Adriano trattenne
il suo amante col braccio e nel frattempo riprese pungente a parlare:
- E cosa vuoi da me? Un’alleanza? Armi per combattere le tue
guerre? Dei soldi? - Xena iniziò a spazientirsi, con uno scattò
si avvicinò all’imperatore, e fece per sferrargli un
pugno, ma fu trattenuta tempestivamente dall’amica che si frappose
tra lei e la sua vittima bisbigliandole: - Ricorda che siamo qui con
scopi pacifici, se colpisci adesso l’imperatore nel giro di
pochi attimi ti ritroverai incatenata ai ceppi, qui c’è
la più alta concentrazione di pretoriani dell’impero,
perciò cerca di stare tranquilla! - Meditando sulla sensatezza
di quelle parole, la principessa guerriera abbandonò l’idea
di colpire Adriano; fu allora che intervenne Cabria, che finalmente
chiarì la situazione: - Calmi, per favore! Adriano, loro sono
qui perché gliel’ho chiesto io. Le ho incontrate in una
taverna, e dato che, come ti avevo già accennato la scorsa
sera, temo per la tua incolumità, ho pensato che se tu non
vuoi darmi retta, almeno pago qualcuno per difenderti! - - Mi basta
la guardia reale per difendermi! - rimbrottò l’imperatore,
rimproverando Cabria, per poi rivolgersi a Xena: - Ammesso che l’ipotesi
di Cabria sia fondata, cosa che onestamente mi risulta un po’
difficile, quale ricompensa esorbitante gli hai chiesto per difendermi?
- Date le cattiverie gratuite che l’imperatore le stava spiattellando
in faccia, Xena fu tentata di andarsene, poi però rammentò
la promessa fatta ad Olimpia: sforzarsi di non avere pregiudizi nei
riguardi del nuovo imperatore ed aiutarlo nel caso fosse in pericolo,
perché il popolo romano aveva realmente bisogno di una persona
che potesse risollevare le sue sorti, e molti romani vedevano in Adriano
proprio la persona giusta; ingoiò quindi il suo orgoglio spedendolo
nell’angolo più remoto del suo stomaco, e fissò
per qualche attimo la sua compagna, che la fissava a sua volta con
occhi dolci e speranzosi; dunque finalmente rispose: - Non voglio
ricompense; ho solo un favore da chiederti: permetti ad Olimpia di
riposare qualche giorno presso la tua dimora perché in questo
periodo non è stata molto bene… - - No Xena, e tu? Non
ti lascio sola! - esclamò immediatamente Olimpia prendendole
la mano, capendo che Xena stava sacrificandosi per lei. - Non temere,
in un modo o nell’altro io me la caverò… - la rassicurò
Xena spostandole delicatamente una ciocca di capelli dal volto. Adriano
fu colpito da quei gesti teneri che si scambiavano le due, inoltre
lesse negli occhi di Xena tutta la preoccupazione che ella nutriva
nei riguardi di Olimpia, e si immedesimò per la prima volta
completamente in lei: quante volte il suo Antinoo era stato male nei
sette anni che avevano trascorso insieme? Tante, troppe volte e sapeva
benissimo cosa significava vivere nella continua apprensione per la
persona amata; così anch’egli mise da parte l’orgoglio
e con fare molto più accomodante rispose: - E sia! A patto
però che anche tu, Xena rimanga presso la mia dimora! - Xena
colta alla sprovvista di quell’atto di clemenza nei suoi riguardi,
regalò all’imperatore uno splendido sorriso colmo di
gratitudine, sorriso che l’imperatore ricambiò sinceramente.
Poi Adriano si rivolse a Cabria dicendo: - Comanda ai servi di preparare
per le nostre ospiti una delle stanze dell’ala panoramica del
palazzo imperiale; fa in modo che affaccino sulla Valle di Tempe,
così che possano sentirsi a casa! - - Obbedisco immediatamente!
- disse l’uomo, congedandosi dai presenti, e mentre egli stava
per lasciare la sala dei pilastri dorici, passò di fianco ad
Olimpia e strizzandogli l’occhio la ringraziò per aver
convinto Xena ad aiutarlo. - Aspetta un momento Cabria! - lo chiamò
a gran voce Xena, per poi continuare con molta serietà: - Devi
raccontarmi perché hai avuto i sospetti di una cospirazione
ai danni di Adriano! - l’uomo si voltò un attimo per
guardarla, quindi concluse frettoloso: - Appena ho dato le disposizioni
tornerò da lei principessa guerriera! - disse richiudendo la
porta dietro di se. - Valle di Tempe? Ma non è in Tessaglia?
- osservò meravigliata Olimpia, che si era estraniata da quel
contesto per riflettere sulle parole pronunciate poco prima dall’imperatore.
