Era
calata la notte ormai il popolo libero sembrava caduto nel silenzio.
Olimpia era ritornata nella sua tenda, non provò neppure a
guardare in quella di Xena: tanto sapeva che non cera.
Infatti Xena si trovava esattamente nel luogo dellincidente
di Olimpia dove aveva sospettato per la prima volta una possibile
parentela tra Arete e Callisto.
Guardava la sua immagine disegnata dallacqua e non poteva non
pensare a Callisto.
Con la mente ripercorse tutte quelle volte che laveva affrontata,
tutte le volte che quella donna laveva messa in difficoltà.
Ma in fondo sapeva che in tutto questo lei aveva un margine di colpa:
aveva ucciso la famiglia di Callisto.
Era così triste e stranita che non sapeva che pensare.
Xena si adagiò sulla riva del prato. Si meravigliò nel
notare che non provava nessun pregiudizio su Arete. Lei era si, la
figlia di Callisto. Ma non era come lei. No, Arete era unaltra
cosa. In fondo dopo tante battaglie, dopo tanto odio
Callisto
era come unossessione, era ovunque lei andasse.
Aveva rivisto Callisto negli Inferi, nellanimo di Livia e ora
ne vedeva una copia fisica in Arete. Forse era vero che era parte
di lei.
Sentì dei passi. Dei piccolissimi impercettibili passi, incerti
come se cercassero qualcosa. O qualcuno.
Non si alzò neppure, prese il chakram e con noncuranza attese.
Attese ancora un po. Doveva essere unamazzone, o Melissa
o addirittura Arete.
Invece era Olimpia.
Xena sorrise nel vederla arrivare.
-Che fai?- disse Olimpia avvicinandosi lievemente allamica che
sedeva sullerba accanto al ruscello. La luce lunare lilluminava
a tratti facendola sembrare una divinità: il suo aspetto era
così nobile, così regale che era difficile non scambiarla
per unabitante dellOlimpo. Il suo volto era baciato dalla
luna e i suoi occhi sembravano di un colore che superava anche il
blu quotidiano, ma si avvicinavano allirreale e i suoi capelli
apparivano ancora più neri del solito dalle gelide sfumature
che regalava la luna.
-Dentro quelle tende non riesco a prendere sonno. Qui mi rilasso e
rifletto -
Olimpia le sorrise e si avvicinò fino a sedersi accanto a lei.-A
che pensi?-
-Ato pensando a quanto Callisto abbia cambiato la mia vita...- si
fermò in una pausa glaciale che sembrò non finire mai:-
...E la tua-
-Ma ora è passato. Perché pensi ancora a lei?-
La principessa Guerriera non disse nulla, ma Olimpia vedeva nel suo
cuore. E disse:-Non ti devi sentire in colpa. Callisto è vero,
lhai creata tu. Ma ora lei è uno spirito damore
incarnata in tua figlia-
-Callisto è sempre stata una viva parte di me. Lei rappresentava
i miei rimorsi, i miei errori passati. Ma io uccidendola non ho ucciso
i rimorsi che tuttora provo. Chissà
forse anche
lei sarebbe potuta diventare una guerriera giusta-
Olimpia scosse la testa:- No, non credo. Il suo animo è stato
forgiato nellodio-
-Anche il mio lo era. Callisto era solamente una donna che cercava
pace.-
-Ma la cercava nella vendetta. E nel tuo dolore.-
-Io la guardavo e rivedevo me stessa. Tutta la rabbia che avevo quando
Linceo era morto e a me fu data la colpa
pensavo che uccidendo
le famiglie degli altri, avrei placato la mia ira e il mio vuoto.
Anche Callisto credeva di sentirsi appagata quando ha istigato Speranza
ad uccidere Seleuco. Ma poi anche lei ha sentito tornare langoscia,
il vuoto... la disperazione che laveva condotta a tutto questo
ora era di nuovo lì, come se tutto non fosse accaduto.-
Olimpia guardò Xena negli occhi e la lasciò continuare.
