Era
poco più tardi della mezzanotte, quando Xena tornò dai
suoi “due passi” sul ponte ed entrando nella cabina notò
con sorpresa che Olimpia era ancora sveglia. Disse semplicemente:-Si
tratta di Melissa, vero?-
Olimpia era sorpresissima, ma si limitò a dire:-Si. È...-
-...Stata nella nostra cabina. Che ti ha detto?-
Olimpia notò che le doti intuitive dell’amica la lasciavano
sempre senza fiato ma ora non aveva importanza, voleva raccontarle
tutto.
-... e questo è tutto - concluse il racconto di Olimpia. Questa
volta non aveva trascurato nulla ma fu sorpresa quando Xena le disse:-Le
credi?-
Olimpia rimase ammutolita. Si accorse che le credeva. Le era sembrata
estremamente sincera... e poi perché avrebbe dovuto mentirle?
Non aveva senso… le aveva chiesto aiuto… non poteva essersi
inventata tutto… ma perché Xena ora dubitava di lei?
-Le credi Olimpia?- ripeté la domanda la principessa guerriera
-Si...- balbettò la poetessa e allo sguardo indagatore della
donna continuò:- Dovevi vederla Xena! Era così dispiaciuta…
no, non può aver raccontato un mare di bugie! Sento che è
sincera! Fidati-
-Mi fido di te, ma non di lei. Starò allerta. Ci sono ancora
troppe cose che non conosciamo…-
Olimpia le diede ragione, ma non insistette sulla sincerità
di Melissa, in fondo una persona spietata è capace di qualunque
cosa.
Si diedero la buonanotte, poi andarono a dormire, con in testa la
storia di Melissa, non quella delle amazzoni che stavano per incontrare.
2
CAPITOLO
L’alba arrivò puntuale come sempre e per Xena, Olimpia
e Melissa era ora di andare.
Olimpia bussò tre volte, come pattuito, alla porta di Melissa
che si aprì e la donna uscì avvolta nel suo mantello
nero. Xena l’aspettava poco più in là e quando
vide le due arrivare abbozzò un leggero e falso sorriso verso
Melissa.
-Io sono Melissa- si presentò la donna. Xena annuì freddamente,
non si fidava di lei, sentiva che qualcosa di estremamente importante
era ancora ignoto della vita di Melissa.
La sconosciuta si sentì più sicura con Xena accanto,
ma contemporaneamente più instabile... come se la presenza
della guerriera potesse annientare o mettere in dubbio quello che
aveva raccontato a Olimpia.
-Andiamo- disse la principessa guerriera quando fu calata l’ancora
e fu messo un ponte per scendere. Non c’erano molte persone
che dovevano scendere dalla nave, ma la presenza di Melissa accanto
alle due guerriere non fu notata così che la nave ripartì
senza la 18enne a bordo e finalmente la donna si sentì al sicuro.
-Grazie, grazie mille!!!- gioì eccitata la donna abbracciando
Olimpia.
-Di nulla- rispose la donna –Verrai con noi al villaggio amazzone,
ora-
Melissa annuì felice accarezzando il suo pancione.
Xena si guardò intorno. Il suo sguardo viaggiò per tutto
il porto focalizzandosi in vari punti, ma invano. Poi le vide. Due
amazzoni le stavano aspettando con due cavalli per le redini.
Xena camminò nella loro direzione, seguita da Melissa e Olimpia.
Le amazzoni erano due, una indossava un elmo di bronzo, molto leggero
e aveva i capelli neri tagliati corti,gli occhi del medesimo colore.
Era vestita nello stile amazzone e teneva a tracolla l’ascia
bipenne amazzone. Montava un destriero grigio e ne teneva per le briglie
un altro marrone.
L’altra amazzone era bionda, con gli occhi castani, non indossava
un elmo e i suoi capelli erano liberi e lunghi poco più giù
delle spalle. Montava su un destriero nero che risaltava la sua figura.
Era abbastanza alta, ma soprattutto aveva sicuramente un temperamento
vivace ed esuberante.
Xena provò un brivido che le percorse la schiena.
Quell’amazzone le ricordava qualcuno, assomigliava terribilmente
a qualcuno che aveva visto, magari non troppo recentemente, ma comunque
tante volte nella sua vita.
Ma in quel momento non le veniva in mente nulla. Cercando di non darlo
a vedere squadrò la donna e notò che sembrava sveglia
ed intuitiva.
-Salve Xena, salve Olimpia- le salutò la donna mora, accompagnando
le parole con un ampio sorriso. Olimpia ripagò il saluto.
