- Sporco bastardo
per chi lavori? - urlò furiosa Olimpia, ma l’uomo non
parlò.
- Cosa pensavi di fare! Era solo un ragazzino! - continuò la
donna, ma Celso ancora non parlava. - Di chi sei lo scagnozzo! - urlò
la barda isterica cominciando a scaricare su di lui una serie di calci
e pugni. Il soldato non ruppe il silenzio, così vedendosi messa
alle strette, Olimpia gli si avvicinò e con violenza premette
i due punti al lato della carotide dell’uomo bloccando il flusso
del sangue al cervello. - Se non hai parlato fino ad ora, adesso sarai
costretto a farlo se vuoi salvare la tua lurida pellaccia. Allora
te lo ripeto per l’ultima volta: chi è il tuo capo! -
L’uomo che iniziò a sentire le pulsazioni del cuore aumentare
a ritmo indicibile disse con molta difficoltà: - C.. con Calpurnio…-
- Calpurnio è un congiurante? - chiese secca diretta Olimpia
- S.. si lui lo è… - balbettò ancora il soldato.
- Ed in cambio di cosa sta cospirando? - si dilungò Olimpia
incurante del fiotto di sangue che cominciava a gocciolare dal naso
dell’uomo. - I.. I senatori gli hanno promesso la c…carica
di generale dell’esercito romano al posto di A… Antonino
Pio… - rivelò l’uomo. - E tu perché stai
congiurando contro l’imperatore? - continuò imperterrita
la barda.
- Basta t.. ti prego non respiro più.. - boccheggiò
l’uomo. - Rispondi! - domandò risoluta Olimpia. - P…Per
soldi… h.. ho molti debiti al g…gioco e… e la mia
ricompensa era abbastanza per coprirli tutti e f.. farmi vivere tranquillo
per un po’… - confessò Celso. - Sei uno schifoso!
- urlò nuovamente Olimpia che suo malgrado dovette sbloccarlo
dal tocco paralizzante.
- “Antinoo vuole che il suo imperatore lo deifichi affinché
possa rimanere per sempre con lui… la profezia non aveva tenuto
conto che Antinoo aveva una carta segreta da giocare: la morte fisica
non implicava necessariamente quella spirituale... La sua memoria
sarà perpetuamente tramandata ai posteri! Il suo sacrificio
non è stato vano, ma anzi sarà reso glorioso e trionfante.
Sapeva benissimo tutto quello che faceva…era tutto calcolato
con lucida fredda millimetrica precisione!”- pensò
Olimpia le cui lacrime bollenti cominciarono a rigarle il volto. Scrutava
in lacrime l’orizzonte per vedere quando Xena fosse riemersa,
e dopo un po’ la principessa guerriera uscì dalle acque
del fiume, recando in braccio le spoglie mortali del giovane. Antinoo
fu adagiato a terra e ricomposto: - Almeno il corpo del suo amato
glielo dobbiamo ad Adriano… - disse Xena premendolo forte in
corrispondenza dei polmoni per farvi uscire l’acqua, nella speranza
che il colorito cianotico del corpo sparisse. Si alzò dopo
aver cucito la ferita al ventre con un improvvisato ago e un sottilissimo
filo di canapa prelevato dalla corda che teneva legato il soldato,
ed immediatamente andò ad abbracciare forte la sua amica distrutta
dal dolore. - Ecco come è cambiato il mio destino: da oggi
in poi non riuscirò più a chiudere occhio la sera, senza
prima aver rivisto questo sperpetuo… - Singhiozzò Olimpia.
- Facciamoci forza, torniamo alla nave, Adriano sarà in pensiero…
- le disse Xena caricando il pesante corpo esanime del giovane sulle
spalle, per poi porgere l’estremità della fune che teneva
legato il soldato alla compagna.
Le due si incamminarono meste in direzione del porto. I loro cuori
erano ingombri di amarezza: quanto sapeva essere spietato l’essere
umano se solo si impegnava un po’, l’unico connotato positivo
che ebbe la faccenda, fu quello che finalmente trovarono colui che
avrebbe confessato tutto davanti all’imperatore, con le buone
o con le cattive.
Era calato nuovamente
il tramonto quando le due guerriere raggiunsero la nave. Xena intravide
l’imperatore affacciato alle paratie in direzione del porto
con lo sguardo perso nel vuoto. Sulla nave regnava il silenzio e la
tensione: dove poteva essersi cacciato Antinoo? Per un la principessa
guerriera per attimo si dolse di essere lei l’ambasciatrice
della morte del giovane.
