Ma non tutti i
presenti sulla nave a quell’ora di notte erano nelle loro cabine.
Il giovane Antinoo era molto nervoso quella sera, infatti, non riuscendo
a dormire lasciò la cabina che condivideva con l’imperatore
e salì sul pontile a prendere un po’ di fresco. Il giovane
camminava a piedi nudi sul ruvido legno del pontile, incespicando
di tanto in tanto in qualche sartia lasciata lì dai marinai;
arrivato alla prua della nave, si affacciò guardando prima
l’acqua del mare tinta di nero dal riflesso dell’oscurità,
poi le stelle. Stette per un po’ con il naso all’insù
scovando qualche costellazione di tanto in tanto. Si distrasse per
qualche attimo, ma alla fine tornò assorto nei suoi cupi pensieri
di morte e sacrifici. - “Tra qualche giorno sarà
l’anniversario della morte del dio Osiride…”
- pensò tra se e se Antinoo scovando la difficile costellazione
dell’acquario: - L’acqua ha un’immensa forza purificatrice!
- disse il giovane ripensando al mito del gigante Acquario, mandato
sulla terra da Giove per punire gli uomini. - “Spero di
essere in Egitto per quel giorno…” - pensò
nuovamente all’anniversario di Osiride e sospirò. Il
giovane tornò sotto coperta, si avviava flemme verso la sua
camera, tenendo in mano una piccola lucerna che illuminava fiocamente
il corridoio. La camera dell’imperatore era situata in fondo
al corridoio, ed attraversandolo tutto, Antinoo poté suo malgrado
udire delle persone parlare all’interno di una stanza, dapprima
non fece caso a quei discorsi, e tirò dritto, poi, sentendo
pronunciare il nome di Adriano, Xena ed Olimpia, fece marcia indietro
e tornò vicino a quella stanza appostandosi a lato dell’uscio
leggermente aperto. Non seppe resistere alla tentazione di sbirciarvi
dentro, e con suo sommo disappunto poté notare Lucio Calpurnio
con alcuni dei suoi uomini che stavano confabulando animatamente:
- Dobbiamo sbarazzarci innanzitutto delle due guerriere! Ci hanno
rotto le uova nel paniere fin dal principio! - parlò il pretoriano
Milone. - Sei un folle! E’ una missione suicida! Io non credo
sia una saggia idea personalmente: non possiamo cominciare a batterci
con le più forti, dobbiamo eliminare prima tutta la zavorra
che Adriano si porta appresso, poi una volta indebolitolo a dovere,
potremmo sferrargli il colpo di grazia! - consigliò Calpurnio.
- E come? - chiese ansioso di sapere Sila. - Beh, ci sono tanti modi…
Anche se ne conosco uno particolarmente atroce! - sghignazzò
Calpurnio. - Ah si? E quale? - fu la volta della domanda di Cimno.
Calpurnio fece cenno ai suoi soldati di avvicinarsi, si disposero
tutti in cerchio, poi bisbigliò qualcosa che ad Antinoo risultò
impossibile comprendere.
- Accidenti! - grugnì il ragazzo seccato, facendo cadere distrattamente
la lucerna sul pavimento. Il tonfo che produsse fu avvertito dai soldati
che fulmineamente balzarono in piedi e si recarono con pugnali alla
mano verso il quarto di uscio ancora aperto. L’oscurità
venutasi a creare fortunatamente servì a coprire la fuga disperata
di Antinoo, che col cuore in gola sgattaiolò silenzioso nella
sua stanza. Fortunatamente l’imperatore dormiva profondamente,
cosicché gli fu facile infilarsi nuovamente sotto le lenzuola
senza essere scoperto. - “C’è mancato veramente
poco stavolta…se fossi stato scoperto, dubito che Calpurnio
me lo avrebbe perdonato; già gli sono antipatico…”
- pensò; in seguito gli tornarono in mente le parole dei pretoriani
quindi meditò ancora: - “Xena ed Olimpia avevano
ragione: davvero c’è una congiura contro Adriano…
Scommetto che già sospettano di Calpurnio! Comunque come l’oracolo
ha detto urge il sacrificio!” - pensò, accorgendosi
di avere ancora pochissimo tempo a disposizione.
Il giovane si voltò verso il suo imperatore, gli aggiustò
un ricciolo che pendeva sulla fronte e gli sussurrò: - Hai
così tanti nemici… ma ti proteggerò io! - poi
la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò.
