Olimpia parlò
più a lungo con Antinoo e scoprì di avere tanti interessi
in comune con il giovane egiziano: entrambi amavano molto la letteratura,
la musica e la poesia.
Verso metà pranzo, le guerriere avevano già le pance
più che piene, e guardavano con sempre crescente nausea tutte
le pietanze che ancora gli schiavi servivano in tavola su vassoi d’argento
lunghi e stracolmi. Il troppo cibo a cui non erano abituate, annaffiato
da fiumi di falerno rosso, causò loro un forte mal di testa;
nacque quindi in loro uno smodato desiderio di riposo, ma prima di
ritirarsi nella loro stanza, Cabria volle far soffermare la loro attenzione
su alcuni dei presenti: - Lo vedete quello laggiù in tunica
bianca con gli orli dorati? - parlò dal triclinio accanto al
loro - Si, chi è? - chiese Olimpia curiosa. - Quello è
Tito Popidio, un senatore molto influente! - rispose loro Cabria.
- Suppongo che anche l’uomo in tunica verde e quello in tunica
ocra siano senatori… - appurò Xena. - Si, quelli sono
Marco Quintilio e Publio Valeriano. Sono diventati senatori da poco!
- spiegò Cabria. - Quello deve essere il capo dei soldati pretoriani?
- continuò Xena additando un uomo alto, robusto e barbuto,
con un’armatura dorata su un vestito rosso scarlatto, e una
spada infoderata nella cintola. - Esattamente, si tratta di Lucio
Calpurnio! Un uomo rude e brutale… - esplicò ancora Cabria.
- Già, non ha proprio un aspetto caloroso e cordiale! - sorrise
Olimpia. - Cabria! Finiscila di tediare le nostre illustri ospiti
con le tue teorie epicuree! - parlò avvicinandosi improvvisamente
al gruppo un ragazzetto smilzo e foruncoloso. E così dicendo
si presentò: - Piacere io sono Marco Aurelio! - le due sorrisero
perplesse all’intraprendenza del ragazzo, poi l’attenzione
di Xena fu calamitata altrove: - E quello deve essere un vero e proprio
pezzo grosso nel senato, vero? Tunica cremisi con orli dorati…
molto raffinato non c’è che dire! - concluse la guerriera.
- Si tratta del senatore Gaio Licinio, il capo dei senatori! - intervenne
lo stesso Adriano, per poi continuare con maggiore serietà:
- Noto che hai già cominciato a guardarti attorno circospetta
a caccia di congiuranti? - - La prudenza non è mai troppa Adriano,
faresti bene ad esser anche tu più cauto… - lo esortò
Xena. Così dicendo si congedò e si alzò seguita
a ruota da Olimpia.
Quando stanche e sfinite entrarono nella loro camera Xena poté
immaginare che si trovavano nell’ora “gallicinum”
ossia notte fonda.
Senza fiatare si spogliarono delle cose superflue e si sdraiarono
nel letto portando sui loro corpi congestionati dalla digestione una
coperta peli di coniglio. Si addormentarono istantaneamente.
CAPITOLO
3
Per alcuni giorni
a seguire, Xena ed Olimpia furono completamente assorbite dalla loro
delicata missione: scoprire se a corte era veramente in atto una congiura
contro l’imperatore.
A parte Cabria ovviamente, loro due parvero le uniche ad essersi convinte
della sensatezza di questa ipotesi, convinzione che proseguiva a mano
a mano che scoprivano particolari maggiori sulle relazioni che intercorrevano
tra Adriano e la sua corte. Xena era convintissima che semmai ci fosse
stata la congiura, non poteva che essere architettata da qualcuno
che voleva regolare i conti con l’imperatore, qualcuno di molto
vicino a lui che covava così tanto rancore da poter volere
la sua abdicazione o peggio ancora la sua morte.
Sebbene brancolasse ancora nel buio, Xena poteva però sempre
contare sul sostegno della sua compagna che si impegnava nelle indagini
almeno quanto lei; ogni giorno si alzavano di buon ora e si mettevano
alla ricerca di indizi che comprovassero questa verità, provando
anche una certa rabbia verso l’imperatore Adriano che pur essendo
il diretto interessato sembrava fosse l’unico a cui non importasse
nulla di questa storia.
- “Adriano odia i suoi avi ma è superbo almeno quanto
loro! E’ incredibile la sua mancanza di preoccupazione di fronte
ad un pericolo… Soprattutto se si pensa che per ritorsione i
congiuranti potrebbero vendicarsi anche di chi gli sta intorno…”
- meditò più volte Xena il cui pensiero andò
subito alla cerchia di persone più care all’imperatore:
Antinoo, Cabria, Vibia Sabina, la vecchia Cornelia Sabina.
