EPISODIO N. 11
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di GXP

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L’insostenibile leggerezza dell’essere - parte I

 

Nota dell’autrice. Il titolo scelto per questo episodio non ha alcuna pretesa di paragone con il noto romanzo. La scelta di utilizzare quel titolo tratto dal proverbio tedesco Einmal ist Keinmal ovvero, traducendo letteralmente, ciò che si verifica una sola volta (Einmal) è come se non fosse accaduto mai (Keinmal) ( cit. wikipedia, confermato da diversi blog su romanzo) è dettato dalle vicende nella trilogia nordica narrante il tradimento di Olimpia e di cui questa fanfiction è sequel. L’intento è quello di evidenziare le riflessioni contrastanti sulle nostre azioni e delle conseguenze che inevitabilmente comportano che è poi il tema di questa storia.

Si ringrazia Nihal per la revisione e la consulenza poetica J

Buona lettura. GxP


Preludio

Erano passati circa due lune piene da quando avevano lasciato le fredde terre del nord. Due mesi di lunghi cammini e scarsi dialoghi. Due mesi di gelo tra la principessa guerriera e il bardo amazzone.

Olimpia aveva tentato più di una volta di intraprendere il discorso con Xena ma si rendeva conto che la ferita sanguinava ancora ed imporre un dialogo ad una persona di per sé taciturna come la guerriera voleva dire adirarla ancora di più.

I lunghi silenzi e l’assenza di avventure portavano la mente del bardo a vagare nei ricordi e nei sogni. Spesso la fantasia volava nella grande casa dall’aspetto algido ma dall’amorevole tempore, la casa di Brunhilde, dove aveva trovato, sebbene per poco tempo, la felicità e l’amore di una famiglia. Le mancava e non poteva negarlo né a se stessa né alla compagna di viaggio. Era certa che Xena lo percepisse ogni volta che lo sguardo si volgeva verso le montagne e il pensiero si intrufolava tra le nubi sorvolando le miglia macinate in silenzio, arrivando fino all’ormai distrutto ponte, dove Heimdallr la salutava come la prima volta in cui si conobbero. Le sorrideva e le indicava la strada verso quella che era stata anche la sua casa. Fulla l’aspettava sulla soglia ondeggiando felice la mano in segno di saluto. I camini fumavano e nelle narici percepiva l’odore della cena. Una volta entrata attraversava i corridoi e raggiungeva la stanza che per lungo tempo le era stata negata per rispetto e timore. Apriva la porta e lei era lì: le sue trecce bionde oro rifulgevano di luce e gli occhi verdi brillavano di felicità. Ed era in quel momento che il sogno finiva e lo schioccare degli zoccoli sulla terra riportava Olimpia alla sua realtà: la donna che aveva amato per breve tempo l’aveva lasciata andare per sempre, e la donna che avrebbe amato per sempre la stava lasciando andare per una strada sconosciuta. Sapeva che la responsabilità di quel tradimento era legata alla momentanea perdita di memoria, ma l’aver dimenticato completamente i sentimenti per Xena le poneva costantemente il dubbio sulla sincerità del suo legame per lei. Era stata salvata mille volte, certo, e con lei, per lei, aveva affrontato la morte in più di una occasione. I ricordi di tutte le circostanze nella quali l’aveva persa le si paravano davanti con prepotenza: dall’avvelenamento di Xena, alla crocifissione comune fino all’ estremo saluto sul monte Fujii. L’amazzone si era fatta crocifiggere per lei e con lei. Possibile che non ci fosse più lo stesso legame che l’aveva spinta a tanto? Perché non era fuggita come Xena le aveva più volte supplicato di fare? Perché non l’aveva abbandonata quando avevano deciso di intraprendere due sentieri differenti, il cammino dell’amore e la via della guerra? Combattere. Uccidere. Viaggiare con Xena. Combattere con Xena. Uccidere per Xena, per difenderla, per sostenere gli stessi ideali. Per lei. Però Olimpia Aveva deciso di scendere in battaglia anche al fianco di Brunhilde. Avrebbe rischiato la vita per salvare la sua. Che cosa provava? Che cosa doveva fare?

