Il coniglio, che
fino a quel momento aveva tamburellato con la zampina, arrestò
il suo ritmo. Arricciò il naso, riabbassò l’ orecchio
maculato e, arricciato una seconda volta il muso, si voltò
e zampettò fuori dalla grotta.
La barda rimase di stucco di fronte al comportamento dell’animale.
Abbassò lo sguardo verso Xena e vedendola cosi pacifica si
fece un’auto-critica -Guarda qui come dorme bene! C’è
un mostro in giro e lei dorme…Io invece mi faccio intimorire
da un coniglietto alto due mele…Deve avermi proprio scioccata
quell’esperienza con le bacche che lanciai a quella bestiola…Volevo
catturare la cena per conto mio senza usare la violenza…E per
attirare il coniglio l’ho rimpinzato di bacche. Peccato che
fossero frutti magici. Ho ancora sul collo la sensazione dei suoi
dentini-zanne cosi vicini…Per gli dei, forse è il caso
di svegliare Xena una volta per tutte. Hei, principessa guerriera?
Ti vuoi alzare?-
-…Buongiorno amica mia- rispose con voce roca la dormigliona
guerriera.
- Hei, principessa, non è che i pesci di ieri sera erano protetti
da diana come quel cervo che catturasti vicino al villaggio amazzone?
Ti stai trasformando in un orso pronto al letargo!- e detto ciò
la baciò in fronte.
-Mmm Olimpia, tu si che sai come svegliare una persona…Aaaaaah,
ci voleva una bella dormita, una bella cena e una bella notte- disse
la guerriera ruotando il suo corpo verso l’amica che le stava
seduta a lato su di un fianco.
-Sai, è venuto a trovarci un coniglio stamattina ed evidentemente
gli piacevo perché appena mi ha visto il busto si è
messo zampettare con le orecchie tese!- la informò la barda
-Beh, è comprensibile- disse ammiccante Xena lanciando un occhiata
divertita all’amica.
-E’ tanto distante il villaggio per chiedere informazioni Xena?-
-Sarà a circa mezza giornata di cammino a piedi, ma se il tuo
amico coniglio vuol darci un passaggio, forse facciamo prima- ironizzò
la mora.
-Spiritosa! Dai lavati la faccia e partiamo. Sembra già giorno
inoltrato!-
-Hai ragione- constatò Xena -Come è possibile che abbia
dormito così tanto…Beh per te è normale, ma per
me…-
-Forse è il filtro di Venere che ti sta rilassando, dici che
è possibile?-
-Se non lo sai tu cara seduttrice… Sei tu che le hai chiesto
l’ampolla, dovresti conoscerne ogni goccia ed ogni effetto-
-Ad ogni modo dobbiamo muoverci; forza: vestizione dell’eroe,
colazione dell’eroe e partenza dell’eroe!- ordinò
la poetessa
-E la barda che fa in tutto questo tempo?- chiese ironica Xena mentre
si sistemava meglio l’armatura.
- Xena, faccio parte anche io dell’eroe! È per abbreviare!-
- Lo so, lo so, aggiungici allora il buongiorno dell’eroe-
-E in cosa consiste?- chiese curiosa l’amazzone
- in questo- disse Xena e la raggiunse solleticandola allegramente
sui fianchi.
-Mi piace il buongiorno dell’eroe- affermò la bionda
sorridendo.
Xena ricambiò il sorriso,poi si alzò e sferrando due
calci a vuoto si stiracchiò per bene le giunture. Ripresi gli
abiti incominciò a riempire la borsa delle magie.
CAPITOLO
III
Terminati i preparativi
e conclusa anche una piccola colazione a base di pane secco a fettine,
le due si affacciarono, per la prima volta dopo tutto quel tempo,
all’ uscio della grotta…e fu una sorpresa!
Davanti a loro si presentava un’ immenso giardino da frutto.
Pesche e albicocche dondolavano grasse appese alle loro piante, mele
accese come il sole creavano un alone rosso nel viale che naturale
si formava tra i due filari di alberi. Fragole e lampone lentigginavano
l’erba verde sotto i loro piedi mentre, tutto intorno alla grotta,
una pianta rampicante scalava la roccia.
-Tutto questo non c’era ieri Xena!- esclamò basita la
barda.
