e di tornare
ad andare in giro per il mondo ad aiutare chiunque ne avesse avuto
bisogno.Appresero dal filosofo Cabria che Adriano stava
facendo costruire nella valle proprio sotto l’accademia il canale
del Canopo, una riproduzione dello specchio d’acqua affluente del
Nilo in cui aveva perso la vita il giovane Antinoo. Questo canale
sarebbe terminato con un piccolo tempio dedicato a Serapide. Poco
più in là del Canopo invece fece seppellire il ragazzo, erigendo sopra
la tomba un tempio chiamato Antinoeion dedicato al culto del dio Antinoo-Osiride.
Dalla sua camera Adriano poteva vedere la luce sempre accesa della
cella dove era custodita la statua della divinità. Inoltre Cabria
disse loro che l’imperatore aveva cominciato a commissionare a tutti
gli scultori dell’impero, centinaia di statue raffiguranti il giovinetto:
Antinoo era morto, ma non era mai stato più vivo di allora il suo
ricordo.Quando soggiunse il vespero, Xena ed Olimpia furono
pronte a partire, cercarono l’imperatore per salutarlo, ma non lo
trovarono da nessuna parte. Solo mentre stavano uscendo dalla residenza
imperiale, decisero di fare marci indietro e di andare a vedere semmai
si fosse fermato al Canopo, che egli stesso aveva eletto ormai come
luogo della memoria. Le due lasciarono i loro cavalli poco distanti si apprestarono a raggiungere silenziose il
posto; trovarono lì l’uomo che passeggiava mesto sui bordi del canale,
recitando una breve poesia da lui composta poco dopo la morte del
giovane:
Animula vagula
blandula
Hospes comesque corporis
Quæ nunc abibis in loca
Pallidula rigida nudula
Nec ut soles dabis iocos
Le due erano talmente vicine che poterono sentirla per intero:
- Ma cosa sta farfugliando?
- mormorò Xena chiedendo il significato di quelle parole alla compagna.
- Credo sia una poesia composta da lui dice:Piccola anima smarrita
e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora ti appresti a scendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti… - le spiegò Olimpia con gli
occhi lucidi.- Forza Olimpia, andiamo il nostro compito qua a Roma
è finito…e sul nostro imperatore da oggi in poi c’è una divinità in
più che veglia! - riprese Xena, la barda annuì. Si incamminarono abbracciate
nella notte oscura in direzione dei loro cavalli, poi insieme uscirono,
così come erano entrate silenziosamente, per sempre da Villa Adriana
e dalla vita dell’imperatore.
FINE
di
Bard and Warrior
stampa
il racconto