CAPITOLO
VI
Nel frattempo
nel tempio della guerra Olimpia si sente in una prigione dorata. L’ampia
stanza in cui è stata portata è piena di luce e ben
arieggiata grazie all’assenza della porta, sostituita da un
drappo di seta azzurro e dalle finestre aperte e senza sbarre, dove
le tende dello stesso colore si lasciano accarezzare dal timido vento
primaverile.
Marte non teme la fuga della donna dopo averle spiegato le possibili
conseguenze del suo gesto e la totale libertà nel tempio, con
tutte le eccezionali premure, ne sono la prova.
Olimpia è stesa su un triclinio a fissare costantemente il
vuoto in cerca di una soluzione al ricatto di Marte: non può
restare nel passato, deve tornare da Xena al presente e soprattutto
impedire al dio della guerra di attuare il suo piano.
Due ancelle entrano nella stanza di Olimpia con un vassoio a testa:
nel primo c’è della frutta, nel secondo della carne pronta
per essere consumata. Le seguaci di Dahak ora al servizio di Marte,
adagiano le vivande sul tavolo di fronte al triclinio, poi una delle
due sistema i cuscini del giaciglio presente in fondo alla sala mentre
l’altra versa il vino alla bionda guerriera.
- Non ho fame ne sete. Andatevene! - sbotta seccamente il bardo alzandosi
velocemente per poi andare verso la finestra come infastidita dalla
loro presenza.
Dopo essersi scambiate un’occhiata di intesa le ancelle continuano
il loro operato ma Olimpia alza il tono della voce:
- Siete sorde? Vi ho detto di uscire voglio restare da sola! -
Con un pizzico di coraggio, l’ancella che stava versando il
vino nella coppa ribatte al suo ordine:
- Se è questo che vuole mia signora lo faremo ma non è
conveniente digiunare così a lungo -
L’indole gentile e pacifica del bardo le fa recuperare un tono
cordiale, nonostante quelle false attenzioni la infastidiscano molto:
- Vi ringrazio, ma per ora non ho bisogno di niente. Andate pure.
-
Le due donne fanno per ritirarsi quando Olimpia le richiama per avere
informazioni:
- Voi siete seguaci di Dahak vero? -
- Si mia signora. - risponde una delle due.
- Quindi sapete chi sono? -
- Si, sei Olimpia: la madre della dea Speranza. -
- Bene … se tenete alla vostra dea dovete aiutarmi. -
- E perché dovremmo farlo? Si dice che la madre della dea abbia
tentato in più modi di nuocerle. -
- Si è vero non lo nego … -
- E allora adesso cosa dovrebbe essere diverso? -
- Ciò che mi spaventava di mia figlia era il suo lato oscuro
… ma ora mi rendo conto di aver sbagliato e sò di per
certo che Marte vuole uccidere Speranza ed eliminare Dahak al solo
scopo di diventare la divinità più potente di tutte.
-
- Come puoi saperlo?! -
- Credetemi vi sto dicendo la verità … lui vuole usare
Speranza per avvicinarsi a Dahak e far si che la potenza del Signore
dell’Eterno Fuoco distrugga la dinastia degli dei che ora governano
le sorti del mondo. Quando ciò avverrà scioglierà
la sua alleanza con Dahak e lo ricaccerà nella sua dimensione
lontano dal mondo, per assumere tutto il potere incontrastato. -
- Stai mentendo, la dea Speranza è già stata uccisa
…-
- No vi sbagliate, mia figlia è ancora viva e presto darà
alla luce mio nipote: il Distruttore. -
- Cosa vorresti da noi? -
- Datemi la possibilità di muovermi nel tempio e di impedire
a Marte di realizzare i suoi piani. -
Le due donne si guardano negl’occhi come in cerca di un intesa
poi una delle devote di Dahak riprende parola:
- … E se tu stessi mentendo? -
- Beh, rifletteteci un attimo … se vi sto mentendo nuocerò
solo a Marte, se invece ho ragione potrei aiutare i vostri dei. -
Le due donne si lasciano convincere dal ragionamento e decidono di
rischiare l’ira di Marte:
- Va bene, ci hai convinto … che cosa dobbiamo fare? -
- Dovete lasciarmi uscire dal tempio al più presto, devo ritrovare
mia figlia. -
- Se vuoi allontanarti e non dare nell’occhio devi aspettare
il calare del sole. -
- Vi ringrazio … mi siete state di grande aiuto. -
- Non ringraziarci, noi vogliamo solo che Speranza guidi il cammino
dell’umanità e che ci aiuti a vedere la luce. -
Olimpia sorride alle due ancelle che senza aggiungere altro si congedano
dopo essersi inchinate di fronte a lei.