-Lo so e non capisco che cosa sia successo…e non ci siamo accorte
proprio di nulla-
-Beh, per quello le spiegazioni ci sono, ma per qui fuori? Che sia
il fantomatico mostro ad aver creato questo guazzabuglio di verde?
Insomma, non è stagione per tutta sta roba! Guarda, la infondo
ci sono delle nespole, e là…degli aranci! E qui…Xena
guarda!! Qui ci sono delle bacche! Sembrano more! Ma che cosa sta
accadendo?-
-Non lo so, ma dobbiamo scoprirlo. Presto, incamminiamoci. Se la geografia
non è cambiata, dietro quelle colline c’è il villaggio.
È li che siamo dirette-
Le due si incamminarono di buona lena seguite, poco dopo, da una schiera
di uccelletti dalla pancia azzurra e dal fischio melodioso.
-Hei Xena, abbiamo il coro!- esclamò Olimpia alzando la testa
e vedendo tutte quei colorati volatili.
-Se non se ne stanno zitti strizzerò anche il loro di fegato!-
minacciò la principessa guerriera poi continuò arrestando
il passo e puntando il dito verso il petto dell’amica -Non farti
incantare da questo mondo idilliaco, mi ricorda troppo quell’esperienza
in India. Vuoi diventare di nuovo blu? Faresti compagnia ai graziosi
uccelletti- ironizzò e riprese il passo spedito
- Xena devi sempre trovare il marcio ovunque tu eh? Ma hai ragione,
forza camminiamo, ma tu stammi davanti. Mancano i cavalli volanti
e poi si avvera il mio “presagio di ieri notte”-
-Io non ci scherzerei molto- disse Xena seriamente fermando nuovamente
il suo passo -Come era fatto il tuo amico coniglio?- continuò
alzando un sopracciglio e mettendo mano al chakram.
- Xena che intendi dire?- chiese preoccupata Olimpia, solo la parola
coniglio l’aveva messa in allarme e il gesto dell’amica
aveva confermato il pericolo.
Xena con un cenno del capo la invitò a guardare oltre il viale
di mele che stavano attraversando. Durante il momento di distrazione
nell’osservare i graziosi uccelletti, un altro folto gruppo
di alberi era nato, cresciuto e germogliato; ma non era un albero
da frutto, aveva un immenso busto che, già alla distanza da
cui le due lo osservavano, faceva capire che dieci uomini non sarebbero
stati in grado di cingerlo in un abbraccio collettivo. Xena ne contava
una ventina di esemplari ma non era possibile quantificare perché
i tronchi si intrecciavano tra di loro confondendosi; ciò che
era certo era che qualcosa non era esattamente facente parte del regno
della vegetazione.
-Allora, mi rispondi? Com’era fatto?-
-Bianco con un orecchio nero ed uno maculato, perché?-
Xena sgranò gli occhi, piegò le ginocchia e sfoderò
il chakram. Solo allora Olimpia notò ciò che aveva attirato
la preoccupazione dell’amica: dalla cime degli alberi spuntavano
due macchie nere. Ma non era possibile che Xena credesse di vedere
quello che credeva realmente di vedere, insomma, non esistono…
-Conigli giganti, Olimpia! Preparati a scappare da dei conigli giganti!-
disse Xena sotto voce.
Appunto, continuò il suo pensiero la barda, non esistono…conigli…giganti.
E invece in quel posto c’erano eccome! Xena lanciò il
suo cerchio rotante che, secondo la descrizione urlata dalla barda,
tagliando l’aria, si conficco in un incisivo alto come un uomo
seduto sul un cavallo in piedi su un carro in bilico su quattro scatole
di legno! Insomma, un dente da coniglio gigante come mai avevano potuto
vedere!
Nel rendersi conto che il chakram si era incastrato, Xena rimase sbalordita
e confusa mentre rapidamente la sua testa cercava un’altra soluzione.
Olimpia, dal canto suo, esterrefatta, disse -Mia madre elogiava sempre
le carote ma non pensavo avessero un cosi tale effetto- rimase immobile
con la bocca aperta, mentre la compagna, invece, si voltava con un
espressione simile ad un “ che fine ha fatto il tuo cervello?gli
sembra questo il momento di andare in vacanza?”
Olimpia rispose a quello sguardo con un piccolo colpetto di tosse.