Le domande si accavallavano prepotenti come se le furie sguazzassero nella sua testa. Era in quei momenti che sentiva lo sguardo di Xena puntato freddo su di sé. Non poteva evitarlo. Non poteva evitare di pensare e non riusciva ad evitare che lo sconforto prendesse la forma di lacrime fuggiasche.

In quei momenti la principessa guerriera allungava il passo, distaccandosi fisicamente ed emotivamente dalla compagna di viaggio. Da quando avevano ritrovato Argo, Olimpia aveva notato un certo sollievo nell’amica, la quale vedeva nella cavalla una solida alleata. Come se percepisse la sofferenza della sua padrona, l’animale nitriva e scalpitava per galoppare ogni volta che la pazienza della guerriera veniva messa a dura prova dai pensieri del bardo e, per quanto fosse penoso vederla così distante, il bardo si sentiva sollevata perché almeno Xena aveva qualcuno con cui sfogarsi.

Credo di amare due donne e so che non potrò mai più essere felice.

Lo pensava spesso in quei giorni di marcia verso la Grecia. Come era possibile amare due donne? Per Brunhilde non aveva mai scritto una sola poesia in passato. La sua vita era Xena e le loro avventure. Mentre era con lei, nel gelo del Nord, scriveva poesie su Xena.

Lontana, come il cielo, il profondo, l'immutato”.

Nella confusione dei sentimenti si domandava spesso a chi avesse dedicato davvero quelle parole. Alla sua adorata Brunhilde, che amava con passione, o a Xena, che da tempi immemorabili si era legata a lei anima e corpo?

La mia adorata Brunhilde. La mia… adorata Brunhilde.. adorata… queste parole potrebbero bastarmi per decidere cosa fare di me. Ma lei ormai non mi ama più. Rifiuta il mio amore perché sa che io amo Xena… Xena, la mia anima gemella. Ma chi l’ha deciso? Quel destino che la stessa Xena rifiuta da sempre? Come credere a qualcosa che non esiste? E se la mia fosse solo gratitudine per la vita che Xena mi ha donato permettendomi di viaggiare con lei? Infondo l’ho lasciata già una volta per Perdicca, per sposare lui. Caro Perdicca... Come sarebbe stata la mia vita se non avessi accettato la tua proposta? Ti avrei forse salvato la vita? Ho forse salvato la vita alla dolce Brunhilde tornando in Grecia? La sua vita è con le valchirie e lei vi ha rinunciato per stare con me. Quanto amore in ogni suo gesto... E Xena a cosa ha rinunciato per me? La sua vita è la guerra, mi ha trascinato in questo mondo… No, io ho voluto esserci. Perché in lei vidi la salvezza. Io non ero tagliata per fare la vita da contadina e lei mi ha salvato. Lei ha visto chi ero e mi ha protetto mentre scoprivo me stessa. Mi ha protetto ed amato più di una sorella, più di una madre. Xena… amore mio. Amore mio… io l’amo ancora? Che sciocca... Io non ho smesso mai di amarla. È sempre stata parte di me. Eppure ho cercato di dimenticarla perché per egoismo volevo una vita serena con una donna che stesse davvero con me, Brunhilde, che rinunciò a tutto…solo per noi... Xena… quanto diritto hai di odiarmi…. La mia anima gemella. Oh Brunhilde amata amica, merito il tuo disprezzo per ogni volta che ho illuso il nostro amore e sfregiato il nostro futuro. Tu lungimirante lo sapevi ma mi hai ceduto. Io… che avida meretrice. Io merito tutto questo perche le amo entrambe in modi diversi e non so come uscirne.

E mentre i pensieri le affollavano la mente notò che Xena era ormai un puntino all’orizzonte e non accennava a fermarsi quindi spronò il suo cavallo per raggiungerla.

