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episodio n. 8
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- Olimpia! Dove ti sei cacciata!!!- urlava Xena mentre camminava tra le tende amazzoni..
-Sono qui, Xena… che c’è che non va?- chiese Olimpia uscendo improvvisamente da una tenda.
-Che cosa hai raccontato a Arete??- urlò Xena adirata.
Olimpia si sentì spaesata, ma poi con tono deciso disse:- Nulla di particolare-
-Nulla di particolare? Arete vuole uccidere Evi!-
-Che cosa… Io … Xena..io non pensavo che… -
Xena sospirò gravemente. Poi disse con un tono leggermente più dolce:-La situazione è grave Olimpia. Io non posso decidere tra salvare mia figlia o una tribù d’amazzoni…. Dobbiamo dividerci-
Olimpia guardò Xena negli occhi e con un tono dolcissimo disse: -Tranquilla, risolveremo tutto. Solo che… insieme sarebbe...-
-Ma no, Olimpia non capisci?- disse improvvisamente Xena, interrompendo Olimpia. Continuò:-Amore mio ho bisogno di te.-
Olimpia annuì con fare decisissimo e disse:-Tutto quello che vuoi. Dimmi il tuo piano-
Xena sorrise amorevolmente, contenta d’essere stata capita anche questa volta dalla sua straordinaria amica :-Allora devi raggiungere Evi nella città Rialzata. Aspettami là e nel frattempo proteggi mia figlia da quella squinternata. Io vi raggiungerò domattina se sarà andato tutto bene-
-Che vuoi dire Xena? Cosa deve andare bene?-
-Questa notte i Dori attaccheranno. C’è Melissa a capo di tutto è lei la regina Dorica che muove la guerra contro il popolo libero.- rispose la donna.
-Cosa? Tu come fai a saperlo?-
-Non c’è tempo per spiegare-
Olimpia annui lentamente. Poi alzò gli occhi fino ad incontrare quelli cerulei di Xena e disse:-Ti aspetterò. E nel frattempo non accadrà nulla ad Evi.-
-Grazie Olimpia e non temere, sarò presto da voi.-
-Parto subito.- disse Olimpia mentre si dirigeva verso un cavallo grigio e prendendolo per le briglie vi salì in groppa.
-Hai la mia parola che Evi sarà salva da Arete.- disse convinta Olimpia mentre si preparava per partire.-Promettimi che non ti accadrà nulla-
Xena fissò terra e un po’ indecisa non sapeva che dire. Poi lentamente alzò la testa e guardò Olimpia negli occhi: le verdi iridi della donna erano colme di ansia e di paura, così per rassicurarla disse:-Te lo prometto.-
-Buona fortuna- disse Olimpia quasi urlando mentre si allontanava velocemente galoppando con il cavallo grigio.
-Ne avremo bisogno- disse Xena quando si assicurò che Olimpia fosse abbastanza lontana da non poterla sentire.

Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette.
Ecco i sette colpi che Arete lentamente aveva battuto sull’enorme portone di una casa nella piazza della Città Rialzata.
Nulla. Attese ancora qualche secondo, ma niente. Innervosita pensò che quella fosse stata una bravata di quel bambino che si era preso quindici denari e che l’aveva ingannata.
“Se quella pulce mi ha preso in giro, giuro che gli taglio la lingua”
Ma mentre pensava a tali ingiurie la porta si aprì lentamente e una donna dai capelli castani e vestita da sciita apparve sulla soglia e con un grande sorriso disse:-Chi sei?-
-Sto cercando Evi. Ho sentito del suo messaggio d’amore e vorrei anch’ io...-
-Si, ma chi siete?- l’interruppe la donna, irrequieta.
-Una sua parente.- sentenziò Arete.
La donna, imprudente e poco saggia sorrise e disse:-Entrate pure. Anche se ora Evi sta pregando...-
Arete entrò. Era un enorme salone, gremito di persone che stavano in un assoluto silenzio e pregavano. Erano disposti in cerchio e al centro c’era una donna con una veste giallo-verde, con i capelli castani leggermente ricci.
Era molto concentrata e teneva gli occhi chiusi.