CAPITOLO 5
I giorni seguenti
trascorsero calmi: si navigava per la gran parte della giornata, e
si conversava in attesa di giungere in Egitto; in quei giorni Xena
ed Olimpia ebbero modo di conoscere in maniera più approfondita
Adriano, scoprendo in lui non solo un abile guerriero, ma anche un
animo sensibile, colto, particolarmente predisposto per l’arte
e la poesia. In particolare confidò ad Olimpia, in quanto poetessa
per mestiere, la sua aspirazione a scrivere delle poesie, ma per quanto
ci avesse provato non era mai riuscito a scriverne una decente per
mancanza di ispirazione. Il blocco del poeta, così come lo
chiamava la “cara” Venere, in quel periodo accomunava
sia la barda che l’imperatore. Con Xena invece Adriano parlava
delle battaglie in cui era stato, delle tante cose ingiuste che aveva
dovuto fare per volere del senato, di come aveva visto morire in battaglia
tanti suoi amici, e di quanti dei suoi più acerrimi nemici
aveva invece soccorso: la guerra era sempre così divideva gli
amici e univa i nemici, anche Xena ci era passata. La principessa
guerriera stava cominciando pian piano a ricredersi su Adriano: non
era come i suoi antenati… Non che ne avesse conosciuti molti,
si intende. In fondo la guerriera si trovò in passato a scontrarsi
contro un folle egocentrico ambizioso, un bambinetto salito al potere
troppo presto, ed un pazzo sanguinario ossessionato dal proprio essere
una divinità. - “Eh si, Giulio Cesare, Ottaviano
e Caligola non erano il massimo, ma fortunatamente Roma ha conosciuto
anche buoni imperatori…E l’ uomo che ho davanti ne è
la prova vivente!” - pensò tra se e se rendendosi
conto che a poco a poco tutte le sue remore su Roma ed i suoi abitanti
si stavano sgretolando.
Intanto le macchinazioni di Lucio Calpurnio e compagni continuavano
imperterrite; più volte si erano chiesti se fossero stati spiati
mentre complottavano, ma la risposta secondo loro non destava alcun
interesse, perchè erano dell’idea che tanto prima o poi
li avrebbero fatti fuori tutti. Calpurnio non era uno sprovveduto
qualsiasi: aveva stretto un’alleanza con i più influenti
senatori dell’impero, inoltre si era attorniato dei migliori
pretoriani della corte di Adriano; Sila, Cimno, Milone e Celso erano
cruenti, sanguinari e spietati, proprio come l’ambizioso Calpurnio,
ed il fatto che li aveva dalla sua parte e come suoi subordinati,
lo rendeva più tranquillo; d’altronde ai quattro faceva
comodo la proficua ricompensa in denaro promessagli dai senatori.
Il giorno precedente all’approdo in Egitto si presentò
come una grigia mattina di fine autunno: il cielo era ingombro di
nubi che di lì a poco avrebbero portato scrosci torrenziali,
mentre il mare era agitato dal grecale.
Nei giorni antecedenti Xena ripensò spesso a cosa stesse accadendo
a Villa Adriana e si augurava con tutto il cuore che Antonino fosse
intervenuto immediatamente. Mentre era presa da questi pensieri, le
venne in mente che poteva aver affidato le pecore al lupo: Lei di
Antonino non ne sapeva nulla! L’istinto le diceva di fidarsi,
ma se stava sbagliando? Tormentata da questo dubbio, quel giorno Xena
si spinse fino a poppa, ove generalmente viaggiava Cabria, per fargli
alcune domande sul generale. Nel frattempo Olimpia si sedette su un
enorme sacco di fave lasciato sul pontile; aveva una pergamena e un
penna in mano ed era in cerca di ispirazione per cominciare un nuovo
racconto, ma la sua concentrazione durò solo pochi istanti,
poiché fu raggiunta da Antinoo che le si sedette accanto.
Olimpia avvolse la pergamena e lo guardò, il giovane le sorrise
stringendosi il laccetto della tunica con lo spacco a V sul petto.
- Fa fresco, vero? - disse Antinoo.
- Si, abbastanza! - rispose Olimpia i cui capelli presero a scompigliarsi
al vento.
La brezza che spirava portava dal mare fino alle narici della barda
il profumo salmastre che inspirò a pieni polmoni prima di rivolgersi
nuovamente al ragazzo:
- Come va? E’ da quando ti sorpresi a piangere a Villa Adriana
che non abbiamo più parlato… Novità? - chiese
premurosa. Il giovane si perse per un lungo ed interminabile istante
a guardare l’orizzonte, poi con gli occhi lucidi rispose: -
No, nessuna… - - Hai consultato l’oracolo prima di metterti
in viaggio? - domandò Olimpia. - Si… - annuì il
ragazzo scotendo la testa. - E dunque? - continuò la barda.