Capitolo 1 – Parlami

Per quanto il freddo delle terre macedoni fosse pungente, non era paragonabile alle stagioni delle nevi nordiche lasciate con rammarico. Eppure entrava nelle ossa come lame. L’umidità rendeva la legna cosi fradicia che i fuochi emanavo molto fumo e poco calore. I soldi scarseggiavano e i lavori a cottimo non bastavano per affittare delle stanze. Questa era l’ennesima notte passata in un rifugio di fortuna nel silenzio e nel gelo.

Olimpia tentò di intavolare un dialogo.

-Tra quanto pensi che potremo raggiungere Atene?-

Xena stava affilando la sua spada e, senza fermasi, ad occhi bassi e spenti, rispose che ci sarebbero volute ancora due notti. Ricadde il silenzio. Olimpia ritentò.

- Come mai Fillide è ad Atene?-

Xena esitò a rispondere, poi, prendendo fiato ed espellendolo in tutta la frase, disse:

- L’ultima volta che lo vidi mi disse che sarebbe andato a cercare il suo fratellastro Virgilio - rispose prestando poca attenzione.

- Virgilio, chissà come sta-

Xena strofinò con più forza la pietra sulla lama facendola vibrare.

Il bardo provò nuovamente - Mi piacerebbe rivederlo..Hai avuto notizie di Evi? Anche di lei sento molta nostalgia – disse, e allungò uno dei sai verso le fiamme per spostare un ciocco di legno che non bruciava bene. Attese la risposta e, non avendola ottenuta, si girò vero l’amica, chiedendole con lo sguardo di rispondere.

- No, non ho avuto notizie di Evi - rispose la guerriera sentendosi sotto osservazione. Ora stava passando il panno morbido per lucidare la spada ed era molto intenta a curare bene le nuove fresate per renderle ancora più micidiali.

- E quando avrai trovato Fillide che farete? Intendo, se Virgilio sarà con lui cosa farai? -

Xena arrestò l’opera di pulizia e finalmente alzò la testa guardando negli occhi la bionda compagna rispondendole in tono seccato

- Non lo so. Non ho programmi. Non ho mai avuto programmi. Se ci sarà una avventura, la vivremo. Se ci sarà una sosta, sosteremo -

Olimpia si sentì improvvisamente tagliata fuori dai “non-programmi” della guerriera e le passò la voglia di continuare il discorso.

- Quando saremo ad Atene tu che farai? - Chiese secca Xena ancora fissandola negli occhi. Olimpia non si aspettava certamente una domanda cosi forte e diretta, che confermava con dolore la sensazione sperimentata poco prima.

La voce le si fece fioca ed incerta, ma non poté non rispondere.

- Cercherò qualcosa da fare. Potrei andare alla scuola per bardi e propormi come insegnante oppure cercare un ricovero dove poter essere d’aiuto... -

Ma si interruppe ricordando bruscamente che fu proprio in un ricovero che i suoi guai erano cominciati. Sentì di aver compromesso la discussione e la reazione di Xena non tardò.

- Vado a cercare qualcosa per la cena - disse la guerriera lasciando il riparo e sparendo nel buio e nel gelo della notte.

Non tornò fino alla mattina seguente.

Olimpia l’aveva aspettata sveglia e vigile senza successo. Quando la mattina seguente la vide arrivare, infreddolita e sporca, si allarmò per lei ma sembrava che alla guerriera non importasse.

- C’è voluto più del dovuto - Si giustificò Xena lasciando cadere un sacco di tela. Si sedette esausta e cercò di rianimare le fiamme del fuoco. Quando queste tornarono zampillanti, vi avvicinò un pentolino in cui versò dell’ acqua dalla bisaccia di pelle che aveva legata alla cinta. Spostò gli occhi nella direzione dell’amica rimasta in piedi davanti al sacco.