Un mattino burrascoso di metà autunno Xena ed Olimpia, essendo
impossibilitate a condurre le indagini decisero di prendersi qualche
ora di riposo, almeno finché non avesse cessato di piovere;
presero dunque due robuste sedie di faggio, si sedettero nei pressi
del balconcino della loro camera, osservando le tende ondeggiare al
vento e si misero a parlare un po’.
- Da quanto tempo non trascorrevamo una giornata di ozio! - rifletté
ad alta voce Olimpia. - Già! - rispose pensierosa Xena. - Dalla
sera che volevi farmi tua non c’ è stata più occasione
di ehm… - esordì Olimpia ripensando con nostalgia e sempre
crescente desiderio, a quella sera in cui Xena l’aveva scaraventata
sul letto baciandola con passione. - E’ vero… - osservò
impassibile la guerriera fissando lo sguardo in un punto indefinito
della stanza.
- Sarebbe bello se potessimo avere un po’ di tempo da dedicare
solo a noi due… che so, magari a coccolarci, a scambiarci tenere
effusioni, a sussurrarci il nostro reciproco amore, a… - disse
Olimpia che faceva galoppare la fantasia a briglia sciolta, si arrestò
notando che Xena non la stava degnando di nessuna attenzione, si innervosì
per un attimo, poi capì che erano altre le priorità
della guerriera in quel momento, quindi le chiese: - Xena, mi ascolti?
- ma Xena non diede nessun segno di aver udito le sue parole, quindi
con maggiore impeto, Olimpia le parlò: - Ehi, mi ascolti? Cosa
c’è? - disse scuotendola debolmente.
- Eh? Ah, si scusa, dicevi? - parlò Xena come se cadesse dalle
nuvole. - Non hai sentit…. - Olimpia si fermò subito
notando che la risposta della guerriera sarebbe stata palesemente
inutile quindi disse: - Lascia perdere! - Poi le carezzò la
coscia e dolcemente le sussurrò all’orecchio: - Una monetina
per i tuoi pensieri! -
- Scusami Olimpia sono incorreggibile, penso all’indagine anche
quando potrei passare un po’ di tempo libero con te… -
- E cosa ti affligge amore? - le chiese la barda. - Non riesco a non
pensare che Adriano stia allevando delle serpi in seno… - rispose
accigliata Xena. - Dunque credi che sia proprio il senato a complottare?
- constatò Olimpia.
- E’ che durante la sua vita Adriano ha intessuto rapporti così
strani con gli altri! - le spiegò Xena. - Hai notato anche
tu quanta premura e quanto affetto aveva nello sguardo per il suo
giovane Antinoo? E quanta freddezza di contro aveva per la moglie
Sabina? - le chiese Olimpia. - Certamente… è la prima
cosa che ho notato! - - Xena tu pensi che Vibia Sabina possa centrare
qualcosa nel complotto? - - Non lo so Olimpia… ma lo scopriremo
presto! - rispose Xena. - E Cabria? Credi che possa centrare? A volte
per manie di grandezza i cospiranti si fanno profeti ed esecutori
della cospirazione… - continuò Olimpia - No, Cabria è
solo un povero uomo che probabilmente non ha mai ascoltato nessuno
nella vita… per questo è così fanatico adesso!
- ipotizzò la principessa guerriera. - Il giovinetto pieno
di acne? - rimbrottò ancora Olimpia. - Ma l’hai visto?
Magro infilzo com’è dubito sia capace di tanto! - commentò
Xena. Le due tacquero per un attimo, soffermandosi a sentire il rumore
delle ultime stille d’acqua cadere sul terreno compatto, poi
Xena fu come folgorata da un’idea: - Amore non ci resta che
fare una cosa… - cominciò la guerriera con ritrovato
ottimismo: - Dobbiamo dividerci e scoprire quanto più possibile
del passato di Adriano e di tutta la gente che ruota attorno a lui!
- concluse la guerriera.
- Quindi? - rispose Olimpia. - Quindi al più presto mi recherò
a Roma, e tu rimarrai qua, indagheremo per conto nostro e quando ci
vedremo ci racconteremo tutto! - concluse Xena. - Ma ti fermerai molto
a Roma? - chiese preoccupata Olimpia.
- No, cercherò di fermarmi il meno possibile, cosicché
possa tornare qui da te per il tramonto! - le disse Xena alzandosi
dalla sedia e stampandole un leggero bacio sulla fronte. - Dove vai
adesso? - le chiese Olimpia seguendola con la coda dell’occhio.
- Vado a spazzolare Argo nella stalla, mi preparo per partire e appena
smette di piovere vado! - le spiegò Xena. Olimpia annuì
rassegnata: quando Xena decideva nessuno poteva farle cambiare idea.