Cabria fu il primo a scovare le figure delle due avvicinarsi e sentì
il cuore riempirsi di gioia, corse dalla zona del timone fin giù
al pontile per poi imboccare il ponte che collegava la nave alla terraferma,
ma appena le ebbe dinnanzi il sorriso stampato sul volto fu spazzato
via da un: - Per tutti gli dei! - e scrutò interrogativo il
volto delle guerriere. - E’ morto… - disse Xena distogliendo
lo sguardo.
Non ci fu il tempo di riflettere sul cosa dire all’imperatore,
poiché l’uomo fu subito dietro Cabria. Appena il filosofo
si spostò dal raggio di visione dell’imperatore, Adriano
fu colto da una fitta al cuore, come se diecimila pugnali lo stessero
trafiggendo contemporaneamente, e lanciò un urlò straziato:
- Noooooo! - l’eco di quello strazio risuonò per tutto
il porto come una funebre sirena. Xena adagiò il giovane tra
le mani dell’imperatore che tra un incespicamento ed un singhiozzo
si inginocchiò adagiando la schiena bianca e marmorea del giovane
contro il suo ginocchio. - Antinoo… Antinoo… perché
mio amato… perché sei stato ridotto così…
- singhiozzò l’imperatore chinando la sua testa coronata
sul petto del giovane, spruzzandolo di grossi lacrimoni; anche la
sua barba diventò fradicia di pianto, e quando finalmente sollevò
il capo per interloquire con Xena ed Olimpia chiese soltanto: - Come
è successo? - le due donne si guardarono afflitte, poi Xena
trovò un filo di voce e gli disse: - Lui è stato la
prima vittima della congiura contro di te… -
- Chi sono i congiuranti? Li punirò nel modo più crudele
che conosca!!! - si alzò di scatto Adriano urlando. In seguito
notò l’uomo legato dietro ad Olimpia, nei suoi occhi
passò un guizzo di inumana follia, corse incontro a Celso e
lo riempì di calci.
- Adriano, Adriano, smettila o ammazzerai quest’uomo prima che
ci possa parlare! - disse Xena trattenendo a malapena l’uomo
impetuoso. - Voglio ucciderlo, voglio uccidere tutti e poi mi ucciderò
anch’io! Oggi mi hanno tolto la mia unica ragione di vita! L’unica
cosa per cui mi alzavo la mattina, l’unica cosa che potesse
farmi vedere il mondo un pochino migliore! - cominciò a fare
discorsi sconclusionati l’imperatore accecato dal dolore.
Gli schiamazzi attirarono anche il resto delle persone a bordo nave:
Ermogene, Lucio Calpurnio, ed i pretoriani accorsero tutti. Nel giro
di brevissimo tempo la notizia della morte del giovane arrivò
perfino ai rematori.
Quando Xena riuscì finalmente a calmare l’imperatore
tutti tornarono sulla nave, Ermogene chiese a Fabio e Polite di portare
il cadavere nella sua cabina, voleva quantomeno dire ad Adriano le
cause precise della morte del giovane.
Cabria non si allontanò neanche un istante dal suo amico imperatore
che era sorretto per un braccio dalla principessa guerriera, mentre
Olimpia attaccò al palo dell’albero maestro il prigioniero.
L’imperatore sembrava tornato bambino: il dolore lo faceva piangere
battendo i piedi per terra, strappandosi i capelli e cercando la protezione
materna, protezione che trovò in Xena, la quale gli sussurrò:
- Calmati adesso per favore… - carezzandogli i capelli scompigliati.
Cabria non sapeva che fare, Lucio Calpurnio invece si era dileguato.
Appena l’imperatore stette un attimo meglio, Xena gli propose
di interrogare immediatamente il prigioniero: avrebbero fatto quanto
prima luce su questa congiura.
Adriano acconsentì docilmente, chinandosi al volere di Xena.
Fiutando aria di pericolo, Lucio Calpurnio, che fino ad allora era
rimasto in disparte ad ascoltare, intervenne dicendo: - Non credo
che sia prudente sottoporre l’imperatore ad altro stress emotivo!
- - Hai paura che possa cambiare la tua posizione, fedele Calpurnio?
