EPISODIO N. 11
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il racconto
di GXP
Capitolo 10 – a volte ritornano Il bardo amazzone, nell’attesa, si era dedicata ad alcune mansioni domestiche: aveva pulito la veranda dal fogliame trascinato dal vento le notti precedenti, aveva nutrito gli animali ed ora si stava dedicando alle pulizie all’interno della casa. Aveva spazzato e lavato il difficile pavimento legnoso che assorbiva ogni macchia. Aveva strofinato con così tanta foga per la rabbia, da aver tutte le dita arrossate. Il fango lasciato due sere prima da Fillide si era così incrostato che ci volle una buona mezzora per levarlo. Le ginocchia le dolevano. Si fermò a pensare con sguardo perso verso le venature delle grosse assi che aveva toccato fino a poco prima. Decise che era il caso di prendere una boccata d’aria ed uscì. La luce del sole evidenziava ancora di più il rossore; per pochi secondi il ricordo delle sue unghie insanguinate si sovrappose a quell’immagine riesumando il dolore provato durante l’incantesimo di cui era stata vittima la sera prima. Si riosservò le mani. Non è nulla rispetto a ieri..ma dove sarà Xena? Lo sguardo cadde sui primi fiori che timidamente erano sorti tra la pioggia e il freddo. Ormai la stagione stava cambiando. Annusò l’aria fresca e ristoratrice e le parve che il male accumulato si lenisse lievemente. Decise di raccogliere quei fiori e di metterli in casa per dare un po’ di colore. Il colore aiuta sempre. Prese una vecchia brocca dell’acqua scheggiata ed inutilizzata e la adoperò come vaso. La posizionò sopra alla traballante scansia di canne lignee unite da grosse corde vicino alla finestra. Le pareva un luogo perfetto. La vista le cadde sul chiodo su cui Xena appendeva ogni sera la sacchetta in cui teneva la pietra con cui affilava la sua spada. Quella sacchetta oggi non c’era. Xena, che cosa stai facendo ora? Sospirò affranta. La sera prima le aveva taciuto l’apparizione di Marte, le aveva nascosto l’orrore che aveva vissuto, l’aveva lasciata sola proprio quando finalmente si erano riavvicinate. Era Xena a dover scegliere se amarla ancora o no. Ma come poteva farsi amare se nemmeno lei stessa non s’amava più? Non sarebbe certo stato uno stupido mazzetto di fiori a riconquistare la fiducia della guerriera quindi, con gesto deciso, afferrò il vaso, ne estrasse i fiori e li buttò fuori dalla finestra direttamente nel prato. Si voltò toccandosi la fronte cercando di fare il punto della situazione quando udì dei passi provenire dal porticato ligneo. - Fillide? - chiese dubbiosa - Fillide sei tu? Non dirmi che ti ho colpito con i fiori!- Continuò sospirando e raggiungendo la porta. Quando l’apri rimase di stucco. - Perché buttare dei boccioli tanto belli? - chiese ironica Evi mentre reggeva il mazzolino sgualcito tra le mani. - Evi!? Che gioia rivederti! - esclamò la bionda gettandosi addosso alla ragazza in un abbraccio ricambiato. - È una gioia essere qui, Olimpia - rispose la messaggera mentre si scioglieva da quella stretta. Olimpia parve un attimo pensierosa: Evi sapeva o non sapeva cosa fosse successo nei mesi precedenti? E se sapeva che voleva da lei? - Come.. come fai ad essere qui? Come ci hai trovate? - - Predicavo in un villaggio qui vicino quando…- - Heilà? Sono tornato! - esclamò Fillide interrompendo la spiegazione ed irrompendo in casa coperto di bisacce. - Fillide, sei stato tu a portarla qui? - chiese stupita la donna. - Eh eh, Olimpia, certo che si! È il mio regalo per il tuo genetliaco! L’ho trovata a Tebe mentre cercavo mio fratello, che però non ho trovato… era un altro bel ragazzo e anche bravo a scrivere ma non era mio fratello - - Si… Tebe… è piena di bei ragazzi che sanno scrivere bene - commentò ambiguamente Olimpia. - Purtroppo non ho doni per celebrare la tua festa, spero non me ne vorrai - disse timidamente la giovane. - Oh Evi, il dono più bello è la tua presenza qui! - Si sorrisero. - Ma ditemi, che strada avete fatto? Avete forse incontrato Xena? È da stamane che non la vedo e non ho suo notizie - chiese nuovamente preoccupata. