Nonostante avesse
chiesto alla sua Olimpia di aspettare ancora, la coscienza di Xena,
le urlava che era necessario avvertire immediatamente l’imperatore,
così non riuscendo a dormire, la guerriera si alzò silenziosa
dal letto e andò ad affacciarsi al balcone della sua camera.
Tutto era nero lì fuori, eppure quella oscurità aveva
favorito la sua meditazione: sapeva quale era la cosa giusta da fare
ora. Inspirò una boccata di aria salubre e pungente, poi tornò
nella stanza, sospirò e si mise i calzari, poi controllando
che Olimpia dormisse profondamente, sgusciò con passo felpato
fuori dalla stanza, richiudendo delicatamente la porta dietro di lei.
La porta della sala del trono si aprì con violenza, Adriano
vide la principessa guerriera entrare risoluta e dirigersi verso di
lui. - Buonasera Xena! Non riuscivi a dormire? - le chiese trovando
un po’ strano vedersi la guerriera nella sala del trono a quell’ora
di notte. - Vedo che non sei solo! - esclamò Xena poggiando
lo sguardo su Antinoo che era seduto vicino a lui alla scrivania.
- Ehm…Stavamo giocando a dadi per trascorrere un po’ di
tempo… - si giustificò Adriano con ancora i segni di
un vistoso succhiotto sul collo. - Lo vedo! - disse Xena fissando
quel livido violaceo. Poi riprese brusca: - Fallo uscire! - disse
indicando Antinoo. - E perché dovrei! - si ribellò l’imperatore.
- Fallo uscire per favore! - disse nuovamente Xena invitandolo ad
obbedire. Adriano guardò Xena negli occhi e capì che
la donna doveva parlargli di una cosa molto seria, d’altronde
se non fosse stato così non si sarebbe presa lo scomodo di
recarsi nella sala dei pilastri dorici a notte fonda. Adriano si voltò
quindi verso il giovane e disse: - Va Antinoo, aspettami in camera!
- - Ma… - obiettò il ragazzo. - Fa come il tuo imperatore
ti ordina! - tuonò maestoso l’uomo, e il ragazzo ubbidendo,
suo malgrado uscì.
- Allora, cosa c’è di tanto importante? - chiese poi
seccato l’imperatore, giocherellando con uno dei dadi. - Senti,
non so a te quanto interessi questa cosa, visto che non ne sembri
minimamente turbato, ma ora devi starmi a sentire, o sarà peggio
per te! - parlò nervosa Xena sequestrandogli letteralmente
il dado con cui giocava. Poi continuò alterata: - Ci sono ottime
probabilità che il senato stia congiurando contro di te, e
tu che fai? Ti vai a fare una gita sul Nilo! Ma dico sei uscito fuori
di senno?? - - E chi starebbe congiurando contro di me! - replicò
Adriano come se finalmente stesse prendendo coscienza del pericolo
incombente. - Non posso dirtelo ancora adesso, non posso accusare
gente se non ho prove necessarie! - parlò Xena - E allora come
fai ad esserne così certa? - domandò l’imperatore
- Le prove te le fornirò presto, ma stami a sentire: tu e le
persone che ti sono care siete in grave pericolo, annulla questa ricognizione
in Egitto! - constatò Xena - Non posso Xena, devo aiutare le
colonie egiziane a tenere a freno i Cartaginesi che hanno mire espansionistiche
sul loro territorio; inoltre devo censire le province del mio impero!
- spiegò Adriano. - Ma così facendo ti esporrai inutilmente!
- tuonò la guerriera. - Devo rischiare! - continuò ottusamente
l’uomo. - Adriano ragiona per favore, a Roma sei noto per la
tua giustizia e la tua intelligenza, come saresti giudicato se permettessi
che accadesse qualcosa ai tuoi cari? I romani si sentirebbero ancora
sicuri nel tuo regno? Non commettere un errore di cui potresti pentirti
per tutta la vita! - - Xena, dimentichi che io mi so difendere benissimo
da solo! - continuò con un briciolo di presunzione l’imperatore.
Xena esasperata lo prese per la tunica e lo scaraventò sulla
scrivania, facendo cadere alcune boccette di inchiostro, qualche rotolo
di pergamena ed una penna d’oca: - Non lo metto in dubbio, ma
chi difenderà tutta la gente che porterai con te in Egitto?
E chi difenderà tutta la gente che invece rimarrà qui
a Villa Adriana? I senatori hanno molti adepti! - disse con veemenza.
Poi lasciò andare la presa e l’imperatore si poté
permettere di nuovo di raddrizzare la schiena. - Quello che avevo
da dirti te l’ho detto! Buona serata! - concluse Xena e andò
via sbattendo il dado che aveva in mano così forte sulla scrivania
da fracassarlo.
Dopo una notte
insonne trascorsa a meditare su quanto Xena gli aveva detto, l’imperatore
convenne che la principessa guerriera aveva perfettamente ragione…
non poteva mettere a repentaglio la vita dei suoi cari: censire l’impero
era un suo dovere, ma anche salvaguardare la sua famiglia era un suo
dovere.