La guerriera aprì la porta e uscì dalla camera per poi
rientrarvi frettolosamente e dire premurosa ad Olimpia: - Te lo prometto,
finita questa storia staremo un po’ insieme per conto nostro,
lontano da questa vita tribolata! - le due si sorrisero, Xena andò
via con maggiore serenità.
Così come aveva predisposto Xena, le due donne trascorsero
lontane alcuni giorni a cercare ininterrottamente anche solo un microscopio
indizio che riconducesse Adriano ad una congiura, ma i loro tentativi
furono pressoché vani ed ogni volta che cercavano di venire
a capo del bandolo della matassa, non facevano altro che aggrovigliarla
di più.
Le ricerche di Olimpia non avevano dato l’esito sperato, e lei
era arrivata ormai al punto di chiedere informazioni anche ai pretoriani.
Nessuno di tutti quelli di cui sospettava, sembrava confermare le
sue ipotesi: Cabria, Vibia Sabina, Cornelia Sabina; neppure gli amici
più strani di Adriano come Euforione e Flegone, e persino il
medico Ermogene.
Un pomeriggio fresco e ventilato, non avendo cavato come sempre un
ragno dal buco, Olimpia, decise di aspettare l’arrivo di Xena
andando a leggere un libro nella biblioteca poco distante dal palazzo;
accadde proprio in quell’istante, qualcosa di assolutamente
inaspettato, che avrebbe complicato ulteriormente le indagini.
Mentre saliva le scale della biblioteca, Olimpia sentì poco
distante dei lamenti; tese l’orecchio e si accorse che questi
provenivano dal retro di un basso muro in laterizio, che divideva
la biblioteca dagli hospitalia, la cui vista era occlusa da un’alta
siepe di alloro. Accarezzando nervosamente i suoi sais, si appiattì
contro il muro e si piegò sulle ginocchia avviandosi circospetta
verso quei soffocati lamenti; si sforzava di risultare più
naturale possibile al passaggio della gente che la guardava stupita.
Il suo atteggiamento fu notato anche da Milone e Polite, i due pretoriani
di turno, che le si avvicinarono incattiviti. - Cosa stai facendo?
- tuonò la voce di Polite. - Ehm… niente di preoccupante,
mi ha preso in crampo nel ginocchio! - sorrise Olimpia prendendosi
a massaggiare la gamba, cercando di nascondere accuratamente il sai.
- Fai attenzione, adesso che a corte non c’è Xena, sei
più vulnerabile! - la beffeggiò Milone, e i due si allontanarono.
Olimpia tirò un sospiro di sollievo e proseguì con maggiore
cautela.
Svoltò con il cuore in gola l’angolo e con sua grande
sorpresa vi vide accoccolato in un angolo con le braccia che cingevano
le ginocchia il giovane Antinoo.
Le lacrime scorrevano copiose sul volto del ragazzo, che tentava di
nascondere il viso sulle ginocchia. - Perché stai piangendo?-
gli chiese Olimpia avvicinandosi con maggiore tranquillità.
Antinoo non rispose in principio, anzi sembro quasi seccato dall’ospite
inattesa. - Cosa c’è che non va? - incalzò Olimpia
decisa a scoprire i motivi di quel comportamento. - Nulla, nulla di
importante - cercò di mentire Antinoo
tirando su col naso. - Stai piangendo a dirotto, ti si sente a otto
spanne di distanza, non raccontarmi fandonie! - parlò stizzita
Olimpia andando a sedersi accanto al ragazzo. - Senti, il tuo imperatore
rischia la vita! Se sai qualcosa che mi può aiutare a scoprire
del complotto devi dirmelo, prima che sia troppo tardi! - gli intimò
poi la barda. Dopo la sua iniziale riluttanza all’idea di dover
condividere un fardello così pesante con qualcuno, Antinoo
riprese: - Giuri che tutto quello che ti dirò rimarrà
solo tra te e me? Né Xena, ne Adriano dovranno sapere…
nessuno deve saperlo! - le disse timoroso il giovane. - Te lo giuro
Antinoo! - disse Olimpia poggiandogli una mano sulla spalla insegno
di incoraggiamento, poi continuò: - Però ora parla,
deve essere qualcosa che ti opprime in maniera indicibile se sei ridotto
così… - Antinoo annuì, poi finalmente le rivelò:
- Vedi Olimpia, sono alcuni mesi che sto consultando un sacerdote
di Apollo, che ogni tanto mi da alcuni oracoli… - cominciò
Antinoo.
- Bene Antinoo, e per cosa stai consultando il sacerdote? - gli chiese
Olimpia.