-Se
Se io non avessi ucciso la sua famiglia, ora lei non sarebbe
diventata una sanguinaria
tu
- poi fissò Olimpia.
Tu avesti avuto una famiglia e saresti invecchiata felice e
circondata dai figli di Perdicca
E forse anche mio figlio sarebbe
ancora vivo-
Olimpia le si parò nervosamente davanti:-Basta Xena, BASTA!!
Non puoi assumerti le colpe di questo destino. Non devi. Adesso basta
pensare al passato, concentrati e dai il meglio nel presente. Non
ti affogare nei sensi di colpa-
Xena sorrise, come avrebbe potuto fare senza Olimpia?
-Hai ragione- disse infine Basta pensare alle disavventure passate.-
Olimpia le sorrise.
- lunica cosa che mi preoccupa è il pensiero di Arete
che scopre la vera identità di sua madre, allora sì
che sarà pericolosa, sentirà i suoi punti dappoggio...
le sue certezze... crollare-
-Anche a me spaventa una simile prospettiva. Ma ci penseremo domani-
sorrise Olimpia amorevolmente.
Xena diede uno sguardo al cielo e ridendo disse:- Ma è già
"domani".-
-No, questa è una scusa bella e buona!- disse Olimpia mentre
entrambe si dirigevano verso le rispettive tende, sperando di dormire
quelle poche ore che le separavano dallalba.
-Guerra!!!!-
urlavano tutte le amazzoni in coro –Guerra ai Dori!-
Riunite, davanti ad un piccolo palchetto incitavano Varia a salirci
sopra e guidare la guerra contro i Dori. Finora avevano recitato la
parte dei topi che si nascondono dal gatto cattivo, ma ora basta.
Volevano reagire.
Varia stava nella sua tenda poi uscì dirigendosi verso le compagne
e salì sul palco.
La situazione era sorvegliata da meticolosa attenzione dalle guerriere
greche che non osavano proferire parola, non per ora.
-Sorelle,- iniziò Varia.- Anch’io sono stanca d’essere
braccata e credetemi nessuno come me vorrebbe uscire allo scoperto
e dare una bella lezione ai Dori. Anch’io voglio la guerra,
noi non scapperemo di certo-
Urla di approvazione si dispersero per tutta la piazzetta che prima
era rimasta in silenzio. Varia con un breve cenno della mano riconquistò
il silenzio e disse:- Ma quella che mi chiedete non è una mossa
saggia. I nostri confini sono controllati da alcune truppe di nostre
sorelle, e anche se dovessero sormontarli il nostro villaggio è
introvabile all’interno delle nostre foreste. Finché
resteremo qui, saremo al sicuro. E poi... ci serve tempo per pensare
ad un attacco senza punti deboli.-
un fastidiosissimo brusio iniziò a diffondersi nella piazzetta
e Varia continuò col dire:-Questa guerra per noi è fondamentale.
Vi prego di non agire con superficialità, ci serve tempo per
pensare.- concluse la regina scendendo dal piccolo palco, aveva concluso
il suo discorso, ora le sue sorelle conoscevano la sua decisione.
Il popolo libero rimase in uno strano silenzio. Che preludeva solo
un intervento immediato. Infatti Arete salì sul palco e con
un gesto impertinente invitò la regina a salire con lei, il
dibattito non aveva ancora avuto termine.
-Mia regina- iniziò con un tono di falsa sottomissione - Noi
siamo stanche d’essere trattate come mosche in una ragnatela.
Ci inviano compromessi assurdi, come se fossero già vincitori.
Provano pena nei nostri confronti. Che vergogna!-
Subito applausi e urli di consenso sottolinearono le parole di Arete,
lei li fermò e continuò:-Ma non si può certo
biasimarli. In fondo siamo state noi che ci siamo etichettate questa
fama. Prima eravamo delle guerriere temute. Ora siamo braccate all’interno
dei nostri stessi territori-
Altre urla si dispersero nella piazzetta e davano a Varia un tale
senso d’instabilità che non riusciva neppure a reggere
lo sguardo di Arete.