Dopo qualche attimo la bionda guerriera si affaccia alla finestra
respirando a pieni polmoni una boccata di aria fresca. Ora che con
uno stratagemma ha eluso la sorveglianza di Marte dovrà cercare
di trovare un modo per sfuggire al ricatto del dio senza nuocere a
Xena e ritornare al presente. L’impresa è ardua ma in
cuor suo sà di potercela fare: vuole riabbracciare la principessa
guerriera al più presto. Olimpia si stende sul letto mentre
i suoi pensieri corrono alla mora guerriera:
" Xena … chissà cosa stai facendo …devi
essere in pena per me a quest’ora. Chissà dove mi stai
cercando e se sei sulla pista giusta…"
Intanto nella dimora di Iolao, l’anziano guerriero accompagna
Xena e Olimpia nella stanza della moglie.
Appena entrate le due eroine trovano una donna sulla cinquantina seduta
sul letto appoggiata a due cuscini posti a sorreggerle la schiena
intenta a guardare dalla finestra con sguardo assente. Accortasi dell’arrivo
del marito volge lo sguardo verso di lui e nota l’inaspettata
visita. La donna appare subito contenta di vedere le due donne nonostante
non le conosca affatto e rivolge loro un dolce sorriso di benvenuto.
I dolci lineamenti del viso della signora sono visibilmente segnati
dalle sofferenze della malattia che la sta consumando lentamente,
tuttavia i suoi occhi rispecchiano un animo gentile e cordiale:
- E’ un piacere ricevere visite … dimmi Iolao, chi sono
queste belle fanciulle? -
- Queste sono due mie care amiche … Xena, la principessa guerriera
e Olimpia, una dolce poetessa. Abbiamo combattuto insieme qualche
volta al fianco di Hercules … sono due guerriere dall’animo
eroico come lui. -
- E’ un onore avervi in casa mia. -saluta rispettosamente la
donna percependo nitidamente l’ammirazione nelle parole di Iolao.
- L’onore è nostro Pizia. - risponde gentilmente Olimpia
mentre Xena si limita a sorridere alla moglie dell’amico.
- Cosa vi conduce da queste parti? - domanda Pizia incuriosita mentre
prova lentamente e con fatica ad alzarsi dal letto.
Iolao la ferma immediatamente:
- Dove credi di andare Pizia? Sei troppo debole per alzarti oggi.
-
Il premuroso divieto di Iolao intenerisce Olimpia che lancia un’occhiata
a Xena cercando nel suo sguardo la stessa emozione.
- Volevo solo offrire qualcosa di fresco alle nostre ospiti…
- si giustifica Pizia riadagiandosi nel letto.
- Ci penso io non preoccuparti. Vado a prendere giù in cantina
una bottiglia del nostro sidro. Tu resta con loro avrete di sicuro
molto di cui parlare. - risponde Iolao sistemando i cuscini dell’amata
moglie per poi prendere due sedie per Xena e Olimpia dalla cucina.
In quel momento la principessa guerriera lo raggiunge per parlargli:
- Iolao vorrei scendere con te in cantina se non ti dispiace. Devo
parlarti di una cosa importante e ho molta fretta. -
- Certo. Il tuo tono mi preoccupa… è successo qualcosa
di grave vero? E lasciami indovinare: riguarda Olimpia? -
Xena si guarda un attimo alle spalle prima di rispondere per assicurarsi
che il bardo sia lontana e non ascolti il discorso:
- Si. Vedo che te ne sei accorto anche tu. Quella non è la
mia Olimpia. O meglio, è lei ma direi quasi che viene dal passato.
-
- Già io direi lo stesso… scendiamo in cantina coraggio.
Lì potremmo parlare indisturbati. -
L'anziano guerriero si affaccia nella camera da letto porgendo una
sedia alla bionda guerriera intenta a raccontare a Pizia come ha conosciuto
Iolao:
- Vado in cantina con Xena. Voglio mostrarle la casa e farle vedere
il nostro vigneto. -
- Va bene caro - risponde la moglie sorridendo.
Scesi nella fresca
cantina impregnata di un forte odore di mosto Xena inizia subito a
parlare dell’accaduto saltando i convenevoli:
- Stamattina mentre stavamo raccogliendo delle mele Olimpia si è
sentita male e all’improvviso è scomparsa davanti ai
miei occhi … -
- Come sarebbe “è scomparsa?” -
- Si è dissolta Iolao! Come un fantasma. Ancora non riesco
a credere come sia stato possibile. Sò solo che poco dopo la
donna che è con me ora, è sbucata da dietro un albero
e mi è saltata al collo felice di rivedermi e dicendo di essere
Olimpia. -
- Sei sicura che sia Olimpia? - chiede Iolao dubitando dell’identità
del bardo.