- Proprio a proposito della congiura contro Adriano di cui tanto vi
state occupando voi altri… Sai, Cabria ne parlava così
frequentemente profilandomi dinnanzi l’aspettativa di catastrofi
imminenti che ho cominciato a crederci pure io, nonostante Adriano
mi abbia sempre detto di non preoccuparmi… - continuò
il giovane.
- Ebbene? - gli chiese Olimpia febbrilmente curiosa di sapere i responsi
dei vaticini.
Gli occhi di Antinoo tornarono lucidi, pronti ad accogliere un nuovo
imminente pianto, fu scosso da un tremito e singhiozzando biascicò
una frase confusa: - Un oscuro baratro attenderà l’imperatore
Adriano…- - Cosa hai detto? - gli chiese Olimpia porgendogli
un fazzoletto per tergersi il viso. - Olimpia, l’oracolo…
- mormorò ancora frastornato il giovane. - Ho capito Antinoo,
ma cosa diceva di preciso questa profezia? - lo ammonì la barda.
Antinoo rimase taciturno, tanto era il dolore che provava in quel
momento che non riusciva a parlare, ma vedendo lo sguardo impaziente
e bramoso di risposta di Olimpia, prese la pergamena che era poggiata
sull’erba accanto a lui e la porse alla donna.
Olimpia lo guardò un istante prima di capire che avrebbe dovuto
prendere quella pergamena e leggerla lei stessa, poi così fece:
strappò la pergamena di bianca carta virginea dalla mano tremula
del giovane, vi tolse il nastro di seta rosso che la teneva avvolta,
la srotolò e finalmente lesse: - “Un oscuro baratro
attenderà l’imperatore Adriano, mettendolo duramente
alla prova. Urge sacrificare tutto ciò che di più prezioso
esista per l’imperatore. Il pegno di un solo grande tesoro potrà
rendergli la vita, se il sacrificio non avverrà, le sventure
più orribili patirà…” - alla barda
sembro per un attimo ghiacciarsi il sangue nelle vene: Quali oscuri
presagi celava quella predizione?
Arrotolò con cura la pergamena restituendola al legittimo proprietario,
poi finalmente ritrovando coraggio gli chiese: - Qual è la
cosa più preziosa che Adriano abbia? - Antinoo non fiatò.
Olimpia ci pensò un attimo su: non c’era dubbio, la cosa
più cara che aveva Adriano era sicuramente il suo compagno
Antinoo. Per un attimo condivise lo stesso groppo in gola del giovane,
poi con un filo di voce riprese a parlare: - Siamo sicuri che vada
interpretata così? Stando a questa profezia tu… tu devi…
- - Morire! - gli urlò disperato Antinoo, il cui attaccamento
alla vita reclamava prepotentemente questo verdetto. - Devi parlarne
con Adriano! - gli consigliò subito Olimpia. - E’ fuori
discussione! - tagliò corto Antinoo. - E allora come ti comporterai?
- chiese ancora la barda. In un guizzo di ritrovato coraggio, Antinoo
balzò in piedi, fissò Olimpia negli occhi, quindi le
disse: - Non vedo altra alternativa…. Non sono un codardo: affronterò
il mio destino! - Fece dunque per andarsene. - Ricorda la promessa
che mi hai fatto Olimpia: non una parola con Xena ne tantomeno con
Adriano o qualsiasi altri membri della corte; i vaticini rivelati
ad altri provocano alterazioni irreversibili nel destino di coloro
che ne vengono al corrente! -gli disse voltato di spalle, mentre si
era già incamminato verso la palestra, poi continuò:
- Sei leale, e sincera e so che non mi tradirai mai! - - Mi rendi
complice di un grande segreto! - rispose Olimpia - E comunque ho già
sacrificato il mio falcone per allungare 10 anni della sua vita, inoltre
a corte ci siete tu e Xena, varrà a qualcosa avere le guerriere
più forti del mondo dalla nostra parte! Non è detto
che debba avverarsi la profezia! - concluse Antinoo voltandosi finalmente
per guardarla negli occhi con ritrovato vigore.
Appena Antinoo fu abbastanza lontano da non poterla udire, Olimpia
accigliata, sussurrò: - Non so se potrò mantenere questa
promessa Antinoo… Ne va del destino di molte vite… - Ma
la sua attenzione fu calamitata subito dai discorsi di qualcun altro
che rivelavano un presunto viaggio dell’imperatore in Egitto
a breve.