Xena tornò ad osservare l’ immensa preda che le si presentava
circa 200 metri più in la…
Nel frattempo il coniglio si era staccato il chakram, lo aveva annusato
e, constatata la sua bassa digeribilità, lo aveva gettato a
terra. C’era qualcosa di molto più appetitoso a un paio
di passi da lui.
-Presto si dirigerà verso di noi; Olimpia preparati a correre,
senza armi non so come potremo difenderci-
Ed infatti fu così, in pochi passi che fecero tremare il terreno,
il coniglio fu loro addosso e con una zampa si apprestava a calpestarle.
-CORRI OLIMPIA!CORRI!- urlava disperatamente Xena. Ma la fobia di
Olimpia aveva preso il sopravvento e l’amica era rimasta immobile
all’ ombra dello zampone peloso; Xena si precipitò verso
di lei per cercare di destarla da quello stato ipnotico. Fu un attimo.
Il coniglio avanzo pesante su di loro.
Una sudatissima
Olimpia si svegliò spaventata nel giaciglio. Aveva le pelle
bianca e tremava mentre il suo cuore pulsava sangue a tutto il corpo
con una velocità al limite del collasso. Il fiato le era corto
in gola, quindi allungò una mano verso la borraccia dell’
acqua e si ristorò.
Si portò alla fronte una mano che si inumidì a causa
del sudore. La asciugò nella coperta e solo allora si accorse
di essere sola nel giaciglio.
-Xena?-pronunciò il suo nome con la poca aria che aveva ancora
in corpo. Era parecchio spaventata dal sogno da poco terminato e non
trovare accanto a lei la sua fonte di gioia, la metteva ancora più
in ansia.
- Xena?- chiamò ancora, mentre il suo cuore riprese il ritmo
incalzante di poco prima.
Decise che doveva andarla a cercare. Si alzò rapidamente e
agguantò gli stivali intorno alle coperte rivestendosi come
meglio poteva a tutta velocità, poi si precipitò verso
l’uscio della grotta temendo ciò che poteva mostrasi
ai suoi occhi.
La luna splendeva pienamente tonda nel punto più alto del cielo.
Come era luminosa. Il temporale doveva essere finito da poco perché
nell’aria c’era ancora quell’ odore di terra umida
ed erba. Tutto in torno era quiete e fruscio di foglie che si accarezzavano
come amanti fugaci nel venticello freddo che il temporale aveva lasciato
come segno del suo trionfo.
Olimpia abituò subito gli occhi a quella luce ed inizio le
sue ricerche.
Non ci mise molto a trovarla e ciò che trovò non fu
proprio di suo gradimento.
Era seduta tra due tronchi tagliati a una ventina di centimetri da
terra, sudata, con una smorfia sul viso; sentì passi famigliari
avvicinarsi e quindi non impugnò né spada né
chakram. Si limitò solo ad alzare lo sguardo e a scostare delle
ciocche bagnate che le coprivano gli occhi.
-Potresti procurarmi altre foglie? È da un bel po’ che
sto qui…le ho finite- chiese con voce stanca la principessa.
Olimpia roteò gli occhi al cielo e nascose il naso tra le mani.
Si voltò e vide un alberello basso e ben fornito di fogliame.
Spogliò una porzione di un ramo e la portò all’amica.
-Come mai questa seduta straordinaria?- chiese mentre le porgeva il
mazzetto.
-Non lo so- si limitò a dire guerriera.
-Ma ti senti male?- domandò la bionda.
La guerriera tornò a fissarla con lo stesso sguardo con cui
l’aveva accolta
-Ok, ho capito. Ti lascio da sola sul trono…principessa…ma
se hai bisogno chiamami- le disse Olimpia avvicinandole altre foglie.
Xena portò le mani alla fronte e tornò a concentrarsi.
Quando riaprì
gli occhi sopra di lei non c’era più il cielo stellato
che le teneva compagnia, ma bensì un soffitto umido e grigio.
Il suo ventre era ancora contratto per lo forzo ma non sentiva più
alcuna necessità.
Era sdraiata al suolo con una coperta che la copriva ed un altro corpo
che la riscaldava.
Era confusa.
Si sentì una spalla inumidita e pensò subito a qualche
creatura misteriosa che l’avesse morsa o solo toccata con qualche
sostanza allucinogena.