Il mattino seguente nonostante la pioggia battente e l’improvviso
freddo abbattutosi su Villa Adriana, Adriano lasciò di buon
ora la sua camera per dirigersi verso la sala dei filosofi entro la
quale vi trovò Cabria. - Buongiorno imperatore! - esclamò
l’uomo avvolto in una tunica violetta, sollevando la testa da
un libro che stava leggendo.
- Buongiorno a te Cabria! - salutò a sua volta l’imperatore.
- Che giornataccia, visto? L’ideale per rintanarsi qui e leggere
un po’ di Platone! - parlò sorridendo l’ometto.
- Già…- rispose distratto l’imperatore guardando
la pioggia battente cadere nel fossato circolare del Teatro Marittimo;
sospirò, quindi riprese a parlare: - Ma oggi non c’è
tempo per parlare di filosofia amico mio! Anzi ho un favore da chiederti:
raduna nel giro del più breve tempo possibile Ermogene, Antinoo,
Lucio e i pretoriani, Xena ed Olimpia… devo dirvi una cosa importante!
- senza farselo ripetere due volte Cabria obbedì lasciando
il libro che stava leggendo, ancora aperto sul tavolo. Adriano vi
si avvicinò e prese a leggere sottovoce la stessa pagina che
poco prima aveva letto l’amico: - L'anima, essendo immortale,
preesiste al corpo degli uomini e conosce il mondo eterno delle idee.
Vivendo nel mondo delle idee, conosce la verità, ma quando
si incarna in un corpo, in un ente terreno, essa non è più
anima assoluta, ma è anima partecipante all'ente, ovvero è
parte dell'anima assoluta. Per questo l'anima dell' uomo, giunta nel
mondo sensibile, non è più in grado di ricordare la
visione del mondo delle idee perché non è più
se stessa interamente. L'anima può porre termine al ciclo di
reincarnazioni quando trova la forza di liberarsi completamente da
ogni giogo terreno: il corpo è per essa una gabbia, la tendenza
naturale dell'anima infatti, è quella di ascendere verso la
spiritualità pura, il fine ultimo di ogni autentico sapiente…
- Chiuse il libro e lo prese in mano per riporlo sorridendo: - “Quanta
verità c’è nelle parole di Platone!”
- pensò.
Ma i suoi pensieri furono interrotti quando il pesante portone della
sala dei filosofi si riaprì per farvi entrare le persone da
lui convocate. Adriano squadrò uno per uno i presenti, poi
soffermando lo sguardo su Xena cominciò a parlare: - Carissimi
amici, vi ho convocato per prendere una decisione con voi! - si arrestò
un attimo come per trovare le parole che gli mancavano, dunque riprese:
- Mi giungono voci che è stata ordita una congiura nei miei
confronti, un complotto che potrebbe costare la vita a me o ai miei
cari… Ma voi sapete quanto importante sia la ricognizione in
Egitto per rinnovare la nostra alleanza con un popolo dalle grandi
tradizioni, che ci rifornisce anche ottimi prodotti, per cui questo
viaggio bisogna compierlo comunque. Coloro che decideranno di venire
con me, non avranno vita facile, dovranno stare attenti della loro
stessa ombra ed aiutare quanto più possibile gli altri…Non
sarà un’impresa facile, per questo adesso voglio solo
volontari; chiunque di voi non se la sentisse di seguirmi, lo dica
pure liberamente: non sarà affatto biasimato! - concluse l’imperatore.
Il silenzio e la tensione calarono tra i presenti, che solo in seguito
cominciarono a parlottare tra di loro valutando i pro e i contro della
missione. - Io vengo con te! - esclamò ad un tratto Antinoo
ossessionato dalla profezia; in una situazione del genere non voleva
assolutamente lasciare da solo il suo imperatore. - Anche io vengo
Adriano! - gli fece coro Cabria sorridendo generosamente all’uomo
poggiato sul tavolo. - Io sono con te mio imperatore! - tuonò
Lucio Calpurnio battendosi una mano sul petto e innalzandola in alto.
-“Bugiardo!” - pensò tra se e se Olimpia
guardando disgustata la sua pantomima. - Ermogene, credo che tu sia
l’unico che debba venire per forza amico caro! - sorrise bonario
l’imperatore al medico che rispose: - Vi servirà un buon
medico a bordo! - - Anche io verrò con te imperatore! - parlò
Sergio, - Anche io! - si aggiunse Polite. - E io! - annunciò
Fabio. - Anche io verrò! - ultimò Severo. Xena osservava
immobile la scena, e le parve di vedere che Calpurnio e alcuni degli
uomini si scambiassero cenni di intesa. - Sono quelli i soldati indisciplinati?
- domandò poi sottovoce ad Olimpia, avvicinandosi al suo orecchio.
