EPISODIO N. 11
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di GXP

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L’insostenibile leggerezza dell’essere - parte I


Capitolo 4 - Stone upon stone, upon a fallen stone

- Eccola qui, proprio dove l’avevo lasciata - annunciò Fillide mentre i suoi occhi si illuminavano davanti a quella visione.

- Me la ricordavo più malconcia - commentò Olimpia inclinando la testa.

- Beh, sebbene per poco tempo, Marte si era impegnato nel renderla vivibile e accogliente. In fondo un tugurio non avrebbe potuto essere la dimora di un dio: io ho solo cercato di darle una bella ripulita- Rispose serafico il ragazzo, non accorgendosi dello sguardo indispettito che Xena gli aveva appena lanciato. Definire ʽtugurioʼ la casa in cui lei e i suoi fratelli avevano passato splendidi momenti non era esattamente quello che avrebbe voluto sentirsi dire come bentornato!

- Tugurio … - mugugnò la guerriera, poi li esortò a entrare. Olimpia le sorrise e l’istinto di colpirla lievemente al fianco con un pugno in segno di gioco si fece insistente, ma il timore di essere troppo azzardata le fece perdere l’attimo: Fillide già zompettava felice verso l’ingresso e Xena lo seguiva a ruota. Anche lei, di conseguenza, si incamminò verso la vecchia casa.

Una volta dentro iniziò la conta dei danni.

- Hum, questa porta ha sempre dato dei problemi – commentò la principessa guerriera mentre rimetteva nei cardini la malconcia porta di assi legnose, scricchiolanti e tarlate.

- Credo ci toccherà rassettare ancora un po’. Il tetto però pare stabile - asserì l’amazzone cercando un contatto visivo che le venne puntualmente negato.

- Non resteremo molto, ma sarebbe utile aggiustare i danni del tempo, così il nostro soggiorno sarà più confortevole - dichiarò Xena rivolgendosi a Fillide - ottimo lavoro per le pulizie, ragazzo. Ci hai tolto un bel po’ di lavoro, bravo. - si complimentò.

Fillide si aggiustò i calzoni, tutto orgoglioso, e ringraziò con un cenno del capo. Subito dopo posò le bisacce che fino a quel momento aveva tenuto sulle spalle. Come un grillo andò a scaricare i cavalli e li portò nella stalla dove si dedicò alla loro sistemazione.

Nel frattempo in casa, Olimpia aveva raccolto le sue borse e cercava un angolo dove creare la sua stanza.

- Se riusciamo a riparare il tetto in breve tempo, puoi prendere la stanza di Linceo laggiù-

disse con poco entusiasmo la guerriera poi proseguì - Io alloggerò nella camera difronte e Fillide nella mia vecchia stanza al piano di sopra.... Vado a cercare l’occorrente per le manutenzioni - e allungò il passo per andarsene.

Olimpia rimase sola in quella casa vuota e fredda. Il caminetto spento le ricordava la distruzione nella bella casa di Brunhilde dopo il Ragnarok. Chissà se la stava ristrutturando o se si era stabilita definitivamente nel Valhalla. Scosse la testa come per scacciare i pensieri. Trovo facilmente la stanza di Linceo, la casa non era molto grande, e, quando vi rientrò, le venne istintivo sorridere: c’era una scrittoio tutto storto e marcio, ma era comunque uno scrittoio! Xena aveva scelto per lei la stanza del fratello perché c’era quel tavolo su cui avrebbe potuto dedicare del tempo alla scrittura, sua unica forma di sfogo e Xena lo sapeva bene. Ne fu contenta.

Evidentemente Marte non aveva mai messo piede in quella stanza dato l’aspetto poco accogliente ma non le importava, Xena le aveva suggerito la stanza del fratello prediletto e in cui c’era uno scrittoio. Conoscendo la sua difficoltà ad esternare i sentimenti con le parole, i gesti contavano molto di più e per Olimpia quello era un chiaro messaggio di tregua. Un passo alla volta.

