Nota
dell'autrice: "Scrivere questa ff per me è
stata un'avventura piacevole ma anche costernata da lunghe pause di
mancata ispirazione, a tal punto da voler gettare la spugna. Ma Xandrella
e Darkamy mi hanno convinta a perseverare, appoggiandomi in tutto
e per tutto e concedendomi nei momenti più bui e difficili
la loro fiducia incondizionata.
Sono felice di avere portato a termine questo racconto, non potevo
non farlo e lo devo a voi ragazze. Grazie di tutto!! Infine dedico
questo mio lavoro a tutte le compagne di scrittura della stagione
virtuale. Buona lettura a tutti "
Sietta
PROLOGO
In Grecia
20 anni prima...
Olimpia a Xena
:< Pensi che si risveglierà mai? > -
Xena :< Chissà…forse i Lumin la proteggeranno ancora…nel
frattempo le vestali avranno cura di lei finché avrà
vita > -
Olimpia :< Pensavo che anche lei riuscisse a cambiare > -
Xena la guarda con dolcezza poi risponde –
<Olimpia … sono cambiata perché tu mi hai aiutato
a scoprire la parte sconosciuta del mio cuore > -
Olimpia :< A volte nelle situazioni di pericolo, l’unico
modo per salvarsi è quello di rispondere alle offese, ma il
cammino che ho scelto me lo impedirà > -
Xena :< La mia vicinanza ti sarà d’aiuto > - E
vanno via
Una guardia al servizio delle vestali chiude il portone dietro di
loro.
CAPITOLO
I
< Allora, come
sta? > - Chiese una fanciulla appena entrata nella stanza. Portava
con sé una bacinella colma d’acqua ed alcune bende per
ripulire con cura la ferita.
< Mhm…Non bene: la sua pelle brucia non credo che riuscirà
riprendere conoscenza. Si è lamentata tutto il giorno >
- rispose Licia, l’anziana sacerdotessa vestale a cui Nerissa
era stata affidata. Era seduta accanto a lei e le rimboccava le coperte
con fare materno.
Licia : < Forse questo le darà un po’ di refrigerio
> - intinse la benda nell’acqua fresca e la posò delicatamente
sulla fronte della donna madida di sudore.
< Licia, ma perché non vai a riposare? > - Le domandò
Ebe -
< Ci penso io adesso: sei stata qui tutto il giorno... > - riprese
la giovane accarezzandole una spalla affettuosamente.
Licia era una delle più famose vestali massime della Grecia,
rispettata da tutti e ammirata soprattutto dalle giovinette che si
avvicinavano al sacerdozio.
Per trent’anni era stata la custode del sacro fuoco dedicato
alla dea Vesta, con pio animo, giorno e notte si dedicava con amore
a ogni caso disperato che si presentava davanti ai suoi occhi. Quello
di Nerissa lo prese molto a cuore.
Aveva anche una certa capacità giuridica e con il suo modo
di esprimersi forbito avrebbe potuto convincere i giudici a graziare
la condannata (se solo fosse riuscita a svegliarsi).
Solo che Nerissa non lo sapeva o fingeva di non saperlo e di lì
a poco ne avrebbe combinata una delle sue.
Era lì
da alcuni giorni ormai e le vestali erano convinte che fosse ancora
malata e decise di portare avanti questa commedia ancora un po’.
In realtà lei era già sveglia da un pezzo e osservava
tutto ma soprattutto ascoltava tutto. Doveva solo aspettare il momento
buono per fuggire da quel posto di cui ne aveva fin sopra i capelli.
Non sopportava neanche più Licia e questa sua mania di starle
sempre appiccicata le dava sui nervi, sino ad odiarla.
Una mattina decise che era giunto il momento di squagliarsela. Non
era ancora in ottima forma ma volle provarci lo stesso.
Le vestali le preparavano essenze profumate per la sua pulizia personale
una volta al giorno. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli e la
guardia sarebbe uscita fuori lasciandola sola con le due donne, potendole
così aggredire.
Non essendo delle guerriere non avrebbero mosso un dito per difendersi
e di certo non avrebbero fiatato per chiedere aiuto. Tra l’altro
le pareti della stanza erano spesse e nessuno avrebbe sentito niente
al di là del muro ma non volle comunque correre dei rischi.
Era tutto tranquillo. La guardia fuori che passeggiava avanti e indietro
alla cella era l’unico problema, ma ci avrebbe pensato dopo.