- Si… - le confermò l’altra in un bisbiglio. -
Anche noi verremo con te! - parlarono i pretoriani Milone, Cimno,
Celso e Sila. All’appello ora mancavano solo tre pretoriani
e le due guerriere. Adriano guardò dalla loro parte, poi uno
dei tre prese parola: - Mio imperatore… io ho una madre vecchia
e malata e sono il solo a poterla accudire cosa accadrà se
muoio in battaglia? - disse Valerio tirandosi indietro. A lui si accodò
anche un altro soldato:
- Io invece ho una moglie incinta, non vorrei rendere il mio bambino
orfano di padre prima ancora che nasca… - continuò Varrone.
- Io… io… non vedo bene mio imperatore, sono quasi cieco!
- scoppiò a piangere il terzo e più vecchio dei tre
soldati: Siconio. - Bene, allora il nostro gruppo è completo,
e si ferma a tredici persone! - ultimò Adriano, non tenendo
conto della decisione di Xena ed Olimpia, ma anzi prendendo parola
e dicendo: - Naturalmente Xena ed Olimpia, non voglio che voi veniate!
- - E per quale assurdo motivo? - gli chiese incredula Olimpia. L’imperatore
fissò le due guerriere, e fu colto da un tuffo al cuore: non
voleva rischiare la loro vita: se un imperatore moriva se ne faceva
un altro, ma se fossero morte Xena ed Olimpia il mondo come avrebbe
fatto?
Quindi ripeté: - Non ho bisogno del vostro aiuto! Il mio è
un ordine e se no n lo eseguite vi faccio mettere ai ceppi! - Xena
lo fissò colma di rancore dicendo all’amica: - Bastardo!
Ci ha tagliate fuori! - Quindi sia lei che la compagna uscirono sbattendo
la porta.
- Ah, ma se crede di avermi messo fuori gioco si sbaglia quell’idiota!
- disse stizzita Xena tormentandosi le nocche delle mani le une contro
le altre.
- E cosa vorresti fare? - chiese Olimpia. - Andare con loro ad Ostia!
- dichiarò serafica Xena.
- Hai sentito che se ci azzardiamo a trasgredire l’ordine verremo
messe ai ceppi? - le fece notare la barda. - E da quando in qua noi
impavide guerriere ubbidiamo agli ordini di un imperatore? - constatò
Xena strizzandole l’occhio; le due si guardarono, Olimpia le
sorrise poi rispose: - Già! Quando mai! -
Mentre entrambe ridacchiavano si imbatterono nel giovane Marco Aurelio,
che girovagava tutto allarmato per i corridoi e chiese loro: - Cosa
sta succedendo? - - Nulla Marco! Assolutamente nulla! - lo rassicurò
Olimpia credendo che non fosse il caso di coinvolgere ulteriori persone
in questa storia, ma il giovane non ne parve convinto. Xena lo squadrò
da capo a piedi, notando che era un ragazzetto smilzo e ossuto con
il volto ricoperto di foruncoli, ma trasudava enorme coraggio e sangue
freddo; decise quindi che di lui si poteva fidare, d’altronde
non aveva altra scelta, quindi pensando al pericolo incombente anche
su quel luogo ponderò le parole e disse: - Marco, devi farmi
un’enorme cortesia: Devi correre subito a Roma, e dire al generale
Antonino Pio di presiedere Villa Adriana con alcuni dei suoi uomini!
- - Ma Xena cosa… - -Non fare domande Marco, esegui l’ordine
e basta! - Marco si apprestò ad andare, ma Xena lo fermò
nuovamente: - Digli inoltre che se vede aggirarsi da queste parti
i senatori che abbiamo seguito deve rinchiuderli nella sala dei filosofi!
- disse inoltre, ricordandosi che quella sala era provvista di alto
matroneo che sarebbe potuto sicuramente servire in caso di emergenza.
Il ragazzo annuì e sospirando andò via.
La sera soggiunse presto portando con se ansia e dubbi sulla missione
che l’indomani mattina avrebbe aspettato l’imperatore
ed il suo seguito.
CAPITOLO
4
Era il “conticinum”
quando Xena si svegliò di soprassalto, turbata da sogni agitatissimi.
La stanza dove giacevano lei ed Olimpia era avvolta nella penombra,
un solo pallido raggio lunare filtrava attraverso l’immobile
tenda e si posava sul corpo candido ed addormentato della amica. Fuori
era tutto avvolto nell’oscurità; la guerriera cercò
di asciugarsi la fronte madida di sudore, per poi voltarsi su di un
lato e continuare quantomeno a riposare, ma il suo cervello era già
in azione e macinava idee su idee su come incastrare i congiuranti,
finché si rese conto che quello era il fatidico giorno della
partenza di Adriano per l’Egitto. Con uno scatto repentino e
violento balzò giù dal letto, si rimise l’armatura
e le protezioni, poi si avvicinò cercando di svegliare la sua
compagna: - Amore, forza amore, sveglia! - le sussurrò lentamente
nell’orecchio, ma non ottenne risposta alcuna. - Forza Olimpia,
non possiamo permetterci di arrivare tardi! - continuò con
maggiore intraprendenza.