- Ne ho mangiato un po’ prima di rientrare. Il resto è per te. Affrettati perché non è granché.-

Disse indicando il sacco con un cenno del capo. Poi tornò a dedicarsi all’acqua misurandone la temperatura con il dito.

Il bardo si era accucciato, incredulo e ferito ma affamato, per prendere il sacco: all’interno trovò del pane e qualche verdura dall’aspetto vecchio e annerito. Estrasse quella che poteva essere una foglia di cavolo e si voltò verso il fuoco. Aveva letto in Xena un gesto gentile: aveva messo a scaldare dell’acqua per fare una zuppetta. Ma la sensazione le si sbriciolò in pochi secondi quando la vide inumidire un panno in quell’acqua: si stava lavando.

Si guardò attorno smarrita ed umiliata. Percepì in lei una freddezza che non si meritava e, pur di non darle soddisfazione, addentò la foglia di cavolo dall’aspetto vecchio e rugoso alternandola a piccoli bocconi di pane.

Improvvisamente sentì il forte desiderio di essere ad Atene e di separarsi da lei. Dove era stata? Perché era ridotta così?

Xena seguì con lo sguardo il bardo che si sedeva in un angolo con il sacco davanti ai piedi. Scostò gli occhi fissandoli sull’acqua torbida in cui si era lavata. Scosse la testa.

- Gradirei partire prima che il sole sia troppo alto e la nebbia ci offuschi il cammino- disse strizzando il panno accanto alle braci.

Olimpia si limitò ad annuire.


Capitolo 2 – Atene

Fillide veniva sbattuto fuori da una locanda atterrando proprio davanti agli zoccoli di Argo. Xena lo osservò inarcando il sopracciglio: finalmente un sorriso, mi ci voleva pensò scendendo da cavallo e porgendo il braccio all’amico.

- Xena qual gioia vederti, ehehe ho avuto una piccola baruffa poco fa, ma nulla di serio, un gioco ehehe -

- Fillide, sempre in cerca di avventure? - domandò ridendo la guerriera.

La sua risata sollevò l’umore di Olimpia, che era rimasta in sella ad osservare il bizzarro benvenuto.

- Avventure? Me ne guardo bene, lo definirei un semplice malinteso risolto con le buone - rise egli stesso mentre si sistemava i pantaloni, scostando un po’ di sporco dalle ginocchia. Alzò lo sguardo e vide Olimpia che lo osservava con un tenero sorriso.

- Olimpia! Che felicità vederti! Fatti abbracciare ti prego! -

La donna scese volentieri da cavallo accettando di buon grado un segno di affetto. Fillide riusciva ad essere impacciato anche in un gesto così semplice come un abbraccio: la stringeva vigorsamente dandole tante pacche sulla schiena e facendola traballare un po’. Ma era comunque un gesto sincero e leale. Era il figlio del caro Corilo e non poteva essere altrimenti.

Finiti i convenevoli e data l’ora, i tre decisero di cercare un posto dove cenare: il ragazzo spiegò che il tale che lo aveva scaraventato fuori dal locale poco prima gli era debitore ma non voleva saldare il debito. Un problema da nulla per Xena, che entrò nella taverna come portavoce di Fillide. In pochi istanti un uomo robusto e vecchiotto fu sbalzato fuori da una finestra dalla quale si affacciò la guerriera facendo rimbalzare in una mano un sacchetto colmo di monete.

- Ora possiamo cenare ed anche dormire, se il nostro amico Fillide sarà cosi gentile da condividere con noi il ricco saldo -

Con un grosso sorriso il ragazzo fece cenno di seguirlo verso un posto più tranquillo.

La locanda scelta si trovava distaccata dal centro e si presentava piuttosto malconcia all’esterno anche se gli aromi e i sapori delle pietanze ne smentivano la brutta impressione. Fillide era davvero felice di avere alla sua tavola le due amiche e le tempestava di domande sulle loro avventure.