- La profezia è sempre la stessa Olimpia, ormai non c’è
più niente da fare.. - sospirò sconsolato Antinoo. -
Ci sarebbe ancora una cosa da fare: Parlarne con Adriano! Non credi
abbia il diritto di sapere? - osservò Olimpia. - No! E’
fuori discussione! Il mio destino è ormai segnato! Adriano
non deve intromettersi nella mia decisione: se io sacrifico la mia
vita per lui conquisterà altri venti anni di vita, che si andranno
ad aggiungere ai sette del mio falcone! - parlò grintoso il
giovane - E tu credi che possa vivere ancora per altri ventisette
anni, quando chi trama alle sue spalle potrebbe ucciderlo anche stasera
se solo volesse? - lo rimproverò la barda. - Io credo in quella
profezia Olimpia, non posso venire meno; decreterei la morte di Adriano!
- parlò rassegnato Antinoo. - E come pensi che la prenderà
l’imperatore quando saprà che ti sei ucciso per lui?
- gli rinfacciò la donna - Non sarà più affar
mio, la mia parte l’avrò già fatta! - disse soddisfatto.
- Se sei così cocciuto da volerti suicidare per colpa di una
profezia di cui ancora non conosci neppure il significato fa pure,
ma non voglio essere tua complice! Appena potrò racconterò
tutto ad Adriano. - minacciò Olimpia. - Mi costringi a sopportare
questo peso da solo allora…- parlò Antinoo scrollando
le spalle. Olimpia sospirò - Non sono mai stata d’accordo
con te, e questo lo sai bene! - disse poi. Il giovane capì
che anche Olimpia così come lui rimase delle proprie convinzioni,
quindi decise di concludere quella discussione.
Nonostante Antinoo avesse appena avuto uno screzio con la donna, non
riusciva ad andare via da lì, forse perché in cuor suo
sapeva che l’unica che avrebbe potuto comprenderlo a pieno era
proprio lei, d’altronde chi aveva sacrificato se stessa per
amore della compagna portando la figlia di Dahak con se nella voragine
al tempio?
Antinoo credeva che quello fosse il gesto di amore più grande
che sentì raccontare, ed era profondamente convinto che almeno
una lieve speranza che Olimpia mantenesse il segreto ancora per un
poco, c’era.
- Passando ad altro… - interpellò poi la donna silenziosa:
- Qualche sera fa, non avendo sonno, feci una passeggiata sul pontile,
ma quando tornai in camera udii Lucio Calpurnio complottare con i
suoi pretoriani… solo che non ho sentito in che modo; si accorsero
che qualcuno li stava spiando… - continuò il giovane
confidando quello che gli era accaduto ad Olimpia. - Quando è
successo? - chiese la donna la cui attenzione fu subito riacciuffata
da Antinoo. - Più o meno due o tre sere fa… Io credo
che già abbiate già sospetti su Calpurnio, ma vi mancano
le prove, non è così? -
- Esatto! - convenne amareggiata la barda. - E questa non potrebbe
costituire una prova? - domandò il ragazzo. - No, non costituisce
una prova: non hai sentito cosa si sono detti! - disse Olimpia per
poi continuare: - Ma non ti preoccupare, un modo per incastrarlo lo
troveremo! - e si lasciò andare ad un sorriso. Il giovane si
alzò dal sacco, e si accosto al parapetto, vi si affacciò
scrutando al di sotto l’acqua marina fenduta dalla nave in movimento
e rimase muto.
Dopo lunghi attimi il giovane si decise nuovamente a parlare: - Sai
come è morto il dio Osiride? - chiese alla barda. - Osiride?
Il figlio di Nut e Geb? - chiese Olimpia cercando di inquadrare le
divinità di cui si stava parlando. - Proprio lui! - - Ehm…
ho sempre avuto un po’ di problemi con la mitologia egizia…
in questo momento non mi sovviene… - ammise la donna. - Osiride
portò la civiltà agli uomini e fu molto amato dal popolo.
Seth, invidioso di lui, cospirò per ucciderlo. costruì
in segreto una bara preziosa fatta appositamente per il fratello e
poi tenne un banchetto, nel quale annunciò che l’avrebbe
donata a colui al quale si fosse adattata. Dopo che alcuni ebbero
provato senza successo, Seth incoraggiò il fratello a provarla.
Appena Osiride vi si adagiò dentro il coperchio venne chiuso
e sigillato. Seth e i suoi amici gettarono la bara nel Nilo, facendo
annegare Osiride. Iside con l’aiuto di Nefti riportò
Osiride alla vita usando i suoi poteri magici. Prima che si potesse
vendicare, Seth uccise nuovamente Osiride, facendolo a pezzi e nascondendo
le parti in vari luoghi. Iside e Nefti trovarono i pezzi, e la dea
lo riportò in vita. Ma il destino di Osiride era quello di
regnare nell’oltretomba, e così lasciò l’Egitto.