- Mhm… Xena… arrivare dove? - chiese la barda ancora addormentata.
- Al porto! - esclamò Xena. - Oh no amore non ho voglia adesso
di fare la crociera sul Mediterraneo che mi hai promesso! - rispose
con ancora la voce impastata dal sonno e gli occhi serrati. - Ma sentila
un po’! E quando te l’avrei promessa questa fantomatica
crociera? - le chiese Xena prendendola in giro, ben sapendo che Olimpia
fingeva di dormire. - Ad ogni modo non importa, vorrà dire
che andrò ad imbarcarmi da sola per aiutare Adriano! - parlò
Xena con falsa noncuranza, mentre si accingeva ad aprire la porta.
- Ehi, aspetta! Dove vai? Dobbiamo andarci insieme! - disse agitata
Olimpia che scattò giù dal letto e si rivestì
alla velocità della luce. Xena sorrise sornione, certa che
in quel modo avrebbe dato una scossa alla sua donna. Infatti pochi
istanti dopo furono già in sella ai loro cavalli alla volta
di Ostia. - Scusa Xena ma se hai raccontato tutto ad Adriano, non
potevi raccontargli anche di Lucio Calpurnio? - urlò quasi
Olimpia mentre si reggeva salda al cavallo e il vento le scompigliava
i capelli. - No Olimpia, devo cogliere Lucio Calpurnio di sorpresa!
- le spiegò Xena che era ormai molti passi davanti a lei.
- E come hai intenzione di incastrarlo? - domandò nuovamente
Olimpia. - Non lo so, ma un modo lo troverò! - - “Eh,
perfetto, ancora non lo sa!” - parlò sottovoce Olimpia
che aggiunse: - Speriamo tu lo trovi in fretta! Accidenti, quanto
dista ancora Ostia? - constatò notando solo allora che fuori
era ancora buio - Arriveremo verso il diluculum se andiamo a passo
spedito… - concluse Xena. - Il diluculum? Ho così tanto
sonno che mi addormenterei all’istante! - borbottò Olimpia
sbadigliando.
Le due guerriere trascorsero il resto del viaggio fino ad Ostia in
silenzio, colte un po’ alla sprovvista dalla stanchezza, ma
riuscirono ad arrivare ugualmente ad Ostia prima dell’imperatore,
così come Xena aveva previsto.
Le prime luci dell’alba cominciarono a riflettersi sul mare
placido, tingendolo di una strana patina giallastra in superficie;
il porto cominciava ad animarsi di nuovo, sopraggiungevano infatti
le prime navi di pescatori che rientravano dopo una nottata di pesca
con le reti colme di grossi pesci dorati e luccicanti, le prime imbarcazioni
di mercanti lasciavano il porto alla volta di terre esotiche dalle
quali importare ogni sorta di prodotto, altre navi erano ormeggiate
con sopra alcuni schiavi che le tiravano a lucido. Girando girando,
Xena ed Olimpia scovarono la darsena entro cui sostavano le navi della
flotta imperiale. Si avvicinarono lentamente a queste, notando che
sulla Poseidonia, la nave ammiraglia, alcuni marinai stavano caricando
delle casse contenenti ogni sorta di provviste, delle armi, delle
cime e delle mappe di navigazione. - E’ su quella che dobbiamo
salire! - parlò frenetica Xena indicando la nave ad Olimpia
con un dito. - E tu che ne sai? - rispose Olimpia. - Quella è
la nave ammiraglia della flotta imperiale. E’ la più
veloce e leggera di tutte, è una trireme che scivola via sull’acqua,
in poco tempo saremo in Egitto! - incalzò Xena. - Non che io
ne abbia particolarmente voglia! - sbuffò Olimpia. - Vuoi aiutare
Adriano si o no? - rimbrottò Xena. - Ma certo che lo voglio!
- - Allora convieni con me che è necessario andare in Egitto!
- continuò Xena. - Ma si, dico solo che per me non è
facile tornare in Egitto! - sospirò Olimpia. - Devi vincerla
questa paura dell’Egitto Olimpia, altrimenti non potrai mai
godere a pieno delle bellezze di quella terra! - la rimproverò
Xena - Bellezze dici? Peccato che a me abbia portato solo dolore!