Raccolse le forze, nonostante lo stordimento, e si buttò fuori
dal giaciglio rotolando sulla nuda roccia.
Olimpia balzò in piedi impaurita; afferrò subito i sais
e si mise in posizione d’attacco facendo perno con un tallone
e continuando a girare su se stessa per individuare il pericolo.
Tutto ciò che trovò fu la principessa guerriera, tutta
scomposta e senza armatura, seduta a terra con una mano sulla spalla.
Le si precipitò subito accanto.
-Xena, che c’è? Perché ti tieni la spalla?-
Xena si osservò la mano con cui teneva la spalla; con il pollice
sfiorò la sostanza liquida incolore e vagamente appiccicosa.
Era come temeva, qualcuno o qualcosa le aveva assaggiato la spalla.
Doveva dirlo all’ amica per metterla in guardia su eventuali
mutazioni fisiche o magiche.
-Olimpia temo che…- ma non concluse la frase. L’amica
le si era seduta di fronte e la guardava spaventata. Xena la osservò
e le poggiò l’altra mano sulla guancia accarezzando con
il pollice l’angolo destro della bocca; si stacco da quel tenero
gesto e si osservò entrambi i pollici. I nervi del collo, che
fino a quel momento erano stati tesi come le corde di una cetra, cedettero
all’evidenza del fatto.
- Xena, insomma, che ti succede? Cosa temi?- supplicò di sapere
la barda
-Temo che tu abbia ripreso a sbavare di notte! Ecco cosa temo!Ma insomma
Olimpia, non riesci proprio ad evitarlo? Credevo mi avesse morso una
creatura misteriosa, magari il famoso mostro che cerchiamo!-
- Ma Xena, non è la prima volta che accade…Lo sai che
me ne dispiace ogni volta ma se non tengo la bocca aperta…beh
lo sai che il mio naso è sensibile ai primi fiori…e poi
scusa, ma se qualcosa ti avesse morso ci sarebbe stato del sangue
e tu, forse, non avresti più la spalla…né una
compagna, visto che sulla tua spalla c’ero io-
Xena rimase in silenzio mentre si ripuliva le dita nella coperta.
Guardava fisso il terreno. Le parole dell’amica erano corrette,
ma lei sentiva che qualcosa non andava. Era convinta di essere nel
bosco e di avere dolori di stomaco; ma poi, tutto di un tratto, era
di nuovo nella caverna…come era possibile?
-Weccì!- fece Olimpia mentre guardava l’amica darsi una
ripulita.
La principessa alzò lo sguardo e si rese conto della situazione
in cui erano: vestite con solo le sottovesti,col fuoco quasi spento
e sedute su della roccia fredda.
-Provvedo subito ad alimentare il fuoco- disse- Tu rimettiti nel giaciglio
prima di chiamare a te qualche brutto malanno- suggerì alla
compagna e si diresse verso l’esterno.
La luna era ancora alta e una brezza campestre riempiva la zona di
salutare quiete.
La guerriera raccolse dei rami secchi e non rispose al suo istinto
che le suggeriva di andare a cercare i due ceppi su cui si era seduta
“meditante” pochi istanti prima.
Tornò alla grotta e trovò un Olimpia alquanto preoccupata.
- Xena ma sei sicura di stare bene?-
-Certo! Perché?-
- Xena…Te ne sei uscita in sottoveste! Senza armatura!! Senza
armi!-
-Per gli dei, hai ragione! Come ho fatto a non accorgermi!-
-Non ti saprei dare risposta per questo, ma è meglio che riaccendi
il fuoco e torni qui a dormire scaldandoti. Lo sappiamo tutte e due
che se prendi freddo al sedere poi non ragioni più-
-Olimpia, non ricominciare-
- Xena, probabilmente hai dormito un po’ scoperta ed ecco i
risultati. Poi ti sei seduta a terra e te ne sei uscita con le grazie
esposte…dimmi che non è tutto collegato!vai sempre con
la testa per aria se il tuo fondoschiena non è apposto!-
-Olimpia è capitato solo una volta e avevo poco meno di un
lustro!-
-Si ma hai comunque preso a calci tuo fratello…ed eri solo una
fanciulla! Mi chiedo cosa sarebbe accaduto se avessi dormito con il
fondoschiena al vento quando sedevi alla destra di Marte!-
-Ora non esagerare. Ammetto che mi mette di umore non proprio positivo
ma non ne farei un trattato…ecco, il fuoco è sistemato.