- lo prese in giro Xena. - Cambiare posizione? Dici un sacco di stupidaggini
principessa guerriera! - rispose Calpurnio con un sorriso che lasciava
in realtà trapelare tutta la sua inquietudine. - Il colpevole
è stato preso, ed è legato a quel palo in questo momento!
- parlò nuovamente Calpurnio cercando di far ricadere la colpa
su Celso. - Credi davvero che un tonto come lui sia riuscito ad ordire
una congiura ai contro l’imperatore da solo? No caro Capurnio,
lui ha agito eseguendo ordini superiori, chissà magari provenuti
proprio da te, o peggio ancora dal senato! - lo provocò Xena
cercando una sua confessione. - Sono tutte calunnie le tue! - urlò
spazientito Calpurnio. - Basta così! - intervene l’imperatore
ripresosi, che in seguito continuò: - Se dobbiamo far luce
su questa congiura, che luce sia: Olimpia fa portare il prigioniero
qua! - ordinò l’imperatore, e la barda annuì soddisfatta.
Il prigioniero fu condotto alla presenza di Adriano, Xena, Olimpia,
Cabria e Lucio Calpurnio. Fu posto dinnanzi a loro e finalmente Adriano
gli rivolse la parola: - Chi congiura contro di me? - gli chiese,
ma l’uomo non rispose. - Sei diventato sordo? - continuò
l’imperatore. - Lascia che ci provi io! - esclamò Xena,
puntandogli due dita alla gola: - Vuoi di nuovo rischiare la vita?
- gli sussurrò all’orecchio facendogli ricordare il dolore
che aveva provato quando lo aveva immobilizzato Olimpia. Il soldato
scosse in capo, quindi la guerriera continuò: - Bene, allora
dicci quello che sai. - ed arretrò. L’uomo rifletté
un attimo, poi finalmente rivelò: - I congiuranti sono Gaio
Licinio, Tito Popidio, Marco Quintilio e Publio Valeriano! - l’imperatore
sussultò: - Sporchi bastardi! Si sedevano alla mia mensa ed
intanto tramavano contro di me! - sbottò arrabbiato. Lucio
Calpurnio tirò un sospiro di sollievo: Celso non l’aveva
tirato in ballo. Olimpia che non lo perse di vista neppure per un
secondo, e desiderando ardentemente incastrare quell’ipocrita
si rivolse nuovamente a Celso:
- E tu per chi lavori? - Calpurnio sbiancò in volto, se Celso
avesse parlato per lui sarebbe stata la fine, per un attimo fu incapace
di muoversi, sembrava paralizzato dal terrore di essere scoperto.
- Rispondi! - ordinò Adriano. Il soldato guardò Calpurnio
ripetutamente, ripensò velocemente al fatto che il suo capo
non aveva esitato un attimo a consegnarlo nelle mani dell’imperatore
come capro espiatorio, quindi parlò finalmente: - Lavoravo
per quell’uomo: E’ lui l’esecutore materiale della
congiur… - Ma non fece neppure in tempo ad ultimare la frase
che sotto gli occhi allibiti dei presenti Lucio Calpurnio lo trafisse
in pieno petto.
- E’ una menzogna! - urlò l’uomo notando gli occhi
inquisitori dell’imperatore. - No che non lo è: il gesto
che hai fatto equivale ad un’ammissione di colpa: se fossi stato
innocente non avresti trucidato così barbaramente quest’uomo!
- rispose Olimpia alterata. Xena continuò: - Lo hai ucciso,
perché temevi che dicesse che i congiuranti sono i senatori,
ma l’esecutore materiale sei tu, temevi che dicesse al tuo imperatore
che tu stavi tramando contro di lui perché non gli avevi mai
perdonato di aver dato il posto di generale dell’esercito romano
ad Antonino Pio, anziché a te! Temevi che rivelasse che in
cambio delle tue prestazioni avrebbero fatto in modo che il senato
destituisse Antonino a favore tuo… - la guerriera si avvicinò
con la spada sguainata al soldato ed aggiunse: - …E temevi che
rivelasse che sei stato tu ad ordinare la morte di Antinoo! - gli
puntò la spada alla gola. - No, questo no! - tentò almeno
di discolparsi di quel gesto, ma la verità balzava velocemente
fuori travolgendolo di accuse. - Ah no? E perché allora hai
colpito Sergio alle spalle per toglierlo di mezzo e far scortare il
giovane dai tuoi complici Milone e Celso? Se vuoi saperlo la spada
che ha ferito al ventre Antinoo era quella del tuo amico Milone! Solo
tu potevi averlo istruito ad ucciderlo per ritorsione contro l’imperatore
che tanto dici di rispettare! - concluse Xena incastrando Lucio tra
la sua spada e la parete della nave. - Non hai più vie di fuga:
arrenditi! - tuonò l’imperatore che finalmente seppe
la verità e chiamò:
- Guardie! - I pretoriani accorsero, ed Adriano ordinò: - Mettete
questo schifoso ai ceppi: arrivati a Roma lo condannerò pubblicamente
a morte assieme ai membri del senato suoi amici! - disse il sovrano.