- si lamentò la barda - Certo, tu hai problema con quella terra,
perché è là che hai sofferto di più, ma
mica l’Egitto è solo Antonio o Yodoshi! - la ammonì
dolcemente Xena, per poi continuare: - Sforzati di vedere le cose
sotto un’altra prospettiva, altrimenti soffrirai per tutto il
viaggio, ma soprattutto cerca di ricordare che io sono qui! E che
non stai portando le mie ceneri da nessuna parte! - concluse Xena
rivangando l’episodio della sua morte in Giappone. - E’
vero… - constatò Olimpia. - Forza adesso, troviamo una
stalla per i cavalli e imbarchiamoci prima che Adriano metta piede
sulla nave! - disse Xena poggiandole amorevolmente la mano sulla spalla
come segno di incoraggiamento. - Si, tra poco sarà l’
hora prima e tutti quelli che devono imbarcarsi saranno qui…
- constatò Olimpia squadrando il cielo per vedere ad occhio
e croce quale fosse l’orario. - Parlami dei soldati indisciplinati
che hanno destato i tuoi sospetti! - le disse poi Xena mentre si avviavano
verso una stalla poco distante dalla darsena.
L’ hora prima giunse presto, e le guerriere riuscirono a nascondersi
sulla nave giusto un attimo prima che Adriano e il suo seguito arrivasse
al porto.
Mentre chiacchieravano a bassa voce fra di loro a causa dell’eccessiva
somma di denaro pretesa dallo stalliere per accudire i loro cavalli,
Xena scorse in lontananza il drappello di uomini che giungeva lentamente
alla nave. - Ecco Adriano! - disse Xena, ed entrambe scesero a nascondersi
sotto coperta per uscire al momento opportuno.
- Abbiamo caricato tutto quello da lei richiesto divino imperatore!
- dissero i marinai facendo un profondo inchino al sovrano. - Perfetto!
- osservò Adriano iniziando a salire a rilento sul pontile
della nave. - I rematori dove sono? - chiese Antinoo imbarcandosi
impaziente di ritornare per un po’ nella sua terra, sebbene
afflitto dal terribile destino che lo aspettava. - Stanno per arrivare!
- Tra due primi in punto partirete! - parlò nuovamente il marinaio.
Senza ulteriori complicazioni, in due primi salirono a bordo tutti
i rematori e gli uomini dell’imperatore; solo Adriano in veste
rossa e dorata si attardava sulla passerella di poppa scrutando l’orizzonte
caliginoso. - Cosa guardi? - gli chiese Cabria avvicinandosi silenzioso,
iniziando a guardare anch’egli in direzione dell’imperatore.
- Niente… - sospirò Adriano. - Non verranno, datti pace!
- continuò l’uomo riferendosi a Xena ed Olimpia, ben
sapendo che il suo imperatore era già pentito di aver trattato
le due donne nel modo in cui le aveva trattate la mattina precedente.
- Scusami se te lo dico, ma non puoi pretendere di trattare le persone
con ostinata freddezza senza un motivo preciso, e poi sperare vivamente
che arrivino giusto in tempo per la partenza. Secondo me, escluderle
dalla spedizione è stata una mossa avventata da parte tua!
- si sfogò l’amico stringendosi nella tunica verde a
causa della brezza che si stava alzando. - Ma non capisci che già
ho abbastanza preoccupazione per tutti voi? Xena ed Olimpia non meritano
di finire vittime di una congiura ai miei danni, hanno ancora tanto
bene da fare al mondo! - si sfogò a sua volta Adriano, rivelando
i veri motivi dell’esclusione delle due. - Hai presente di chi
stai parlando Adriano? Ci riferiamo a Xena di Anfipoli e Olimpia di
Potidea! Le hai lette anche tu le pergamene sulle loro gesta! Hanno
sfidato la morte tante volte e ne sono sempre uscite incolumi! - lo
rimproverò Cabria. - Si, ma non si può continuare a
prendersi gioco del destino! - osservò Adriano ripensando a
quella volta che per liberarsi dalla morsa della principessa guerriera,
dovette usarle contro un ricordo particolarmente doloroso. - Si, ma
tu non sei nessuno per poter decidere del loro destino! - lo ammonì
nuovamente Cabria per poi continuare: - Lascia che te lo dica: loro
sanno difendersi meglio di tutti noi messi insieme su questa nave!
- Adriano sospirò dicendo : - Non mi aspetto che tu comprenda
i miei gesti, tantomeno che gli approvi… - - Certo, perché
quando non ti conviene sei sempre pronto ad impartire ordini tu, vero?
E il risultato qual è? Che a causa della tua testardaggine
Xena ed Olimpia non potranno darci manforte, perché se anche
solo avessero la brillante idea di aiutarci, per loro sarebbero già
pronti i ceppi! - parlò stizzito l’ometto alzando la
voce. Solo in quel momento Cabria e Adriano si accorsero che accanto
a loro si era fermato Lucio Calpurnio, che aveva udito il battibecco.
Adriano fissò il suo sguardo in quello prepotente del soldato
e gli chiese: - Cosa c’è Calpurnio, qualcosa non va?
- - Non maestà, in verità volevo domandare la stessa
cosa a te! - parlò con tono preoccupato per poi continuare:
- Cabria ti infastidisce? - - Non è affar tuo Calpurnio! Torna
ad allenarti coi tuoi uomini in caso ci fosse bisogno! - gli disse
sprezzante l’imperatore, indicandogli con lo sguardo i pretoriani
che già avevano cominciato il loro allenamento; poi si voltò
più accomodante verso Cabria dicendogli: - Vieni, andiamo via.