Mentre sistemava alla meglio le sue borse, sentì le voci degli amici al di fuori della casa.

- Sono certo che un po’ di riposo potrà solo giovarci, Xena, non fare quella faccia …-brontolò Fillide di fronte ad una contrariata principessa guerriera.

- Ma mi stai chiedendo di rimanere qui più di un mese!-

- Non ho detto questo!-

- Chiedermi di ripopolare le stalle e il pollaio per me ha questo significato -

- Ma Xena, sei stata tu a proporre di venire qui per un breve vacanza e in una vacanza non si muore di fame!-

- Io ho solo detto che mi sarei riposata qui e poi avremmo ripreso le ricerche di Virgilio, non ho mai parlato di una vacanza! E poi Ci siamo sempre arrangiate e qui la selvaggina non manca!-

- Cacciare, pescare, lottare! Temo che le nostre idee di riposo siano diverse, cara Xena... Segui il consiglio di un amico: per un bel mesetto ce ne rimaniamo qui a rimettere insieme i pezzi delle nostre avventure, cosi anche io saprò cosa raccontare a mio fratello senza fare brutte figure. Da quando ho scoperto di lui non vedo l’ora di vederlo e trovare in lui qualcosa di mio padre. Mi hai detto che scrive, io non sono un bravo compositore, ma so cucinare bene e so che mio padre era un ottimo cuciniere, dai Xena, lasciami tentare. Ti tratterò bene, sarò il tuo uomo di servizio e tu avrai tutto il tempo per fare i tuoi allenamenti, per chiarire tutte le tue questioni…-

- Xena, Fillide non ha avuto una cattiva idea, non ci fermiamo dal giorno del Ragnarok…forse è il caso di provare a rimettersi in sesto, non trovi? Avere una terra coltivata e degli animali da accudire potrebbero essere terapeutici e ovviamente ci eviterebbero di rischiare il digiuno se la caccia non andasse a buon fine -

Suggerì Olimpia, che nel frattempo era uscita per raggiungerli nell’aia.

- Olimpia … Tu prediligi scrivere e comporre, Xena ama cacciare e pescare. Perché le due cose non possono coesistere anche sotto un tetto?- domandò Fillide come se parlasse al vento

- Sembra quasi che per te avere una casa coincida con l’appendere il chakram al chiodo Xena, non possiamo per una volta vivere normalmente?- aggiunse, ma il mutamento repentino dello sguardo ferito di Olimpia gli fece mordere le labbra per la frase appena detta. Xena aveva deciso che si sarebbe fermata prima o poi ed aveva anche comprato una casa da dividere con la compagna di sempre ma gli eventi avevano distrutto quel sogno. E il risentimento verso Olimpia tornò prepotente nelle sue parole.

- E cosa vuol dire normalmente? Fare le contadine?- ribatté fortemente contrariata.

Fillide alzò gli occhi al cielo, capendo come si sarebbero evolute le cose e si mise a fischiettare tentando invano di calmare le acque.

Olimpia si sentì offesa dalle parole dell’amica.

- Torno a sistemare le mie bisacce - informò a voce bassa e affranta.

Xena si accorse di essere caduta nel tranello e cercò di rimediare subito, ma fu interrotta dal ragazzo.

- Lascia perdere Xena - e anche lui si allontanò, entrando nella stalla e lasciandola sola nell’aia.

Poco dopo Fillide uscì alla guida di un carretto di dubbia resistenza.

- Vado a comprare qualcosa di utile al nostro soggiorno qui, lungo o corto che sia. Non voglio che mio fratello non si senta benvenuto quando lo porteremo qui - e detto ciò spronò il cavallo di Olimpia, dirigendosi verso la polis.