- raccontò con passione Antinoo.
- Perché mi stai dicendo questo? - chiese la barda non capendo
dove egli volesse andare a parare. - Capirai quando sarà il
momento di capire Olimpia! - le disse il giovane, che immediatamente
fu interrotto da una voce alle sue spalle che lo chiamava: - Antinoo!
Dove sei? - Adriano cercava il suo amante, per potergli presentare
la sua scorta, perciò il giovane lo vide arrivare con i due
pretori più forti Sergio e Milone.
- A cosa mi serve questa scorta? - parlò infastidito Antinoo
rivolto ad Adriano.
- La prudenza non è mai troppa! - lo ammonì l’imperatore.
- Ma io non voglio! So badare a me stesso! - continuò il giovane.
- Vieni, andiamo a parlarne da un’altra parte! - parlò
l’imperatore notando lo sguardo insistente di Olimpia su di
loro.
Il gruppo si allontanò, ed Olimpia voltandosi, tirò
un sospiro di sollevo: forse l’idea della scorta non era poi
così malsana: avrebbe impedito ad Antinoo di fare pazzie.
Qualche istante dopo Xena raggiunse la sua compagna, aveva un’aria
molto più serena rispetto a qualche giorno prima, segno che
il colloquio con Cabria era andato a buon fine, aveva scoperto che
Antonio Pio era un uomo estremamente fedele all’imperatore,
e che Marco Aurelio era suo nipote.
L’alba di
un nuovo giorno soggiunse presto e la liburna attraccò al porto
di Tebe; finalmente dopo cinque interi giorni di viaggio arrivarono
in Egitto.
Mentre il timoniere e i rematori eseguivano alcune complicate manovre
di ormeggio, Adriano, Antinoo, Cabria, Xena ed Olimpia si erano affacciati
ai parapetti della nave per vedere l’incredibile spettacolo
che si profilava loro dinnanzi: un porto pullulante di vita con tante
navi ancorate alla banchina; pescatori che scaricavano alcune casse
di pesce sulla terraferma; negozi di stoffe, alimenti, armi, e quant’altro
aperti; gente dovunque indaffarata. La giornata era talmente nitida
che in lontananza si intravedevano le dune di sabbia del deserto,
e la cosiddetta “valle dei re”.
- Guarda Antinoo, sei a casa! - esclamò l’imperatore
abbracciando il ragazzo con trasporto. - Già, a casa…
- constatò senza ombra di entusiasmo il ragazzo, assorbito
completamente dalle idee funeree che aveva.
Olimpia distolse gli occhi dal panorama per fissare qualche istante
Antinoo:
-“Speriamo non faccia sciocchezze!”- pensò.
Quando la nave calò il ponte per permettere lo sbarco, tutti
furono felici di toccare la terraferma dopo un viaggio molto movimentato.
Adriano decise che non si sarebbero accampati: dal porto di Tebe era
molto più facile raggiungere le città limitrofe con
la sua stessa nave. L’imperatore che discese accompagnato da
Antinoo e Cabria, postisi ai suoi lati, fu accolto da due uomini dalla
carnagione scura, la cui pelle era quasi bruciata dal sole; essi indossavano
un perizoma ed avevano il capo scoperto, portavano anche un paio di
leggerissimi sandali di cuoio. - Benvenuto nella nostra terra sommo
imperatore! - si inchinarono parlando con accento straniero i due.
Adriano li fece alzare pressoché subito, chiedendogli poi se
cortesemente potevano scortarlo dal faraone, per potersi accordare
sulla strategia da utilizzare contro l’avanzata cartaginese.
Antinoo e Cabria lo seguirono; ognuno di loro aveva intenzione di
trascorrere la giornata in maniera diversa dall’ozio forzato
al quale si erano sottoposti sulla nave. A Pochi passi più
indietro del gruppo si fermarono anche i pretoriani Sergio e Milone,
preposti alla guardia del giovane.
Una volta dal faraone Adriano si eclissò con lui all’interno
del suo palazzo, mentre Cabria si trattenne in biblioteca per fare
alcune ricerche circa la teoria sofista. Antinoo che aveva molti amici
al servizio del faraone, andò a trovare alcuni di loro, per
avere informazioni sulla sua famiglia che ormai aveva lasciato la
Bitinia per andare in un altro posto sconosciuto a tutti, compreso
a lui stesso.
Xena ed Olimpia invece, quando scesero dall’imbarcazione, decisero
di rimanere nei dintorni in caso ci fosse stato bisogno d’aiuto,
quindi optarono per un giro nell’area portuale. Se avessero
trovato un negozio che vendeva papiri, Olimpia ne avrebbe voluto acquistare
qualcuno perché lo riteneva migliore della pergamena come supporto
scrittorio, inoltre era molto più leggero da trasportare ed
economico: dopo la stangata dello stalliere al porto di Ostia avevano
un disperato bisogno di risparmiare.