Ora possiamo rimetterci nel giaciglio. La notte è ancora lunga.-
Detto ciò si riavvicinò alla compagna che nel frattempo
era già sotto le coperte. La bionda le fece posto tra le sue
braccia e Xena vi si adagiò con lentezza. Respirò profondamente
e si riaddormentò.
Quando aprì
gli occhi, un timido sole si affacciava dalle colline che avrebbero
dovuto superare per trovare il villaggio. Allungò gli arti
e si stiracchiò per bene la schiena. Quel genere di terreno
non era l’ideale per lei. Aveva dormito ovunque ma in un posto
così scomodo mai!
Si alzò lentamente per non svegliare la compagna che ancora
dormiva; quindi raggiunse l’armatura e la indossò.
Intanto Olimpia, che si era ritrovata senza una spalla su cui sbavare,
aveva dischiuso gli occhi e cercava di focalizzare la situazione.
Con una mano tastò la parte vuota del giaciglio. Quindi si
voltò e vide l’amica di spalle intenta a vestirsi.
-Ti serve una mano?- domandò con un filino di voce ancora impastata
-No grazie, faccio un giro di perlustrazione e racimolo la colazione
ok? Tu fai pure con comodo-
-No, aspettami; non mi sento molto bene, aiutami ad alzarmi per favore.
Mi sento pesante-
Xena la guardò un po’ sorpresa, quindi le allungò
la mano.
-Grazie…ma Xena!? Che cosa è successo alla tua testa??-
chiese scioccata osservando i capelli di Xena.
Xena si portò istintivamente le mani sul capo. Capì
che qualcosa non andava, quindi sfoderò la spada e cercò
di osservare la sua immagine riflessa.
Una matassa nera, ispida e raccolta in ciocche intrecciate su se stesse,
si districava tra altre ciocche ricce lunghe fino alle spalle, mentre
un enorme ciuffo, alto circa una spanna, troneggiava in cima a quella
palla di pelo monumentale.
-Per gli dei, aiutami a sciogliere questi nodi!- esclamò tendendo
nuovamente la mano all’amica e fece salda la presa cosi che,
con un solo strattone, la portò in posizione eretta.
La coperta cadde a terra lasciando scoperto…un pancione da nono
mese di gravidanza.
- Per gli dei!-esclamò Xena
-Cosa?- chiese Olimpia mentre abbassava lo sguardo -Che Ggiove mi
fulmini! Che cosa? O cielo, Xena, Xena, che cosa…o cielo!- Non
riusciva a dire altro. Si toccava la pancia e cercava di sentire la
presenza ospite in lei. Il dubbio e il timore del ritorno di Dahak
o di una più che rapida Callisto con crisi di maternità
sbolognate agli altri, si fece violento nella sua testa.
Le due si fissarono negli occhi e videro lo stupore e la paura in
quelli dell’altra. Ci fu un brevissimo silenzio, il tempo di
un respiro, poi l’urlo fu spontaneo.
Olimpia urlava a più riprese mentre metteva una mano alla pancia:
malediceva Callisto e chiunque altro le avesse tirato un così
sgradevole scherzo; iniziò un elenco che partiva dalle divinità
agli angeli, incluse abitanti di Potidea con cui aveva avuto screzi
(non sia mai che qualche preghiera in più a qualche nuovo dio
avesse potuto ottenere dei risultati) ed arrivò a se stessa
maledicendosi per aver pensato troppo alla possibilità di crescere
un figlio. Intanto Xena, con i pugni stretti nelle ciocche, urlava
ringhiando per tutta la grotta. Malediceva chiunque le avesse tirato
un tiro mancino
Le voci si accavallavano vicendevolmente coprendosi e rendendo incomprensibile
alle stesse cosa stessero dicendo, quindi le due si zittirono. Si
riguardarono, ma fu inutile: l’urlo usci con prepotenza dalle
loro gole.
CAPITOLO
IV
Si svegliarono
urlando e scaraventando la coperta sul fuoco ormai spento. Entrambe
con il fiatone cercavano di riprendere aria.