- “Egitto?” - pensò tra se e se sorpresa
nell’apprendere quella notizia trapelata; poi udì nuovamente:
-Va sedare alcune faide tra i villaggi delle due sponde opposte del
Nilo, dopodiché farà anche un’ispezione entro
le province egiziane del suo impero…- udì ancora la donna,
ed infine: - Partirà dal porto di Ostia tra due giorni…
avrà con se pochi uomini…speriamo in bene! - Olimpia
si sporse leggermente oltre il muro per vedere chi stesse parlando,
ma scorse soltanto Vibia e Cornelia Sabina parlare con Euforione,
l’amico farfallone dell’imperatore.
Appena i tre se ne furono andati, uscì da dietro quel muro
per dirigersi nella stanza al palazzo: si era ormai imbrunito il cielo,
il sole stava tramontando, e di lì a poco sarebbe tornata finalmente
Xena.
La porta della
stanza del terzo piano dell’ala est del palazzo si aprì,
lasciandovi entrare una stanchissima Xena che si massaggiava ripetutamente
i nervi accavallati del collo. - Salve! - la accolse Olimpia con un
sorriso. - Come va? - le chiese Xena.
- Ti ho aspettato a lungo queste notti prima di addormentarmi da sola
in questo letto che comincia ad essere così freddo e vuoto…
- - Mi dispiace tesoro, alcuni imprevisti mi hanno costretto a trattenermi
a Roma più del necessario…. - le rispose Xena avvicinandosi
per abbracciarla. - Ti vedo un po’ sciupata, hai mangiato in
questi giorni? - le chiese Olimpia entrando nella dolce morsa del
suo abbraccio. - Quando potevo… - le rispose fugace Xena, per
poi continuare: - Ho dovuto mettermi alle calcagna di Gaio Licinio,
Tito Popidio e gli altri senatori… non è stato facile
ma ho scoperto tanti deliziosi aneddoti sul passato di questi signori!
- concluse Xena con aria stanca ma soddisfatta, poi si sciolse dall’abbraccio
e togliendosi armatura e calzari si distese sul letto. - A te invece
come è andata? - chiese ad Olimpia che le fu subito accanto
voltata su di un fianco, per guardare la sua principessa guerriera
negli occhi.
- Nulla di fatto Xena… - sospirò delusa la barda, che
continuò: - Nessuno a corte sembra anche solo lontanamente
pensare di attentare alla vita dell’imperatore! - Le due si
baciarono fugacemente, per interrompere la nostalgia che le loro bocche
avevano avuto l’una dell’altra, poi Olimpia parlò
nuovamente: - Ho cercato informazioni su Cabria… Un uomo giusto,
onesto, stravagante ma è un fedele servitore dell’imperatore,
nonché suo grande amico. Adriano gli salvò la vita quando
erano commilitoni, e l’uomo che non aveva nessuna voglia di
fare il guerriero poté dedicarsi alla filosofia, insegnandone
i primi rudimenti ad Adriano. Sinceramente non credo possibile sia
coinvolto in questo complotto…Gli è troppo riconoscente!
- - Non ci resta che escluderlo dalla congiura allora.. - rifletté
Xena. - Per quanto contrastato e tormentato possa essere il rapporto
di Adriano con la sua consorte, non sospetto neppure di Vibia Sabina…Quando
i due si sposarono Sabina era poco più che un’adolescente
e Adriano aveva già altre inclinazioni sessuali… Non
ha mai saputo dare un erede all’imperatore in quanto frigida,
per questo Adriano ha preferito altri tipi di rapporti. Sabina comunque
è un gran tanto furba, e sa che se sciala nel lusso e nella
ricchezza lo deve esclusivamente al suo matrimonio…non avrebbe
alcun interesse ad uccidere il sovrano, anzi ne ricaverebbe solo svantaggi….
Idem per Cornelia! - osservò Olimpia proseguendo nell’esposizione
delle indagini. - Giusta osservazione Olimpia! Nessuno sputerebbe
nel piatto dove mangia… - concluse Xena. - Antinoo è
un giovinetto della Bitinia venuto a Roma con l’imperatore all’incirca
7 anni fa… E’ forte e coraggioso, fedele e leale, inoltre
è un gran tanto innamorato del suo imperatore, e Adriano stravede
per lui… sicuramente è più incensurato di Cabria!