Lucio fu preso di forza da Sergio e Polite, fu condotto nella stiva
della nave e legato ad una botte piena di aceto. - Mi fidavo di lui…
- sussurrò l’imperatore colto da un immane senso di delusione.
In quel momento corse loro incontro il medico Ermogene con una pergamena
scritta in maniera frettolosa. - So le cause della sua morte! - esclamò
con una soddisfazione fuori luogo per quel momento. Adriano si sedette
sul sacco di fave dimenticato ormai sul pontile, insicuro del fatto
che potesse reggere anche questa notizia, Cabria gli fu subito vicino,
Xena ed Olimpia dietro a lui. - Com’è morto? - chiese
flebilmente convincendosi che almeno doveva sapere in che modo era
finito il suo amante . - Il tagliò all’addome era molto
profondo, tuttavia non abbastanza da aver toccato gli organi vitali.
La spada deve avergli reciso leggermente un’arteria... tuttavia
non l’aorta. Insomma la vera causa della morte di Antinoo è
l’annegamento nel Nilo: i suoi capelli erano infatti ricchi
di tracce di limo, deve essere per forza stato sul greto del fiume!
- decretò Ermogene. Olimpia ripensò alle ultime parole
del giovane prima di cadere in acqua: - “Se non posso stare
da vivo al fianco del mio imperatore, almeno lo farò da morto
con gli onori dell’altare… Continuerò a stargli
vicino e sarò il suo personale nume protettore… perché
lo amo… semplicemente lo amo…” - rimuginò
un attimo su questo pensiero poi le sovvenne nuovamente un ricordo:
- “… mi sembra che qui festeggino ogni anno l’anniversario
della morte del dio… si racconta che chiunque muoia annegato
nel Nilo in quel giorno, proprio come Osiride, debba essere innalzato
agli onori dell’altare…” - Oggi che giorno
è? - chiese nuovamente Olimpia, con una domanda apparentemente
inopportuna. - Oggi è il 30 ottobre… - rispose Cabria
distratto. - Oggi è l’anniversario della morte del dio
Osiride! - esclamò Olimpia. Adriano alzò per un secondo
gli occhi arrossati e gonfi di pianto verso di lei per poi meditare:
- Chiunque cada nelle acque del Nilo in questo giorno deve essere
innalzato agli onori dell’altare! - rifletté Adriano
ed un barlume di emozione gli si accese negli occhi. - Presto Cabria,
ordina che sul luogo della morte del mio Antinoo venga eretto un tempio,
da oggi in poi il mio giovinetto sarà festeggiato, acclamato,
adorato dalla popolazione romana con il nome di Antinoo-Osiride! Io
non sono solo, lui è ancora con me! Ti vendicherò amore
mio! Te lo prometto! - Adriano si alzò dal sacco e corse diritto
filato nella cabina di Ermogene per portare alla neo divinità
il suo personale omaggio. - “Ce l’hai fatta Antinoo!”
- pensò Olimpia.
Il giorno seguente,
l’imperatore ordinò il rientro della nave al porto di
Ostia.
Voleva tornare a casa, non voleva lasciare impuniti i senatori congiuranti,
improvvisamente l’idea dell’ispezione in Egitto era passata
in second’ ordine rispetto alla priorità di tornare a
casa per difendere il suo potere, la sua gente e vendicare la morte
del suo prediletto.
La nave salpò di buon ora dal porto di Tebe e si incamminò
verso ovest, alla volta di Roma. L’entusiasmo iniziale per la
divinizzazione di Antinoo lasciò posto alla solitudine ed alla
desolazione nel suo cuore: neppure il fatto di saperlo divino poteva
consolarlo.