-Le diamo una mano?- chiese piano Olimpia a Xena.
-Meglio di No. Se ci intromettiamo sottolineeremo la debolezza di
Varia, diventerebbe lo zimbello di tutti. Una regina deve saper gestire
il suo potere.-
Lo sguardo di Olimpia tornò a concentrarsi su Varia che subiva
l'affronto di Arete, in silenzio.
Melissa nascosta in un angolo rideva, rideva delle amazzoni.
-Amazzoni- prese parola la regina –Certe volte attendere non
è sinonimo di debolezza, ma d’astuzia se nel tempo in
cui si sta nascoste si adotta un piano per vincere-
Tutti rimasero in silenzio, una voce, e questa volte non era Arete,
si alzò sopra le altre:-La nostra regina ha ragione. Dobbiamo
adottare una tattica, prima d’agire. E tu Arete, faresti bene
a non metterti sempre contro Varia, solo per competizione.-
Tutti i sostenitori di Arete si estinsero per accentuare le parole
dell’amazzone che aveva appena parlato e lodavano la regina
per la sua astuzia.
Arete si ritrovò sola e mesta scese dal palco, come per dichiarare
che aveva finito.
Aveva addosso gli occhi di tutto il popolo libero. Le più giovani
la guardavano con ammirazione per aver tentato, almeno, di convincere
le amazzoni che quello era sbagliato, le più anziane sembravano
sul punto di sputarle addosso.
Passò accanto a Xena e Olimpia e quando si trovò accanto
all’aedo si girò e disse:-come va il ginocchio?-
Olimpia imbarazzata dal fatto che quella conversazione la stessero
seguendo decine d’amazzoni disse:-Bene, anche se devo riposare
qualche giorno-
-Sono contenta- disse Arete mentre montava a cavallo e velocemente
se ne andava.
Appena andò via galoppando la principessa guerriera si sentì
invasa da una strana sensazione ed ebbe un tale capogiro che dovette
appoggiarsi all’amica, altrimenti sarebbe caduta.
-Xena.. tutto bene?- chiese preoccupata Olimpia.
-No. Ho un presagio Olimpia. Un brutto presagio -
Olimpia restò a guardare l’amica, preoccupata di quello
che sarebbe potuto accadere.
Cavalcò parecchio, il tempo necessario per smaltire la rabbia
nei confronti di quelle compagne che l’avevano incitata ad opporsi
a Varia e poi l’avevano pugnalata alle spalle, alcune addirittura
avevano riso di lei.
Scese da cavallo appena credette che il suo cavallo non potesse andare
oltre e si sedette a terra.
Aveva sbollito a sufficienza la rabbia e ora sarebbe anche potuta
tornare se un impercettibile rumore non avesse attirato la sua attenzione.
Con maestria sfoderò l’ascia e si posizionò in
fase d’attacco.
-buongiorno. Sbollita la rabbia?- a rivolgerle parola era stata una
voce dietro di lei, Arete si girò di scatto.
Davanti a lei un uomo giovane, vestito con un’armatura e con
un’aria da sciacallo dipinta in volto.
-Chi sei? Perché sei nei nostri territori?- domandò
fredda Arete.
L’uomo sbruffò per non essere stato riconosciuto e disse:-Sono
Marte, il dio dell..-
-Che vuoi da me?- lo interruppe l’amazzone, senza minimamente
abbassare l’ascia.
-Proprio un bel caratterino... mi ricorda molto qualcuno… -
finse di pensare il dio della guerra.
-I tuoi ricordi non mi interessano, io non ti conosco- le rispose
brusca l’amazzone, poi rinfoderò l’ascia e fece
per salire a cavallo se la voce del dio non l’avesse trattenuta.
-Eppure tua madre mi conosceva... E anche bene- aggiunse Marte, certo
di attirare l’attenzione della donna.