Arete rispose alla donna a bassa voce:- Non c’è problema. Posso aspettare.- mentre guardando i seguaci pensava “che stupidi”.
La donna gentilissima l’invitò ad aspettare Evi nella sua stanza:-Aspettatela qua- e le aprì la porta di una grande stanza, povera ma accogliente con un gran letto al centro.
Arete si sedette sul letto e ringraziò la donna:-Grazie, sei molto gentile-
-Di nulla. Quando Evi avrà finito l’adorazione le dirò di raggiungerti qui...-
-Olimpia. Sono Olimpia-
La donna sembrò riflettere e pensare sulle parole che aveva appena detto Arete.
Per un momento l’amazzone ebbe i brividi. E se la donna conosceva Olimpia?
Era stata maledettamente imprudente: ma come poteva aver usato il nome di Olimpia? Xena era famosissima, quasi un mito in Grecia... bè anche Olimpia doveva avere popolarità cantandone le gesta e come accompagnatrice della principessa guerriera.
-Olimpia? Il bardo che accompagna Xena?-
Arete fece un sospiro di sollievo, poi più calma riprese la sua sceneggiata:-Proprio io... –
-Oh, che onore… allora anche Xena….-
-No, purtroppo lei non è qui.- concluse Arete.
La donna sembrò delusa ma poi disse:-Va bene... vado a vedere se hanno concluso. Arrivederci Olimpia-
-Arrivederci- ricambiò il saluto prima che la donna chiudesse la porta.
Si guardò intorno, pensando all’ingenuità che avevano questi idioti.

Era notte fonda e il villaggio amazzone era nel più completo silenzio.
Solo una figura si muoveva nell’ombra degli alberi, nascosta dalla luce della luna.
Lentamente si alzò dal suo nascondiglio e gridò:- All’attacco!!!!-
Era Melissa. Uomini da ogni dove uscirono allo scoperto dai loro nascondigli brandendo spade e giavellotti e urlando grida di guerra che intonavano tutti un “A morte le amazzoni” e si dirigevano correndo verso le tende delle guerriere.
I Dori.
Subito le amazzoni per nulla sorprese dell’attacco balzarono fuori dalle tende e impugnando le armi si lanciarono all’assalto.
Varia capeggiava la truppa che con coraggio si dibatteva contro i nemici che erano quasi il doppio di loro... Melissa dal suo nascondiglio osservava con morbosa attenzione tutto il combattimento.
Ad un tratto la linea difensiva creata dalle amazzoni cedette sulla destra, e i Dori iniziarono ad attaccare con maggiore ferocia e tenacia tanto che la donne guerriere dovettero stringere i denti, perché il loro piano non andasse in rovina ancora prima di cominciare. Ma la schiera Dorica era superiore alle amazzoni per numero e abilità e le donne ben presto iniziarono a trovarsi circondate da ogni dove di nemici.
E fu in quell’istante che iniziarono a piovere frecce dal cielo.
Un plotone di amazzoni, nascoste sugli alberi lanciavano frecce a più non posso saettando come neppure Apollo e Diana messi assieme avrebbero potuto fare.
I dori caddero a decine ma molti di loro, sotto consiglio di Melissa, usavano i corpi delle guerriere morte per coprirsi dalle frecce delle amazzoni.
Le donne guerriere non potevano ingiuriare contro le loro stesse sorelle, così gettarono gli archi.
I Dori credendo d’aver scampato il pericolo maggiore si organizzarono meglio che poterono, si disposero a testuggine e attaccarono con improvvisa forza contro le amazzoni che si ritrovarono in un gruppo sempre minore e ristrette in un cerchio di morte.
Al suo centro Varia dava il meglio che poteva, non solo combattendo come un leone, ma anche incitando le sue compagne a combattere con ardore e a non arrendersi... ma tutto questo coraggio era tradito da alcune lacrime che le scendevano lungo le gote intrise di sangue. Piangeva.
Ma proprio quando tutti credevano che la battaglia si era ormai piegata a vantaggio dei Dori, un grido di battaglia gelò il sangue delle vene di tutti i presenti, amazzoni comprese.
Per un secondo, un lasso di tempo incalcolabile tutti smisero di combattere.