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo di intesa. - Non l’abbiamo vista nel nostro tragitto, ma sono certa che tornerà. Non si perderà il tuo genetliaco - disse con calma la messaggera di Belur. Evi allora non sa. - Questi è meglio metterli nel vaso o moriranno prima del tempo - aggiunse la ragazza, indirizzandosi verso la finestra. Solo allora Olimpia si accorse di non aver rispettato le regole dell’ospitalità. - Oh Evi, come sono maleducata, vuoi dell’acqua, desideri ristorarti?- - Dell’acqua sarà sufficiente grazie – le rispose mentre riponeva i fiori nel vaso. - Anche per me, grazie – disse Fillide, ancora carico di sacche e visibilmente sudato - Fillide, posa tutto e serviti! - lo apostrofò l’amazzone concentrandosi sull’ospite. Il ragazzo, con la gola secca, si inumidì le labbra con la poca saliva rimasta osservando Evi bere, quindi, per evitarsi ulteriore supplizio, andò a posare le borse nelle rispettive camere. In quel mentre rincasava Xena. Era ancora tutta impolverata e sudata e col suo passo pesante andava segnando il pavimento legnoso - Fillide ci sei?- disse dandosi lievi pacche sul corpo per togliere gli ultimi residui di polvere - C’è un altro cavallo nella stalla! - continuò senza alzare la testa - non ho avuto modo di comprare le cose che mi hai chiesto, potresti andare tu al villaggio?- disse lasciando cadere il sacco di verdure e poggiando la sacchetta delle monete sul tavolo. - Io necessitò di un bagno –mormorò tra sé alzando lo sguardo. Solo allora la vide - EVI, FIGLIA MIA! – le si gettò al collo. - Madre, che gioia! - Olimpia retrocesse di qualche passo per lasciare alle due lo spazio emotivo e fisico sufficiente per un lungo e dovuto abbraccio. Mentre attendeva notò tutto il suo lavoro vanificato dall’ingresso dell’amica. Si osservò le mani ancora arrossate per il duro lavoro e la rabbia le salì alla gola - Dannazione! Una mattina intera a sgobbare come una schiava per poi vedere la mia fatica calpestata senza ritegno! Dove sei stata? E perche sei cosi impolverata? Xena... tu sanguini al collo! - disse avvicinandosi a lei in un impeto di solidarietà, ma la guerriera si scansò di pochi passi guardando la figlia. - Solo un graffio - disse con una smorfia si sufficienza. - Solo un graffio? Guardati, sei ridotta una straccio!- strillò Olimpia ferita dal comportamento dell’amica. - Ho avuto un contrattempo - - Durato mezza giornata?- - SI, DURATO MEZZAGIORNATA, OLIMPIA!- rispose a tono Xena. Olimpia la guardò adirata, scosse la testa. Con passo deciso si diresse al tavolino, afferrò la sacchetta di monete e spari dall’uscio diretta verso il villaggio. - Sei troppo dura con lei, madre - le disse Evi pacatamente. Ricevette in cambio uno sguardo gelido. - So cosa è accaduto, non guardarmi cosi, ma è ovvio che vogliate riappacificarvi - Lo sguardo di Xena deviò infastidito verso Fillide di ritorno dalle camere. Sentendosi osservato, decise che era meglio sistemare le bisacce ancora una volta. - È stata davvero una bella coincidenza trovare Fillide a Tebe, madre. Avevo ricevuto il tuo messaggio tramite Venere ed ero in cammino per venire qui. Penso che mi potrei fermare al villaggio per predicare un po’ nei prossimi giorni - - È una buona idea. Se tutto va bene arriverà molta altra gente prossimamente, avrò bisogno della tua collaborazione - - Non te la negherei mai. Anzi, inizierei col pulire questo disastro... E tu vai a pulire te stessa, Fillide mi potrà aiutare- Fillide ricomparve - Madre? - - Sì?- - Sei certa che il patto con Marte non sia troppo rischioso? Conosciamo bene il suo modo di fare - - FILLIDE! – urlò Xena capendo che il ragazzo aveva spifferato proprio tutto. Il ragazzo scappò dalla porta a gambe levate.