La sacerdotessa
le tolse le vesti per massaggiare il suo corpo indolenzito con delle
bende profumate.
Licia :< Poveretta! > - Le disse preoccupata, sfiorandole una
guancia.
La donna ad un tratto emise un gemito: i suoi occhi stanchi si aprirono
lentamente e da quella brava attrice che era, con una smorfia di dolore,
cominciò a guardarsi attorno cercando di capire dove fosse.
Licia : < Cosa? > - Chiese Licia sporgendosi in avanti con l’orecchio
teso vicino alle sue labbra -
Nerissa : < Ac…qua .. > - Le disse con un filo di voce
non appena riprese a parlare.
Licia : <Ebe, presto, passami quel boccale! > - La fanciulla,
lasciate al volo su di un tavolino alcune ampolle contenente balsami
e oli aromatici, corse a prendere una brocca d’acqua fresca,
appoggiata su di un mobiletto accanto al capezzale e, mentre versava
il contenuto in un bicchiere, si lasciò andare ad un commento
manifestando ad alta voce i suoi pensieri.
Ebe: < Sembra incredibile che una donna così giovane e bella
possa commettere così terribili azioni! > - Dall’alto
della sua saggezza, la vestale massima ammonì dolcemente la
sua allieva –
Licia : <Ebe, mia cara, devi sapere che non importa chi siamo stati.
Importa chi siamo ora: non devi più pensare a Nerissa come
una spietata guerriera. Adesso lei è malata, indifesa e ha
bisogno delle nostre cure > - ed Ebe commossa, pregò la
dea Vesta affinché guarisse il suo corpo dalle ferite per addolcire
il suo animo cattivo.
Le poverette non sapevano che la donna a cui stavano prestando il
loro aiuto si sarebbe scatenata a breve. Oltre ad aver ripreso conoscenza,
era lucida e capiva perfettamente ogni singola parola ed in silenzio
nella sua testa ripeteva –
<Malata? Indifesa? Brutte megere, non sapete cosa vi aspetta!!
>
Licia accostò il bicchiere alle labbra di Nerissa affinché
saziasse la sua sete –
<Coraggio! > - Le disse mentre passava un braccio intorno al
suo collo –
L’imbelle
era legata mani e piedi da lunghe catene in ferro e con una mossa
repentina la prese alla gola cercando di strangolarla con esse –
Nerissa : <Muori vecchia! > -
Licia tentò di allentare le catene intorno al suo collo facendo
ricorso a tutte le sue energie. Il suo spirito di sopravvivenza la
portava a divincolarsi ma più si agitava più si sentiva
soffocare ed il respiro e le sue mani erano troppo deboli per riuscire
a strapparsele di dosso.
La sua fine era ormai segnata ma implorò la guerriera con occhi
pieni di sofferenza, sperando in un atto di contrizione.
Il suo viso, anche nel dolore, esprimeva bontà verso di lei
e con il poco fiato che le era rimasto nei polmoni le regalò
un ultima parola di pace affinché nutrisse il suo spirito malato
–
Licia : < Ti…per…dono > -
Nerissa era come impazzita -
Nerissa : < Ti odio! Muori! > -
Esalato l’ultimo respiro, Licia si accasciò tra le sue
braccia.
Ebe non credeva
ai suoi occhi, avendo appena assistito al brutale omicidio della sua
amica per mano di una donna che avevano curato con tanto affetto.
Una donna pazza e senza scrupoli!
Ebe: < No! > - Scuotendo la testa, in piedi, paralizzata e tremante
-
Ebe: < Non è possibile: è un incubo! >- Erano
le uniche parole che riusciva a pronunciare.
Nerissa : < Tu! > - Con il dito puntato verso di lei –
< Se non vuoi fare la fine di questa …> - scaraventò
il corpo di Licia per terra - < Ti consiglio di prendere quelle
chiavi appese al muro. Sbrigati! > - Doveva liberarsi delle catene
prima di fuggire via.
La fanciulla singhiozzava incapace di muovere un solo muscolo e le
sue mani erano strette a pugno e poggiate sulle labbra –
Ebe :< Perché? Perché? Che cosa ti ha fatto? >
-
Nerissa :< Cos’hai da starnazzare? Muoviti sgualdrina! >
- La disprezzava cosi tanto da urlarle in faccia tutto il suo rancore.