Arete si girò nella sua direzione:-Mia madre non aveva in amicizia
una divinità- disse in tono serio rivolta al dio. La voce le
profumava d’odio e astio. In fondo chi poteva darle torto: sua
madre era morta un mese fa e ora Marte le diceva cose impensate sul
suo conto!
-Sbagli. Io e tua madre abbiamo combattuto assieme diverse volte.-
Arete si alterava lentamente:-Mia madre non era un granchè
nel battersi-
-Al contrario. Era molto abile. Chiedilo a Xena, se non mi credi-
L’amazzone rise:-Xena? Quella donna non l’ha neppure conosciuta!-
-Stai sbagliando ancora Arete... Xena e tua madre avevano un rapporto…
come posso definirlo? Conflittuale? Si, credo che conflittuale vada
bene...-
Arete perse la pazienza:-Basta! Non è vera una sola parola
di quello che dici...-
-Già perché ti hanno insegnato di non fidarti degli
estranei, vero?- rise Marte, poi continuò:-Al contrario bisogna
fidarsi di chi ci vuole bene… loro si che non mentirebbero mai…-
e scoppiò in una fragorosa risata.
Arete si sentì improvvisamente insicura e balbettò un
incertissimo:-Che vuoi dire?-
Marte si avvicinò e disse:-Voglio dire, che non faresti bene
a fidarti ciecamente delle amazzoni.-
-Io non mi fido di loro!- controbatté velocemente Arete:-E
poi non vedo che cosa centri mia madre in questa storia!-
Marte sorrise e disse:-Sai perché le notizie su tua madre che
ti sto dicendo non corrispondono con ciò che sai?-
Arete sentì le proprie sicurezze, assieme alla spavalderia
svanire lentamente e in quell’istante si sentì come un
cane bastonato:-Perché?- chiese con un filo di voce.
-Perché non stiamo parlando della stessa donna, Arete –
Arete fece un veloce passo indietro:-Spiegati meglio!!- urlò.
-Le amazzoni ti hanno mentito sin dal giorno della tua nascita. Ti
hanno fatto credere che eri una di loro, e ti hanno detto che una
certa donna ti ha partorito una bella serata d’agosto…
non è così?- chiese il dio, quasi urlando.
Arete non disse nulla ma il suo sguardo rispose per lei.
-Ebbene la sai la verità? Quella donna non è donna che
ti ha generato! L’unico nesso che ha con te è averti
salvata dalle grinfie della tua VERA madre, quando quest’ultima
voleva ucciderti!-
Arete era pietrificata, ora sembrava in un mondo che era solo il suo...
gli occhi fissi a terra, ma ascoltava ogni parola del dio.
Marte se ne accorse ed astuto continuò:- No.. tu non sei un’amazzone
Arete… tu sei la figlia di una delle più grandi assassine
di questo mondo! Sei figlia di Callisto!-
Marte continuava imperterrito il suo piano:-Le amazzoni ti hanno tradito
ancora, Arete. Come oggi, nella piazzetta. Del resto tu che sei figlia
di…-
Arete urlò:-Non è vero!!! Io non sono sua figlia!! Non
sono la figlia di un assassina! Io sono un amazzone!!-
-perché non lo chiedi alle tue care “sorelle”?-
disse prima di scoppiare a ridere e scomparire velocemente.
Arete montò in groppa e corse in una velocità pazzesca
verso il villaggio amazzone...
Callisto…. Callisto…… Callisto… quel nome
le girava nella testa come una giostra impazzita e addirittura le
annebbiava la vista.
-Non è vero!- urlava ogni tanto, quando sentiva le parole del
dio insopportabilmente nella sua testa ad un volume troppo alto o
quando l’immagine di sua madre che sta per ucciderla le oscurava
gli occhi, escludendola dal resto del mondo.
Mise il cavallo ad un’andatura leggermente più rallentata:
ormai era arrivata al villaggio amazzone.
Era il momento della verità.
-E' arrivato il momento giusto- disse tra sè Melissa mentre
ritornava dal solito nascondiglio dove aveva messo il suo nuovo messaggio
per la sua gente.
L’ordine era chiaro: attaccare prima della mezzanotte.