Capitolo 11 – la compagnia si allarga La sera era giunta abbastanza velocemente data la buona compagnia e, dopo aver sistemato nuovamente casa, madre e figlia si erano dedicate ad un lungo riassunto delle loro storie nei mesi in cui non si erano viste ed ovviamente la vicenda di Xena aveva animato diverse discussioni. Olimpia non era ancora rincasata e la guerriera iniziava a preoccuparsi. - Madre, ancora non capisco a cosa ti serve una così stretta collaborazione con Marte, non mi fido di lui... Madre, mi ascolti? - - Hm? Ah sì, lui può fare una cosa che nessuno può - - Che cosa? - - Non posso dirtelo. E non lo direi comunque dato che i muri hanno le orecchie… e la lingua troppo lunga – commentò Xena, fissando con intensità un punto specifico. - Non stavo origliando, stavo…controllando che la porta non cigolasse più! -disse Fillide sbucando da dietro la porticina che separava la sala dal cucinino rustico e facendola muovere un po’ come a verificarne la resistenza. - Sento che devo andare a cercare Olimpia, non è da lei ritardare così- la guerriera cambiò argomento mostrando apprensione. - Vuoi che venga con te, madre? - - No, resta qui con lui e fate gli onori di casa se dovesse arrivare altra gente - - Ne sei certa? - - Sicura, a dopo - Sellata Argo, Xena partì spedita verso la città in cerca della sua Olimpia. Domandò in lungo e in largo, in ogni banchetto e in ogni mercato, ma nessuno l'aveva vista. Cominciò ad agitarsi: chiamava il suo nome a gran voce, ma invano. Presa dallo sconforto, decise di riprendere a domandare a tutti ma un canto la attirò verso una locanda con un’insegna a forma di maialino sorridente e inzuppato nelle interiora. Il motivetto era cantato sulle musiche di "Corilo il magnifico" “Olimpia, la codarda, domani compie gli anni ma, a Xena non importerà .. probabilmente se ne andrà... e Olimpia sola se ne starà sola come una cane ma è quello che si mertia è Olimpiaaa, Olimpia la codardaaa dum dum dum dum duddudduddududdudu » Più che un canto pareva un lamento bonfonchiato. Olimpia era seduta ad un tavolo, decisamente ubriaca, con diversi boccali davanti. - Olimpia, ma che hai fatto? Forza, torniamocene a casa! - - Ohhhhhh? Xena, sei tu?ma..ti è sbavato il trucco? ti vedo opaca!- sbiascicò la barda. - Sei tu che ti sei sbavata il cervello! Su, vieni a casa!- - Arrivo..arrivo, ma faccio da sola?...io sono Olimpia la codarda!- - No, tu sei Olimpia la sbronza!- Detto questo la sollevò di peso, portandola verso la cavalla che si abbeverava tranquillamente. - E brava Argo!- esclamò Xena mentre si accingeva a spingere l’amica nell'abbeveratoio. - Una bella rinfrescata per smaltire a breve la birra di troppo, forza!- e spinse il corpo dell’amica sott’acqua per farla riemergere subito. - Per gli dei! Eccovi! Mi sono assentato un secondo e Olimpia era sparita! - Virgilio apparve di corsa alle spalle di Xena. - L’ho trovata già così, Xena, non guardarmi in quel modo- aggiunse alzando le mani in segno di resa. - Non mi aspettavo di vederti già ora - disse affaticata mentre toglieva l’amica dall’acqua. - Ti aiuto- si propose lui. - Faccio da me - Il ragazzo indietreggiò con una smorfia da “come non detto” sul viso poi disse - … Beh ho ricevuto il tuo messaggio tramite Venere e mi sono recato a Tebe, ma quando sono arrivato non ho trovato nessuno. Chiedendo ho saputo che una bella ragazza portatrice di pace e un povero scemo chiedevano di qualcuno come me.. ed eccomi qui - Xena sistemò l’amica su Argo e, montataci anche lei, si rivolse al ragazzo. - Hai un cavallo? - Il ragazzo fischiò e uno splendido esemplare equino gli si avvicinò mansueto. - Ottima scelta - - Ho imparato da te - Ci vollero ben quaranta minuti per riuscire a portare a casa Olimpia senza disarcionarla o per cause naturali o per impazienza della principessa guerriera che nonostante tutto vedeva nella festa una buona occasione per riavvicinarsi. - Cosa ti ha spinto a fare il patto con Marte Xena? - - E tu come lo sai? - Il ragazzo si zittì intimidito. - Venere - bisbigliò lei. - Beh, ma era in buona fede.. sì, diciamo che si è lasciata scappare qualche dettaglio sugli ultimi mesi per persuadermi a venire qui - - Non volevi venire? - - Non mi fidavo, tendo a diffidare degli dei, specie quelli legati a Marte - - Non hai tutti i torti, ma di Venere ci si può fidare - - E tu ti fidi di loro?- - Evidentemente non ho altra scelta - - È per questo che ti sei promessa a Marte? Sai che farà del suo meglio per non deluderti? - Xena si ammutolì. - Che succede se il tuo misterioso progetto fallisce? - - Non fallirà - - Allora sei certa di volerti riappacificare con lei - - Sono certa di non volerla perdere e se il mio piano andrà a buon fine potremmo ricominciare a costruire insieme la nostra vita - - Hai mai pensato che rischiare puntualmente la tua di vita per la sua non le faccia davvero piacere? Probabilmente preferirebbe passare 5 lustri a discutere che vederti promessa a Marte…- commentò il ragazzo pronto a sentirsi zittito. Ma l’amica si mostrava pensierosa. Una voce interruppe la conversazione.