-E quella?- chiese l’amazzone che tanto incuriosiva Xena.
-Si chiama Melissa. Ha bisogno d’aiuto. Possiamo portarla al
villaggio?- chiese Olimpia sperando con tutta sè stessa ad
una risposta positiva.
-No- rispose secca l’amazzone bionda. –Questo è
tempo di guerra. Gli estranei non sono graditi-
-Per me non ci sono problemi- esordì l’amazzone mora,
lanciando uno sguardo d’astio verso la compagna. La donna lo
vide e lo ricambiò senza problemi.
“Anche il carattere è molto familiare” pensò
Xena, mentre la donna bionda le porgeva il cavallo bianco che teneva
per le briglie. La principessa guerriera montò il destriero
e lasciò ad Olimpia e Melissa quello grigio.
L’amazzone mora disse:-Faccio strada- e si parò davanti,
seguita dal cavallo di Olimpia e Melissa. Poi sulla stessa linea d’aria
l’amazzone bionda e Xena.
-Non mi piace quella donna- disse l’amazzone bionda a Xena.
-Neppure a me- le rispose Xena, nel medesimo tono.
L’amazzone bionda fu sorpresa dalla risposta di Xena, s'immaginava
una risposta del genere “Ma che dici? È una brava ragazza”
oppure “No,no è assolutamente affidabile” e invece
nulla di tutto questo. Questo la incuriosì: voleva conoscere
meglio quella guerriera che tutti proclamavano ormai immortale.
Era una persona originale e sembrava avere uno spirito ribelle almeno
quanto il suo.
Non assomigliava per nulla alle donne perfettine che c’erano
nella sua tribù.
Sorrise e volle vedere fino a che punto il carattere di Xena, la principessa
guerriera, poteva essere rivoluzionario:- Ti va di fare una corsa
fino al villaggio?-
Xena ci pensò su, erano giorni che non faceva una cavalcata
come si deve, ma la richiesta la sorprese:- Perché me lo chiedi?-
L’amazzone non sembrava stupita da questa domanda:-Mi va...-
fu la risposta monosillabica di lei.
-No, non è vero- ribatté Xena. L’amazzone bionda
si girò stupefatta. -Tu vuoi solo superare la tua compagna
amazzone, solo perché si è messa LEI alla testa del
gruppo-
L’amazzone sorrise “Cielo, che intuito!” pensò.
Quella si che era una guerriera come si deve! Se ci fosse stata una
guerriera come lei nella tribù non ci sarebbero stati problemi,
sarebbe stata sicuramente la regina... altro che quell’incapace
di Varia, che non sapeva neppure andare a cavallo! Pensò la
donna, mentre diceva:-Allora questa cavalcata?-
Xena sembrò riflettere ancora... infondo lei non era un’amazzone…
non le importava degli screzi tra di loro.
-Ok- disse infine e si mossero, prima all’inizio della fila,
poi istigarono i cavalli ad una corsa fortissima per tutte le steppe
del popolo libero.
Cavalcavano sulla stessa linea d’aria, in perfetta parità.
Arrivarono all’accampamento di Varia un’oretta dopo, Olimpia,
Melissa e l’altra amazzone, molto più tardi.
Quando furono insieme si recarono nella tenda di Varia per informarla
del loro arrivo.
Anche Melissa entrò nella tenda.
- Olimpia, Xena... che bello vedervi! Lo sapevo che le voci sulla
tua presunta morte erano solo voci!!!- disse la regina, abbracciandole
di cuore.
Xena e Olimpia si guardarono poi la bionda rispose accennando un sorriso:
-E' bello rivedere anche te, Varia. Lei è Melissa - continuò
presentando la donna.
Melissa fece un leggero inchino all’amazzone:-Io sono Varia,
la regina amazzone. Mi hanno detto che hai problemi e che resterai
qui con noi, giusto?-
Melissa annuì.
-Non ci sono problemi.- concluse la regina sorridendo.
-Ce ne sono invece- l’amazzone bionda che aveva accompagnato
Xena durante la cavalcata era entrata nella tenda e non aveva perso
occasione per gettare zizzania e problemi alla regina, che detestava
con tutta sè stessa.
- Arete, io non vedo problemi- concluse Varia, in tono secco e adirato.
Olimpia fu turbata da quel tono che aveva appena sentito dalla regina.
Da quanto in qua, si osava mettere in dubbio le decisioni della regina?
Certo Varia non era un despota, ma come regina doveva essere rispettata.