Non abbiamo motivo di rimanere quassù! - I due si sistemarono
accanto al timoniere; dalla posizione in cui si trovava, Adriano poteva
osservare il suo giovinetto con la candida tunica svolazzante, prendere
un po’ d’aria fresca appoggiato al parapetto della nave;
solo in quell’istante notò che Antinoo non aveva con
se il falcone, ma non ci prestò molta attenzione, d’altronde
anche Lupa era rimasta a casa. - Io scendo sotto coperta Adriano,
ho da sistemare alcune cose nella mia cabina… se mi vuoi, mandami
a chiamare! - disse Cabria apprestandosi a scendere la scaletta. -
Ah Cabria! - lo fermò l’imperatore: - Per favore, senza
far trapelare la mia decisione, metti due dei pretoriani come scorta
ad Antinoo… non mi sento affatto sicuro! - continuò.
- Come comandi imperatore! Lo dirò a Sergio e Milone…
- concluse ossequioso Cabria sparendo lentamente sotto coperta. Qualche
istante dopo anche Antinoo discese sotto coperta.
Non avendo trovato
niente di meglio da fare per ammazzare il tempo, Antinoo decise di
aiutare Cabria a sistemare dei libri in alcuni rudimentali scaffali
della cabina, ricavati dall’inserimento di listelli di legno
in fori lungo le pareti.
- Di cosa parlavate tu ed Adriano sul pontile? - chiese curioso il
giovane aprendo un grosso baule pieno di libri. - Diciamo che gli
ho fatto presente che non ho approvato il comportamento che ha adottato
nei confronti di Xena ed Olimpia… - rispose l’uomo sollevando
il baule con i propri miseri affetti personali.
- In effetti non è stato il massimo della cortesia, e questo
è davvero strano da parte sua! - notò pensieroso Antinoo.
- Forse era solo preoccupato per la sorte di Xena ed Olimpia…
- aggiunse Cabria spiegando una delle sue tuniche appena prese dal
baule.
- Beh, è pur sempre di due donne quasi leggendarie che si sta
parlando… credo che se la sappiano cavare molto bene invece…
- constatò il giovane.
Mentre erano ancora indaffarati a sistemare l’angusto posto,
i due sentirono un rumore sospetto provenire dal di sotto del piccolo
giaciglio ubicato in fondo alla cabina, ed enormemente spaventati
si portarono lungo la parete opposta. - Chi va là! - sibilò
Cabria credendo che qualcuno dei congiurni li avesse raggiunti. Antinoo
nel frattempo allungò impaurito il braccio, prese un piccolo
campanello appoggiato sulla finestra dell’oblò, e cominciò
ad agitarlo forte. - In breve tempo i pretoriani saranno qua! Vi conviene
uscire allo scoperto! - disse poi il giovane. Dopo una breve sequenza
di tintinnii e cigolii, le due guerriere, rimaste nascoste fino a
quel momento uscirono allo scoperto. - Xena, Olimpia! - esclamò
gioioso Cabria nel rivederle proprio su quella nave, in quella circostanza.
- Cosa ci fate qua! - continuò Antinoo sorpreso. - Credevate
davvero che ci saremmo perse questo momento? - chiese Olimpia guardando
sorridente i suoi interlocutori. - Che felicità rivedervi!
- esclamò quasi commosso Cabria, la cui emozione lasciò
presto posto allo sgomento quando realizzò che di lì
a poco i pretoriani li avrebbero trovati ed avrebbero arrestato le
due guerriere per aver trasgredito gli ordini dell’imperatore.
- Non preoccupatevi, lasciate che le guardie ci prendano, lasceremo
decidere ad Adriano la nostra sorte! - disse speranzosa Xena rammentando
le parole pronunciate da Cabria poco prima: - “Forse era
solo preoccupato per la sorte di Xena ed Olimpia…”
- poi sussurrò all’orecchio di Olimpia: - Amore, quando
verranno non fare resistenza… confido nella clemenza di Adriano,
andrà tutto bene! - - Ne sono sicura Xena, sta tranquilla!
- le parlò con un dolcissimo sorriso la barda. - Scusatemi,
mi dispiace aver suon… - disse Antinoo, ma non riuscì
neppure a finire la frase che i pretoriani aprirono con violenza la
porta. Lucio Calpurnio si affacciò all’interno della
camera e poté vedere con i suoi stessi occhi perché
era stato chiamato. - Arrestatele! - ordinò Calpurnio indicando
le donne ai suoi uomini, e subito Sila e Cimno legarono i stretti
i polsi delle guerriere che non opposero resistenza, con robuste corde.