Trascorse la maggior parte del viaggio affacciato al parapetto della
nave con lo sguardo perso nel vuoto, neanche parlare con xena ed Olimpia
riusciva a distrarlo.
Nonostante Olimpia avesse aiutato Antinoo a compiere il suo destino
e cioè a morire per poi risuscitare proprio come Osiride, non
era del tutto convinta che le cose dovevano andare proprio in quel
modo, quindi prese ad analizzare micragnosa ogni singola frase della
profezia per cercare quantomeno di capire se quel sacrificio fosse
davvero servito a qualcosa.
Nei giorni del viaggio l’imperatore fu confortato dalla compagnia
della principessa guerriera che cercò di distoglierlo dai suoi
piani di vendetta. Adriano confidò alla guerriera che non riusciva
proprio a capire perché tutti i suoi uomini più fedeli
stavano congiurando contro di lui, quindi Xena dovette spiegarglielo
avvalendosi di ciò che aveva scoperto con Antonino Pio.
- Vedi Adriano, nella tua giovinezza per motivi più o meno
discutibili ha pestato i calli a parecchia gente che ha giurato di
fartela pagare ad ogni costo… Gaio Licinio non ha mai potuto
digerire il fatto che tu sia diventato imperatore al posto del figlio
Stefano… Tito Popidio che amava particolarmente quel vigneto
che tu gli portasti via sui Colli Albani non te l’ha mai perdonato,
così come imperdonabile è stato a giudizio di Publio
Valeriano il tuo intervento ed il conseguente blocco della sua carriera
militare. Marco Quintilio è solo un giovinetto inesperto accecato
dalla fama di brama e di potere! Contro questa gente stai combattendo,
ora ti chiedo: vale la pena di vendicarsi? - - Certo! Quegli stolti
stanno ancora pensando a un fazzoletto di terra o a una questione
personale, ed intanto Roma ne paga le spese! - tuonò l’imperatore
che aggiunse: - Già ho in mente un modo del tutto particolare
per vendicarmi; renderò pan per focaccia! - e sorrise di un
riso folle. Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, a Xena
sembrò che Adriano avesse perso la sua umanità.
L’imperatore respirò la brezza marina a pieni polmoni;
il grecale che li aveva accompagnati per tutto il viaggio di andata,
lasciò posto ad un vento caldo vento di libeccio che contrastava
con la rigidità del clima ormai quasi invernale.
- Il mio unico rimpianto è aver lasciato Villa Adriana del
tutto sguarnita di difese… - parlò poi l’imperatore
ripensando a tutto ciò che la sua dimora rappresentava per
lui, e a quanti sacrifici avesse fatto per renderla una bella e confortevole
dimora. Istantaneamente il suo pensiero andò anche a coloro
che aveva lasciato a Tibur: la moglie Sabina, la suocera, gli amici
Flegone ed Euforione, e tutte le altre persone che in pace con lui
vivevano.
- Non devi preoccuparti Adriano… prima di partire ho mandato
Marco Aurelio a Roma: se tutto è andato bene, Antonino Pio
e l’esercito saranno un baluardo difficile da abbattere! - disse
sorridendogli bonaria Xena.
- Pensi sempre a tutto tu principessa guerriera eh? - la guardò
riconoscente l’uomo ricambiando il suo sorriso. - Ad ogni modo
non devi preoccuparti, fra meno di un giorno saremo a Roma! - parlò
la principessa guerriera avvistando le coste della Trinacria.
EPILOGO
Villa Adriana
era illuminata dalla luce arancione al tramonto. Era appena finito
un duro scontro tra i senatori ed Antonino Pio, il quale, come gli
aveva chiesto Xena li aveva fatti rinchiudere con non poche difficoltà
nella sala dei filosofi insieme alle loro numerosissime famiglie.
Più che una congiura quegli scontri stavano degenerando in
una vera e propria guerra fratricida in cui si scontravano in opposte
fazioni padri e figli, fratelli ed amici. I dissidenti che ancora
erano a piede libero in giro per Villa Adriana, presa ormai d’assalto
da parte dell’esercitò comandato da Licinio, misero alcuni
degli edifici a ferro e fuoco, non si limitarono soltanto a incendiare
ma anche a compiere dei veri e propri atti vandalici: molte delle
statue nella sala dei pilastri dorici furono mutilate, quelle dell’accademia
distrutte; le terme private di alcuni dei bellissimi mosaici pavimentali
e i marmi del vestibolo fatti a pezzi. La servitù andò
a nascondersi impaurita nelle centocamerelle, mentre Sabina e Cornelia
si rinchiusero nei loro appartamenti all’interno del palazzo
imperiale.