Ma ammesso e non concesso che quell’amazzone avesse un carattere
particolare… come poteva Varia risponderle con un tale astio?
Probabilmente non si sopportavano. Arete, non sopportava la regina
e metteva in dubbio le sue doti ritenendola incapace e responsabile
dei guai della tribù, Varia non poteva soffrire Arete, perché
era una testa calda, piena d’ambizioni e non mancava mai di
mettere discordia all’interno del popolo libero.
-Quella donna non è per nulla raccomandabile!- continuò
la bionda, sfoderando un sorriso di sfida nei confronti di Melissa,
ma soprattutto di Varia – Non si sa nulla di certo sul suo conto…
solo che è una piccola profuga di un paese lontano! E se fosse
una spia, mia regina?- concluse.
- Arete adesso basta! È vero, non conosciamo ancora le origini
esatte di Melissa...- il suo sguardo si posò sulla donna –
Ma non è affatto un problema. Ci racconterà tutto al
più presto, così che potremo aiutarla- il tono di Varia
era leggermente diminuito.
-Aiutarla? Ci mettiamo anche ad aiutare i bisognosi, quando sappiamo
che incombe una guerra? Aiutare quella? e chi ci pensa!-
-Ti ordino di smetterla!!- urlò Varia, ma contemporaneamente
di rese conto che aveva sbagliato. Olimpia si girò verso Varia
sentendo pronunciare un ordine, nel popolo libero non c’erano
ordini. Probabilmente era a quello che Arete la voleva condurre e
aveva perfettamente raggiunto il suo scopo. – Arete –
disse la regina con un tono calmo e rassegnato – Melissa ha
la nostra fiducia… ma non ti rendi conto che così facendo,
metti in dubbio la sincerità di Xena e Olimpia che l’hanno
condotta da noi?- continuò, ma il suo tono si era stabilizzato
e sembrava calma.
-Sicuramente di Olimpia, ma non di Xena! Neppure lei si fida di questa
donna- concluse l’amazzone.
Olimpia si girò scandalizzata e stupefatta verso Xena. La principessa
guerriera non si aspettava un’uscita di questo genere, ma era
la pura verità: Xena non si era mai fidata. Melissa guardava
terrorizzata la mora guerriera, sapeva che il suo intuito era finissimo
e per un attimo credette d’essere stata scoperta. Poi capì
che Xena non avrebbe aggiunto una parola in più a quelle di
Arete.
Varia fissava il pavimento, mentre pensava a quanto aveva sbagliato:
Arete l’odiava e lei le aveva fornito un motivo in più
per farlo. Aveva usato il verbo “ordinare”, parola che
era stata bandita da tempo nel popolo libero, perché essendo
libero non c’erano padroni, né servi e nessuno ordinava.
La regina era un capo, ma le sue decisioni erano prese assieme alle
altre amazzoni, come regina di pace.
Insomma non era un dittatore.
Arete capì a cosa stava pensando la regina e per ferirla di
più disse:-Stai abusando del tuo potere, Varia- pronunciò
queste parole con la voce leggermente bassa, in modo che a Varia giungessero
dirette, non come una parola sbagliata detta in un momento di rabbia,
ma come un dato di fatto espresso nella più completa lucidità.
Poi girò i tacchi e se ne andò.
Varia restò a fissare il vuoto. Melissa capendo che era lei
e soltanto lei la causa di tutto, disse :-Io… non pensavo di
causare tanti danni… - e scoppiò a piangere da brava
attrice.
Varia smise di fissare il nulla e si avvicinò a Melissa, e
dolcemente disse:-Non sei tu il problema, ma la cattiveria e l’invidia
che dilaga nel popolo libero. Io mi fido di te-
-Anch’io- aggiunse Olimpia girandosi istintivamente verso Xena.
Anche Varia e Melissa si girarono verso la principessa guerriera aspettando
una sua risposta.
-La fiducia bisogna conquistarsela...- fece un piccolo cenno con il
capo a Varia e se ne andò dalla tenda.
Olimpia abbracciò Melissa:-Non te la prendere. Anch’io
ci sono rimasta male, ma è fatta così. Ha sofferto tanto
per essersi fidata ciecamente di qualcuno… vedrai le passerà-
sorrise Olimpia.
Melissa sciolse l’abbraccio e fissò il pavimento, pensando
al suo piano.
-Porto
un messaggio per la regina- disse il messaggero dorico quando alcune
amazzoni si avvicinarono a lui.
Arete era a capo dello squadrone di avanscoperta che si aggirava intorno
ai confini del territorio.