- Oh, certo! E stando qui rimarrai meravigliata dal genio artistico
del mio imperatore che ha fatto riprodurre a Villa Adriana tanti importanti
monumenti; per una persona colta e sensibile come te, questo posto
sarà un vero toccasana! - parlò finalmente Antinoo con
entusiasmo quando gli animi si furono calmati, rivelando ai presenti
la sua solarità ed il suo melodioso tono di voce. Olimpia guardò
insistentemente divertita il frizzante giovanotto dall’identità
sconosciuta, e dalla parlantina spigliata, quindi Adriano, che fino
a quel momento era rimasto a fissarlo incantato, si ridestò
e procedette con le presentazioni: - Lui è…. ehm ecco
è…. Antinoo, semplicemente il mio Antinoo! Se avete bisogno
di qualcosa in mia assenza potete fare capo a lui o a Cabria che avete
già avuto modo di conoscere! - - Ti ringrazio ancora per l’ospitalità
Adriano! - esclamò Olimpia cominciando finalmente ad avvertire
un’atrmosfera meno tesa - Per me è un vero onore avere
la poetessa di Potidea a corte! E’ come se tornassi nuovamente
nella mia amata Grecia… - parlò Adriano baciando galantemente
la mano di Olimpia. - Infatti! E’ difficile a dirsi che tra
voi ed Adriano sia più greco! - parlò ironico Antinoo,
con una punta di gelosia nei riguardi del gesto compiuto dall’imperatore.
- Oh, vedo che questa compagnia ti tira fuori l’umorismo! -
gli rispose sarcastico Adriano, voltandosi verso di lui e scompigliandoli
i capelli neri con una mano, per poi continuare: - Ma tu non eri stanco?
- - Lo sono ancora! - rispose prontamente il giovane. Sentendosi di
troppo in quel momento, Xena ed Olimpia si congedarono dall’imperatore:
- Allora, se non ti spiace noi andremmo a riposare… domani cominceremo
il nostro lavoro! - disse Xena. - Come sarebbe a dire riposare? La
notte è ancora giovane: ceniamo e poi che ne dite di andare
a sentire i suonatori egiziani all’Odeon? - chiese Adriano.
- Ehm… veramente non ho mai avuto un buon rapporto con l’Egitto…
- spiegò Olimpia rimembrando tristemente per un istante sia
l’avventura con Antonio e Cleopatra, sia il trasporto delle
ceneri della sua amata dopo lo scontro con Yodoshi.
A quella risposta Adriano sorrise a crepapelle. - Perché stai
ridendo? - chiese curiosa ma anche un tantino stizzita Xena. - No
scusa, non era per lei, è solo che… - e intanto si spanciava
dalle risate - … solo che Antinoo ci sarà rimasto sicuramente
male, gli egiziani come lui stanno antipatici a molti in questo posto!
- ultimò, e finalmente riuscì a contenere la sua risata.
- Ah ha! Ridi pure imperatore! Se la metti su questo piano stanotte
dormirai in camera da solo! - lo sbeffeggiò il giovane. - Antinoo,
se la metti su questo piano costringerò Sabina a torturarti
a vita: sai benissimo che non aspetta altro! - rispose Adriano e ricominciò
a ridere. La risata fu contagiosa anche per le due guerriere che fino
ad allora si erano sforzate di darsi un contegno, ed a quel punto
anche Antinoo controbatté: - Ti prego, no! Non farmi diventare
vittima sacrificale della tua adorata consorte! - - Consorte? Per
la legge forse, ma non per me! Io sono un fedifrago e me ne vanto!
- ed i due continuarono a sbellicarsi dalle risate. Nel clima di ilarità
generale, Adriano diede un buffetto sulla spalla di Antinoo, ma subito
il minuscolo cagnolino intervenne ringhiandogli contro e trattenendolo
per il mantello rosso. - Come a dire: ogni cane difende il suo padrone!
- parlò ridendo ancora Antinoo, mentre le due guerriere si
congedarono ed uscirono dalla sala. - Che tipi strani quei due! -
fu la prima frase che pronunciò Xena appena richiusa la porta
dietro di loro. - Si, sono proprio fuori di senno! - sorrise compiaciuta
Olimpia, che aggiunse: - Però sono divertenti! - Xena e l’amica
si guardarono negli occhi: quanto era bello per ognuna delle due iniziare
la giornata guardando tutto ciò che aveva di più caro
al mondo, e concluderla nello stesso modo in cui era cominciata: fissando
lo sguardo della persona amata, ed erano quei momenti che rendevano
la vita degna di essere vissuta. - Ad ogni modo, divertenti o no,
ora noi corriamo a riposare, mi prenderò io cura di te visto
che sei molto malata! - disse ammiccante la guerriera. - Beh…
in effetti, ora che ci penso devo sottoporre alcune parti malate del
mio corpo al tuo tocco guaritore! - incalzò Olimpia. - Sarà
un vero piacere essere il tuo medico personale! - controbatté
Xena, e le due continuarono sul sorridente andante fino all’ingresso
nella loro camera.
La porta della
camera fu spalancata da uno dei servi di corte e lasciò intravedere
alle due guerriere tutte le delizie custodite al suo interno.