Oramai i suoi uomini sapevano con certezza dove si trovava il villaggio
amazzone, l’avrebbero attaccate e finalmente sarebbero morte
tutte!
Sorrise diabolicamente, mentre osservava Arete arrivare come una furia
nel villaggio, scendere da cavallo e dirigersi verso la tenda di Varia.
Arete entrò senza annunciarsi, come faceva sempre.
-Varia!- urlò appena entrata nella tenda.
La regina amazzone era sola nella sua tenda e rispose a Arete:-Che
c’è che non va?-
-Chi è Callisto?- domandò Arete, fuori di sè
per la rabbia. I suoi occhi bruciavano più di una torcia e
sembrava davvero di aver al cospetto non un’amazzone, ma la
temibile assassina.
-E'… una guerriera, un’assassina…- balbettò
Varia, innervosendosi sempre di più.
-E chi è Celia?- urlò ancora più forte l’amazzone
citando il nome della donna che fino a quel giorno lei aveva ritenuto
sua madre.
Alcune amazzoni sentendo che chiasso proveniva dalla tenda si avvicinarono,
ma non entrarono... più che altro ascoltavano discrete fuori
dalla tenda.
Varia dopo un interminabile silenzio disse:-Che domande mi fai Arete?
Celia era tua madre...-
-Bugiarda!!- urlò ancora più forte Arete.- Callisto
era mia madre!-
Varia si sentì crollare. Si appoggiò al tavolo e disse
silenziosamente:- Chi.. chi te l’ha detto?-
-Tu mi hai mentito! Non importa chi me l’ha detto! Tu mi hai
mentito. Mi avete mentito tu e Marga. Siete delle false e delle ipocrite!
Per tutti questi anni io ho creduto...-
-Adesso calmati Arete!- urlò Varia cercando di risultare convincente.
–Anche se tua madre era Callisto, per noi non ha mai avuto alcuna
importanza!-
-Per voi… certo per voi non ha importanza, ma per me si!- ribatté
Arete.-E' tutta la vita che cerco di integrarmi. Non mi sono mai sentita
parte delle amazzoni, mai. Io mi sono sempre sentita diversa. E per
tutto questo tempo ho sempre pensato di dovermi ambientare, di dover
socializzare… e ora vengo a sapere che io con voi non centro
nulla... voi mi avete “adottato”, fine della storia. Io
sono figlia di una guerriera, non di un’amazzone!!!- e Arete
accentuò soprattutto quest’ultima parte con degli urli
che sembravano quasi disumani. –Io non centro nulla con la vostra
tribù con le vostre usanze… io sono qui per sbaglio!!
Il mio posto è altrove!-
-No, il tuo posto non è altrove!- intervenne Olimpia, che furtivamente
era entrata nella tenda quando lei e Xena avevano sentito chiasso
ed erano accorse. La principessa guerriera sapeva già che scena
avrebbe fatto, così preferì non entrare.
Arete si girò verso il bardo:-No, lo è invece- ora la
sua voce era bassa e rassegnata. –Mia madre vi odiava. E anch’io
vi odio…. Anche lei aveva capito, dunque, di che pasta siete
fatte voi amazzoni.-
-Ascolta.. tu ora..- provò a dire Olimpia ma la donna uscì
velocemente dalla tenda interrompendo il discorso.
Xena l’osservava senza parlare. Poi silenziosamente se ne andò.
Aveva altro ora a cui pensare.
-Tu conoscevi Callisto, vero?- era la voce di Arete a spaventare Olimpia
intenta in alcune ricerche: cercava Xena. L’amica ultimamente
era strana spariva spesso e per i più futili motivi faceva
molto tardi.
-Se cerchi Xena non la troverai. Anch’io l’ho cercata,
invano-
Olimpia si sedette su una roccia ed invitò Arete a fare altrettanto.
L’amazzone dagli occhi scuri disse:-Raccontami di mia madre.-
e dalla sua voce trapelava una forte commozione.