I dori si guardavano negli occhi senza sapere a cosa andavano incontro e a chi appartenesse un urlo tanto disumano. Che fosse stata opera di qualche dio?
Scese dagli alberi, altre amazzoni organizzate erano guidate da una donna che non sembrava neppure umana.
Xena.
Del resto, nessuna delle ragazze sembrava in quel momento in grado d’intendere e di volere. L’unica parola che echeggiava nelle loro giovane mente, l’unica azione che in quel caso erano capace di compiere era uccidere. Tutto il dolore e la vergogna che avevano provato in quei 30 minuti ora si era trasformata semplicemente in odio allo stadio puro. Erano state a guardare le loro sorelle cadere, morire… e avevano cercato d’impedirlo… come? Con delle stupidissime frecce.
Era quello il piano. Lo straziante piano elaborato dalla principessa guerriera, terribile ma necessario.
I Dori non avrebbero mai pensato che le amazzoni avrebbero potuto assistere allo sterminio delle sorelle impotenti… ebbene, mai sottovalutare il nemico.
Xena in quei giorni d’osservazione aveva capito i movimenti di Melissa e ne aveva studiato ogni singolo messaggio, l’aveva seguita e scoperto tutto.
E ora l’imboscata che la regina dorica aveva preparato per le amazzoni si era ribaltata a loro favore, ora erano i Dori ad essere stati presi alle spalle. Una piccola parte delle amazzoni, senza cavalli, erano state ad aspettare il nemico nelle loro tende... consapevoli d’essere nettamente inferiori, visto che una buona parte delle loro sorelle stavano sugli alberi con archi e frecce e poi a cavallo con Xena. Ed erano consapevoli d’andare incontro a morte certa. Xena insistette per stare tra di loro, ma Varia era irremovibile, non solo per il fatto che il nemico vedendo la principessa guerriera si sarebbe insospettito, ma anche perché quello era il suo posto. In ogni caso.
I dori si girarono, tutti nella direzione da cui avevano sentito provenire l’urlo di guerra. E videro le amazzoni. Tutte armate e colorante in viso con i colori della guerra e dell’odio. Tenevano davanti a loro un giavellotto lunghissimo, dietro la loro schiena l’ascia e sul fianco la spada. Armate di elmo ma non di scudo.
Era un segno palesemente chiaro: non avevano paura di morire, come le loro sorelle non ne avevano avuto quando sapevano che quello era il loro compito.
Xena, davanti a tutte, in groppa ad un destriero nero come la notte.
I capelli si perdevano leggeri sulle spalle della donna, gli occhi blu illuminati dalla luce della luna, sembravano addirittura brillare di luce propria.
-E' Xena, la principessa guerriera!- urlò qualcuno in preda al terrore.
Subito tra i Dori iniziò a serpeggiare la paura, il terrore.
Phobos.
Xena si girò per vedere le amazzoni che comandava: sarebbe stato inutile dire loro di contenersi. Strinse in mano il giavellotto che impugnava.
Ormai era troppo tardi per avere pietà.
Senza aspettare ancora, con il giavellotto in mano gridò:- All’attacco!–
E subito le amazzoni caricarono giù dal pendio con Xena alla testa di tutto.
Poi l’inferno.

Finita l’adorazione Evi si alzò lentamente da terra e girandosi verso i fedeli disse:-Bene, vi ringrazio tantissimo… ci vediamo domani sera - sorrise poi la donna alle effusioni dei fedeli che le venivano incontro chiedendo benedizione.
-Evi. C’è qualcuno per te- disse la donna che aveva aperto la porta –T’aspetta nella tua stanza-
-Grazie Mari. Ma chi c’è?- chiese la donna incurvando la fronte, proprio non immaginava chi fosse.
La donna sorrise e tutta eccitata disse:- C’è Olimpia-
Evi fece un ampio sorriso e i suoi occhi blu s’incendiarono di felicità:-Olimpia? E c’è anche mia madre?-
-No, lei no purtroppo ma la signora ti aspetta là- disse infine indicando la porta.
Evi contenta si diresse verso la sua camera.