Xena si sentiva a disagio e non voleva rientrare in casa, lei era lì e non voleva affrontare il discorso dopo una ramanzina da uno come Fillide. Mentre pensava a come comportarsi intravide Olimpia uscire di casa e dirigersi verso la boscaglia; ne approfittò per rientrare in casa.

Vide le borse dell’amica depositate nella stanza di Linceo, ma non erano state svuotate. Lo scrittoio era dove se lo ricordava, ma in condizioni decisamente peggiori. Si guardò attorno cercando della corda con cui renderlo più stabile, ma non trovò nulla di adatto. Sperò allora che Fillide fosse per un briciolo furbo a sufficienza per acquistare anche prodotti per la manutenzione.

Attese quindi il suo ritorno seduta sola al tavolo della stanza da pranzo. Si guardò attorno sconfortata mentre con le unghie toccava la venature del legno scuotendo la testa.

 

Olimpia raggiunse una zona del bosco abbastanza libera da sterpaglie. Si guardò dietro con un’espressione prossima al pianto e, passatasi una mano sugli occhi, scosse la testa. Si fermò. Si guardò i piedi. Nella sua testa la discussione appena interrotta dal suo “essersene andata”. Avrebbe voluto affrontare Xena, urlare quanto male le faceva ogni volta che ostentava così sgarbatamente il suo stile di vita combattiero e il suo disprezzo verso le origini umili del bardo. Ma cosa ancora peggiore non le andava di discutere con lei su un punto cosi delicato come “il futuro e la convivenza”, specialmente dopo gli sciagurati eventi dei mesi precedenti. E poi sarebbe stato inutile: Xena non lo voleva accettare. La sua vita era la battaglia, la lotta, il rischio. E Olimpia per amore e rispetto lo aveva accettato anche se sperava sempre, sotto ogni sospiro, sotto ogni sorriso, sotto ogni cenno di consenso, che Xena capisse e provasse almeno una volta a vivere… vivere senza rischi… con lei. Ma come poteva chiederglielo ora? Ora che la stessa Principessa Guerriera aveva venduto la loro casa, ora che quel ponte di fiducia era crollato sotto i colpi della gelosia e del tradimento? Che cosa avrebbe risposto davanti alla possibilità di vivere insieme per sempre da ora?

Scosse ancora la testa sapendo già la risposta secca che echeggiava nella mente. E come per esorcizzarla urlò un no carico di rabbia estraendo i sais. Una luce la invase.

- Che ti aspettavi da lei? - domandò Marte comparendo nel suo tipico bagliore azzurro.

- Che cosa vuoi? - chiese Olimpia mentre lanciava i sais contro un tronco secco.

- Nulla di particolare, ho sentito delle presenze nella mia vecchia abitazione e sono venuto a controllare -

- Quella casa non è mai stata tua -

- Certo … - rispose il Dio sarcastico, arricciando le labbra. Poi prosegui - Ma davvero credevi che Xena avrebbe voluto fare quella vita? Andiamo Olimpia, dopo tutti questi anni! -

- Chiudi la bocca - ordinò seccata l’amazzone mentre recuperava i sais.

- Lei è come me. È la battaglia che le dà la vita! È una guerriera!- si avvicinò all’amazzone, sorridendole, fino a giungere ad un palmo di naso e aggiunse - Non la cambierai. Specialmente dopo la bella trovata di scappare con una valchiria. No, ahah cara mia, non la cambierai più. - sussurrò il dio osservandola con aria di sfida.

I due si guardarono glaciali negli occhi. Olimpia retrocesse e si voltò soppesando i sais tra le mani; poi si fermò dandogli le spalle. Abbassò il capo e trasse un profondo respiro e lentamente si riportò di fronte a Marte.

- Io l’ho già cambiata - sentenziò

- Non otterrai mai quello che vuoi - dichiarò arrogante il dio.

- Neanche tu - fu la risposta accigliata di Olimpia che, dato un ultimo sguardo di disgusto al dio, iniziò a camminare verso l’abitazione mentre Marte, con una smorfia, scomparve.