- Hanno diritto ad un giudizio, non puoi metterle ai ceppi senza una
sentenza! - parlò Antinoo frapponendosi tra i soldati e le
guerriere. - Togliti di mezzo moccioso bitino! - gli disse Calpurnio
spostandolo in malo modo. - Lucio! Sai bene come funziona la legge:
portale a cospetto di Adriano! - intervenne invece Cabria reggendo
il gioco alle guerriere. - Con sommo piacere! Per la prima vola in
vita tua hai avuto una buona idea! - disse con superbia Lucio offendendo
l’uomo.
- “Che strano, come osa Calpurnio rivolgersi così
ai suoi superiori? Sono sempre più convinta che anche lui ha
preso parte al disegno di annientamento dell’ imperatore…”
- meditò Xena.
- Conducetele fuori! - Si rivolse poi ai subalterni il capo delle
guardie. I cinque attraversarono lo stretto corridoio impregnato di
aroma di legno di cedro, lo stesso con cui era stata costruita la
liburna, quindi Calpurnio parlò nuovamente rivolto alle guerriere:
- Non attendevo altro che togliervi dai piedi! - sorrise sardonico.
- Credi che io non sappia di te? Ride bene chi ride ultimo Calpurnio
ricordatelo! - sorrise beffarda Xena.
Appena furono all’aperto, il sole accecò per un attimo
gli occhi delle guerriere che si erano nel frattempo abituati alla
penombra della coperta. Lucio Calpurnio intanto, le portò al
cospetto dell’imperatore che fu molto sorpreso di vederle, tanto
da stamparsi un sorriso ebete sul volto.
- Mio imperatore, se non erro queste donne vanno messe ai ceppi! Hanno
appena trasgredito un tuo ordine, la legge è chiara: bisogna
punirle! - parlò disinvolto, quasi sollevato per essersi tolto
quell’invadente peso Calpurnio. Adriano non smise di fissare
le guerriere, passando il suo sguardo prima sull’una, poi sull’altra;
appena si fu ripreso dalla sorpresa disse incredulo: - Come avete
fatto a raggiungerci? - - In realtà siete voi che avete raggiunto
noi, io ed Olimpia eravamo già sulla nave nel momento in cui
vi siete imbarcati! - espose brevemente Xena. - Adriano scosse la
testa divertito: - Sei molto furba principessa guerriera! Ora capisco
perché i romani hanno avuto filo da torcere con te! - disse
sereno. Egli non riusciva ad essere minimamente arrabbiato con le
due, in fondo avrebbe voluto averle a bordo fin dall’inizio,
quale occasione migliore di quella per far capire alle guerriere che
era felice di averle al suo fianco?
L’imperatore rifletté un istante poi disse: - Calpurnio:
slegale!! - - Ma mio imperatore… - obiettò il soldato,
Adriano sfoderò la spada brandendo l’elsa aurea e lucida,
si avvicinò pericolosamente al viso dell’uomo poi disse:
- E’ un ordine! Obbedisci!! - Il capo dei pretoriani a malincuore
fece cenno ai due soldati di lasciare libere le prigioniere; quindi
Adriano continuò autoritario: - Esigo che tu tratti queste
donne con rispetto! D’ora in poi se si renderà necessario
prenderai ordini anche da loro! - - Ma mio signor… - contestò
il soldato. - Niente ma: è un ordine! E se non esegui dico
ai tuoi pretoriani di metterti ai ceppi! - lo minacciò l’imperatore
- E va bene! - sbottò l’uomo che facendo un segno di
ritirata ai suoi uomini andò via umiliato, sotto lo scroscio
di risate di Xena ed Olimpia. - Te l’avevo detto Calpurnio:
ride bene chi ride ultimo; tra noi finisce qui! - si burlò
di lui Xena, dandogli una pacca sulle spalle.
Il sole stava
tramontando, portando a conclusione il primo giorno di viaggio sulla
nave. Come sempre le capitava nei suoi viaggi in mare, Olimpia non
si sentiva tanto bene, così si affacciò al parapetto
della barca, cercando di prendere quanta più aria fresca possibile
per non vomitare. Xena le era accanto, premendole quando proprio non
ce la faceva più, dei punti nevralgici sui polsi per placare
il suo mal di mare.
- Accidenti, come mai non mi è successo quando sono andata
in Egitto con le tue ceneri? - chiese nauseata la barda. - Io credo
che avevi altro a cui pensare, tesoro… - le spiegò Xena
fissandola negli occhi, temendo di risvegliare in lei un tristissimo
ricordo. - Già…credo tu abbia ragione! - le sorrise Olimpia;
Xena la abbracciò, e mettendole una mano nei capelli, le scompigliò
la folta chioma dorata.
- Ehm…Scusate se interrompo questo momento di intimità
fra di voi… - parlò un voce alle loro spalle. Le due
si divincolarono dall’abbraccio e voltandosi videro l’imperatore
che le sorrideva bonario, accompagnato dal suo giovane Antinoo.