Infastidita dal suo comportamento petulante, la vile la colpì
con un calcio. Solo allora si mosse a fatica portandosi fino al muro.
Staccate le chiavi dal gancetto, fu colta da un tremito di paura e
le chiavi le caddero per terra, suscitando l’ira della donna
–
Nerissa : < Sta più attenta, stupida! Raccoglile subito
e vieni qui! >
Ebe non poté far altro che obbedire.
Nerissa : <Ah...Finalmente
libera! > - Disse con un sospiro di sollievo gettando via le catene.
Si alzò dal letto, convinta di poter agire in fretta ma all’improvviso
sentì mancare le sue gambe che erano intorpidite dalla lunga
degenza.
Cadde per terra e si ritrovò con la faccia schiacciata sul
pavimento, le mattonelle umide e fredde della cella che le ghiacciavano
il naso: inveì, dando pugni al suolo.
Nerissa : < Maledizione! > - Agitava le braccia come se volesse
scacciare uno spirito maligno.
La giovane provò a scappare, approfittando di un momento di
difficoltà della donna che, però, non aveva intenzione
di lasciarla andare via. Benché fosse per terra a faccia in
giù, riuscì a superare quel piccolo intoppo afferrando
le sue caviglie -
Nerissa : < Dove credi di andare? > - Tenendola ben stretta
la trascinava verso di sé. Ebe si dimenava per liberarsi dalla
sua morsa ma Nerissa era decisamente più forte e in un attimo
le fu addosso.
Nerissa : < Provaci di nuovo e t’ammazzo! > - Le pigiò
una mano sulla bocca per impedirle di fiatare -
Nerissa : < Non ti farò del male se farai quello che ti
dico > -
La fanciulla, con gli occhi gonfi dal pianto e preoccupata per la
sua sorte, capì che avrebbe ucciso anche lei se non si fosse
resa più docile e decise quindi di sottomettersi al suo dominio,
annuendo con la testa.
Nerissa : < Bene, brava bambina. Adesso alzati! > - Le rise
in faccia sbeffeggiandola e, con un po’ di sforzo, si rimisero
in piedi –
Nerissa : < Avanti, togliti le vesti! > -
Ebe: <Le mie vesti? > - Replicò –
Non capiva a cosa le servissero i suoi indumenti e indugiava sul da
farsi data la richiesta un po’ strana. In questo modo non fece
altro che infiammare ancora di più il suo animo violento.
Nerissa : < Allora non mi stai a sentire! > - La prese per le
spalle sbalestrandola contro la parete come fosse un ramoscello: la
sua crudeltà non aveva limiti!
Ebe senti le forze venirle meno a causa del colpo cosi violento e
il dolore lancinante alla nuca le annebbiò la vista. Sfregandosi
al muro, stramazzò al suolo.
Nerissa : < Muoviti! > - Neanche adesso che la giovane giaceva
per terra ferita provò compassione. Non solo la costringeva
con le cattive ad assecondare il suo intento criminale, in più
si divertiva ad umiliarla.
Il ghigno sulle labbra di Nerissa era la prova evidente della sua
perfidia: godeva nel vederla soffrire.
Il suo unico obbiettivo era quello di strapparle i vestiti di dosso
ed indossarli alla svelta –
Nerissa : < Addio piccola …e grazie di tutto! > - Le disse
con scherno un’ultima volta mostrando la sua superiorità
di guerriera e la salutò al volo con un bacio.
Non appena raggiunse
la porta, l’aprì lentamente per non far rumore.
Uno spiraglio di luce si fece largo nella stanza, così diede
subito un’occhiata fuori per assicurarsi che tutto fosse tranquillo
–
Nerissa : < Lumin, proteggetemi! > - Disse a bassa voce –
Prima di uscire si coprì il viso con un cappuccio che pendeva
dalla tunica.
Soltanto le vestali avevano libero accesso alle carceri e l’unico
modo per scappare via era ingannare la sentinella spacciandosi per
la fanciulla.
Il soldato in servizio alla prigione era sempre armato di tutto punto
ma tirò un sospiro di sollievo quando lo vide appisolato su
una seggiola. A quel punto, sfruttando l’occasione propizia
che le si era presentata, uscì dalla cella furtivamente stando
bene attenta a non svegliarlo.
Quel bestione emetteva dal naso dei suoni allucinanti che la indussero
a tapparsi le orecchie dall’angoscia.