Contemporaneamente

Xena sollevò il capo con un presentimento che non fu sbagliato. Annusò l’aria.

- Che vuoi?- chiese al nulla.

Di fronte a lei, là dove fino a poco fa immaginava seduta l’amica mentre avevano un ipotetico colloquio chiarificatore, comparve Venere con in viso un’espressione amareggiata.

- Dovevi proprio comportarti cosi? Non riesci davvero a mettere da parte il tuo stupido egoismo?- chiese la dea.

- Chiudi il becco -

- Tra poco è il suo genetliaco, te lo ricordi? È cosi che lo vuoi festeggiare? Trattandola come se fosse un peso? –

- Ma che cosa stai dicendo?! Il genetliaco è di certo l’ultima cosa a cui ho voglia di pensare! Che cosa dovremmo festeggiare?-

- Una riappacificazione forse? – suggerì la dea.

- No, non vedi come ci è difficile comunicare? Parliamo per ferirci!

- No, voi interpretate le parole per ferivi. Tu sei convinta che lei ti stia volontariamente provocando, ma credi veramente che una donna come Olimpia possa usare così sciocchi trucchi per capire se l’ami ancora o no?

- Ma io l’amo ancora Venere…almeno credo -

- E allora dimostraglielo!-

Xena tacque osservando gli occhi della dea. Con un filo di voce e quasi intimorita sussurrò.

-Non ne sono capace -

Venere sgranò gli occhi e, roteata la testa con la bocca spalancata dal finto stupore, esclamò:

- Certo che non lo sei! Tu sei convinta che l’unico modo per farle capire che l’ami sia salvarle la vita! Sei corsa fino nelle terre del Nord e non dirmi che l’hai fatto per le tue sorelle Valchirie perché loro non ti volevano e sappiamo bene che se c’è da mettere fine al regno dei gli dei tu sei la prima della fila! Ma, Xena, tutto questo prima o poi finirà! Non combatterai per sempre! Il passato dovrebbe esserti d’insegnamento! Non di ostacolo!-

Xena si guardò attorno con fare smarrito.

- Io sono una guerriera … - sussurrò in un sospiro.

- Sei anche una madre e una compagna! Non lasciar che questi aspetti di te si perdano nel vuoto. Lo sai bene che è anche per quelli che Olimpia ti segue –

- Cosa dovrei fare?- chiese turbata Xena.

- Me lo stai chiedendo davvero? – domandò stupita la dea.

- Certo!-

Venere sorrise e allungando le mani sul tavolo disse:

- Accontentala!- e scomparve in un bagliore dorato.

In quel mentre entrò Olimpia. Si soffermò sull’uscio osservando Xena che guardava il vuoto. Sospirò ed iniziò a dirigersi verso la camera da letto.

Xena si voltò richiamata dal passo spedito dell’amica e, guardandola, disse mestamente

- Olimpia! Sono stata una … -

- Sei una guerriera – la interruppe il bardo in un sospiro carico di accettazione e distogliendo lo sguardo.

Xena si alzò e le andò incontro a lunghi passi. Quando la raggiunse le si parò davanti. Non riusciva a dirle nulla. Poteva solo guardarla negli occhi. Come poteva accontentarla? Era facile per Venere dare consigli. La donna che amava era stata di un'altra e non era facile da mandare giù. Continuava a fissare il bardo negli occhi senza dire nulla, quindi Olimpia fece un passo indietro.

- Scusami, ho molto da fare se voglio dormire serena stanotte. - disse Olimpia indirizzandosi verso la stanza che le era stata riservata.

- Sciocca … - si apostrofò Xena in un sibilo e, fattosi coraggio, la raggiunse in camera.

- Quando Fillide sarà tornato potrò aggiustare il tetto e non sarai costretta a subire l’aria fredda della notte - disse Xena comparendo all’uscio - e magari aggiusterò quello scrittoio, potrebbe servirti - suggerì la guerriera-

Olimpia la guardò con un sorriso sporcato di tristezza.