Aprì la porta ed entrò dicendo:-OLIMPIA! Che bello riv..- le parole gli morirono in bocca appena vide l’amazzone seduta sul letto che la guardava con un sorriso di sfida. Subito Evi pensò ad un’imboscata e si diresse verso la porta ma l’amazzone abile lanciò un pugnale nella direzione dell’uscio; il pugnale volò e si conficcò accanto alla maniglia, sfiorando di poco la mano di Evi che era andata ad aprirla.
-Non ti conviene- le disse Arete non appena il pugnale si piantò nel legno.
Evi si girò di scatto nella sua direzione, nei suoi occhi la paura:- Chi sei?-
Arete scese dal letto ed eccitata dalla paura che sentiva nell’animo della ragazza disse:-Sono… tua figlia…-
Evi spalancò gli enormi occhi blu:-Ma che dici? Tu hai perso il senno!-
-Si, sono proprio tua figlia… non diretta intendiamoci-
-Che intendi dire?- chiese Evi.
Arete si avvicinò ad Evi e disse:-Sei cosciente vero di essere la reincarnazione di Callisto?-
-Si… me ne aveva parlato Olimpia- affermò Evi che rifletteva attentamente sulle parole dell’amazzone.
-Ebbene io sono la figlia di Callisto-
Evi non del tutto convinta squadrò la donna:-Ma.. sei un’amazzone… -
Arete annuì:-Si, sono un’amazzone… o almeno credevo di esserlo… finché il dio della guerra non mi ha detto la verità sulle mie origini…-
-Lo immaginavo. Solo lui avrebbe potuto fare una cosa del genere- disse Evi con voce disgustata.
-Io invece devo ringraziarlo... se non fosse stato per lui… sarei ancora convinta di essere un’amazzone...-
-Non fidarti di lui. Ti sta sfruttando. –
-Non mi importa nulla di lui. L’unica cosa che conta è che io sono figlia di Callisto. E tu ne sei la reincarnazione-
Evi scuoteva la testa in silenzio:- Che vuoi dire con ciò?-
-Voglio che mia madre sia orgogliosa di me... e tanto per iniziare voglio concludere quello che tu stessa avevi iniziato…- estrasse la spada –Eliminare i seguaci di Belhur –

Olimpia arrivò alla Città Rialzata dopo la mezzanotte, era stanca sudata e affamata per non aver neppure cenato.
Ma non le importava.
Corse nella prima taverna che incontrò sul suo cammino, ma a chiunque chiedesse di Evi, non otteneva una risposta.
Rincuorata dal fatto che forse, neppure Arete l’aveva trovata, si calmò e fece avvicinare un bambino, lo stesso che aveva fornito informazione a Arete.
Il bambino si avvicinò e non appena gli fu fatto il nome Evi, subito disse :-Se volete l’informazione dovete darmi quindici denari!-
Olimpia rimase esterrefatta :-Quindici denari? Chi ti ha mai pagato tanto?! -
Il bambino orgoglioso disse:- Olimpia di Potidea per esempio, per sapere dov’è Evi mi ha dato 15 denari!-
Olimpia rise:-Oh questa è bella! Olimpia di Potidea sono io!-
Il bambino si fece scuro in volto:-Tu menti. L’altra signora era bionda ed era un’amazzone... lei era Olimpia...-
Subito un brivido percorse la schiena di Olimpia, ormai certa d’essere stata preceduta da Arete e che ora probabilmente stava già da Evi.
Senza pensarci tanto su, tirò fuori 17 denari e porgendoli nella mano del bambino disse:-Questi sono diciassette denari, avanti dimmi dov’è Evi!- gridò quasi ma cercando comunque di tenere il tono della voce abbastanza basso.
Il bimbo, neppure a dirlo, e tutto contento per l’aumento spiegò ben benino a Olimpia dov’era Evi e quando ebbe finito la donna corse fuori dalla taverna.
In pochi passi arrivò all’enorme portone della casa che gli aveva indicato il bambino.
Fece sette colpi, come le avevano chiesto.
Cautamente la donna addetta a “portiera” aprì la porta:-Chi è?-
-Sono Olimpia di Potidea, per favore fatemi vedere Evi!- urlò quasi disperata.
La dona rise:-Mi dispiace ma non conosciamo nessuna Evi, qua dentro.- disse pensando che fosse una spia.