Alcuni pretoriani schierati con i senatori organizzarono una controffensiva
ed attaccarono di sorpresa i soldati di Antonino Pio ingaggiando una
nuova cruenta battaglia.
Questo fu lo scenario che si profilò dinnanzi all’imperatore
che giunto a Villa Adriana si sentì ghiacciare per qualche
istante il sangue nelle vene, poi con fredda disumanità prese
il prigioniero Calpurnio per la corda e se lo trascinò per
tutto il tempo. Entrando dal Pecile, l’imperatore poté
vedere Antonino ed altri uomini combattere, così ordinò
ai suoi pretoriani di dar loro una mano. - Dove sono i senatori? -
chiese frettoloso ad Antonino che duellava con un uomo alto e robusto
pieno di cicatrici: - Sono nella sala dei filosofi! - gli disse l’uomo
schivando un fendente. - Andiamo! - soggiunse a Xena ed Olimpia, mentre
con fatica si ostinava a portarsi dietro Calpurnio che puntava come
un asino i piedi in terra.
Xena lanciò una fugace occhiata ad Antonino che ricambiò
lo sguardo della principessa, quindi gli fece cenno di avvicinarsi
alla sala dei filosofi e stare pronto ad agire. L’uomo le diede
ad intendere che aveva capito, poi si voltò per trafiggere
un nemico.
- Cosa hai intenzione di fare? - domandò Xena seguendolo. -
La mia vendetta sta aspettando solo me! - le spiegò l’imperatore
schiaffeggiando Lucio affinché la smettesse di porre resistenza.
- Cabria, fa portare i migliori tiratori scelti sul matroneo della
sala dei filosofi! - ordinò poi all’uomo, che sparì
verso la caserma per radunare i pochi uomini liberi ancora rimasti,
ed armarli di arco e frecce.
- Xena! Ma cosa ha intenzione di fare! E’ impazzito? Sembra
fuori controllo! - disse impaurita Olimpia che faticava a stare dietro
ai due, il cui passo nonostante tutto risultava più spedito.
- Lo è! - confermò la guerriera. Entrambe seguirono
l’imperatore sul matroneo della sala, mentre fuori ancora incalzava
la battaglia.
- Invece di perdere tempo con i senatori, ora dovremmo aiutare Antonino!
- obiettò Xena. - Se Antonino è stato fatto generale
un motivo ci sarà pure Xena! - rispose perentorio l’uomo.
Il gruppo salì le strette scale a chiocciola del lato ovest
de matroneo, arrivando così fin su. Appena uscirono sul ballatoio
del matroneo, Adriano si affacciò e vide che tutti i senatori
che avevano tramato contro di lui imprigionati in quella sala, come
le belve dell’anfiteatro rinchiuse nella gabbia in attesa del
loro massacro. C’erano anche i loro parenti, coloro che avevano
dato manforte nella congiura pur non essendo direttamente implicati,
un ghigno arcigno gli si dipinse sul volto, quindi trasse la spada
dal fodero, la puntò alla gola di Calpurnio e finalmente richiamò
l’attenzione dei presenti su di se: - Illustrissimi membri del
senato… - immediatamente tutti i presenti si ammutolirono e
guardarono verso il matroneo dove videro l’imperatore alla balaustra
che continuò: - …Credo che voi tutti sappiate bene perché
vi trovate qui rinchiusi! Sono stato messo al corrente di una congiura
ai miei danni! - prese una pausa l’imperatore. - Per colpa di
questa congiura il mio giovane Antinoo, il ragazzino bitino che voi
conoscevate è morto, ucciso da questo signore! - continuò
puntando la punta della spada al petto di Lucio. - Questo signore
mi ha inoltre detto che non era il solo a complottare contro di me,
ma che faceva capo proprio a voi cari senatori! - parlò ancora
l’imperatore che con un gesto fulmineo trafisse Lucio al ventre
e lo scaraventò al piano inferiore facendolo cadere su due
donne che alla vista del sangue si spostarono inorridite.