- Scusami – disse Xena guadandola con gli occhi carichi di sincero rammarico.

Olimpia ebbe come un sussulto sentendo quelle parole e vi rispose con un sorriso più lumioso.


Capitolo 5 – Chi siamo?

- Certo che tirare il collo ai polli non era esattamente quello che mi sarei aspettato per una “vita normale”- sbuffò Fillide mentre guardava un polletto sgambettare nel suo pollaio.

Si appoggiò allo steccato legnoso giocherellando con una cordicina che penzolava, la faceva gironzolare tra le dita, annoiato, e guardava un po’ il pollo e un po’ il cielo, immerso nei suoi pensieri.

- Non vedo il motivo per il quale ti lamenti!- ribatté Xena intenta a fissare una preda: gambe leggermente divaricate, un pugno socchiuso, l’altra mano reggeva un coltello a falce di luna… muscoli tesi

- Hai un tetto sulla testa quando piove e una cena sana che non devi catt..u..ra..re, maledetto fermati!!- cambiò radicalmente discorso: un lungo monologo sull’astuzia di certi animali, concentrandosi sulla cena che svolazzava da un lato all’altro del pollaio, costringendola ad inseguirla con la schiena ricurva e maledicendo tutto ciò che bloccava l’inseguimento, ora animato dallo starnazzare del primo piatto che non ne voleva sapere di essere ..impiattato.

Olimpia guardava divertita la scena dalla finestra della sua stanza, seduta allo scrittoio.

Fillide incitava il volatile a sfuggire dalle grinfie di quell’arpia di Xena, come lui stessa l’aveva definita. Era piacevole avere la sua compagnia. Era un bravo ragazzo, un gran lavoratore ed era in grado, con la sua innocente stupidità, di alleviare le sofferenze con una risata. Come in quel momento.

Olimpia stava componendo una poesia abbastanza cupa sul suo stato d’animo ma non ne risuciva a venire a capo.

caldo è l'orrore che mi pervade pensando al tuo amore che non posso avere. il sole arde ogni mia speranza mentre affannata certo la tua essenza… no, così non va, sembra dedicata a quel povero pollo la fuori!

- E tu che fai ferma lì? Datti da fare!! Lo mangerai anche tu!! È troppo basso per me!! È della tua statura!! Muoviti!!- urlava Fillide verso la finestra scorgendo il bardo che lo osservava e intanto correva da una parte all’altra dell’aia a schiena ricurva per solidarietà verso Xena.

- Poche storie poetessa, datti un mossa perché ultimamente sei ingrassata e un po’ di movimento non ti può certo nuocere!!- continuò il ragazzo

- Ingrassata io? Ma se mi tengo sempre in movimento!! E poi non usare la banale scusa della statura per giustificare la tua fiacchezza… anche Xena è alta ma non si lagna cosi tanto! - voltò lo sguardo in cerca della amica e la trovò appoggiata allo steccato mentre cercava di riprendere fiato.

Fillide lo notò e colse la palla al balzo per cercare di unire le due in una sonora risata, quindi urlò – Xena! ti stai impoltronendo eh!! -

Quale errore… Con molta lentezza Xena eresse la sua robusta schiena, si girò con molta calma, il viso recava un’espressione di disapprovazione: il sopracciglio inarcato, gli occhi socchiusi e una smorfia sulle labbra fecero intuire sia a Fillide che a Olimpia che qualcosa l’aveva alterata.

- Io .. mi sarei impoltronita- disse Xena scotendo il capo come se avesse un piccolo tic - Mi sarei impoltronita e quindi, sarei meno forte, più lenta..- continuò schioccando la lingua e tenendo lo sguardo fisso penetrando negli occhi dell’amico che cominciava a temere per la propria incolumità indietreggiando sebbene fosse già a debita distanza.