Xena ed Olimpia entrarono esterrefatte in quella camera dalla quale
fuoriusciva un intenso profumo di vaniglia, e congedarono frettolosamente
lo stuolo di servi accorsi per sistemare quel posto.
Appena richiusa la porta dietro di loro, le donne non poterono fare
a meno che lasciarsi andare a svariati commenti: - Quanta raffinatezza!
Quanto lusso! Non ho mai visto nulla di simile prima d’ora!
- esclamò olimpia stropicciandosi gli occhi come per paura
di essere in un sogno. - Lenzuola di seta rossa… - constatò
Xena passando delicatamente una mano sul letto appena composto per
poi continuare l’elenco: - Tappeti persiani… mobili in
legno di tek provenienti da Sidone… soprammobili ed orpelli
da tutto il mondo…. Pregiati vetri e ceramiche delle migliori
fabbriche dell’impero… non c’è dubbio: in
nessun altro posto è presente così tanto lusso! - ultimò
Xena pensierosa, le cui parole furono sovrastate dal gridolino di
eccitazione di una esaltata Olimpia che, uscita sul balconcino della
stanza, ammirò il paesaggio notturno di un folto boschetto
sottostante illuminato a malapena dalle fioche torce dei pretoriani
di ronda. - Sembra davvero la Tessaglia! - parlò entusiasta
Olimpia indicando a Xena col dito scorci di paesaggio che a loro erano
realmente familiari. - Ora capisco perché si chiama terrazza
di Tempe: questo posto è la fedele riproduzione in miniatura
della valle della Tessaglia! - concluse Xena, invitando l’amica
a rientrare perché imprudente esporsi all’aria fresca
della sera dopo il malanno che aveva avuto.
- Credo che sia ora di dormire… domani dovremo cominciare il
nostro lavoro a corte e mi sembra di capire che sarà un’impresa
alquanto ardua… - parlò Xena togliendosi il corpetto
di ferro e i bracciali protettivi da gambe e braccia. - Riesci ad
avvisare il pericolo di cui Cabria tanto parla? - le domandò
Olimpia preparandosi un pietoso infuso di erbe a base di foglie stritolate
e frutti secchi di olivo, faggio, alchechengi, e camomilla, mescolate
con acqua, dalle proprietà febbrifughe.
- No! Cioè, voglio dire… è molto difficile…
Non riesco a capire se la minaccia che avverte Cabria esiste realmente
o è soltanto frutto della sua fantasia… - le spiegò
Xena infilandosi sotto la morbida coltre rossa. Olimpia bevve inorridita
tutto d’un fiato il miscuglio benefico, poi si andò a
sdraiare accanto all’amica aggiungendo: - In ogni caso domani
potremmo farci un’idea più chiara di quanto accade. -
Poi come di consueto le due donne si coccolarono un po’, prima
di addormentarsi stremate, strette l’una all’altra e consegnare
un’altra delle loro avventurose giornate alla leggenda.
CAPITOLO
2
L’ indomani
mattina giunse presto e Xena si svegliò accarezzata da un lieve,
piacevole venticello che entrava dal balconcino, sollevando i lembi
delle tende di lino color panna. La stanza era ancora avvolta nella
penombra, il sole quella mattina sembrava sorgere svogliatamente;
senza far troppo baccano la principessa guerriera si rimise in piedi,
e stando ben attenta a non svegliare la compagna, le poggiò
un bacio sulla fronte fresca e rosea, poi afferrò il suo pugnale,
lo nascose come sempre tra i seni e uscì dalla stanza per andare
a fare un giro.
I corridoi di quell’ala del palazzo erano deserti e silenziosi,
quasi come se fossero disabitati; Xena ne approfittò per godersi
gli ultimi momenti di pace prima di accingersi ad iniziare la sua
missione; si affacciò da un finestrone, il sole stava cominciando
ad elevarsi in cielo, ad occhio e croce dovevano essere le sei del
mattino, o il “diluculum” come preferivano indicarlo i
romani; sorrise tra se e se pensando che pur detestando così
tanto Roma e la maggior parte dei romani, aveva suo malgrado assimilato
abitudini e modi di fare e dire di quella popolazione; - E’
proprio vero il proverbio “chi va a Roma un po’ romano
ci diventa”….- disse sorridendo mentre scosse il capo.
Ben presto uscì dal palazzo e svoltò alla sua destra,
imboccando uno stretto viottolo costeggiato da arbusti squadrati di
bosso; si dirigeva inconsapevolmente verso la palestra, il teatro
latino ed i tempio di Venere.
Mentre respirava a pieni polmoni l’aria salubre del mattino,
sentì un’improvvisa minaccia dietro di lei, si voltò
ripetutamente per cercare di capire di cosa si potesse trattare, improvvisamente
sentì un fruscio ed un pesante rantolo provenire aldilà
dei cespugli.
Con passo felpato entrò nel mezzo delle siepi, e intravide
una figura accovacciata in lontananza, cercò di portarsi di
soppiatto dietro di questa, per coglierla di sorpresa alle spalle.