Olimpia aprì il suo zainetto e tirò fuori alcune pergamene:
l’unico modo che aveva per parlare di Callisto a sua figlia
era farlo attraverso delle pergamene.
Così le raccontò di Callisto in tutte le avventure in
cui avevano visto la loro antagonista, non tralasciò nulla,
neppure di Seleuco o della loro avventura negli inferi. Poi le raccontò
del sacrificio di Xena e quindi di come Callisto sia diventata uno
spirito d’amore incarnato in Evi, sua figlia.
-Questa è una sua lettera. Dice che non è più
potuta recarsi a Roma, perché l’impero in questo momento
è troppo sconvolto dalla guerra. Ora dovrebbe essere alla Città
Rialzata-
La donna ascoltava attentamente, senza neppure dire una parola.
Olimpia concluse molti minuti dopo e l’amazzone non sembrava
affatto rilassata o soddisfatta, anzi dai suoi occhi trapelava ancora
tanta rabbia.
-Callisto aveva un lato scuro. Era un’abile guerriera ma era
sconvolta dal dolore per la sua famiglia. decise che avrebbe vissuto
solo nel dolore degli altri. Solo nel dolore di Xena. Credeva che
la pace che cercava, sarebbe arrivata dopo che avesse intriso la spada
nel sangue della vendetta. E questa fu la sua rovina.-
-Io credo- iniziò poi a dire –Che i tuoi racconti.. siano
un po’… di parte-
-Sbagli Arete. Io scrivo quello che vedo- la corresse Olimpia.
-E tu vedi tutto dal punto di vista di Xena, non è così?-
le urlò in faccia Arete.
-Ti prego calmati. Non c’è bisogno che ti scaldi. Io
sono un aedo e cantando le gesta di Xena è ovvio che…-
-Allora lo ammetti! Sai che ti dico? Sono tutte baggianate!- e buttò
a terra tutte le pergamene che Olimpia teneva sulle gambe. Il bardo
le raccolse ma Arete disse:-Io non credo che mia madre sia stata un
angelo, ma neppure il grande demonio che tu descrivi!- e con queste
parole corse via di nuovo, chissà dove.
Ad un certo punto si fermò, stanca.
Pensò a Callisto. No, non poteva averla abbandonata. No, sicuramente
non era andata così. Quell’impicciona di Celia l’aveva
rapita da sua madre, ecco la verità!
Pensò a Callisto… a quando vide i suoi genitori trucidati
da Xena… era ovvio che si vendicasse!
Pensò a quante ingiustizie aveva subito sua madre: per vendetta
aveva affrontato Xena in tanti episodi, solo per vendetta. Era stata
Xena la causa di tutto e Callisto alla fine ci aveva rimesso comunque.
No, doveva fare qualcosa per onorare sua madre… Assolutamente.
Decise quindi che avrebbe agito.
“Tanto per cominciare conoscerò questa Evi. Lei deve
pagare per prima. Poi toccherà ai seguaci di Belhur. Le amazzoni
verranno sterminate dai Dori e tanto basta. Ed infine la pagherà
chi più di tutti ha rovinato la vita di mia madre… Xena!
È solo causa sua se lei è poi diventata un’assassina.
Si, anche lei deve pagare per il male che le ha fatto!!” così
pensava Arete, e la sua mente, ora incapace di ragionare elaborava
pensieri maligni su come vendicare la morte della madre.
Prese il cavallo e si diresse verso la Città Rialzata.
Così si compiva il piano di Marte, far di Arete un’erede
della madre.
L’erede di Callisto.
4
CAPITOLO
Xena giocherellava poco allegramente con la spada facendola roteare
in aria, con velocità.
Ad un certo punto la puntò in una direzione precisa, come se
lì ci vedesse qualcosa.
Poi sbuffò e ripose la spada nella custodia. Attese qualche
secondo poi, senza smettere di fissare quel punto, disse:-Vieni fuori…-
Come previsto Marte comparve ma non fece neppure in tempo a mettere
piede lì che gli arrivò un pugno potentissimo in faccia.