Nonostante le due si fossero allontanate abbastanza velocemente dalla
nave, la principessa guerriera non poté fare a meno di continuare
a guardare in quella direzione, in quanto era consapevole di aver
lasciato a piede libero i pretoriani.
Olimpia notò ben presto la distrazione di Xena che sembrava
essere col pensiero altrove, tanto che inciampò ripetutamente,
finendo addosso ad alcuni tipi poco raccomandabili. Dopo averli sistemati
ben bene, Olimpia le chiese: - Si può sapere cos’hai?
Perché non fai più attenzione a dove metti i piedi?
Vuoi fare a cazzotti con tutto il porto entro la prima ora dal tuo
arrivo a Tebe? - la rimproverò. - Scusa, è solo che
abbiamo lasciato Calpurnio ed i suoi uomini liberi di tramare! - si
giustificò Xena guardando nuovamente in direzione della nave.
- A proposito di Calpurnio… - disse la barda a cui sovvenne
in mente un ricordo: - Quando ho parlato con Antinoo, mi ha detto
di aver udito per caso una conversazione tra i pretoriani entro la
quale si parlava di eliminare Adriano e tutti coloro che ruotano intorno
a lui! - continuò. - Si trattava sicuramente di Calpurnio,
Milone, Cimno, Celso, e Sila: ci scommetto! - disse la guerriera.
- Eh già! - avallò Olimpia. - Io so perfettamente che
sono loro che stanno portando avanti la congiura mentre i senatori
si impegnano per distruggere Villa Adriana, ma ho un disperato bisogno
di prove! E sinceramente non so da dove attingerle! - parlò
Xena picchiando la mano contro la testa più volte con un certo
nervosismo. - L’ideale sarebbe una piena confessione di qualcuno
di loro… - commentò Olimpia. - Certo che lo sarebbe!
Ma chi di loro pensi che ti si avvicini e ti dica ehi lo sai: voglio
uccidere Adriano e tutti quelli che lo circondano? - obiettò
sensatamente Xena, per poi continuare: - Sono stupidi, ma non fino
a questo punto! - - Dobbiamo solo aspettare un loro passo falso, sono
sotto pressione, non possono permettersi di sbagliare… arriverà
Xena quel momento, ne sono sicura! E allora noi li accuseremo pubblicamente
di fronte all’imperatore! - esclamò infervorata Olimpia.
- Ah Xena, sai come è morto il dio Osiride? - domandò
poi Olimpia cambiando discorso. - Credo sia morto annegato nel Nilo,
ma perché me lo chiedi? - domandò incuriosita Xena.
Olimpia ripensò a ciò che le aveva raccontato Antinoo.
Che senso avrebbe potuto avere quella storia? - Oltretutto mi sembra
che qui festeggino ogni anno l’anniversario della morte del
dio… si racconta che chiunque muoia annegato nel Nilo in quel
giorno, proprio come Osiride, debba essere innalzato agli onori dell’altare….
- precisò Xena, che incalzò: - Ma da quando ti interessi
di divinità? -
- No, la mia era semplicemente curiosità… - rispose Olimpia
nella cui testa ruggiva una sola frase: - “Capirai quando
sarà il momento di capire, Olimpia!” - La barda
era certa che Antinoo avesse voluto lanciarle un messaggio, ma quale?
Per un attimo la barda fu tentata di confessare alla sua amica l’orribile
peso della profezia sulla morte di Antinoo che le opprimeva il cuore,
ma d’altra parte ricordò che il giovane le disse che
chiunque avrebbe svelato la profezia di cui veniva a conoscenza ad
altri, avrebbe mutato irrimediabilmente il destino di questi; Olimpia
non poteva permettere un mutamento nel corso del destino di Xena,
né di chiunque altro le stesse attorno, quindi a malincuore
tacque serbando questo fardello dentro di se. Le due tornarono sulla
nave accorgendosi solo allora di essere state fuori per la maggior
parte del giorno. Adriano e gli altri erano già rientrati dalle
loro faccende, e stavano intrattenendosi a giocare a dadi sul pontile
seduti in cerchio, respirando la fresca e piacevole brezza della sera.
Nell’ilarità generale, Olimpia poté leggere la
tristezza negli occhi del giovane che gettava i dadi con fare svogliato
sui listelli di legno del pontile. La loro prima giornata egiziana
volò velocemente via, dando il posto ad un’altra notte,
ed ancora ad un nuovo giorno.