Non avrebbe motivo alcuno per attentare alla vita del suo amante,
anch’egli come Sabina ne ricaverebbe solo svantaggi dalla morte
dell’imperatore, considerato che a corte non è ben visto
da alcuni! - constatò Olimpia, che continuò: - Anche
se… - ma improvvisamente si arrestò ricordandosi della
promessa fatta ad Antinoo: - “Giuri che tutto quello che
ti dirò rimarrà solo tra te e me? Né Xena, ne
Adriano dovranno sapere …”- - Anche se? - chiese
curiosa Xena. - Ehm no, nulla di importante - rispose evasiva Olimpia,
affrettandosi a deviare discorso per dirottare l’attenzione
di Xena su altro: - Ho inoltre conosciuto Euforione e Flegone, due
ex commilitoni di Adriano, suoi subordinati nella battaglia contro
i Daci. Sono molto strambi, uno è ossessionato dal sesso, l’altro
ha il vizio del vino, sono così fuori di testa, che non avrebbero
neppure la lucidità necessaria per organizzare una congiura…
senza contare che sono lo zimbello di tutta Villa Adriana… anche
i pretoriani li considerano due nullafacenti parassiti che vivono
alle spalle dell’imperatore… - disse Olimpia. - Va da
se che sono insospettabili per lo stesso motivo di Sabina ed Antino…
- ultimò il pensiero di Olimpia la principessa guerriera. -
Esattamente… troppi svantaggi da una sua eventuale morte! -
rimarcò la barda. - Per quanto riguarda il giovane Marco Aurelio,
più che amico di Adriano è un discepolo di Cabria, anch’egli
si occupa molto di questioni filosofiche, ed è spesso a corte
da Adriano perché a quanto pare è anche un ottimo suonatore
di cetra… l’imperatore adora la musica ed adora il talento
e l’intelligenza di Marco. Ha grande considerazione di lui.
Il ragazzo d’altro canto gli è riconoscente per avergli
messo a disposizione una cospicua somma di denaro che gli permesso
di studiare con i migliori precettori; spesa che la sua famiglia da
sola non si sarebbe potuta accollare! - parlò ancora Olimpia.
Ci fu un istante di pausa che spezzò il racconto, quindi la
barda fece mente locale per ricordare ciò che ancora non aveva
detto, poi riprese: - C’è ancora Ermogene medico personale
di Adriano… - - Non credo sinceramente che un medico possa organizzare
una congiura alle spalle dell’imperatore quando da solo ha tutti
i mezzi possibili per ucciderlo… Insomma basta somministrare
un po’ di cicuta al posto di una tisana… o accoltellarlo
mentre è voltato di spalle fermo su un letto in attesa di una
visita…. O ancora drogarlo a poco a poco con i semi di papavero,
finchè non sopraggiunge un arresto cardiaco! - espose Xena.
- Non fa una grinza il tuo ragionamento! - si complimentò Olimpia.
- Infine, ma non so quanto può essere rilevante per la nostra
indagine, ho osservato per un po’ il comportamento delle guardie…
Alcuni pretoriani: Cimno, Milone, Sila, e Celso, tendono sempre a
creare un drappello di guardia a parte rispetto agli altri pretoriani;
sono spesso in giro a gozzovigliare e creano sempre dei pretesti per
poter fare a cazzotti con gli altri soldati. Mi stupisce che Lucio
Calpurnio non gli abbia ancora puniti! - commentò Olimpia,
ripensando un istante a quelle parole. - A proposito di Lucio Calpurnio!
In questi giorni praticamente non l’ho mai visto! - balenò
in mente alla barda. - Lucio Calpurnio dici? - la interruppe Xena
- Che strano l’ho visto girare per Roma in questi giorni! -
concluse. - Forse era a Roma per conto di Adriano…. - rifletté
Olimpia che subito continuò: - E tu cosa hai scoperto a Roma?
-
Xena si alzò dirigendosi verso il cestino di frutta sul piccolo
tavolo tondo, afferrò una mela e prese a sgranocchiarla ritornando
sul letto. Si sprimacciò con una mano il cuscino per sistemarlo
meglio sotto la testa, inghiottì e prese a parlare: - Dunque,
non mi è stato facile seguire in contemporanea i movimenti
di quattro persone diverse, soprattutto se si considera che sono scortate
abitualmente da tre pretoriani… ma mi sono avvalsa anche di
testimonianze indirette e laddove non sono riuscita a capire, qualcuno
mi ha illuminato ugualmente; fortunatamente sono stata aiutata! -
- Ah si? - esclamò sorpresa Olimpia. - Si, mi ha aiutato molto
un generale dell’esercito romano! Un uomo possente, alto, di
carnagione olivastra con corti capelli scuri e occhi neri come la
pece… Mi sembra si chiamasse Antonino Pio! - - E che hai scoperto?
- incalzò Olimpia preferendo non approfondire l’argomento
sul generale romano poiché già sentiva ribollire il
sangue nelle vene dalla gelosia. - Ognuno dei quattro senatori ha
un motivo più o meno valido per complottare contro Adriano!
- sorrise soddisfatta e sicura della sua affermazione Xena, che diede
un altro morso alla mela. - E quali sarebbero questi motivi? - chiese
Olimpia mettendosi a sedere al centro del letto e cominciando a far
volteggiare una mela in aria per poi afferrarla al volo. - Beh, iniziamo
dal principale sospettato: Gaio Licinio Flavio, il capo del senato…
- disse la guerriera. - Gaio Licinio Flavio? - domandò Olimpia.