Appena fu sicura di avere a tiro il malcapitato, Xena senza dir nulla
si avventò su di lui, tirandolo con forza e puntandogli da
dietro il pugnale alla gola: - Dimmi chi sei o ti ammazzo all’istante!
- gli intimò la guerriera, ma la sua presa era tanto forte
da non permettere all’uomo di parlare, anzi tossì ripetutamente
e fu allora che la guerriera decise di usare il suo tocco paralizzante:
con due rapidi e violenti colpi all’altezza della carotide la
sua vittima fu immobilizzata, dunque Xena parlò nuovamente:
- Chi ti manda a cospirare contro l’imperatore di Roma? - Provando
a concentrarsi sui pochi respiri rimastigli l’uomo sibilò:
- Xena sono io l’imperatore! Sono Adriano! - ma le ultime sillabe
gli morirono in gola. - Si certo, e io sono Cleopatra! Dimostramelo!
- gli abbaiò contro Xena. - Nel “De bello civili”
Giulio Cesare ti citava per la tua abilità in battaglia, per
la tua ostinazione e per la tua arte di saper amare… tuttavia
si gloriava di averti appeso ad una croce insieme alla tua compagna…-
parlò a fatica Adriano. - Questo lo sanno tutti! Come dici
tu è scritto! - sbottò Xena. - Si ma appartiene a privati
documenti imperiali la tua sentenza di condanna a morte nelle idi
di marzo, nell’ora sesta, alle pendici dei monti Rodopi! Privati
documenti imperiali! - sottolineò Adriano il cui volto cominciò
a macchiarsi di rivoli di sangue a causa dell’epistassi. Xena
fu scossa da un tremito e un doloroso ma breve ricordo si fece strada
in lei:
“Era la primavera di alcuni lustri fa… il drappello
d’esecuzione tirava con violenza fuori dalla cella Olimpia e
lei con la schiena spezzata; nonostante fosse marzo, sulle pendici
di quel monte faceva orribilmente freddo, troppo per due donne coperte
semplicemente da una consunta tunica sporca, le due croci erano lì
ed aspettavano soltanto le loro vittime, che presto vennero inchiodate
selvaggiamente ad esse tra grida lancinanti, ed issate bruscamente
in verticale per spezzar loro le gambe…”
- Cough Cough! - tossiva ansimando l’imperatore; Xena si ridestò
presto dal ricordo, e dette altri due violenti colpi alla gola dell’imperatore,
egli fu libero di respirare.
L’uomo si voltò per guardarla negli occhi, che in quel
momento risultavano completamente inespressivi, poi disse: - Mi dispiace
aver rivangato una tua disgrazia, ma mi avresti fatto fuori se non
ti avessi fermato! - Xena scosse la testa e fece un sorriso di circostanza.
- Con questo non dico che approvo il comportamento del mio predecessore…
Anzi trovo molti dei miei antenati volgari, crudeli e sanguinari,
dilapidatori del patrimonio pubblico, veri maestri di ipocrisia…
i “mos maiorum” loro, non sapevano neppure dove stavano
di casa! - si sentì di rassicurarla Adriano. - I mos che? -
chiese delucidazioni Xena. - Ah già… i “mos maiorum”
sono le tradizioni e le usanze dei nostri padri… rappresentano
tutti i buoni valori che si tramandano di padre in figlio… di
generazione in generazione. - Le spiegò Adriano. - Forse questi
mos maiorum hanno saltato qualche generazione tra voi imperatori!
- riprese sarcastica Xena per poi aggiungere con scherno: - E comunque
io odio i tuoi avi! - Adriano la guardò negli occhi, non c’era
violenza nelle sue parole, solo tanto sdegno- Ti capisco…. Credo
di odiare alcuni di loro almeno quanto te! - sospirò l’imperatore.
Cadde per un attimo il silenzio tra i due, poi cercando di deviare
argomento Adriano le disse: - Posso chiederti cosa ci facevi in giro
alle sei del mattino? - - E’ la stessa cosa che potrei chiedere
io a te imperatore! - rispose Xena sorridente poggiando la schiena
contro un leccio. - Non avevo sonno, sono uscito e…. Per gli
dei Xena, ho perso Lupa! - esplicò l’imperatore in tono
semiserio. - Lupa??? Chi è Lupa? - chiese Xena. - E’
il cane di Antinoo, sono uscito dal palazzo e mi ha seguito, ma si
è perso nella boscaglia e io lo cercavo, almeno finché
non sei arrivata tu! Antinoo non mi perdonerà!! - cercò
di essere più esaustivo Adriano rasentando quasi il melodrammatico,
per poi aggiungere: - Comunque ti ringrazio, hai cercato di difendermi
da eventuali nemici! - - Anche se controvoglia sono qui a Roma per
questo… - constatò Xena. - Hai l’aria di una che
non ci è venuta spontaneamente qui, vero? - parlò di
colpo serio l’imperatore. - Esattamente! - concluse tranquilla
Xena spostandosi dall’albero e accingendosi ad andar via. -
Oh, ecco chi si rivede! - concluse indicando il cagnolino che saltò
in braccio all’imperatore. Poi uscì dalle siepi.