- Ehi, voi di là! che ci fate qui? non c'era una festa?- Hercules comparve da dietro una pianta. - Hercules!!- esclamò Xena rasserenandosi. Sbucato da dietro un altro albero un uomo di mezza età sorrideva divertito. - Ciao Xena, come mai qui? Perchè non siete a casa ad aspettare me?- chiese Iolao - Iolao, che piacere vederti! - - Il leggendario Hercules e il fedele Iolao, che meraviglia, devo scrivere qualcosa su questo! - esclamò entusiasta Virgilio. - Eeeeh, ragazzo, sono passati i tempi in cui si poteva scrivere qualcosa di interessante su di noi…oramai sono rimaste solo rughe e ricordi - disse rattristito Iolao. - Parla per te, vecchietto, anche se devo ammettere che senza di te i miei viaggi sono cosi noiosi!- esclamò Hercules avvicinandosi all’amico e poggiandogli una virile mano sulla spalla. Tutti risero. Olimpia emise un versetto stridulo - Che le è successo? - chiese Hercules avvicinandosi e osservandola da vicino. - Si è ubriacata...- commentò Xena seccata. - Oh, questo lo vedo- rispose il semidio, alzando un braccio all’amica e poi lasciandolo cadere mollemente. Olimpia alzò un po’ la testa, si voltò lentamente verso Xena soffiando via le goccioline che le infastidivano il naso poi tornò nella sua vecchia posizione: seduta su Argo, appoggiata fiaccamente a Xena con la testa a penzoloni. - Non fa una piega… - commentò la principessa guerriera. - Non ha mai retto l’alcool, le si potrebbe fare di tutto in queste condizioni - aggiunse Virgilio, ma si pentì subito di averlo detto perché alla mente di Xena, come alla sua, ricomparve il ricordo della passione frenetica che li aveva colti quando il loro cuore era sopraffatto dalle tenebre e dai fiumi di alcol della festa organizzata per Lucifero. - Già… - borbottò la principessa guerriera. - Forse ho il rimedio...- disse intimidito il ragazzo. Da una tasca estrasse un sacchettino con dentro una polvere marrone. - Appena arrivi a casa metti questa polvere insieme a dell'acqua sul fuoco, poi drena la bevanda dalla polvere e servila calda. Vedrai che starà bene dopo averne bevuto un solo goccetto- Xena osservò scettica il sacchetto che il ragazzo le stava porgendo. Lo afferrò e lo infilò in una delle bisacce appese al dorso di Argo. Quando rialzò la testa si trovo di fronte Marte, nero in viso. Nessuno osò intervenire. - Hai fatto? - chiese lei con tono austero - Certamente - rispose lui. - Hai avuto successo? - Il dio la osservò negli occhi freddamente. Poi un sorriso amaro comparve sul suo volto e con uno schioccare di dita fece apparire il coltello rubato al nordico - Voglio la mia ricompensa – ringhiò. - A suo tempo l’avrai, se sarà necessario - Con uno scatto tempestivo Marte fece rotare il coltello tra le dita e lo puntò alla gola della principessa guerriera. Virgilio ebbe un sussulto pronto ad intervenire mentre Hercules stava già procedendo verso di loro col pugno in canna, ma Xena alzò un braccio e li fermò entrambi col solo gesto. - Hai promesso, Xena - sibilò il dio. - Se fallirò, manterrò il mio patto. Se fallirai tu, dovrai lasciarmi in pace - Entrambi avevano una smorfia in viso. Xena abbassò il braccio con il quale aveva arrestato l’intervento degli amici e porse il palmo al dio. - Fai quello che devi, ora - L’espressione di Marte si trasformò in incredula. Tanta tenacia per cosa? Per una poetessa che gioca a fare l’amazzone? Osservò la bionda appoggiata al corpo di Xena. Vedendola in quello stato roteò gli occhi. Quindi tornò a fissare la mano che gli era stata avvicinata. Smise di puntare la lama al collo di lei e la appoggio sul palmo premendo al punto tale da farlo sanguinare. Xena non mosse ciglio. - Ne basta una goccia, Xena - spiegò lui Lei non rispose. Il dio ripetè il gesto sul proprio palmo senza sanguinare. Afferrò la mano di xena e fece in modo che le due ferite si accavallassero. - Con questo dono noi chiudiamo il cerchio – recitò, poi osservò intensamente la guerriera negli occhi e svanì. - Xena ma che significa? - Chiese Virgilio stupefatto. - Lo vedrete presto, spero. Forza, torniamo a casa- Esortò la comitiva a riprendere la strada di casa, raccontandosi le ultime avventure tra lunghi monologhi di Hercules e i commenti di un resistente Iolao.