Olimpia che nel frattempo assisteva con Xena alla scena si nascose
con la faccia dietro alle spalle della guerriera per non guardare,
e disse sottovoce alla guerriera:
- Non ha più niente di umano… E’ diventato una
bestia! - Xena annuì profondamente turbata. - Ora, visto che
vi ho concesso ogni sorta di bene e sono stato ripagato con inganni
e menzogne è giusto rendervi tutto quello che mi avete dato!
- parlò nuovamente Adriano adocchiando i pretoriani venuti
in suo soccorso dall’altra parte del matroneo.
Anche Xena vide un continuo agitarsi dal lato opposto del matroneo,
poi finalmente scorse i soldati armati di arco e frecce disporsi in
fila lungo il pianerottolo quadrangolare. - Per gli dei Olimpia, Adriano
vuole trucidarli a suon di dardi! - si voltò Xena notando il
pallore della sua amica che aveva perfettamente capito l’intenzione
dell’imperatore. Adriano fece cenno ai pretoriani di avvicinarsi
alle balaustre e di puntare le frecce sui presenti, ad un successivo
gesto avrebbero dovuto scoccare i dardi.
- Basta! Questo è troppo! - intervenne Olimpia. - Smettila
Adriano! Sei diventato un animale, ma non te ne rendi conto? In questa
stanza ci sono i congiuranti, ma ci sono anche donne bambini e anziani
che non ti hanno fatto niente! Non puoi punire anche loro solo perché
parenti di questi vigliacchi! - osservò la barda. - Sta zitta
Olimpia ho un lavoro da compiere! - la ammutolì Adriano. -
Quale lavoro? Lo sterminio di gente innocente, se fai scoccare quelle
frecce ai tuoi uomini non sarai migliore dei tuoi antenati! E tutta
la storia di Roma ti ricorderà come l’imperatore che
fece un bagno di sangue per vendicare un morto, che pur essendo morto
è diventato una divinità! Non sarai meglio del sanguinario
Caligola, o del crudele Giulio Cesare! - Parlò Xena.
- Antinoo non avrebbe approvato questo tuo comportamento lui ti amava
proprio per la tua umanità: dov’è finita quella
luce e quel calore che emani quando la gente ha a che fare con te?
- parlò Olimpia cercando di sfilargli la spada di mano. In
quell’istante fu folgorata da un pensiero e di nuovo riaffiorarono
nella sua mente le parole della profezia: - “Un oscuro baratro
attenderà l’imperatore Adriano, mettendolo duramente
alla prova. Urge sacrificare tutto ciò che di più prezioso
esista per l’imperatore. Il pegno di un solo grande tesoro potrà
rendergli la vita, se il sacrificio non avverrà, le sventure
più orribili patirà…”-
L’aveva studiata scrupolosamente in quei giorni, ma solo ora,
forse stava realizzando il significato più profondo di quell’oracolo:
la chiave di lettura di quella profezia era l’umanità
di Adriano.
Mentre Xena cercava di convincere l’imperatore a non uccidere
inutilmente tutta quella gente terrorizzata Olimpia mormorò
a bassa voce: - Un oscuro baratro attenderà l’imperatore
Adriano, mettendolo duramente alla prova: si riferisce sicuramente
alla congiura: il baratro della congiura farà precipitare la
fama di Adriano se si comporterà in maniera inumana. Da quando
è morto Antinoo infatti ha cominciato a comportarsi in maniera
disumana, precipitando sempre più nel baratro. La cosa più
preziosa per lui è la vendetta in questo momento… Urge
sacrificare tutto ciò che di più prezioso esista per
l’imperatore. Non deve quindi vendicarsi dei senatori,
ma al contrario assicurarli alla giustizia, solo così avrà
fatto la cosa giusta è sarà sicuro di aver vendicato
Antinoo che rimane per lui l’essere più prezioso. - sorrise
soddisfatta del suo lavoro di logica, quindi disse: - Fermati Adriano,
torna ad essere la persona giusta e retta che noi tutti conosciamo
ed affida questa gente alla giustizia! Ognuno di questi bambini qua
dentro potrebbe essere tuo figlio, ognuna di queste donne tua moglie,
ognuno di questi anziani tuo genitore. Se vuoi vendetta, prenditela
solo con chi realmente ti ha tolto Antinoo: Licinio, Popidio, Quintilio
e Valeriano, ma lascia andare gli altri! - concluse Olimpia. - Stalla
a sentire! - incalzò Xena. L’imperatore guardò
prima sotto di loro la calca di gente che cercava di nascondersi alla
meglio per non essere uccisa, poi i pretoriani di fronte a lui, poi
fissò le guerriere ed un immagine di Antinoo gli passò
per la mente: il giovane aveva una tunica bianca folti capelli neri
ed una leggera peluria sul viso; lo fissava sorridendo. L’imperatore
guardò di nuovo i pretoriani ed alzò il braccio; Xena
ed Olimpia sussurrarono insieme: - Sta dando l’ordine di attaccare:
è finita! - Ma poi abbassò veloce il braccio ed i soldati
gettarono l’arco e le frecce, Immediatamente Xena fischiò
e dopo un sodo tonfo le porte sprangate della sala si aprirono lasciandovi
entrare Antonino con i suoi uomini per fare prigionieri i senatori
congiuranti. La piccola folla all’interno della sala si dileguò
ancora incredula di essere stata risparmiata da un atto di clemenza
così grande.