Lo prese e contrariamente alle regole, lo lesse. –Vi faremo
avere risposta al più presto possibile- disse prima che potessero
lasciarlo andare.
Ritornò al villaggio amazzone e non si curò affatto
di chiudere il messaggio, anzi lo consegnò a Varia, semiaperto,
volendo far intendere alla regina che lei l’aveva letto.
Erano tanti piccoli segni che Arete lanciava a Varia, tante piccole
frecciate che pungevano l’orgoglio della regina.
Varia lesse gravemente il messaggio e disse, riflettendo ad alta voce:
- Chiedono un compromesso, ci consentono di andarcene. Ci danno cinque
giorni di tempo... mi domando se...-
-Mai!- urlò Arete -Varia, anche le armate di Marte vi avevano
messo alle strette, ma voi non ve ne siete andate. Siete rimaste a
combattere. Marga stessa disse che senza la nostra terra non saremo
più nulla!!!!-
-Ora è diverso!!!- le urlò sopra Varia. –Arete
non possiamo combattere!!! Perderemo!-
-E vorresti andartene? E dargliela vinta così? Varia io non
ti riconosco più! Quando Marga era la regina... eri tu a fare
i discorsi che ora ti ripeto io!!!!- e Arete lasciò la tenda,
abbandonando Varia con i suoi pensieri.
La regina amazzone si sedette mesta.
Che fare? Restare e combattere, le diceva il suo istinto e così
avrebbe fatto fino a poco tempo fa, quando era il braccio destro di
Marga, quando si era opposta a Xena che le diceva di andarsene, lei
e la tribù dicendogli che avrebbe combattuto lei contro Marte...
ma ora?
Ora lei era la regina, la sopravvivenza del popolo dipendeva da lei,
solo dal lei.
Dalla sua decisione dipendeva il popolo libero.
Sentiva una responsabilità enorme, immane che ora come non
mai, si concentrava sulle sue spalle. Certo se ci fosse stata Marga
sarebbe stato diverso.
Lei avrebbe saputo come fare, lei era intrepida e saggia, giusta ma
severa... lei invece... no, non era un’incapace, ma non era
Marga... e come poteva essere come lei?
Era diversa, era tagliata per fare la regina.
“Oh, Marga... perché mi hai abbandonato?” pensò
tra sè la regina, mentre due lacrime le scendevano fredde lungo
il viso e le rigavano la pelle.
Cosa poteva fare lei da sola? Restare, combattere e perire da vere
amazzoni o andare via, scappare come topi inseguiti da un gatto e
perdere tutto.. la terra e la dignità?
Avrebbe parlato presto con Xena, lei era un’eccellente stratega,
sapeva di certo come fare.
Melissa passava di lì e vedendo Varia seduta a piangere restò
vicino la tenda, e la spiava senza farsi vedere.
Sapeva quali erano i pensieri della regina.
“Presto morirete tutte, amazzoni” sorrise la donna toccandosi
il ventre.
Olimpia
stava fissa a guardare le acque del fiume, ferma nello stesso punto
da più di una ventina di minuti. Aspettava Xena, magari prima
o poi si sarebbe fatta viva. Lei era fatta così, quando aveva
un problema si chiudeva a riccio finché la sua testa non le
suggeriva la soluzione “Ma si può essere tanto testardi?”
pensò tra sè mentre attendeva che la principessa guerriera
si facesse viva, per discutere, semplicemente per parlare.
Non l’avrebbe giudicata. Certo non era stato tanto carino da
parte sua dire cose tanto dure a Melissa, ma infondo aveva ragione:
quella donna era troppo ambigua.
Ma sembrava buona.
Un rumore, di foglie che si muovevano al passaggio di qualcuno. Olimpia
alzò la testa di scatto pensando si potesse trattare di Xena,
delusa l’abbassò constatando che era Arete.
Arete era una bella ragazza abbastanza alta, con i capelli biondi
e gli occhi scuri, aveva un’aria sfacciata e prepotente che
coronavano un viso familiare e sbarazzino.
Tuttavia era strana e il suo comportamento verso la regina ed il popolo
era anormale per un’amazzone, e tutto questo la incuriosiva
anche se le dava una stranissima sensazione, come se conoscesse Arete
da tempo.
-Che fai qui?- disse Arete con un lieve accento di arroganza.
-Nulla- fu la risposta di Olimpia e l’accompagnò con
un sorriso.
-Aspetti Xena – disse Arete, non come una domanda ma come un
dato di fatto. Olimpia rimase in silenzio mentre Arete riprendeva:-
Quella donna è incredibile-
-A cosa ti riferisci?- chiese la poetessa.