Quando si trovarono davanti alla fattoria di Xena videro un rustico rifugio con un fuocherello accesso ma nessuno che lo sfruttava. Chiusero i cavalli nella stalla e videro altre sei bestie al suo interno di cui particolarmente bardata. Entrati in casa, trovarono Evi seduta a capotavola in evidente imbarazzo mentre sugli altri lati del tavolo rettangolare cinque amazzoni e Fillide discutevano. - Noooo, lei non è Livia, è morta! Ve lo dico io!- sosteneva il ragazzo - Sappiamo la storia della sua rinascita grazie alla fede in Belur, ma rimane il fatto che si è macchiata di orrendi crimini - sosteneva una amazzone. - Certo, ha anche ucciso mio padre se è per quello, la conosco la storia io eh, però quella lì è morta e adesso c’è Evi- - Ma è la stessa persona, ha solo cambiato nome - affermò un'altra amazzone. - Ma no, cioè sì, ma ha cambiato anche vita però! Adesso segue la via della pace per il bene superiore - - Sorelle, fate silenzio, ogni volta è la solita storia. Livia è stata condannata a morte dal consiglio delle amazzoni. Davanti a noi c’è Evi messaggera di Belur. La questione è chiusa - disse la più decorata tra le donne al tavolo. - Mia regina, nessuno insinuava che davanti a noi ci fosse Livia, stavamo solo chiedendo come era vivere con il suo passato - disse una terza sorella. - Non è poi così male se passi la vita ad aiutare gli altri per espirare le tue colpe - interrupe Xena presentandosi davanti al tavolo con Olimpia sotto spalla. - Madre, per fortuna siete tornate... Iniziavo a sentirmi in pensiero per voi… ma che le è successo? - - Ha bevuto molto, ma Virgilio sostiene di avere un rimedio... Virgilio fai pure, prima la svegliamo, meglio è - Sentendo il nome di Virgilio, Evi trasali, tutti i ricordi affiorati durante l’assurda discussione a quel tavolo, in cui sedevano le principali vittime dei massacri di Livia, l’aveva portata al limite della pazienza. Teneva i nervi saldi per poter percepire il minimo spostamento od un eventuale attacco. Ora, avendo tutti assistito alla conclusione di quel dibattito, temeva che l’ira più volte manifestata dal ragazzo le si scaraventasse contro aizzando anche gli altri. - Virgilio?? Fratello!- urlò Fillide correndogli incontro a braccia aperte. - Hei hei, ma che succede? - esclamò lui, cercando di allontanare il ragazzo che gli si attaccava addosso come un koala riempiendolo di pacche sulle spalle e pugnetti nello stomaco - Fillide, Virgilio. Virgilio lui è Fillide, il primo figlio di tuo padre. Figlio che anche lui non sapeva di avere, sia chiaro - - Mio padre? E con chi?- chiese scioccato. - Con un’amazzone! Eh ti immagini, un guerriero come papà e un’amazzone. E son uscito io!- disse, mettendosi fieramente le braccia sui fianchi - Io avrei scommesso il contrario - disse Caleipe, la più giovane tra le amazzoni presenti, guardando con interesse Virgilio. - Qui ci vuole davvero un po’ di miscela … - affermò il giovane poeta guerriero, fissando stupito e imbarazzato il pavimento . - In cucina io ho preso da papa! So che era molto bravo, ti aiuto io con le tue misture- E lo seguì come una cucciolo di cane segue la sua mamma, zompettandogli attorno festoso.