Quando l’imperatore
si svegliò di buon ora quel mattino, lasciò correre
una mano lungo il suo letto per sfiorare il corpo del suo giovane,
ma purtroppo non lo trovò al suo fianco; immensamente preoccupato
si infilò frettoloso la tunica che la sera precedente aveva
stancamente lasciato sgualcita sulla sedia, e uscì di corsa
fuori dalla sua cabina.
- Antinoo! Antinoo! Dove sei? - chiamava a gran voce per tutto il
corridoio. Gli schiamazzi dell’uomo fecero ridestare anche Xena
ed Olimpia che affacciandosi dalla loro cabina capirono subito il
motivo dell’agitazione dell’uomo. Si unirono quindi alle
ricerche di Adriano, e tutti e tre salirono di sopra.
Nonostante fosse presto, il sole era già sorto, e poterono
stimare che approssimativamente era l’hora prima. Adriano scorse
una figura seduta in lontananza aldilà del primo albero maestro,
così si precipitò verso di essa sperando che fosse il
suo giovinetto. - Antinoo! - chiamò di nuovo. Ma l’uomo
si girò di scatto, rivelando le fattezze del volto di Cabria.
- Adriano! - esclamò l’uomo. - Cabria! Hai visto Antinoo?
- parlò ansimando l’imperatore. - Si, è uscito
verso il diluculum… - rispose sereno il filosofo riavvolgendo
una pergamena contenente appunti scritti a penna.
- Uscito? E dove è andato? - chiese con una smorfia di terrore
disegnata in volto Olimpia. - E’ andato a farsi un giro! - parlò
Lucio Calpurnio sbucando all’improvviso alle loro spalle. -
Lucio! Era solo? - chiese terrorizzato l’imperatore, poggiando
le mani sulle spalle del soldato quasi come per proteggersi dal mancamento
che stava avendo. Xena a sua volta scosse le spalle non per il vento
gelido che si stava sollevando, ma per il timore che Calpurnio fosse
finalmente entrato in azione.
- No imperatore, non era solo! - parlò finalmente il capo dei
pretoriani.
Le facce dei presenti si distesero notevolmente sapendo che il giovane
non era solo, poi Lucio Calpurnio spiegò: - Sergio non era
ancora sveglio, così, sapendo che non voleva lasciare Antinoo
solo, ho detto a Milone e Celso di scortarlo! - - Bravo Lucio! Ben
fatto! - si tranquillizzò Adriano.
- Milone e Celso? - sospirò impercettibilmente Xena cominciando
ad essere molto tesa. - E da che parte è andato? - continuò
Adriano. - Andava verso Alessandria, era in cerca dei genitori, mio
imperatore! - rispose prontamente Calpurnio. - Dobbiamo andare anche
noi ad Alessandria, Antinoo potrebbe essere in pericolo! - ingiunse
frettoloso l’imperatore, che continuò impaziente: - Sveglia
Sergio, raduna Polite, Cimno, Fabio e Severo! Ci metteremo subito
in cammino! Non può essere andato lontano! -
Lucio Calpurnio fece un cenno di assenso, poi con un sorriso malvagio,
captato solo da Olimpia, andò via.
- Adriano, sei sicuro che quello che dice Calpurnio sia vero? - obiettò
Olimpia che aveva ancora in mente il riso sardonico dell’uomo.
- Certo, mi fido di Lucio! - spiegò l’imperatore. - Ma
Adriano, io non credo che sia… - continuò Olimpia cercando
di dissuaderlo. - Non ora Olimpia! - la fermò l’imperatore,
che continuò imperterrito: - Ho da chiedervi una cortesia:
aspettate qua con Cabria nel caso dovesse tornare indietro prima di
noi! - Poi si rivolse al filosofo: - Cabria, procurami sette cavalli,
non bado a spese: mi servono immediatamente! -
Anche l’uomo obbedì, mentre le due videro scomparire
Adriano sotto coperta.
- Sta commettendo un grave errore! - parlò una volta che furono
sole Xena.
Poco tempo dopo videro il drappello di uomini allontanarsi a cavallo,
così come aveva voluto l’imperatore, ma Xena, a cui non
sfugge mai nulla, si accorse che all’appello mancava Sergio.
- Olimpia! - chiamò la guerriera attirando l’attenzione
della barda. - Cosa c’è Xena? - - Hai notato che Sergio
non c’è? Tanta era la fretta che aveva l’imperatore
che non se n’è accorto! - osservò Xena. - Sergio
allora deve essere ancora da qualche parte sulla nave! - concluse
Olimpia.