Olimpia si portò istintivamente la mano sul ventre e Xena ai
capelli.
Tutto in regola: muscoli tesi e ciocche sudate, ma tutto i regola.
- Che cosa sta accadendo? Xena, ho fatto un sogno orribile!!-
- Non sei la sola, ho dormito male per tutta la notte. Credo di aver
fatto un sogno nel sogno, dici che è possibile?-
-Credo di capire cosa intendi, nel mio sogno un coniglio gigante ci
stava riducendo a polvere, subito dopo ero sola nel giaciglio e tu…-
- Io ero nella foresta ad esternare alcuni bisogni?- chiese in ansia
la principessa.
-Esatto! Ma come hai fatto a…
-Credo che abbiamo avuto gli stessi incubi. Nell’ultimo tu eri
gravida!-esclamò lanciando gli occhi sul corpo dell’amica.
-Esatto, ma ora non c’è nulla! E non sento nulla! E anche
i tuoi capelli sono tornati alla normalità, ma come è
possibile?-
-Non saprei, forse il cibo di ieri era veramente protetto da qualche
dio oppure…credo che qualcuno stia manipolando le nostre menti-
-Le furie?-
- Impossibile, le ho seccate!-
-Bacco?-
-Improbabile, è seccato pure lui…credo.-
-Xena?-
-Mh?-
-Che vuol dire che li hai seccati? Cioè, non li hai letteralmente
seccati vero?-
Xena rise- No assolutamente, è un modo per dire che li ho eliminati.
Ti piace? Sto cercando di inventarmi qualcosa di nuovo per esprimermi…lo
sai che mi piace sempre essere originale- sorrise
-Ah.- disse in segno di falsa comprensione con un’infinità
di dubbi da chiarire, continuò- Xena, come facciamo a capire
che siamo sveglie? Si insomma, che non è un altro sogno nel
sogno-
-Credo che il fatto stesso che ne stiamo parlando sia sufficiente.
Hai notato che nonostante le stranezze dei sogni, nessuna delle due
lo ha fatto presente all’altra? L’ ultimo è stato
cosi scioccante che ci siamo svegliate-
- Si ma io mi ero già svegliata dopo che lo zampone del coniglio
formato famiglia per titani ci aveva schiacciato, eppure ho iniziato
un altro sogno-
-Non ne hai iniziato un altro, sei entrata nel mio -
-Tu sogni di fare i tuoi bisogni tra due ceppi e di sentirti chiamare
“principessa sul trono”? Cara, capisco che una volta eri
temuta anche dalle formiche, ma eccedere nella megalomania così…guarda
che i bruttoni ti temono lo stesso, anzi di più visto che ora
lotti per il bene-
- Oh per favore Olimpia, e tu? Ti sembra normale sognarsi un coniglio
grande come un tempio di Marte?-
-La mia è una fobia, la tua è pura…-
- Olimpia basta, non sono queste le questioni di cui discutere, forza,
prepariamoci e dirigiamoci al villaggio. Sono certa che li troveremo
delle risposte-
Olimpia annui. Andò alla bisaccia e ne tirò fuori delle
fettine di pane secco che porse a Xena.
-La colazione, o grande principessa dello sforzo- disse ridendo.
Una visibilmente infastidita guerriera, afferrò il cibo con
scatto fulmineo
-Smettila o mi metto a squittire come il tuo amichetto-
-No che non lo farai, non ti abbasseresti a tanto-
-Dopo il sogno che ho fatto? Pp!-
-Xena? Cos’era quello pp?-
-Il verso del coniglio!-
-Ah beh, se lo fai così non ti temerò neanche un secondo-
-Pp, snp, psn, frufru, pup pup…niente?-
-No Xena, niente-
-Uhm!- e con quest’ultimo verso, girò la testa come una
principessa biliosa.
Olimpia rise, le si avvicinò e le stampò un rapido bacio
sulla guancia bitorzoluta per il pane che la principessa stava mangiando.
Xena rispose con un sorriso.
Poco dopo ci fu la partenza; il sole era sorto da poco, i fiori erano
sbocciati, la terra si asciugava dall’acquazzone della sera
prima, le fronde danzavano mosse dall’aria, gli uccellini squittivano,
le rane ragliavano e le nostre eroine dal passo spedito parevano non
farci caso.