- Sono contento che siate tornate! Ho cercato Virgilio in lungo e in largo in queste lune trascorse ma non l’ho trovato da nessuna parte. Potrei unirmi a voi o voi a me nella sua ricerca. Sono certo che le avventure non mancheranno! - Sembrava entusiasta, poi proseguì - Beh ovviamente dopo l’esperienza vissuta la al Nord forse gradirete un po’ di riposo. Rivedervi sane e salve mi rincuora, ma certamente il mio egoismo non vi deve condizionare! Certamente no! Se non volete venire con me alla ricerca di Virgilio non è un problema. No no, anzi, durante le mie di ricerche sono incappato per caso nei pressi della vostra casa, Xena, è un peccato che tu l’abbia venduta, il nuovo proprietario l’ha resa un gioiello, comunque dicevo che, capitando lì e vedendola venduta ad altri, ho pensato che forse al vostro ritorno gradivate un po’ di riposo prolungato, certo non in un posto come questo, alloooora, sono andato alla vecchia casa di Marte, cioè la tua vecchia casa Xena, ho cercato di fare del mio meglio per pulirla e se volete è pronta che ci aspetta! Credo che con una bella cavalcata potremmo essere là in meno di due giornate. Lo so lo so, non dovete guardarmi così, siamo amici, l’ho fatto per voi, lo so che avete già viaggiato abbastanza ma fate un ultimo sforzo e poi vi potrete riposare. Io potrei venire con voi, un uomo fa sempre comodo e sono un bravo lavoratore! E quando non lavoro potrei riposare un po’ anche io e poi ripartire alla ricerca di Virgilio, si insomma, me lo merito eh? E anche voi e… ma che avete? -

Con tutto il suo buon cuore Fillide non si era reso conto di aver dato aria alla bocca senza connettere il cervello. In meno di un minuto aveva rievocato la parte più straziante della vita delle due guerriere e l’aveva raccontata con superficialità, come se fosse solo una parentesi. Era buono, Fillide, ma era anche un perfetto idiota e ne stava dando dimostrazione.

- Ragazze su, siete tornate qui insieme, dovete riposare! Non potete pensare di buttarvi in una nuova battaglia senza prima smaltire quella vecchia. Siete due signore di una certa età ormai, sarebbe il caso di sistemarsi non trovate? - e si mise a ridere. Da solo, ovviamente.

Olimpia era notevolmente a disagio e smise di mangiare. Aveva abbassato lo sguardo e non aveva la forza di interrompere il fiume di sciocchezze che Fillide stava loro propinando.

L’ha venduta. La casa in cui avremmo dovuto spendere i nostri ultimi giorni insieme, felici e al sicuro. Non c’è più. Se ne è liberata come di un peso morto. Quella casa dove, pur senza che sia accaduto nulla, si è consumato il peggiore dei crimini: Avevo tradito la sua fiducia. Ma non sapevo più chi fosse, cosa volesse...come facevo a capire l’importanza di quel luogo. Eppure l’ho fatto. L’ho tradita nella casa della nostra vita. Mi avrà perdonata? L’avrà venduta per disperazione? L’avrà venduta per odio?

Fu Xena a mettere in chiaro le cose.

- Fillide, falla finita. Olimpia non potrà venire con noi, ha degli scopi qui ad Atene. Per quanto riguarda noi due, ce ne andremo domattina verso la dimora della mia famiglia e quando mi sarò ripresa dalla battaglia del Ragnarok ti aiuterò nella ricerca di tuo fratello -

Il ragazzo rimase perplesso: guardò le due donne alternando lo sguardo dall’una all’altra cercando una spiegazione alla decisione di Xena.

- Ma che hai da fare qui?- Chiese ad Olimpia, che si limitò a farfugliare che aveva dato parola in un sanatorio.