-Diavolo… ma che…- gemette a terra –Che ti prende?-
Xena era allibita:-Mi prendi in giro? Secondo te chi può aver
detto a Arete della sua vera madre sentiamo!- urlò adirata.
Marte continuò :- Sai che ti dico? Chiunque sia stato…
ha fatto la cosa giusta..-
Xena scattò con un calcio, che il dio parò; poi con
un altro pugno questa volta al ventre, lo fece piegare per la potenza
del colpo.
-Ok, va bene… va bene… lo ammetto sono stato io…-
disse la divinità rialzandosi.
-Ti rendi conto di quello che hai fatto?- gli domandò Xena
alquanto furiosa.
-Penso di aver fatto la cosa giusta… e credo che anche tu in
fondo sei d’accordo con me…< tutto questo è
assurdo >… l’hai detto tu stessa ricordi?-
Xena lo fissò:-Ci spii anche allora…-
-No, ero lì per puro caso... quando ho saputo tutto, mi sono
detto: questa è una vera e propria cattiveria! Devo subito
andare a dire la verità a quella povera ragazza-
Xena lo fissò dritto negli occhi :-E' inutile Marte con me
non attacca dovresti saperlo! Non cercare di nascondere in buone azioni
tutto quello che tu fai per i tuoi sporchi interessi! Non ti è
bastata l’avventura con Vendetta per farti venire un po’
di sale in zucca?- urlò Xena.
Marte era stato smascherato alla grande, ma come al solito non lo
diede a vedere e disse:- Non ti seguo-
-Adesso mi segui?- gli disse Xena estraendo la spada.
Il dio fece altrettanto.
Subito la foresta fu invasa dal suono di rumori metallici. Xena colpiva
il dio con tanto odio e con rabbia... per non parlare della incredibile
violenza poichè sapeva
che non avrebbe potuto ucciderlo. Marte parava colpi a destra e a
manca, ma non gli riusciva d’attaccare, la sua guerriera oggi
sembrava davvero di pessimo umore ed era decisa a fargli dire la verità
ad ogni costo.
Un altro fendente della principessa guerriera, un salto per parare
un colpo basso di Marte e poi finalmente la mossa finale per disarmare
il dio, accompagnata da un poderoso calcio in faccia. Marte era a
terra sotto la spada della principessa guerriera.
-Va bene… hai vinto…- disse alzandosi mentre Xena rinfoderava
la spada.
-Allora.. quale cammino hai previsto per Arete?-
-Pensavo che avrebbe potuto eguagliare la madre ma non ci conto troppo...
e poi non importa… non riuscirai a sdoppiarti e salvare le amazzoni
e Evi in contemporanea.- s’interruppe bruscamente consapevole
d’aver parlato troppo.
-Evi?- disse Xena avvicinandosi al dio –Che cosa centra mia
figlia in questa storia?- gli urlò contro prendendolo per il
gilet :-Se non mi dici subito cosa centra Evi io….-
Ares sorrise e disse :-Chiedilo a Olimpia. È stata lei a rivelare
a Arete l’esistenza di tua figlia!-
-Cosa?- disse Xena incredula.
-Proprio così!- sorrise il dio aumentando il tono di voce –Gli
ha raccontato della storia di Callisto e poi le ha detto di Evi, la
sua reincarnazione che addirittura ne è predicatrice dei seguaci
di Belhur!-
Xena lasciò la presa e fece qualche passo indietro.
Marte soddisfatto d’averle messe una contro l’altra, continuò:-...E
ora vuole vendetta. Lei in fondo pensa che sua madre sia stata diffamata
in terra e vuole farla pagare a chi ne ha avuto la colpa... inizierà
da Evi perché ritiene che disonora il ricordo di sua madre-
Xena alzò lo sguardo e incontrò gli occhi del dio:-
Complimenti Marte hai calcolato tutto… ma non riuscirai a portare
Arete sulla strada di sua madre… Non te lo permetterò.-
La guerriera si girò su se stessa e se ne andò.