Xena adagiò l’amica sul letto della sua camera e socchiuse la porta per lasciarla riposare, almeno fino a quando il rimedio straniero di Virgilio non fosse stato pronto. Tornò in sala e si appoggiò ad una parete. Tutte le sedie erano ormai occupate dagli ospiti. - Sono davvero contenta che siate riusciti a venire tutti. in anticipo rispetto ai piani, ma sono felice - - Hai ragione, Xena – ripose la regina amazzone attualmente in carica - ma è rito per noi amazzoni che la sera prima del genetliaco della regina, quest’ultima danzi con le sorella alla luce delle fiamme e sacrifichi qualcosa di prezioso per rendere omaggio alla forza che ci nutre - - Ancora con questi riti sanguinolenti? Credevo che Olimpia avesse cambiato la legge- - Non sono riti sanguinolenti - commentò Mistrene, l’ amazzone che obiettò per prima - Dovrete ululare alla luna?- chiese sarcastica la guerriera scambiando uno sguardo di intesa con la figlia. - Niente di tutto ciò, Xena. Dobbiamo solo liberare lo spirito in noi e farlo purificare - spiegò Valesia, la regina in carica in sostituzione di Olimpia. - Oh beh, c’è molto spirito da liberare in Olimpia ora!- disse Fillide entrando trionfante con una brocca fumante tra le mani. A seguirlo Virgilio portava bicchieri e contenitori per bere. Tutti stettero a guardare mentre il ragazzo serviva loro i bicchieri roventi di metallo che avevano trovato nel cucinino. Virgilio sentiva che doveva dare delle spiegazioni. - Non dovete aver paura, aspettate solo che scotti di meno e se l’aroma non vi piace addolcitelo con del miele, ecco, ne ho trovato un po’. Questa è una bevanda che ho conosciuto grazie ad un moro incontrato in uno di mie viaggi. È una miscela ottenuta da chicchi molto scuri perché tostati. Vengono macinati con una pietra come le nostre farine, ma va fatta bollire e filtrata perche non si scioglie. Da’ molta energia - disse e si portò un bicchiere alle labbra soffiandoci sopra. Poi bevve. - Delizioso, provatelo!- Ad uno ad uno i commensali provarono la nuova bevanda e, seppur con qualche contestazione sul gusto particolarmente forte e amaro, tutti ammisero che l’aroma era invitante e che rinvigoriva lo spirito e il cuore. - Wow, potente!- disse l’anziano Iolao- Ci andrò piano con questa roba, ho il cuore che corre! - Risero tutti. - Ne porto un po’ ad Olimpia, dopo di che potremmo unirci per la cena anche se temo che dovremmo accontentarci di un pasto frugale, non ho avuto molto tempo per cacciare in questi giorni - - A questo abbiamo pensato noi Xena. Affermò fieramente Valesia - C’è della selvaggina nella stalla - Schioccò e dita e due delle sue amazzoni si alzarono per andare a prendere gli animali - Molto bene! Allora tu, Xena, occupati di Olimpia e qui ci penso io! Sapete sono un bravo cucinere, ho preso da mio padre!- disse con orgoglio il giovane Fillide. Tutti scoppiarono in una rilassante risata, compresa Xena, che finalmente si sentiva rincuorata per aver organizzato tutto quello solo per la sua Olimpia.
Capitolo 12 – per un’ora d’amore Aprì la porta con leggerezza per farla scricchiolare il meno possibile e non disturbare, con il rumore e la luce, il sonno ristoratore dell’amica. La richiuse subito e rimase un attimo con la mano sul legno per accertarsi che nessun rumore molesto oltrepassasse quella barriera. A passi felpati raggiunge lo scrittorio dell’amica e, con la mano libera (con l’altra reggeva il bicchiere di miscela), cercò nel buio la candela. Trovata, l’afferrò e la portò vicino alla braci fumanti del caminetto ai piedi del letto. Spostando un po’ la cenere e soffiando leggermente animò una piccola fiammella, che fu sufficiente a accendere la candela. La poggiò accanto al fuoco e, sempre con una mano, allestì una piccola pira sotto la quale pose del fogliame secco. Con la candela incendiò il fogliame che alzò fiamme sufficienti per iniziare a bruciare la legna secca che aveva usato come accelerante per la combustione dei ciocchi più grossi. In pochi minuti la stanza prese a riscaldarsi a dovere. Poggiò la bevanda ormai tiepida sullo stipite del caminetto così da mantenerne il calore. Si voltò lentamente, quasi imbarazzata nel