Le due sorrisero a loro volta, poi Adriano continuò a parlare:
- Io volevo scusarmi con voi per l’atteggiamento scortese che
ho assunto l’altra mattina… Sono stato uno stupido, solo
dopo ho capito il valore di avere anche voi al mio fianco, e…
- l’imperatore diventò rosso dalla vergogna: quanto era
difficile chiedere scusa specialmente se chi doveva farlo era l’uomo
più potente del mondo; Xena cogliendo al volo il suo disagio,
troncò subito dicendo: - Non è necessario che tu ci
porga scuse a profusione! Capisco le tue intenzioni, ma noi sappiamo
difenderci benissimo, quindi semmai ci sarà una prossima volta
in cui combatteremo fianco a fianco, ricordati gentilmente, di non
escluderci! - così dicendo puntellò ripetutamente con
il dito sul petto dell’imperatore. - Oh ma certo, lo ricorderò:
Io sono solo un imperatore, un residuo di cloaca paragonato alle guerriere
più valorose del mondo! - incalzò l’imperatore
accogliendo lo scherzo di Xena, ed i quattro sorrisero di gusto; l’unico
a non essere contento dell’armonia instauratasi tra i quattro,
una volta superata l’iniziale fase di reciproco rancore, fu
Lucio Calpurnio, i cui piani di congiura stavano lentamente andando
a rotoli; - “Se sbaglio stavolta Licinio e Popidio mi tortureranno
dandomi in pasto alle murene, altro che ceppi!” - pensò
tra se e se, lanciando occhiate colme di odio all’allegro gruppetto.
- Devo sbrigarmi a colpire l’imperatore, in fondo di me si fida…
mi sarà sicuramente più facile rispetto che ai miei
uomini avvicinarlo… a meno che… - disse a bassa voce soffermando
con maggiore attenzione il suo sguardo su uno dei quattro in particolare,
e una risata malvagia gli si dipinse sul volto: forse aveva avuto
una grande intuizione.
Il bruno cielo stellato si rifletteva nell’acqua increspata
del mare. Era calata la notte, e tutti i naviganti provvidero a sistemarsi
nelle proprie cabine per riposare. Anche la marcia della nave era
rallentata, molti dei rematori infatti, dopo una giornata di intensa
fatica si fermarono per rifocillarsi e riposare i muscoli ormai indolenziti
delle braccia. Xena ed Olimpia percepirono nitidamente la decelerazione
della nave dall’interno della loro cabina, entro cui si apprestavano
a consumare una frugale cena a base di noci, formaggio e pere. Durante
il loro pasto continuarono a farsi delle grasse risate alle spalle
di Calpurnio, poi Xena esordì seria dicendo: - Comunque sono
sempre più convinta che Calpurnio sia l’esecutore materiale
della congiura… E’ stato messo alle strette… Agirà
presto, è solo questione di tempo! - - Hai visto come era contento
all’idea che l’imperatore ci mettesse ai ceppi? - intervenne
Olimpia.
- Eh già! Comunque saresti contenta anche tu se ti servissero
su un piatto d’argento un modo facile e comodo per sbarazzarsi
dei seccatori! - constatò Xena. - Ma non parliamo di lavoro
stasera, ho voglia di stare un po’ insieme a te… - aggiunse
la guerriera, togliendole dalle mani il coltello con cui stava sbucciando
la pera, per poi sigillarle le labbra con un tenero bacio. - Tu mi
stai provocando principessa guerriera, vero? - sorrise maliziosa Olimpia
- Merito una ricompensa… ti ho portato a fare la crociera che
desideravi! - constatò seria Xena sollevando il sopracciglio
sinistro.
- Ah, ti meriti una ricompensa? E sentiamo cosa devo offrirti? - le
schiacciò l’occhio Olimpia, alzandosi dallo sgabello
e prendendola per mano. - Cosa hai intenzione di fare? - sussurrò
la guerriera alzandosi a sua volta per abbracciarla da dietro. Le
braccia di Xena si avvolsero attorno ai fianchi della sua barda, che
premette stretta contro si se, poi alzò le mani poggiandole
entrambe a coppa sui seni di Olimpia:
- Stasera la matrona sei tu! - disse poi mordendole l’orecchio,
mentre alludeva ad un giochino che spesso facevano nella loro intimità.
- Allora sarai mia schiava per una sera! - rispose la barda liberandosi
dalla presa; si avvicinò quindi al giaciglio e vi spinse la
principessa guerriera sopra. Le due si baciarono con fremente passione:
mentre Olimpia sfilava l’armatura alla amica, le mani esperte
di Xena esploravano ogni centimetro della sua pelle; in seguito Olimpia
si mise cavalcioni su di lei e data la posizione, spense con non poca
difficoltà, la lucerna sul giaciglio. Le due, i cui corpi congiunti,
erano illuminati a tratti dalla luna che filtrava dall’oblò,
si amarono per tutta la notte, mentre il lento e costante dondolio
della nave dava loro un ulteriore stimolo per continuare a volersi.