Io avrei degli impegni qui. Parla per me senza domandarsi se quel che dice è davvero ciò che sento, ciò che devo fare. Si vuole liberare anche di me…

Il bardo visibilmente turbata e disorientata abbandonò la tavola rintanandosi nella propria stanza. Aveva sperato tante volte di arrivare presto ad Atene e, seduta a quel tavolo, aveva per un attimo dimenticato il dolore e il rancore, sentimenti che Xena aveva risvegliato bruscamente con l’ormai solito tono algido.

- Ma tu l’ami ancora, vero Xena? - chiese il ragazzo rivolgendosi di scatto verso la mora

- Se un idiota - rispose lei lasciandolo solo al tavolo.


Capitolo 3 - Ti ascolto

Xena camminava nel corridoio che la separava dalla stanza di Olimpia. Faceva su e giù come se aspettasse gli dei soli sapevano cosa. Non sapeva se avvicinarsi e bussare o se lasciare che le cose seguissero la brutta piega che avevano preso.

Era una donna ferita nei sentimenti, nell’orgoglio e nella fiducia. Fillide aveva posto una domanda intelligente nonostante si fosse beccato gratuitamente dell’idiota: ma io l’amo ancora? Quelle parole le rimbombavano nella mente come un’eco lontana. Si contorceva le mani senza sosta, non accorgendosi che il suo camminare aveva disturbato una coppia di avventori occasionali. Quando fu raggiunta da un colpo alla nuca si voltò con aria stizzita e vide un ometto secco secco, affiancato da una donna mezza svestita che lo incitava a “darle una bella lezione” . La guerriera scosse la testa in segno di disapprovazione e con un colpo diretto lo colpì in pieno viso.

L’uomo barcollò, facendo cadere il bastone con la quale l’aveva colpita debolmente poco prima, e, scrollando la testa, si rivolse a Xena con fare supplichevole

- La prego, cammini pure! - le disse mentre, tremante, raccoglieva il bastone e prendeva sotto braccio la donna per rientrare nelle sue stanze.

Xena sospirò e decise che tormentarsi in quel modo non l’avrebbe portata a nulla. Con passo deciso si indirizzò verso la propria stanza, superando quella di Olimpia.

La porta si aprì.

- Xena. Che cosa volevi dirmi? -

Olimpia era nascosta dietro la porta leggermente socchiusa, quanto bastava perché si potesse udirne la voce. Anche lei aveva sentito i passi nervosi davanti alla sua porta e non aveva avuto dubbi che si trattasse di Xena quando, da un buchetto nel legno della parete, aveva visto l’uomo barcollare e scappare.

Xena si fermò e, voltandosi lentamente, tornò sui suoi passi. Non sapeva che dire. Non sapeva nemmeno perché era lì. La domanda di Fillide era incisa nel suo cervello.

Si avvicinò alla porta. Nessuna luce proveniva dall’interno. Solo il barlume di due lanterne collocate nel corridoio le permettevano di vedere la mano di lei che sbucava dall’interno della stanza, poggiata allo stipite. A sua volta la guerriera si appoggio con l’avambraccio sollevato sullo stesso punto. Sentiva il respiro di Olimpia nel buio: sembra che lo trattenesse per non tradire un’emozione. Un forte impulso di sfiorare quella mano bianca le fece prendere coraggio.

- Avevi detto che avresti rivisto Virgilio volentieri. Se non avrai fortuna qui ad Atene ci troverai là, nella casa della mia famiglia -disse tutta d’un fiato la guerriera.

- E se volessi venire anche io con voi fin da subito?- rispose con voce tremante il bardo

Ci fu un lungo silenzio.

Olimpia aprì la porta di scatto e si parò di fronte all’amica nel tenue bagliore del corridoio.

- E se volessi venire anche io con voi fin da subito, Xena? -

Ripropose la domanda perché voleva una risposta. Non avrebbe accettato altri silenzi. Eppure Xena non dava cenni di voler rispondere. Si limitava ad osservarla con il volto crucciato.

L’amazzone l’afferrò allora per un braccio e la trascinò in camera sbattendo la porta dietro di lei. Si ritrovarono al buio.