La guerriera impugnava ancora quella piccola falcetta con la quale avrebbe messo fine alle sue sofferenze, e a quelle del pollo, se solo fosse riuscita ad acchiapparlo; guardò l’arnese, poi fissando nuovamente il suo ristretto pubblico lanciò il suo urlo di battaglia scagliando nell’aria il coltello come se fosse il suo chakram.

Un brivido corse nella schiena di Olimpia nel risentire quell’urlo che le riportò alla mente molte battaglie, e, con quei ricordi, si faceva sempre più forte il sentimento che la univa alla principessa guerriera.

La falcetta volteggiò nell’aria provocando un frastuono tremendo che impaurì tutti i residenti del pollaio, ad eccezione di tre che non fecero in tempo a fare “cocò”, poiché si ritrovarono senza testa. Quello che era diventato un‘arma ritorno nelle mani della principessa guerriera, che con molta soddisfazione lo afferrò, girò il busto e con un sorriso beffardo disse

- Come ai vecchi tempi ..o sbaglio?- poi si diresse verso la casa ridacchiando e chiudendo la porta alle sue spalle.

Per Olimpia fu un sollievo vederla sorridere mentre Fillide deglutiva tastandosi la gola preoccupato.

- Mi sa che l’ ho alterata.. tre polli, però … ma ora chi li mangia tutti?- pensò ad alta voce il ragazzo ancora sotto shock.

- Tu, mio caro, e tu li spennerai!! Da solo!!Come dicevi? Ah, sì: un uomo fa sempre comodo!- disse Olimpia da dentro la casa ridendo sotto i baffi.

Fillide, preso un po’ dallo sconforto, ma allo stesso tempo divertito, si mise all’opera prefissandosi di preparare una cena coi fiocchi per farsi perdonare e soprattutto per non sprecare cosi tanto cibo. Da suo padre non aveva ereditato solo il cuore d’oro e un po’ di sana idiozia, ma anche delle doti culinarie degne di nota.


Mentre gustavano la lauta cenetta, il giovane inatteso cuoco, che si auto compiaceva per la buona riuscita del suo operato, domandò a Olimpia che intenzioni avesse per il suo compleanno.

- Allora, Olimpia, cosa pensi di fare per il tuo genetliaco? So che cadrà la prossima settimana e, dato che quasi certamente saremo ancora qui, sarebbe carino dare una festa!-

- Una festa? – chiese sbigottita la poetessa - Per festeggiare cosa? -

A quelle parole Xena ricordò la discussione con Venere ed ebbe un sussulto. Sentiva che se voleva provare a raddrizzare le cose con l’amica avrebbe dovuto “accontentarla” come le aveva suggerito la Dea. Ma come? Forse farle capire che il genetliaco era un’ottima occasione per distarsi un po’ poteva essere un buon inizio. Si fece coraggio e azzardò un complimento

- Si potrebbe festeggiare un anno in più di saggezza Olimpia! – l’anticipò Fillide.

La guerriera lo guardò indispettita (ed Olimpia se ne accorse) quindi riprese aria per tentare un secondo approccio.

- Saggezza? Più invecchio e più credo di perdere il sennò – dichiarò sarcastica l’amazzone lasciando Xena con le parole a mezz’aria, ma era l’occasione buona per tentare una riappacificazione, quella frase era perfetta, si: doveva dirlo.

- Il senno lo perderai solo quando le tue scritture non saranno più avvincenti come ora! - escalmo ancora Fillide tutto galvanizzato.

Xena alzò le braccia al cielo come in segno di resa lasciandole cadere subito dopo sulle ginocchia. Anche questa occasione era sfumata e la galanteria goffa di Fillide aveva rovinato ogni buon intento. Si alzò con il pretesto di riassettare il tavolo, cosa insolita per lei.

Olimpia aveva capito che la guerriera voleva dirle qualcosa probabilmente legata al suo genetliaco. Che volesse festeggiarla? Le avrebbe fatto piacere.