Nella stanza in
fondo al corridoio est del terzo piano del palazzo imperiale, Olimpia
era sveglia già da un bel po’, si era accorta praticamente
fin da subito dell’assenza di Xena, così decise vestirsi
di fretta e furia per andare a vedere dove l’amica si fosse
cacciata, sperando che non fosse finita nei guai: Xena aveva una naturale
tendenza a cacciarsi nei guai. Si mise i sais negli stivali e uscì
frettolosa sbattendo la porta dietro di se.
I corridoi si erano illuminati maggiormente da quando Xena era uscita,
così ebbe modo di notare quanto ampia fosse quell’ala
del palazzo; la sera precedente un po’ a causa della stanchezza,
un po’ a perché distratta dai suoi discorsi con Xena,
non ebbe modo di accorgersene. Camminò a passo svelto, fino
alla fine del corridoio che si immetteva sul pianerottolo, dove si
arrestò di colpo vedendo Antinoo e Cabria confabulare tra di
loro. - Buongiorno Olimpia! - dissero in coro i due, appena si accorsero
della presenza della barda. - Ehm buongiorno… - disse Olimpia,
scrutando nei loro occhi uno sguardo di ammirazione diretto al suo
decolté, quindi abbassò leggermente lo sguardo e notò
solo in quel momento che la fretta le aveva fatto dimenticare di allacciarsi
il corpetto. Immediatamente rossa in volto, Olimpia si prese entrambi
i lembi di stoffa tra le mani, e si sbrigò a fare un nodo quanto
più stretto possibile, sbraitando poi contro i due: - Beh,
cosa vi prende? Non avete mai visto una donna ehm… nuda? - -
Oh certo! - le disse Cabria - Ma è difficile trovarne una con
un corpo così tonico e snello come il tuo! - concluse. - D’altronde
il buon gusto di Xena è notoriamente conosciuto da queste parti!
- aggiunse Antinoo con tono scanzonato. - Luridi maiali, per chi mi
avete preso? Per Messalina o Poppea? Io non sono ne lasciva ne fedifraga!
- commentò alterata Olimpia e si fece largo tra i due strattonandoli
con forza. - Non ho tempo da perdere con voi adesso, sto cercando
Xena! - terminò di parlare che era già a metà
della prima rampa di scale. - Suvvia Olimpia stavamo scherzando! -
Le disse Antinoo cercando lo sguardo di Cabria: non era stato certamente
quello l’approccio migliore con la barda, pensarono rammaricati
entrambi.
Ancora nervosa
per l’accaduto, Olimpia aveva rinunciato a cercare Xena: in
un posto così grande sarebbe potuta essere ovunque; decise
quindi di sedersi al sole su un prato antistante il palazzo reale,
per prendere una boccata d’aria fresca; magari Xena sarebbe
passata nei dintorni e l’avrebbe notata. Poco dopo infatti una
figura molto alta, dai lunghi capelli nero corvini spuntò dietro
di lei facendole ombra: - Per tutti gli Dei! Xena ma dove ti eri cacciata??
- esclamò Olimpia voltandosi a vedere la sua amica. - Scusami
amore, ma non riuscivo a dormire ed ero scesa a fare un giro! - le
spiegò Xena sedendosi sull’erba accanto a lei. - Poco
male! - Continuò: - Mi sono imbattuta in qualcuno di altrettanto
mattiniero come me! - - E chi sarebbe? - chiese curiosa Olimpia. La
principessa guerriera si voltò circospetta attorno, poi prese
a raccontare con dovizia di dettagli la situazione assurda in cui
poco prima era piombata e mentre raccontava gesticolando e imitando
l’imperatore, si sbellicava dalle risate; ottenne alla fine
della storia di far ridere a crepapelle anche la sua Olimpia. - Ora
però è il caso di cercare Cabria, deve parlarci di questa
famosa congiura! - disse in seguito Xena alzandosi di scatto e tendendo
la mano per aiutare la sua compagna a rialzarsi. Olimpia l’afferrò
prontamente e tenendola forte si rimise in piedi.
- Oh, ecco Cabria! - parlò Xena notando l’ometto smilzo
che si dirigeva al triclinio imperiale. - Cabria! - chiamò
Xena. - Cabria! - ripetè a gran voce Olimpia, osservando l’ometto
che doveva anche esser un po’ duro d’orecchi. Finalmente
al terzo tentativo l’uomo si voltò e mutò la propria
direzione dirigendosi verso le due guerriere. - Scusami ancora per
il mio comportamento sconveniente di poco fa! Sono stato uno sciocco
non dovevo lasciarmi andare a certi ehm… apprezzamenti! - parlò
direttamente rivolto ad Olimpia appena si fu loro avvicinato, ignorando
la reazione che avrebbe potuto suscitare in Xena, che guardò
entrambi stranita, poi gettò uno sguardo inquisitorio ad Olimpia;
ella per tutta risposta le disse: - Poi ti spiego! - Quindi glissando
l’argomento con cui Cabria aveva aperto la conversazione disse
con molta serietà: - Devi parlarci dei tuoi sospetti sulla
congiura contro Adriano, altrimenti non potremo mai scoprire nulla!