doverlo fare, ma si sedette sul letto accanto all’amica per svegliarla. Riusciva a vederla grazie alla luce delle fiamme e della candela che teneva ancora in una mano. La poggiò sul comodino provvisorio che Olimpia aveva creato usando una vecchia sedia rotta. Dormiva beatamente in posizione fetale, come una bambina. Quanto era dolce. Non si poteva biasimare nessuno per essersi innamorato di lei. Lo steso Iolao ammise di esserne stato infatuato una volta. Come si poteva evitare? Una donna cosi forte e contemporaneamente così fragile, uno sguardo penetrante, una sincerità disarmante, un coraggio che spaventava... Le aveva insegnato il senso del’amore, dell’amicizia, del rispetto e della fiducia. Le aveva indicato la via da seguire per migliorare, per redimersi, per vivere davvero. Come potevano essere arrivate fin li? Come potevano essersi perse? Come dei lampi, i ricordi dell’esperienza nelle gelide terre di Odino le appannarono la vista. Vedeva se stessa combattere contro il Grindel, saltare in mezzo alle fiamme eterne che solo a lei erano concesse. Si vedeva lì, davanti a lei dai lunghi capelli biondi, l’anello forgiato con l’oro del Reno stretto nella mano assopita. Un altro flash. Era Virgilio che diceva “Le si potrebbe fare di tutto” Di nuovo le fiamme, di nuovo la voce di Brunhilde che la invitava ad attraversare il cerchio di fuoco per salvare Olimpia, di nuovo lei dormiente con i suoi capelli d’oro e le labbra rosa. Allora l’aveva svegliata con un bacio dal sonno magico. Con un bacio. Un bacio. Il suo cuore prese a pulsare frettolosamente. Sentiva le braccia tremare. Cercò di calmarsi allontanandosi da lei ma le era impossibile. Era come calamitata da lei. Con una mano le sfiorò la guancia fresca. Era ancora tutta fradicia! Solo allora se ne rese conto. Rischiava di ammalarsi! Accantonò ogni pensiero e decise allora di cambiarla d’abito e di mettere quelli umidi ad asciugare. Non fu facile. Provava anche un certo imbarazzo nello spogliarla. Trovava più sollevo nell’appendere gli abiti alla testiera del letto più vicina al fuoco. Frugò nello sgangherato armadio situato nell’angolo della stanza tra la finestra e lo scrittoio. Vi trovò una casacca color panna con alcuni pendoli di pietre poco preziose. Un ricordo dell’India forse. Non se la rammentava. Era però la cosa più comoda che avesse trovato, dato che l’abito si completava con dei pantaloni della stessa fattura. La asciugò con un panno che passò più volte tra i capelli. Poi la rivestì. Pensò che, per accelerare i tempi, sarebbe stato meglio avvicinarle la testa al calore del caminetto. Mentre la spostava si accorse che c’era un alone sul suo giaciglio fatto di paglia. Ovviamente l’acqua aveva bagnato anche quello. Depose momentaneamente l’amica sul pavimento mentre rivoltava il sacco pieno di paglia dal lato più asciutto e, non soddisfatta, recuperò dal solito armadio una grossa stoffa pesante che chissà da quanto tempo stava lì. Le diede due colpetti per togliere un po’ di polvere e poi la sistemò sopra il materasso. Quindi vi adagiò sopra l’amica, che fino a quel momento non si era accorta di nulla. Dormiva beatamente. “Le si potrebbe fare di tutto” Xena scosse la testa per scacciare quella voce, ma ancora una volta si trovò ad osservare profondamente l’amazzone ed ad ammirarla per la sua bellezza. Ancora una volta la sua mano corse alla guancia e la sfiorò intimorita. Olimpia emise una sorta di vagito. La luce delle fiamme le illuminava, di nuovo la sensazione di rivivere il bacio del risveglio e la tentazione forte di baciarla ora, di nuovo, come quella volta, bussavano al cuore di Xena fremente. L’accarezzò di nuovo e lei si mosse. Con l’altra mano le scostò una ciocca di capelli e lei sorrise nel sonno. La stava sentendo. Percepiva la sua presenza. La sua o quella di Brunhilde? Doveva saperlo. Con un sussurrò la chiamò. - Olimpia, svegliati – Un altro vagito. Decise quindi di sussurrarle all’orecchio per far sì che la sentisse veramente. - Olimpia, sono io, svegliati - - Mm, Xena? – sbiascicò l’altra. Erano cosi vicine. Le labbra di Xena sfioravano l’orecchio di lei – svegliati – le diceva e tra una sillaba