<”Dei dell’Olimpo!” > - Disse a fior di labbra
mentre si voltava indietro per guardarlo. Il tizio era rozzo e dormiva
con le braccia incrociate sul petto.
Doveva agire con cautela per uscire vittoriosa da quella situazione
difficile in cui si era cacciata. Sapeva benissimo che un azione sconsiderata
avrebbe mandato in fumo il suo piano se si fosse attardata ancora
a lungo. Mancavano una manciata di minuti al cambio della sentinella
ma quella sinfonia poco piacevole le rompeva i timpani.
Doveva farlo smettere di russare!
Si accorse che
ai piedi dell’uomo vi era un recipiente in terracotta. Ad un
tratto un
ghiribizzo balordo scattò nella sua testolina.
Arrivata al suo cospetto, si rese conto che quella specie di essere
umano non faceva un bagno da alcuni mesi. Era palese anche dal cattivo
odore che emanava: goccioline di sudore fluivano giù dalla
fronte e si grattava nel sonno come un cane.
Nerissa : <”Forse è pieno di pulci!” > -
Pensò schifata -
Raccolse il recipiente facendo bene attenzione a non svegliarlo e
poi lo sollevò sopra il capo dell’uomo che dormiva beatamente.
Qualche bicchiere di vino in più quel giorno lo aveva indotto
ad assopirsi, perciò non si accorse di nulla.
Il visino di Nerissa era tutto un programma! Pregustando il suo piccolo
scherzetto,
sorrise in maniera beffarda mentre con un calcio lo scosse dal suo
torpore.
Il giovane sbadigliò e, stiracchiatosi le membra intorpidite,
cercò di mettere a fuoco quanto lo circondava.
La terribile guerriera, come sbucata dal nulla, gli disse senza ritegno
–
Nerissa : < Ehi! Verme schifoso, lo sai che puzzi come un caprone?
>
Lo sventurato non ebbe il tempo di dire nulla che ricadde di peso
sulla sedia, ripiombando tra le braccia di Morfeo.
Lo colpì con forza usando il recipiente per sfasciargli quella
sua testaccia vuota.
Nerissa : < Ecco, cosi la smetti di russare! > -
Sentì dei passi cadenzati provenire dal corridoio opposto:
alcuni soldati di pattuglia eseguivano il loro giro di ricognizione.
Il suo intuito le suggerì di nascondersi in fretta in una piccola
cavità tra le pareti dell’edificio ed aspettò
il momento fausto per fuggire.
Protetta dall’oscurità, gli uomini le passarono accanto
ignorando quel che stava accadendo. Appena furono andati via, Nerissa
si precipitò fuori da quel pertugio angusto e corse giù
per le scale che portavano all’androne.
<Ma cosa è
successo? > - Chiese basito il loro capo guardia.
C’era una sgradita sorpresa ad attenderli una volta giunti sul
luogo del misfatto: la porta della cella aperta e il loro compagno
con la testa mezza fracassata.
Guardia : < Voi due restate qui e tenete gli occhi aperti! …>
- Impartì ordini a squarciagola –
Guardia : < Gli altri con me! Presto! > - Ed entrarono di corsa
nella cella preoccupati per lo stato di salute delle vestali.
Fu devastante per gli uomini vederle riverse per terra e prive di
vita. Per qualche istante calò un silenzio glaciale e solo
il tonfo di una spada lasciata cadere dalla mano tremante di un soldato
ruppe quello stato comatoso in cui erano caduti.
<Allarmi! La prigioniera è fuggita! > - Gridò
di nuovo a squarciagola il capo guardia.
Guardia : < Presto! Controllate ogni angolo dell’edificio…muoversi!
>
Scattarono sull’attenti e filarono via alla ricerca dell’assassina.
L’unica via di fuga per arrivare in città e farla franca
per la prigioniera era attraversare la boscaglia. Così il Pontefice
Massimo, colui che nominava le vestali e dava loro la sua protezione,
diede ordini immediati al suo esercito di sguinzagliare i cani per
fiutare le tracce della donna. Purtroppo, si accorsero troppo tardi
dell’inganno. Nerissa sembrava svanita nel nulla. Forse Xena
aveva ragione: i Lumin l’avevano protetta ancora una volta.
Da quell’increscioso episodio nessuno ebbe più notizie
di lei. Finì nel dimenticatoio fino a quando …