- E se volessi venire anche io con voi fin da subito, Xena? Rispondimi! Se non riesci a farlo guardandomi, rispondimi cosi, nell’oscurità! –

- Come puoi farmi questo Olimpia?-

- Che cosa ti sto facendo? Voglio solo che tu risponda alla mia domanda!-

- È troppo presto! – piagnucolò incredula la guerriera

- Presto? Per te non sarà mai il momento giusto! Sono mesi che ci ritroviamo sole e a malapena mi concedi il saluto, come pensi che potremmo risolvere i nostri problemi se neanche ci parliamo?-

Ancora silenzio.

- RISPONDIMI DANNAZIONE! - urlò l’amazzone con voce spezzata, spingendo le braccia in avanti e colpendo Xena all’addome.

- Smettila -

- RISPONDIMI! - ripeté colpendola nuovamente

- Smettila, Olimpia! - rispose Xena con tono alterato.

Olimpia non poteva accettare che le parlasse in quel modo. Era lei stessa che doveva arrabbiarsi! Era lei che aveva bisogno di risposte, era lei che tentava di chiarire, ma Xena la mortificava ogni volta con quei silenzi. Era troppo.

- Non ci posso credere Xena, dopo tutto quello che abbiamo passato!– disse col respiro affannato per la rabbia che cresceva e che tentava di contenere, quindi prosegui sempre più alterata dai respiri profondi che percepiva di fronte a sé.

- Io sono morta per te! Sono venuta a riprenderti nell’Averno! Mi sono fatta crocifiggere con te. Credi davvero che mi accontenterò dei tuoi silenzi? - le urlò contro con la rabbia che le serrava la gola e la voce strozzata dal pianto nervoso che stava prendendo il sopravvento.

- E sei scappata con un'altra perché non ricordavi nulla di tutto ciò! -rispose Xena con un ringhio.

Olimpia sapeva che glielo avrebbe rinfacciato, ma le era davvero difficile sentirsi totalmente responsabile dopo tutto quello che Xena le aveva fatto passare e non perse occasione per rammentarglielo. Seguì un botta e risposta con toni sempre più concitati fino a vere e propria urla.

- PERCHÉ MI BIASIMI COSÌ TANTO TU? PROPRIO TU! TU CHE HAI FATTO LO STESSO! IO ERO LI’ COME UN’ IDIOTA A BRUCIARE IN UNA FIAMMA ETERNA E TU TI ERI RIFATTA UNA VITA CON UN PORCO NORMANNO!

- IL POTERE DELL’ANELLO DEL NIBELUNGO NON È PARAGONABILE AL TUO TRADIMENTO OLIMPIA! –

- TRADIMENTO? SAPEVO A MALAPENA CHI FOSSI IO! -

- IO NON HO MAI AMATO RODGAR, MI ERA STATO FATTO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO! TU TE NE SEI ANDATA DI TUA SPONTANEA VOLONTÀ E IO QUESTO NON RIESCO A SOPPORTARLO! –

Olimpia si portò i pugni alla fronte per cercare di calmarsi, stringendo i denti per non dire cose di cui avrebbe potuto pentirsi. Allo stesso modo, sebbene nel buio, Xena, cominciò a spostarsi nella stanza per cercare di placare l’ira che le stava annebbiando la ragione. Aveva voglia di schiaffeggiarla, di colpirla e di chiudere una volta per tutte con lei. Si arrestò irrigidendosi quando sentì la mano di Olimpia afferrare la sua. La giovane amazzone sentiva di essere confusa, esausta, eppure voleva provare ancora.

- Xena, per gli dei, pensi che anche io non mi sia posta la domanda? Venere sola sa che patimenti ho vissuto. Ma sono qui e se sono qui è perche noi siamo anime gemelle! Xena, ti prego, sono qui ora. Hanno cercato di separarci in ogni modo ma sono qui ora! - Si voglio essere qui con te – aggiunse mentalmente.