-Lo so che Evi è qua dentro! Vi prego fatemi entrare… sono la migliore amica della madre! Sono Olimpia!-
La donna sembrò ora perfino provare compassione per la ragazza e disse in tono sarcastico:-Poverina… sai che ti avrei creduto se non fosse arrivata poco fa, la vera Olimpia!-
Olimpia sospirò.
Quell’amazzone aveva usato il suo nome anche questa volta. Decise di tentare il tutto per tutto così urlò:-Quella è un’ imbrogliona!! Io sono la vera Olimpia!-
La donna scoppiò di nuovo a ridere, e fece per chiudere la porta, quando Olimpia riprese ad urlare:-Per favore fatemi entrare… Evi è in pericolo con quella donna! Se non credete sia io la vera Olimpia, potete sempre mettermi alla prova!-
La donna la guardò scettica e poi garbata disse:-Senti, io non so chi sei, né chi ti ha indirizzato qui. Io posso far entrare solo i parenti stretti di Evi, del resto se vuole vederla, domani nella piazza annuncerà il messaggio d’amore, così potrai vederla, va bene? ora scusami ma devo proprio chiudere-
-No! Domani potrebbe essere già troppo tardi!- inutili furono le parole di Olimpia.
Il portone si chiuse con Arete e Evi all’interno.
Cosa poteva fare adesso?
No, non poteva abbattersi, doveva trovare una soluzione.

La guerra era finita. I Dori erano battuti in ritirata.
Chi aveva potuto. I più fortunati erano morti.
Ma era stata una guerra? No, era stato un massacro. Le amazzoni anche se in netta minoranza avevano vinto e non c’era stata pietà per i perdenti.
Le amazzoni ergevano lapidi per le loro sorelle cadute, più di trenta. non vi era gioia in nessuno sguardo. Come si poteva gioire? Come?
Tante loro sorelle erano morte non nella battaglia, ma affinché la battaglia avesse successo. Loro dovevano intrattenere i Dori, mentre le amazzoni di Xena si organizzavano con frecce e successivamente in un attacco vero e proprio. Solo gli dei sapevano quante volte Xena aveva pensato ad un piano migliore, ma quello era l’unico. L’unica possibilità di salvare la stirpe amazzone. Era un sacrificio necessario, ma le ragazze si erano offerte spontaneamente. Avevano stretto i denti e accettato.
Erano state amazzoni.
Avevano dimostrato andreia: coraggio.
Ora le Libere si erano disposte in cerchio al cui centro vi era Varia.
Xena stava in disparte e osservava.
Al centro con loro vi era Melissa. Era legata per i polsi e teneva il capo basso, sembrava che a nessuno importasse che fosse incinta.
Varia teneva una frusta in mano, nell’altra un’ascia.
Nei discorsi estremamente solenni, le amazzoni ritengono che usare la voce per comunicare sia disonorevole. La voce era un vincolo troppo umano e si diffonde nell’aria ma non dove dovrebbe, cioè nel cuore. Questo era quello che pensavano. Xena osservava Varia che lentamente iniziava a fare un discorso a gesti. Ma erano dei gesti complicatissimi e sembrava che solo le amazzoni capissero cosa voleva dire loro la regina.
Varia, con parole a noi sconosciute, ringraziò a nome del popolo libero le sorelle cadute per loro. Per la libertà. La libertà più pura e solenne che esiste, e ne sono loro la personificazione. Sono loro la libertà, quella assoluta.
Poi fece gesto verso Melissa. Xena non era un’amazzone ma capì benissimo quello che volevano fare. Rendere giustizia alle loro sorelle.
Infatti, secondo la legge e il modo di pensare amazzone, quando qualcuno compie un misfatto, la vittima non può accedere ai Campi Elisi o paradiso che dir si voglia, se non ha ricevuto giustizia. O per meglio dire vendetta.
Le fu portata un’ascia e la regina amazzone si avvicinò alla prigioniera dorica che già tremava, poi quando Varia le fu sopra gridò:-No, ti prego.. fallo per mio figlio! Uccidendo me, uccidi due vite.-
Varia questa volta usò le parole, proprio per sottolineare il disprezzo che aveva nei confronti della donna.