- Si, è il suo nome completo! - la informò la guerriera,
per poi continuare: - Prima che Adriano venisse incoronato imperatore,
il suo predecessore Traiano, così come aveva a sua volta fatto
il suo predecessore Nerva, annunciò ufficialmente al senato
come si sarebbe dovuta modificare la linea di successione al trono:
non più un sistema di tipo parentale con la trasmissione di
poteri da padre in figlio, ma uno di tipo meritocratico, dove il più
meritevole veniva adottato dall’imperatore per essere educato
all’arte di saper governare… - iniziò a raccontare
Xena. - Perfetto! Ma non vedo cosa centri Licinio con questa storia!
- obiettò Olimpia. - Fammi finire: A quei tempi Licinio era
un senatore proveniente da una illustre e nobilissima famiglia, la
Gens Flavia che annoverava tra i suoi appartenenti ben tre imperatori.
Egli era lo zio dell’ultimo di quegli imperatori: Domiziano,
e padre di Stefano, il diretto successore al trono per linea parentale
dopo Domiziano, non avendo questo lasciato eredi.
Accadde però che Domiziano fu assassinato in un complotto,
e guardacaso tra i cospiranti c’erano Licinio e Stefano, esecutore
materiale della congiura… - prese una pausa Xena. - Non capisco…
- parlò osservandola perplessa Olimpia. - Dunque Olimpia: Stefano
e Licinio hanno partecipato alla congiura per togliere di mezzo Domiziano
e dare il trono a Stefano! Ma qualcosa è andato storto e Stefano
non ha potuto coronarsi imperatore! - esplicò in maniera più
esaustiva Xena. - Scommetto che alcuni senatori non approvarono il
modo di agire di Licinio, quindi appena fu possibile indebolirono
il suo potere di senatore e piazzarono sul trono Nerva, giusto? -
parlò riflettendo Olimpia, arrivando ella stessa alla conclusione
della storia.
- Esattamente! - concluse la guerriera. - D’accordo, ma cosa
c’entra Licinio con Adriano? - continuò la barda. - Alla
morte di Nerva, non avendo ancora la maggior parte dei poteri che
ha adesso, non poté far salire il figlio al trono; egli stesso
quindi auspicò la salita al trono di Traiano, convincendo il
senato intero, nonché esercito ad eleggerlo. In battaglia,
non si sa come, Stefano salvò la vita di Traiano, e sia Licinio
che il figlio pensarono da quel momento l’imperatore avesse
contratto un debito di gratitudine nei suoi riguardi… Effettivamente
Traiano era molto affezionato a Stefano, ma fortunatamente era un
uomo molto giusto e non cedette all’affetto per quel poco di
buono; scelse di lasciare l’impero nelle mani di una persona
più che affidabile…. - - Adriano! - esclamò Olimpia.
- Già! - ultimò Xena. - Forse sapeva della precedente
congiura, ed ha preferito alla crudeltà ed all’ ipocrisia
dei Licinii, la lealtà e soprattutto l’umanità
di Adriano. Così mettendo capendo che la riconoscenza per quell’uomo
non lo avrebbe portato da nessuna parte, ha preferito onorare un guerriero
piuttosto che un figlio di papà… - provò ad ipotizzare
Olimpia. - Può essere, ma non lo so di preciso. So solo che
sta accadendo esattamente come anni fa: una congiura ad danni dell’imperatore.