- Li porto a Roma mio imperatore, ti prometto che non avranno vita
facile in attesa di essere giudicati dal senato e dalla magistratura
romana! - disse Antonino rivolto verso l’imperatore con in mano
le estremità delle catene a cui aveva assicurato i congiuranti.
Adriano acconsentì, quindi il generale alzo un braccio in segno
di saluto, ed andò via dando un’ultima occhiata a Xena
che gli sorrise colma di riconoscenza.
Adriano gettò la spada a terra, si rannicchiò contro
la balaustra e pianse ancora la morte del suo giovinetto, Xena ed
Olimpia gli stettero vicino per tutto il tempo e tirarono un sospiro
di sollievo: il bene aveva trionfato ancora.
Dopo un paio di
giorni le due guerriere decisero di partire, era ormai giunta l’ora
di lasciarsi alle spalle la morte di Antinoo e di tornare ad andare
in giro per il mondo ad aiutare chiunque ne avesse avuto bisogno.
Appresero dal filosofo Cabria che Adriano stava facendo costruire
nella valle proprio sotto l’accademia il canale del Canopo,
una riproduzione dello specchio d’acqua affluente del Nilo in
cui aveva perso la vita il giovane Antinoo. Questo canale sarebbe
terminato con un piccolo tempio dedicato a Serapide. Poco più
in là del Canopo invece fece seppellire il suo giovinetto,
erigendo sopra la tomba un tempio chiamato Antinoeion dedicato al
culto del dio Antinoo-Osiride. Dalla sua camera Adriano poteva vedere
la luce sempre accesa della cella dove era custodita la statua della
divinità. Inoltre Cabria disse loro che l’imperatore
aveva cominciato a commissionare a tutti gli scultori dell’impero,
centinaia di statue raffiguranti il giovinetto: Antinoo era morto,
ma non era mai stato più vivo di allora il suo ricordo.
Quando soggiunse il vespero, Xena ed Olimpia furono pronte a partire,
cercarono l’imperatore per salutarlo, ma non lo trovarono da
nessuna parte. Solo mentre stavano uscendo dalla residenza imperiale,
decisero di fare marci indietro e di andare a vedere semmai si fosse
fermato al Canopo, che egli stesso aveva eletto ormai come luogo della
memoria. Le due lasciarono i loro cavalli poco distanti si apprestarono
a raggiungere silenziose il posto; trovarono lì l’uomo
che passeggiava mesto sui bordi del canale, recitando una breve poesia
da lui composta poco dopo la morte del giovane:
Animula vagula blandula
Hospes comesque corporis
Quæ nunc abibis in loca
Pallidula rigida nudula
Nec ut soles dabis iocos
Le due erano talmente vicine che poterono sentirla per intero: - Ma
cosa sta farfugliando? - mormorò Xena chiedendo il significato
di quelle parole alla compagna. - Credo sia una poesia composta da
lui dice:
Piccola anima smarrita e soave,
compagna e ospite del corpo,
ora ti appresti a scendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti… - le spiegò
Olimpia con gli occhi lucidi.
- Forza amore, andiamo il nostro compito qua a Roma è finito…e
sul nostro imperatore da oggi in poi c’è una divinità
in più che veglia! - riprese Xena, la barda annuì. Si
incamminarono abbracciate nella notte oscura in direzione dei loro
cavalli, poi insieme uscirono, così come erano entrate silenziosamente,
per sempre da Villa Adriana e dalla vita dell’imperatore.
FINE