e l’altra assaporava il leggero sapore della sua pelle. - Xena.. - Mi sta chiamando! Sa che sono io! Si voltò per guardarla negli occhi e mentre ruotava la testa accarezzò col naso il volto dell’amica. Ora erano davvero troppo vicine. Olimpia aprì le palpebre e si specchiò nell’azzurro sguardo ammaliante dell’amica, china su di lei. Piegò il braccio e a sua volta le accarezzò il viso. Il respiro di Xena si fece più corto e spezzato. Le due si fissarono mentre, come la sera precedete, i pollici seguivano la fisionomia come a ricostruirla e riconoscerla. - Xena… - bisbigliò lei. - Olimpia… - rispose in un sussurro l’altra. E mentre ancora i nomi si mescolavano ad altri suoni nelle loro orecchie, le labbra si avvicinarono e si toccarono incerte e tremanti. Un lungo, lento, desiderato bacio a labbra socchiuse. Sembrava assurdo che, dopo tutto quello che era successo, si stessero davvero baciando. Così, senza una discussione, senza un vero chiarimento. Si stavano solo baciando perché sentivano di volersi baciare. Sentivano di volersi sfiorare il viso e accarezzare i capelli. Sentivano che volevano sdraiarsi l’una accanto all’altra, lasciandosi cullare dallo scricchiolare del legno ardente mentre le loro labbra si schiudevano a nuovi baci più profondi. Com’erano morbide le labbra bramate a lungo. Nessuno spettro del passato che si confondeva con la sua immagine, nessun dio che la ostacolava e le ricordava i patti sanciti col sangue. Doveva pensare questo Xena mentre si lasciava trascinare dall’amazzone. Olimpia la stringeva a sé senza mai fermare le carezze che le attraversavano la chioma. - Hei, Xena, ma che stai facendo, la cena è pronta! Olimpia è sveglia? - squittì Fillide da dietro la porta. La principessa guerriera aprì gli occhi di scatto e si ritrovò seduta ai piedi del letto, mentre con una mano stringeva il lenzuolo. Aveva la guancia destra che le bruciava per il calore del caminetto che ora scoppiettava vivacemente. Olimpia dormiva ancora e la sua miscela giaceva inutilizzata sulla mensola del caminetto. - Xena, insomma! Guarda che entro eh! - esclamò Fillide e così fece. - Ma che ci fai seduta per terra? Oh, accidenti Olimpia dorme ancora! Le leprotte sono pronte! Ma che hai fatto in tutto questo tempo? Saranno passate due clessidre! - - Io… devo essermi addormenta dopo averla asciugata e sistemata.. è… è stata una lunga giornata anche per me oggi - disse in stato confusionale. Si alzò e prese il bicchiere con la miscela, poggiandolo il più vicino possibile al camino. - Posso provarci io? OLIMPIAAA, OOOLIIIMPIAAAA, LA CENA E’ PRONTA, FORZA OLIMPIA, DAI CHE HAI FAME, SU, VIENI A MANGIARE CON NOIIII- la sua voce era tutt’altro che un sussurro. La barda non poté evitare di sentirlo e aprì gli occhi arrossati - Ma che succede?- chiese confusa da un potente mal di testa. - Bevi questo, fa attenzione è molto caldo – le disse Xena allungandole il bicchierino. L’amazzone annusò prima il contenuto, poi soffiando lo bevve tutto d’un sorso. - Per gli dei quanto è amaro! – esclamo allontanando il bicchiere e pulendosi la bocca con le dita. - Fa più effetto se amaro, lo dice Virgilio! - commentò entusiasta il ragazzo. - Virgilio? È qui? - chiese l’amazzone eccitata di gioia, cercando conferme negli sguardi dei due amici. - È di la che ti aspetta per la cena!- l’avvisò Fillide. E seppure con passi ancora incerti, la bionda lasciò il letto per raggiungere la sala dove trovò molti amici. Fillide la seguì a ruota. Xena rimase in camera da sola. Si sedette sul letto. Aveva sognato tutto. Eppure era così realistico. Quanto avrebbe voluto baciarla davvero. Ma Olimpia era fuggita immediatamente in sala senza nemmeno darle una spiegazione del suo stato. Cosa aveva bevuto e perché? Avrebbero dovuto parlarne sicuramente già quella sera, quando tutti sarebbero andati a dormire. Dovevano chiarire. Accarezzò con una mano il cuscino su cui fino a poco prima aveva poggiato la testa semi umida dell’amica. Lo afferrò e lo annusò profondamente. Si fermò. Roteò gli occhi al cielo e, riposto bruscamente il guanciale, raggiunse gli altri in sala.
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