Mentre pensava, in sottofondo la voce di Fillide elencava gli eventuali ospiti.

- … e poi penso che Hercules potrebbe condurre qui Iolao. È vecchio ma cammina ancora sulle sue gambe! Certamente le amazzoni spediranno un dono. Sì, sì, mia madre diceva continuamente che le sorelle si ritrovano sempre. Caspita che bello sarebbe se mio fratello fosse qui! –

Olimpia era quasi divertita dalla scena: Fillide al tavolo a fare programmi di gloria e Xena al lavabo a mugugnare con lunghi ed esausti “hmm”

- Mi piacerebbe festeggiare…le tue idee sono interessanti -disse quasi timidamente il bardo.

Xena interruppe le sue mansioni. Ecco l’occasione per gettare la prima pietra della strada che l’avrebbe ricondotta dalla sua Olimpia! Doveva ingegnasi, doveva fare qualcosa per lei di unico, di così intenso da permetterle di dimenticare l’astio e riprovare. Olimpia l’aveva detto: dovevano provarci per capire. L’entusiasmo che sentiva dentro alla sola idea di farle un dono la emozionava e questo era per lei un ottimo segnale: l’amava ancora e se Olimpia avesse ricambiato con altrettanta enfasi allora tutto si sarebbe sistemato!

- Ottimo, Olimpia!- esultò trionfante il ragazzo balzando dalla sedia e ponendosi davanti a lei con le mani sui fianchi e il petto pieno d’aria mostrandole il profilo migliore.

- ti organizzerò una festa degna della tua fama! - aggiunse passandosi un dito sotto il naso e fremendo come bimbo dalla contentezza.

Le due guerriere si guardarono negli occhi scambiandosi uno sguardo d’intesa rivolto alle capacità organizzative del figlio di Corilo. Un’espressione particolarmente buffa apparve sul volto della guerriera, un misto tra l’inorridito e il dubbioso ed Olimpia non poté trattenere una risata subito soffocata.

- Lo sapevo che ti avrebbe fatto ridere! Il gioco del ciuco piace sempre a tutti! - esclamò Fillide che nel frattempo aveva continuato a raccontare del suo ambizioso piano.

- Per gli dei…- sussurrò Xena mascherandosi gli occhi con una mano.

- Grazie Fillide, sei davvero prezioso – disse dolcemente il bardo, ma non lo ringraziò per il terrificante progetto della festa che stava esplicando, bensì per aver regalato loro un momento di spensieratezza e di leggerezza dopo mesi di tensione.

Xena, la cui mano nel frattempo era scesa a coprire la bocca, la guardò negli occhi come a cercare conferma della sensazione che anch’essa aveva pocanzi provato. Finalmente un’intesa pensarono all’unisono ma quel breve contatto fu interrotto dal forte rumore di un tuono.

Una folata di vento freddo spalancò la porta d’ingresso, mostrando l’aia sotto un potente acquazzone.

- Oh no! Con quell’acqua tutto il lavoro di oggi sarà stato vano!! E guarda gli animali! La stalla non è ancora finita! - urlò sconfortato il ragazzo.

Un vero e proprio vento da uragano trasportava di qua e di là i vestiti che il bravo Fillide aveva provveduto a lavarsi da solo

- Dovrò correre come un idiota per riprenderli - piagnucolò

- Questo mi ricorda qualcosa!!.. certi polli..a te no?- ghignò Xena

- Dovremmo intervenire prima che le bestie scappino - suggeri l’amazzone.

- Tu no! - interruppe Fillide - Non vogliamo che tu ti prenda un altro ramo in testa! - esclamò ridendo.

Una battuta di ghiaccio, pensò Olimpia ed evidentemente anche Xena, perché lo prese per il collo e lo trascinò fuori sotto la pioggia battente.

- Tu pensa ai panni, io mi occuperò degli animali - ordinò con tono rassegnato la principessa guerriera.