-Hai istigato il tuo popolo contro il nostro, hai ingannato Olimpia e tutte noi. Non pregare. Non dire nulla in tua discolpa. Non c’è niente che tu possa fare, la vendetta incombe su di te, l’assassina delle nostre sorelle, tu più di tutti gli altri Dori… tu.. li hai istigati, pur sapendo che questo era ingiusto.- Varia alzò l’arma, ma fu fermata dalla voce di Xena.
-Varia… fermati...- le amazzoni si dipinsero di sdegno.
-Che c’è Xena… non vorrai che risparmi la vita a questa donna immonda, vero?-
al contrario di ogni aspettativa Xena disse:- La vendetta è una spirale di violenza senza fine. Ma se queste sono le leggi del tuo popolo… che sia come tu dici. Una cosa però ti chiedo. Non ucciderla subito, io vorrei sapere il perché di questo insensato attacco verso le vostre truppe.-
Melissa alzò lo sguardo verso le amazzoni… tutte acconsentivano alla proposta di Xena, quindi lei doveva parlare.
Prese aria e disse:- Non c’è molto da dire… io sono stata un’amazzone, Varia non mi riconosci?-
Tutte le ragazze si guardarono negli occhi, incredule, poi all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno si ricordarono di Glauca, ora con il nome greco di Melissa. Melissa continuò:- Ma sono stata esiliata. Ho trovato rifugio presso i territori dei Dorici. E lì ho giurato di diventare qualcuno importante e di sterminarvi tutte –Concluse l’ex regina… poi sapendo che questo era a suo vantaggio disse:- Stai per uccidere una tua sorella Varia…-
La regina scosse la testa:-Mi ricordo di te. Io ricordo il perché… si lo so perché ti ho esiliata... tanto tempo fa... tu attentasti alla vita di una tua sorella e in seguito sei riuscita ad ucciderne una. Io ti disprezzo Melissa e possano perdonarmi questo crimine gli dei. So che è un reato uccidere una propria sorella. Ma tu non sei un’amazzone. Non lo sei mai stata.-
Xena si allontanò fino a dirigersi vicino al suo cavallo, pronta per recarsi da Evi e Olimpia. E anche da Arete.
Varia calò l’arma sul suo collo e decapitò la donna. Subito le amazzoni gioirono in grida di contentezza, che non sembravano neanche umane, ma più che altro provenienti da spiriti maligni.
Poi danzarono intorno al corpo della regina uccisa, esultando finalmente della battaglia riuscita, ma soprattutto per la giustizia fatta alle loro sorelle.
Poi Varia intrise le mani nel sangue di Melissa e ne segnò la fronte di tutte le sorelle rimaste, Xena disgustata dall’eccesso che stava prendendo la situazione, montò a cavallo decisa ad andarsene.
-Xena!- la chiamò una voce.
La principessa guerriera si girò nella direzione della voce e con lei anche il cavallo.
Era Varia.
La regina, mise da parte l’orgoglio amazzone e disse:-Grazie- i suoi occhi luccicavano di pianto, forse misto tra ringraziamento e commozione per la riuscita battaglia.
Xena sorrise lievemente, poi disse:-Di nulla-
-Dov’è Arete?- chiese Varia con la speranza di veder tornare l’amazzone e potersi riappacificare con lei.
-Da mia figlia- disse Xena con la voce che tradiva odio.
E spronò il cavallo al galoppo verso la città Rialzata, Varia la vide scomparire nella foresta e fece un gesto di comprensione con il capo, pensando a cosa ci si poteva aspettare dalla figlia di Callisto, poi rifletté sul fatto che Xena era rimasta lì con loro per aiutarle, non pensando a sua figlia.
-Che persona eccezionale- disse ad alta voce mentre tornava dalle sue sorelle.
Le Tal Kyrte, le amazzoni, le libere, cantavano uno degli inni della cultura amazzone:
la Caduta dei Titani:

E' ora tempo che passino tutti
quei posti prendono i giovani e forti
Piange perfino chi li ha distrutti
Mai più vedremo i loro volti.

Era quasi l’alba.

di Diomache

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