Un improvviso rumore proveniente dalla stiva attirò la loro
attenzione mettendo in allerta i loro sensi. Xena fece cenno ad Olimpia
di star zitta, poi si avvicinò a passo felpato verso la botola,
aprì la grata e vi discese. - Olimpia l’ho trovato! -
urlò da là sotto. Pochi istanti dopo Xena riemerse dalla
stiva reggendo forte Sergio; l’uomo aveva il viso tutto insanguinato,
ed aveva da poco ripreso i sensi. - E’ stato Calpurnio! Mi ha
colpito alle spalle! - spiegò il pretoriano quando riuscì
finalmente a parlare; nel frattempo sul luogo era sopraggiunto anche
Cabria che appena vide il soldato ferito esclamò: - Per tutti
gli dei! - Olimpia coprì con un lembo del corpetto che si era
appena strappata la ferita dell’uomo, quindi disse a Cabria:
- Fa venire subito Ermogene! - L’uomo senza il minimo indugio
corse a chiamarlo. - Sergio, Calpurnio e i suoi pretoriani sono dei
congiuranti! Voleva toglierti di mezzo perché voleva arrivare
a mettere le mani su Antinoo… La sua messinscena di Antinoo
che è andato ad Alessandria è stata solo un tentativo
di depistaggio… Ha condotto l’imperatore da tutt’altra
parte per avere campo libero col ragazzo… - gli spiegò
sconvolta Olimpia, che a poco a poco stava ricostruendo la dinamica
dei fatti.
- Hai ragione Olimpia! Com’è possibile che non lo abbiamo
capito prima! Lucio mira ad indebolire l’imperatore eliminando
ad una ad una tutte le persone a cui tiene, e se i nostri calcoli
sono precisi comincerà ad infliggergli una punizione esemplare
proprio con la morte di Antinoo! - rifletté Xena. - Questo
significa che stando con Milone e Celso, che sono i suoi più
fedeli pretoriani, Antinoo corre un gravissimo pericolo! - constatò
la barda. - Dovete trovarlo! Se accadesse qualcosa ad Antinoo l’imperatore
ne morirebbe! - intervenne Sergio. - Dove potrà mai essere
andato? Non può essere sulla strada per Alessandria, non è
uno sprovveduto e sa che a piedi non potrebbe andare lontano…
Forse è tornato al palazzo dagli amici, ma a far che? - meditò
Xena cercando una soluzione plausibile. Un alito di gelido vento si
abbatté su Olimpia, e penetrando nelle sue orecchie le sembrò
quasi che sussurrasse: - “ La profezia…” - La barda
fu paralizzata dalla paura; nel suo cervello vorticavano sinuosi tanti
pensieri: - “La profezia…”- - “ Secondo
questa profezia tu devi morire” - - “Non sono un codardo
affronterò il mio destino…” - - “Capirai
quando sarà il momento di capire…” - - “
Oltretutto mi sembra che qui festeggino ogni anno l’anniversario
della morte del dio… si racconta che chiunque muoia annegato
nel Nilo in quel giorno, proprio come Osiride, debba essere innalzato
agli onori dell’altare…” - Olimpia si ridestò
dai suoi pensieri, fu scossa da un tremito, e diventò immediatamente
pallida nel realizzare finalmente quel che Antinoo voleva dirle.
- Xena, oggi che giorno è? - chiese la barda sperando in cuor
suo che non fosse come aveva intuito. - Ma che c’entra adesso!
- le chiese stizzita la guerriera che nel frattempo continuava a meditare
tenendo stretto il panno che aveva intriso di acqua di mare sulla
ferita del soldato. - Per favore: rispondi! - incalzò Olimpia
- Oggi è il 30 ottobre…- parlò nuovamente Sergio
con molta fatica. - Xena è oggi l’anniversario della
morte di Osiride? - domandò prontamente Olimpia - Ehm…
Si mi sembra, perché? - chiese Xena che non riusciva ancora
a capire il perché di quelle domande.
- Oh Xena! Per tutti gli Dei! So dov’è! - disse con le
lacrime agli occhi la barda.
- Olimpia parla, dov’è? - reagì la principessa
guerriera prendendola tra le braccia per consolarla. Olimpia tirò
su col naso, pensò: - “Neanche io sono codarda Antinoo!”
- poi si asciugò le lacrime con il braccio ed invitò
la guerriera ad andare con lei:
- Seguimi! Lo troveremo sulle sponde del Nilo. Sbrighiamoci o sarà
troppo tardi! -
Finalmente da sotto coperta spuntarono Cabria ed Ermogene, ma Xena
ed Olimpia erano già sul ponte quando i due le videro: - Prendetevi
cura del soldato, andiamo a salvare Antinoo! - urlò Xena.
Mentre le due correvano a perdifiato, Olimpia mise al corrente la
sua amica su quello che era accaduto, e che ancora stava per accadere;
le parlò di quella maledetta profezia che obbligava Antinoo
a sacrificarsi per amore del suo imperatore, le raccontò delle
strane storie che il giovane le aveva raccontato sul dio Osiride,
e di quanto nervoso fosse al pensiero di doversi suicidare.