Arrivò alla Città Rialzata che era già sera,
ma non le importava.
Se Evi era così importante e famosa come le aveva descritto
Olimpia, le sarebbe bastato chiedere a qualcuno e sarebbe stata portata
da lei. Legò il cavallo ad un palo di una taverna. Prima di
entrare si guardò intorno. Quello una volta era il territorio
sacro delle amazzoni e non avrebbero mai permesso di edificare case;
Ora invece i subdoli Sciiti avevano colto l’occasione per costruire
le loro abitazioni appena le amazzoni si erano indebolite.
E ora sorgeva lì una vera e propria città.
Sospirò ed entrò nella taverna.
C’erano donne che servivano e uomini che mangiavano molto attentamente
ma al suo arrivo ebbe tutti gli occhi addosso compresi quelli delle
bambine.
Era raro che un’amazzone entrasse nella città Rialzata.
-Che avete da guardare?- chiese innervosita mentre si sedeva ad un
tavolo.
Subito tutti tornarono alle loro vivande, tutti tranne un uomo che
aveva l’aria da spaccone e ridendo disse:-Che ci fa un’amazzone
qui?-
Tutti ripresero incuriositi a fissare Arete, interessati. Infatti
era quello che si stavano chiedendo tutti dal suo arrivo.
-Sto cercando una donna che si chiama Evi. Ne sapete nulla?- chiese
Arete.
Tutti tornarono alle loro occupazioni, le donne servivano e gli uomini
mangiavano, i bambini pulivano o facevano da camerieri. Sembravano
ignorarla volutamente.
-Allora?- chiese gridando.
Nessuno rispose.
“Deve essere ben protetta questa Evi.” Pensò mentre
chiamava un bambino al suo tavolo.
-Cosa desideri signora?- disse il bambino con un fogliettino e una
piuma in mano, pronto a segnare l’ordinazione della donna.
Arete sorrise e disse:-Una zuppa di farro quanto viene?-
-Otto denari, signora amazzone.- rispose timido il bambino. Evidentemente
non aveva mai visto un’amazzone prima d’ora. L’aveva
solo sentita chiamare da quello sciita.
-Ti potrei dare quindici denari- disse Arete.
Il bambino s’illumino:-Quindici?-
Arete continuò:-Otto denari li darai alla tua padrona, mentre
7 saranno tutti per te, contento?-
Il bambino non parlò ma dal suo volto era chiaro che era arcicontento.
Doveva provenire da una famiglia molto povera, se per lui sette denari
in più potevano essere motivo di gioia.
-Allora li vuoi questi 7 denari in più?-
Il bambino timidamente disse di si.
-Bene, e allora dimmi dove sta una che si chiama Evi… - il bambino
si rabbuiò e fece per andarsene, ma poi restò e disse
:-Ma tu chi sei? Perché vuoi vedere Evi?-
Arete tirò fuori tutte le sue abilità e disse:- Sono
…. Una sua carissima amica… Olimpia…- continuò
l’amazzone.
-Tu.. sei Olimpia?-
-Proprio così. Allora sai dirmi dov’è Evi?-
Il bambino sorrise e disse :-E' vero sei proprio tu. Hai i capelli
biondi e sei un’amazzone… ma non li tenevi più
corti i capelli?-
-Senti non ho tempo per le sciocchezze… Dov’è Evi???
- disse Arete cercando di non impaurire il bambino con un tono troppo
aggressivo.
-E' nella piazza del villaggio. C’è un grande portone,
fai sette colpi, non uno in più, né uno in meno, lì
dentro c’è Evi –
-Grazie piccoletto. Eccoti 15 denari-
-Le porto subito la zuppa-
-Non c’è bisogno. Sto bene così. Tienili tutti
per te quei soldi e non ti preoccupare...- sorrise Arete mentre scompigliava
leggermente i capelli al bambino e si alzava. Lentamente uscì
dalla taverna.
“Sto arrivando Evi” pensò mentre prendeva la strada
per la piazzetta.
di
Diomache
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il racconto