- - Oh certo! - disse Cabria con fare disponibile: - Però lontano
da orecchie indiscrete! Seguitemi! - continuò. - Dove stiamo
andando? - chiese curiosa Olimpia. - Lo scoprirete! - rispose l’uomo
cominciando a camminare verso un colonnato circolare. Olimpia notò
che dopo il il discorso di Cabria, Xena aveva una strana smorfia disegnata
sul volto, un misto di orrore e fastidio: - Cosa c’è?
- le sussurrò avvicinandosi all’orecchio. Xena limitò
la sua risposta ad un secco gesto di fastidio con la mano. - Posso
sapere cosa c’è? Guarda che non serve tu faccia la gelosa…
c’è stato solo un incidente dovuto alla mia fretta di
ritrovarti, tutto qua! - si chiarì Olimpia. - Ne parleremo
dopo in camera! - rispose secca ed evasiva Xena, cercando di tenere
lo stesso passo svelto dell’uomo, che era ormai dieci spanne
più in avanti di loro.
In breve tempo si ritrovarono ad attraversare uno stretto passaggio
nel retro del cortile delle biblioteche; finalmente si profilò
dinnanzi alle guerriere in tutto il suo splendore il colonnato circolare
che dapprima si intravedeva soltanto. Entro il colonnato vi era un
fossato circolare colmo d’acqua, al centro del quale si ergeva
un piccolo palazzo posizionato su di un isolotto. - Che meraviglia!
- sospirò Olimpia quasi estasiata. Anche Xena che non era molto
avvezza al sentimento della meraviglia, non poté fare a meno
che stupirsi: - “E’ incredibile cosa la ricchezza
e il potere riescano a far fare a certi uomini!” - pensò
tra se e se, notando poi l’ingegno con cui il ponte poteva essere
calato per far raggiungere quel posto ai pochi diletti, e poi ritirato
completamente sulla sponda opposta per isolarli dal mondo. - E’
molto interessante questo sistema di difesa dell’edificio circolare…
A dir la verità tutta la villa mi sembra ben protetta!- parlò
Xena esaminando attentamente l’ingegnoso sistema di carrucole
e leve che spingono le funi da una parte o dall’altra del fossato.
- Vi stupirete di questo posto ancor di più… il Teatro
Marittimo è un palazzo in miniatura, dotato di tutti le comodità
ed utilizzato per i momenti di meditazione e relax dell’imperatore!
- spiegò Cabria facendo loro da cicerone attraverso quei vani
il cui pavimento era in cipollino. - Immagino che in questo relax
c’entri pure Antinoo! - constatò Olimpia sottovoce, strizzando
l’occhio alla compagna. Xena si lasciò andare ad un flebile
sorriso.
Finalmente arrivarono nella stanza con scene di mostri marini affrescate
alle pareti, si sedettero ad un piccolo tavolo rotondo e cominciarono
a ragionare tra loro.
- Allora, dopo tutta questa strada che ci hai fatto fare puoi illuminarci
circa le tue ipotesi di congiura? - sbottò Xena spazientita,
ritenendo eccessivo il sospetto dell’uomo.
- Ecco vedete… tutto è cominciato qualche tempo fa. A
corte si sono strette delle alleanze insospettabili tra gente che
si è combattuta per decenni… io ritengo che debba esserci
sotto un vantaggio a loro comune se da nemici giurati quali erano
hanno deciso di stringere un sodalizio…Un vantaggio molto grande!
Tanti hanno finito con il prendere le distanze dall’imperatore,
alcuni si sono rivelati inaspettatamente suoi fedeli servitori…
- cominciò a raccontare l’uomo. - Tipico di una congiura!
- lo prese in giro Xena, facendogli notare che se quella in cui si
trovavano era davvero una congiura, quegli uomini avevano fatto la
cosa più naturale; d'altronde le congiure si fanno proprio
perché se vanno a buon fine c’è sempre qualcuno
che se la gode a scapito degli altri. - Si, ma questo non giustifica
i tuoi sospetti; magari hanno solo cambiato idea su Adriano! - constatò
Olimpia cercando di essere maggiormente diplomatica. - Olimpia io
sono un filosofo e dovrei essere avvezzo ai mutamenti, ma… non
so, qualcosa non quadra. La maggior parte dei nemici dell’imperatore
è stata mandata in esilio eppure… sento un’incombente
minaccia… qualcosa che proviene dall’interno dell’impero…
- continuò Cabria. - Ma tu sei un filosofo o un oracolo? -
incalzò sarcastica Olimpia per poi insistere: - Se tutti i
nemici dell’imperatore sono in esilio, chi mai potrebbe cospirare
contro di lui? -
- Un uomo dal potere immenso quale è Adriano, ha sempre nemici,
anche quando crede di non averli! - rifletté ad alta voce Xena.