-Alla sua forza … alla sua bravura… ma hai visto come
cavalca?- Arete le si avvicinò e si sedette accanto a lei,
e prendendo un sasso iniziò a giocare con l’acqua.
Olimpia sorrise:-Si è davvero una donna unica, è fortissima,
abile... tutto quello che sò l’ho imparato da lei. L’amo
molto.- Olimpia concluse ma aveva pronunciato quelle parole con tale
calore e affetto che la ragazza si trovò meravigliata a non
trovarvi un cenno di invidia. Doveva volerle davvero un gran bene,
se ne era accorta subito che tra loro c’era intesa, bastava
uno sguardo, un cenno e si capivano al volo e tra loro le parole erano
superflue.
–Si, l’ami davvero molto...- sentenziò Arete con
un filo di amarezza.
-E come si può non volergliene? È una persona stupenda,
credimi-
-Forse un po’ distante- dubitò Arete.
-Ma se scavi sotto quella corazza da guerriera c’è una
persona dolcissima. È una compagna ideale- finì Olimpia
con un ampio sorriso, sentendosi privilegiata ad avere una compagna
così invidiata e ammirata.
-E poi con lei è come essere in una botte di ferro!- rise Arete.
-Questo è vero… ma non credere che io non sappia difendermi!!-
le fece coro Olimpia
-Ti va di allenarti con me?- chiese Arete con falsa ingenuità.
-Non so se..-
-Guarda che non devi aver paura... non ti farò tanto male!-
scherzò Arete e scoppiò in una risata.
- Sentitela! Ma ti senti onnipotente? Adesso ti faccio vedere io!-
Olimpia si alzò e si preparò ad affrontare l’amazzone
che si era già preparata in postura d’attacco, con i
pugni inclinati in avanti.
-Avanti colpisci- l’incitò la giovane e Olimpia colse
la provocazione e iniziò con un calcio al viso, ben parato
e un pugno, ben parato anche quest’ultimo. Poi iniziò
con molteplici attacchi, tutti velocissimi, ma Arete non aveva problemi
e superò con facilità l’offensiva della poetessa.
Toccava a Arete ora attaccare e iniziò con una raffica di calci,
tutti verso il viso, che Olimpia parò con maestria, poi l’amazzone,
continuando con i calci al viso colse il bardo di sprovvista con un
colpo sul ginocchio destro facendole perdere l'equilibrio.
Olimpia cadde all’indietro gemendo di dolore tenendosi il ginocchio,
l’articolazione si era immediatamente gonfiata e le faceva un
male incredibile.
Olimpia cercò di non darlo a vedere, ma non riusciva neppure
ad alzarsi dal colpo, la gamba sembrava come immobilizzata, come se
fosse stata preda del pinch di Xena.
Guardò l’amazzone che sorrideva trionfante, ma poi vide
il suo volto ombrarsi, preoccupato per lei.-Ehi.. ma stai bene..-
Olimpia rispose a fatica:-No.. ho la gamba immobilizzata ma che mi
hai fatto?- continuò Olimpia con voce isterica.
-Io.. nulla… ti volevo solo dare un calcio per farti cadere!
Tutto qui, te lo giuro! Non volevo farti del male!-
- L’ho vista fare a Xena - continuò lei, poi vedendo
Olimpia oscurarsi in loschi pensieri disse:- Prima.. stavo litigando
con Elvia, mia sorella… ci stavamo picchiando e Xena per fermarmi
ha usato questo colpo-
-No, Xena sa che avrebbe potuto farti male, lei…-
-Si, ho sentito dolore… ma non credo come te…-
Arete si abbassò per aiutarla ad alzarsi, ma Olimpia non ci
riuscì:- Non posso Arete… ho la gamba bloccata!-
-Vado a cercare Xena! Lei saprà come sistemarti la gamba!!-
Olimpia annuì e Arete le porse un arco e delle frecce:-Se qualcuno
dovesse avvicinarti in mia assenza... non esitare Olimpia-
E Arete corse via con una velocità pazzesca.
Olimpia guardò la gamba: il ginocchio si era gonfiato enormemente
ma il dolore non era aumentato. Tutta la gamba poi si era arrossata
e irrigidita. Premette la pelle in vari punti ma non sentiva dolore
se non sul ginocchio.
-Ma questa non è una mossa d’attacco è un maleficio!-
urlò disperata Olimpia, mentre constatava che il comportamento
di Xena, si stava facendo sempre più misterioso.
di
Diomache
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il racconto