Quando si mette un senatore alle strette è sempre pronto ad
organizzarti una congiura coi pochi dissidenti che trova! - borbottò
rammaricata Xena. - Va bene, Licinio a modo suo ha un ottimo movente
per una congiura, ma gli altri? - rimuginò Olimpia sdraiandosi
con la testa sul cuscino mentre guardava il soffitto affrescato della
stanza. - Antonino che ha combattuto la battaglia contro i Daci assieme
ad Adriano e Cabria, mi ha detto che anche Publio Valeriano era nella
spedizione, e non sopportava assolutamente l’idea che pur essendo
valoroso quanto Adriano fosse finito come suo subordinato. Fin da
quei tempi fra i due nacque un odio mortale, odio che si aggravò
quando Adriano lo deferì all’imperatore chiudendogli
per sempre le porte della carriera militare… - espose pacata
la guerriera. - Anche la vendetta mi sembra un bel movente per una
congiura! - concluse Olimpia, poi si ricordò: - Ma Tito Popidio
e Marco Quintilio? Che mi dici di loro? - disse addentando a sua volta
la mela. - Per quanto riguarda Tito Popidio so che fu colpito da una
legge che fece Adriano appena fu fatto imperatore; fu subito dopo
la battaglia contro i Daci: i suoi soldati gli chiedevano una ricompensa
per i servigi militari prestati a Roma… Egli intuì che
la ricompensa maggiore a cui aspirava un soldato che si congedava
dall’esercito era un piccolo appezzamento di terra, ma secondo
i suoi calcoli i terreni che aveva non bastavano per tutti i combattenti,
così cominciò a limitare gli spazi di un gran numero
di costruzioni destinate a scopi pubblici: teatri, palestre, terme,
ma comunque non risolse il problema. Il senato allora gli propose
di togliere le terre ai contadini e a tutta la classe plebea che ne
possedeva, e di darli hai soldati. Adriano che ebbe pietà per
tutta quella povera gente che avrebbe dovuto sfrattare in maniera
coatta, fece dunque un censimento dei territori che Roma possedeva
e decise infine di togliere gli appezzamenti di terreno solo a chi
ne possedeva più di due, ovvero solo a coloro che erano proprietari
terrieri e formavano parte della classe agiata di Roma: i patrizi.
Tra questi patrizi c’era anche il nostro caro Tito Popidio,
che si vide portar via il suo territorio prediletto: un vigneto alle
pendici dei Colli Albani, appartenente al comprensorio dov’
egli possedeva anche una villa per la villeggiatura! - - Vuoi dire
che Popidio complotta contro Adriano a causa di un vigneto? - chiese
sbalordita Olimpia. - In pratica si! - rispose Xena, per poi aggiungere:
- Adriano nel corso della sua vita ha pestato i piedi a molte persone….
- - Si, ma lo ha fatto perché ha visto molte ingiustizie! Come
si può togliere la terra ad un poveraccio per darla ad un soldato?
Come si può odiare una persona che ti deferisce per la tua
cattiva condotta? Ma soprattutto come si può odiare una persone
salita al trono al posto di un profittatore? - parlò stizzita
Olimpia cercando di giustificare gli atteggiamenti di Adriano. - Per
quanto nobili possano essere stati gli intenti di Adriano, rimane
di fatto che si è messo contro parecchia gente; tutti quelli
che ha mandato in esilio erano apertamente contro di lui, ma questi
che tramano alle sue spalle si fingono amici fedeli per non destare
sospetti, ma alla prima occasione…. - constatò Xena,
lasciando volutamente correre sul finale. - D’altronde anche
Cesare fu assassinato proprio dai suoi fedelissimi, il figliastro
Bruto in primis!- aggiunse Olimpia. Xena annuì e sospirando
riprese a parlare:
- Quanto a Marco Quintilio è un senatore molto giovane ed inesperto,
ma colmo di ambizioni; non ha un motivo preciso per agire contro Adriano,
è solo influenzato da cattive compagnie… Pensa di essere
dalla parte del più forte schierandosi con Licinio….
È incredibile quanto la brama di potere a volte ci renda ciechi
e stupidi! - concluse Xena. - Allora dobbiamo avvertire subito Adriano,
ogni ora che passa aumenta il pericolo per lui ed i suoi cari! - disse
Olimpia allarmata, precipitandosi verso la porta. - Ferma! - le intimò
Xena. - Ma… - obiettò la barda. - Lo faremo, ma tutto
a suo tempo, mi serve ancora qualche giorno per ricondurre ai congiuranti
Lucio Calpurnio, comincio a credere che non sia un caso che si trovasse
a Roma in questi giorni… l’ho inoltre visto parlare spesso
con Marco Quintilio… - - Non possiamo avvisare subito comunque?
- domandò irrequieta Olimpia. - Per quanto bene accette siamo
qui a corte, non credi che se dovessimo formulare accuse sbagliate
nei riguardi del capo delle guardie pretoriane e dei membri del senato
saremmo messe ai ceppi? Neppure Adriano potrà fare niente per
noi, e la voce del senato si esprimerà unanime sulla nostra
condanna a morte… dopotutto alcuni senatori non hanno visto
di buon occhio il fatto che noi siamo qui… Ti ricordi alla cena
nel triclinio imperiale? - la biasimò la guerriera - Tutta
quella gente che ci guardava storto e sussurrava parole poco carine
nei nostri riguardi? - rammentò Olimpia. - Esatto! - concluse
Xena.
- E sia Xena, ma non più di due giorni, ho sentito dire in
giro che Adriano partirà per un controllo delle province egiziane
dell’impero esattamente tra due giorni! - la informò
la ragazza.
- Ce la faremo Olimpia… - le disse Xena malcelando la crescente
preoccupazione di non farcela, che si annidava negli spazi più
remoti del suo cuore.