- Esattamente! Lo credo anche io! - rincarò la dose Cabria.
Xena prese a tamburellare con le dita sul legno scuro del tavolo mentre
l’altra mano era impegnata a sfregarle ripetutamente il mento
in segno di riflessione. - Da quanto ne so io gira voce che Adriano
sia salito al trono al posto di un certo Tullio Livio… il che
non fu molto gradito ai membri del senato, che finirono col sostenerlo
solo perché Adriano godeva della protezione dell’allora
imperatore Traiano… ma una volta morto Traiano… quell’uomo
dalle origini barbare, così diverso da loro nel modo di ragionare
ed agire, diventò per i senatori una vera e propria spina nel
fianco… - rimuginò Xena. - Certamente… - concordò
Olimpia. - Inoltre ha sempre auspicato un mutamento politico entro
le province del suo impero, destabilizzando il potere militare dei
senatori, che evidentemente hanno intuito che l’uomo anteponeva
l’espansione di Roma, ai loro stessi interessi. Insomma ne ha
pestati di calli ai piedi questo sovrano! - ultimò Xena.
- Si, ma tutto ciò non ci porta ad una possibile risoluzione
del caso Xena, soprattutto se Cabria dice che Adriano non ha più
nemici a Roma! - convenne Olimpia.
- Però c’è dell’altro… - parlò
improvvisamente Cabria. Olimpia strabuzzò gli occhi verso Xena,
come a darle ad intendere che l’ossessione dell’uomo stava
cominciando ad irritarla profondamente, poi guardò l’uomo
e lo canzonò: - E cosa aspetti a continuare? - - Fino ad ora
lo consideravo un dettaglio irrilevante, parole strambe pronunciate
sotto il l’ effetto dei vapori dell’alcol ma… l’altra
sera tornando da una passeggiata, ho intravisto Lucio, il capo dei
pretoriani, con il senatore Popidio, e mentre giocavano ai dadi, sentii
pronunciar loro una strana frase: - “Presto saremo più
famosi del nostro “caro” imperatore…”
- Non so cosa possa significare, ma non mi è piaciuta la cosa!
- si sbrigò a concludere Cabria.
- Ecco, questo è già un punto migliore dal quale cominciare
le ricerche! - esclamò Xena.
- Ma è tutta gente che non conosciamo, Xena! - osservò
Olimpia.
- A questo problema si può facilmente rimediare! Potreste venire
anche voi alla cena di stasera… ci sarà un bel po’
di gente in occasione dell’anniversario della fondazione della
città di Adrianopoli! Festa grande insomma!! - si entusiasmò
Cabria strofinandosi gongolante le mani.
Le due guerriere si guardarono negli occhi come per vagliare attentamente
quella proposta, dunque Xena rispose finalmente: - Perfetto, stasera
cercheremo di scoprire qualcosa in più! -
Decisero quindi di fare ritorno al palazzo e di rivedersi quella stessa
sera.
L’ora duodecima,
nella quale il tramonto tinse di arancio i lievi e dolci pendii dei
colli tiburtini, lasciava lentamente ed inesorabilmente posto al vespero
che calava come una fitta cappa scura sopra Villa Adriana.
Xena ed Olimpia stavano rinfrescandosi nella loro camera prima di
andare a cena; dopo quella mattina la mora non rivolse più
parola ad Olimpia per tutto il pomeriggio, nonostante i ripetuti tentativi
della ragazza di darle a parlare.
- Si può sapere cosa diamine ti prende? - sbottò esasperata
Olimpia stufa marcia di quell’ insostenibile situazione. Xena
fece spallucce, e incurante continuò a lucidarsi l’armatura.
- Piantala di far finta che non esista! - le disse arrabbiata Olimpia
prendendola per le spalle e frenandola nel muro per costringerla a
guardarla. - Io non faccio finta che non esisti, semplicemente non
mi va di parlarti! - le disse con freddezza Xena staccandosi con forza
le salde mani di Olimpia dalle spalle. - E sentiamo da cosa deriva
questo tuo non volermi parlare? - incalzò la bionda cingendosi
i fianchi con le mani con fare spazientito. - Cosa voleva quello da
te oggi? Perché ti ha chiesto scusa? Che è successo?-
arrivò subito al dunque Xena, palesando di non aver digerito
il comportamento dei due. - Possibile che devi sempre essere così
morbosa nei miei riguardi? Non ti fidi proprio di me? - le parlò
sdegnata la barda.