- Sei qui perché Brunhilde ti ha cacciata dal suo letto, ecco perché sei qui -

Rispose secca e diretta la guerriera infastidita dal repentino mutamento di atteggiamento della amica.

La mano di Olimpia cadde a peso morto lasciando libera quella di Xena, ora stretta in un pugno. Si sentiva una puttana. Si allontanò da lei e riaprì la porta. La luce del corridoio illuminò la sagoma della principessa guerriera. Sembrava più vecchia e indebolita nel corpo e nell’animo. La sua postura alta e fiera era come ingobbita da un peso e quel peso era Olimpia stessa.

- Esci – disse il bardo - e quando troverete Virgilio ditegli che se passerà per Atene potrebbe incontrarmi -

Ancora un silenzio. Poi, con passo lento, la guerriera abbandonò la stanza.

Richiusa la porta con forza Olimpia cadde in un profondo pianto, accasciandosi a terra con le spalle appoggiate all’uscio. Dall’altra parte del legno Xena, in silenziose lacrime, vi si appoggiava con ambo le mani come per sorreggersi. La sentiva singhiozzare e non riusciva a sopportarlo. Da una parte ne era dispiaciuta perché in fondo non voleva perderla, ma un lato di lei era ancora adirato e non tollerava il vittimismo di cui l’amica stava abusando.

Fillide passò per quel corridoio intendo a conteggiare le monete rimaste dopo aver saldato il conto.

- Qualche esercizio per allungare i muscoli dopo il pasto Xena? Buona idea! Ma vedi di riposare perché non vedo l’ora di essere nella casa che ho sistemato! -

Lo sguardo di Xena si fece perplesso “è di memoria corta oltre che essere scemo?” Si domandò mentre lui la sorpassava diretto alla propria stanza. Tornò ad osservare la porta di legno davanti a sé, il pianto di Olimpia si era fatto più fioco. Xena appoggiò la fronte al legno sentendolo graffiante sulla pelle. Molto lentamente e incerta sul perché lo stesse facendo, baciò a labbra chiuse le venatura della porta. Fu come se Olimpia lo avvertisse perche il suo pianto si arrestò di colpo. Ed era così: dall’interno della sua stanza, la poetessa aveva avvertito una sensazione che le aveva suscitato il bisogno di riprendere a tutti costi il discorso. Si era pentita di averla cacciata e di non averle permesso di sfogarsi completamente. Scattò in piedi e apri la porta. Fu questa una mossa inaspettata per la guerriera dall’altra parte, che si ritrovò ad appoggiarsi all’aria. Riprese subito equilibrio anche se si ritrovò di fronte all’amazzone con le braccia ancora alzate. Pareva un segno di resa.

Le due si osservarono stupite per quell’intesa tacita che c’era stata tra i loro istinti.

Xena abbassò le braccia continuando a guardare negli occhi l’amica. Provò a intavolare un discorso

- Io, noi potremmo… - venne interrotta dall’altra

- Se non ci proviamo, Xena, non potremo mai rispondere a quella domanda che ci assilla -

Xena rimase ad osservarla. Aveva ragione. Odiarsi a prescindere non le avrebbe aiutate a capire se il loro amore fosse soffocato dal rancore o se fosse davvero tutto finito.

- Forse potresti venire con noi nella mia casa di famiglia... - propose titubante Xena

- Con piacere - le rispose il bardo con un timido sorriso.

- Partiamo domattina presto, fatti trovare pronta -

- Non mancherò -

- Bene – concluse la guerriera accingendosi a raggiungere la sua stanza

- Xena?- la chiamò l’altra

- Si? -

- Buonanotte - le sussurrò con un velato sorriso.

- Anche a te - rispose con un cenno del capo la guerriera.

La porta le si richiuse lentamente davanti agli occhi. Tornò quindi nella propria camera con un certo sollievo nel cuore.

 

di GXP

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