- Sei una sciocca! Dovevi parlarmene prima! - la rimproverò
la principessa guerriera una volta messa al corrente dei fatti. -
Xena io…- parlò mortificata Olimpia. - Non sprecare fiato,
corri piuttosto! - disse irritata la guerriera. - No, ora mi stai
a sentire, mi aveva promesso che non avrei dovuto parlartene perché
se lo avessi fatto avrebbe potuto cambiare il corso del tuo destino…
Io non potevo! Ho dovuto proteggerti, solo per questo ho taciuto!
- le spiegò Olimpia.
- Cosa diceva questa profezia? - domandò la principessa guerriera
con minore durezza nei suoi riguardi. - “Un oscuro baratro
attenderà l’imperatore Adriano, mettendolo duramente
alla prova. Urge sacrificare tutto ciò che di più prezioso
esista per l’imperatore. Il pegno di un solo grande tesoro potrà
rendergli la vita, se il sacrificio non avverrà, le sventure
più orribili patirà…” - recitò
Olimpia tutto d’ un fiato. - Siete sicuri che la profezia vada
intesa così? - le chiese Xena. - Non chiederlo a me per favore,
io gliel’ho detto tantissime volte di consultare qualcuno prima
di prendere qualsiasi decisione… - esplicò Olimpia. -
Speriamo di non arrivare tardi! - concluse la principessa guerriera.
Altrove, sulle
sponde del Nilo, Antinoo stava già lottando per la sua sopravvivenza
contro Milone e Celso, è vero, doveva morire, ma avrebbe dovuto
sacrificarsi, non essere ucciso per salvare la vita all’imperatore,
così il giovane stava lottando con le unghie e con i denti
vendendo cara la propria pelle.
Il ragazzo fu molto bravo a destreggiarsi schivando i pericolosi fendenti
che lo sfioravano da un lato e da un altro, inoltre riuscì
ad assestare anche dei pugni diritti al ventre ed al viso dei due
pretoriani mettendoli in difficoltà, ma la fortuna non gli
sorrise per molto: mentre cercava di schivare una bordata di Celso,
fu colpito al ventre da un fendente di Milone che lo ferì in
modo gravissimo. Il giovane rinculò quando il soldato estrasse
la spada dal ventre poggiandogli un piede sul petto, poi iniziò
a barcollare in preda all’offuscamento della vista.
Xena ed Olimpia, arrivate purtroppo in ritardo, poterono solo vedere
la lama della spada di Milone affondare nel ventre di Antinoo e trafiggerlo
crudelmente. - Nooo! -gridò Xena gettandosi immediatamente
nella mischia, ed ingaggiando un cruento corpo a corpo contro quei
due bruti, mentre Olimpia cercava di soccorrere il giovane ferito,
che indietreggiava sempre più verso il greto del fiume. Stava
per perdere i sensi, quando vedendo Olimpia avvicinarsi le disse flebilmente:
- Ero sicuro che avresti capito al momento giusto… - Il giovane
le sorrise debolmente e sussurrò con un filo di voce: - Se
non posso stare da vivo al fianco del mio imperatore, almeno lo farò
da morto con gli onori dell’altare… Continuerò
a stargli vicino e sarò il suo personale nume protettore…
perché lo amo… semplicemente lo amo… - concluse
Antinoo prima di cadere pesantemente all’indietro nelle fredde
acque del Nilo.
- Antinoooo!- urlò disperata Olimpia, lanciandosi verso di
lui ed atterrando al suolo con le braccia protese in un ultimo disperato
tentativo di acciuffare il giovane; per quanto si fosse sforzata vide
solo il corpo del giovane andare velocemente a fondo.
- Perché? - lanciò un urlo stridente, poi si alzò
immediatamente incurante del ginocchio sbucciato e si gettò
anch’ella nella battaglia, Olimpia andò a posizionarsi
al fianco di Xena sfoderando i suoi sais e diede manforte alla sua
amica. Milone fu da lei ferito, mentre Celso fu catturato ed imprigionato
da Xena. - Xena ti prego salva Antinoo è caduto nel Nilo! -
la pregò Olimpia indicandole il posto in cui l’aveva
visto annaspare per l’ultima volta. La principessa guerriera
gettò immediatamente la spada a terra e accompagnata da un
sordo clangore si tuffò immediatamente per cercare di recuperare
il corpo del giovane.
Milone nel frattempo nonostante il tendine della gamba squarciato,
si diede alla fuga, mentre Celso incapace di muoversi autonomamente
per via del corpo legato venne messo a sedere da Olimpia con un calcio
nello stomaco.