- Non si tratta di fiducia! E poi io di te mi fido! - rimbrottò
Xena. - Si, invece! - rispose Olimpia, e tra le due iniziò
un battibecco: - Vedi che mi tieni nascoste le cose? Poi vieni a dirmi
che non devo essere gelosa! - le rinfacciò Xena. - E tu vieni
a dirmi che ti fidi di me? - continuò Olimpia. - Allora vuoi
dirmelo si o no? - tagliò corto la guerriera. - Perché
mi ha offesa, va bene? - le rivelò alquanto seccata la barda.
- Come si è permesso di fare una cosa simile! - disse Xena
mutando repentinamente atteggiamento nei confronti dell’amica.
Olimpia osservandola si accorse che la collera di Xena nei suoi riguardi
si era dissolta come neve al sole, ma se adesso avesse avuto Cabria
tra le mani gli avrebbe torto ben bene il collo per vendicarla. -
Guarda che non lo ha fatto apposta, lui pensava di fare il brillante,
ma non è carino sentirsi paragonare a Messalina o Poppea! -
parlò Olimpia tentando di trovare un attenuante per il filosofo
- No di certo, con la fama che si ritrovano! - le disse Xena con un
punta di sarcasmo. - Io me ne sono andata spintonando lui ed Antinoo
e sono venuta a cercarti, ma poi ho capito che forse era meglio restare
ferma prima o poi saresti arrivata! - concluse il discorso Olimpia.
- Capisco! - concluse la guerriera. - E comunque queste tue scenate
di gelosia non mi piacciono neppure un poco! Sai benissimo che fra
le due quella meno affidabile sei tu! - riprese in tono scherzoso
la barda, capendo che ormai la pace era fatta. - Ah sarei io?? - le
rispose Xena sollevando il sopracciglio destro, per poi continuare:
- Allora sai che ti dico? Visto che sono a Roma, patria degli ozi
e dei vizi esco e vado a sbattermi tutti quelli che mi capitano a
tiro! - concluse stando al gioco. - Eh brava! Però poi dopo
torna da me, così mi accodo! - le sorrise Olimpia - Ah si?
- Xena le si avvicinò pericolosamente con modi sinuosi e suadenti.
- Ma io costo cara, molto cara! - le sussurrò facendole l’occhiolino.
- Saprò ben ricompensare le tue prestazioni! - rispose Olimpia.
Xena spinse Olimpia sul letto, poi le si sdraiò addosso. Si
fissarono per un solo attimo negli occhi prima che il desiderio prendesse
il sopravvento sulla ragione, poi finalmente si baciarono a lungo,
profondamente e con impeto, serrando con sempre maggiore foga le loro
labbra. - E se ti dicessi che vorrei cominciare da te? - mormorò
Xena con ancora le labbra su quelle della compagna, ed il corpo attraversato
da un’improvvisa vampata di calore. - Ti direi che ti tocca
aspettare: abbiamo un appuntamento! - le disse Olimpia in un attimo
di lucidità, mordendole il labbro per poi rialzarsi e darsi
un’ultima sistemata al vestito che ormai sgualcito aveva fatto
tante minuscole pieghe.
Tentando di tenere
faticosamente a freno i bollenti spiriti, le due uscirono dalla camera
per recarsi nel triclinio estivo dell’imperatore dove si sarebbe
svolta la cena.
Arrivarono leggermente in ritardo, videro infatti tutti gli ospiti
già seduti intorno i tavoli su enormi triclini; la cena dei
romani non era l’occasione per consumare un pasto frugale, bensì
un vero e proprio convivio, e questo Xena ed Olimpia lo impararono
molto presto. Appena le porte si aprirono lasciandole entrare, l’imperatore
Adriano le accolse con una vera e propria ovazione, tanto che alcuni
dei presenti si alzarono in piedi e cominciarono a batter loro le
mani. Mentre entravano, esortate dallo stesso imperatore a sedersi
al proprio tavolo, Xena notò subito alcune persone rimaste
in un cantuccio che si limitavano a guardarle con disprezzo, e a confabulare
tra di loro. Raggiunsero con non poca difficoltà il tavolo,
dato che molte persone, soprattutto donne e bambini si protraevano
verso le due al loro passaggio per toccarle come se fossero delle
guaritrici; alla fine presero posto entrambe sullo stesso triclinio,
proprio di fianco al triclinio di Adriano ed Antinoo. La lunga tavola
contava sei triclini, sui quali erano seduti appaiati Cabria e il
medico personale di Adriano, Ermogene; una donna che loro riconobbero
come l’imperatrice Vibia Sabina con la sua vecchia nobilissima
madre, ma non conoscevano altri.
Adriano mostrò totale disponibilità nei loro riguardi,
tanto che in più di una circostanza sorprese Xena parlottare
allegramente con l’imperatore; pareva che tutte le sue remore,
tutte le sue ostilità nei riguardi di esso si fossero placate,
e finalmente tirò un sospiro di sollievo. Durante quella sera
in compagnia le guerriere ebbero modo di constatare quanto profondo
e sincero fosse il rapporto tra Adriano ed Antinoo, e di contro quanto
inesistente il legame coniugale con tra la moglie e l’imperatore.