- Ma Xena… - tentò di obiettare lui

- Muoviti -sentenziò lei.

Olimpia rimase sull’uscio ad osservare la scena. Gli abiti volavano come con guizzi inaspettati per il forte vento, inseguiti dal giovane già completamente fradicio. Il ragazzo con un braccio reggeva un cesto nel quale metteva i panni che riusciva a riprendere mentre con l’altro cercava di acchiapparne il più possibile, saltellando come un forsennato per raggiungere quelli che spiccavano il volo.

Improvvisamente il bardo, che nel frattempo si era spostata ed osservava la scena dalla veranda, ebbe la visione del cavallo di Brunhilde che le veniva incontro nella pioggia. Una sensazione di calore le invase il cuore pensando ai quei voli, alla scoperta delle terre nordiche abbracciata alla schiena di lei. Si portò una mano al petto come a stringere il cuore che batteva per un'altra mentre lei era li con Xena. Cercò di scacciare quella visione preparando dei teli e dell’acqua calda per permettere agli amici di sistemarsi una volta tornati in casa.

Xena, a passi lunghi, stava riconducendo gli animali scappati dai vari recinti; sacrificò volentieri i polli ma quest’ultimi si stavano già rifugiando per conto proprio in quell’angolo della stalla ancora asciutto. Lei non ci pensò due volte a trascinarci anche Argo e il cavallo dell’amica. Organizzò una porta di fortuna per evitare nuove fughe e andò a recuperare il figlio di Corilo che stava lottando contro una calzamaglia impigliata in un ramo.

- Da’ qua! - e con uno strattone staccò il capo dalle grinfie del ramo.

Poi correndo a passi stretti per non scivolare, i due rientrarono in casa. Una volta dentro, le vesti erano cosi fradice che i calzoni di lui, già tendenti a cascare senza preavviso, lasciavano strisce fangose sul pavimento legnoso.

- Forse è meglio che vi facciate un bagno caldo prima che vi ammaliate - suggerì il bardo.

- Eccì - fu la risposta del ragazzo.

- Per l’appunto… - commentò la principessa guerriera - Fillide vai pure tu per primo – No, no, Xena, prima le signore… wecciù! -

- Ti ci devo buttare con la forza? -

- Eeeeh credo che questa volta farò un’eccezione… allora vado eh… vado alla vasca eh? -

Si riferiva alla vasca circolare in pietra lasciata da Marte dopo il suo soggiorno in quella stessa casa durante il periodo di mortalità. Una vera comodità: era alta e circolare, con scalini perimetrali, un ampio bordo dove poter appoggiare vari oggetti e ai piedi della struttura vi erano dei tizzoni che una volta ardenti avrebbero riscaldato l’acqua. In quella precisa occasione non c’era tempo per occuparsi anche dei tizzoni, quindi Olimpia si era limitata a travasarvi dentro tutta l’acqua che era riuscita a scaldare nel camino.

Fillide raggiunse il bagno trascinandosi i calzoni tra rumori di assi scricchiolanti e stoffe pregne d’acqua.

Xena afferrò uno dei teli che l’amica aveva posto su una delle sedie vicino all’ingresso ed iniziò a tamponarsi il viso e i capelli spostandosi verso il caminetto ancora schioppettante.

La sua armatura lasciava cadere grosse gocce d’acqua, succhiate avidamente dal legno polveroso sotto i suoi piedi. Olimpia prese un altro telo e glielo allungò.

- Dovresti levarti quella ferraglia Xena -

- Non è ferraglia - obiettò lei.

- Qualunque cosa sia ci metterà molto ad asciugarsi -

- Già… beh vado a cambiarmi - e se ne andò verso la sua camera.

Il canto lirico di Fillide riempì il vuoto lasciato dal silenzio tra le due. Che gallo in agonia pensò tra se l’amazzone.

 

di GXP

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