- Ha molti ricordi del passato e stranamente la sua memoria si ferma
a poco prima della nascita della figlia. Non sà chi sia Speranza
e a guardare il suo aspetto si direbbe proprio che sia la Olimpia
di quegli anni. O forse qualcuno ha fatto un incantesimo a quella
del presente … io non so cosa pensare. -
- Quindi è per questo che stai cercando Hercules? … E’
molto strano … chi potrebbe avere interesse a fare una cosa
del genere … hai qualche sospetto? -
- Potrei pensare al dispetto di qualche dio ma ne sono rimasti solo
due e non avrebbero motivo di fare una cosa del genere. Venere è
innocua e con Marte ci tolleriamo dopo l’aiuto che gli abbiamo
dato negli ultimi tempi. -
- Se fossi in te, di Marte non mi fiderei troppo… pugnalerebbe
sua madre volentieri se ne trarrebbe interesse … -
Xena riflette qualche secondo sul parere di Iolao:
- Hai ragione e l’ho spesso imparato a mie spese … ad
ogni modo Hercules è l’unico che ha i mezzi e la conoscenza
per aiutarmi in questo momento, non credi? -
- Infatti … Hercules è a Tebe sta aiutando un suo amico
a costruire la sua nuova casa dopo che è rimasto vedovo e ha
un figlio piccolo da crescere. Mi pare che si chiami Zorba …
-
- Ti ringrazio Iolao… avrei bisogno di un altro favore se non
è chiederti troppo con tutti i problemi che hai … -
- Dimmi pure … -
- Olimpia in questo momento mi rallenta le ricerche. Inoltre potrebbe
capire quello che sta succedendo e non deve saperlo. Potrebbe essere
pericoloso dirle ciò che è accaduto se veramente viene
dal passato come stiamo pensando. Inoltre farebbe centinaia di domande
e rimarrebbe sconvolta in ogni caso. Ti chiedo di tenerla al sicuro
in casa tua finchè non sarò tornata. Viaggerò
tutta la notte e spero di tornare con o senza Hercules per l’alba.
In fondo Tebe non è molto lontana da qui. -
- D’accordo Xena. Non temere qui è al sicuro. -
- Ti ringrazio Iolao. … parto subito. Occupati tu di Olimpia
… -
Quell’ulteriore raccomandazione fa capire a Iolao l’apprensione
di Xena per la compagna.
I due risalgono la scala della cantina e si salutano velocemente poi
Xena va nella stalla a prendere Argo. Prima di montarlo si avvicina
al viso dell’animale per accarezzarlo:
- Lo so che sei stanco e non ti ho fatto riposare Argo, ma Olimpia
è in pericolo e ora dovrai correre come il vento perché
voglio riportarla presto da me … -
Anche quella sera la luna non si fa attendere a lungo. Ad un ora dal
calare del sole Olimpia è pronta per uscire furtivamente dal
tempio.
Le stanze sono illuminate solo dalla debole luce delle fiaccole appese
qua e là lungo le pareti e per il bardo non è difficile
sgattaiolare fuori dalla sua stanza senza farsi notare dalle guardie
di Marte poste a sua sorveglianza fino al momento delle nozze. Sfruttando
l’oscurità Olimpia raggiunge la sala del trono del dio
della guerra e cerca i sai che le guardie le hanno sottratto mentre
la scortavano nelle sue stanze. Una volta recuperate le armi adagiate
sopra un tavolo pieno di pugnali, cerca di raggiungere rapidamente
l’uscita dove ci sono due guerrieri posti a guardia.
Con decisione affronta l’uomo che è alla sua sinistra
colpendolo dietro la nuca con un solo colpo che gli fa perdere i sensi
e senza esitare stende anche il secondo guerriero, che un attimo dopo
aver realizzato cosa stesse accadendo, viene colpito al viso col dorso
di un sais.
L’aggressione di Olimpia è rapida e silenziosa per assicurarsi
che nessuno si accorga di nulla. Per evitare di lasciare tracce, rialza
a peso morto i due uomini svenuti e li adagia su due piccole colonne
poste ad ornamento dell’ingresso:
- Dovreste mettervi a dieta! - ironizza il bardo verso i due guerrieri
per poi correre in direzione della boscaglia: ora potrà raggiungere
il tempio delle Parche indisturbata.
Nel frattempo
Marte, ignaro della fuga di Olimpia si manifesta ancora una volta
alle Parche per convincere le tre sorelle a collaborare:
- Signore, sono venuto ad informarvi che anche senza il vostro aiuto
sono riuscito a scambiare le due biondine, ma ora devo chiudere la
faccenda al più presto … prima che Xena mi metta i bastoni
tra le ruote. Tenerla d’occhio e assicurarsi che non ficchi
il naso in affari che non la riguardano è già difficile,
quando sono in due non c’è davvero da stare tranquilli!
-
Il dio della guerra si avvicina al filo della vita di Xena e lo accarezza
con un dito per qualche attimo, per poi riprendere a parlare:
- Voglio sposare Olimpia di fronte al vostro cospetto. La vostra presenza
consoliderà l’accordo. -
- Che accordo? - domanda Cloto.
- Olimpia diventerà la mia regina: mi darà un erede
e guiderà le mie armate alla riconquista del potere. -
- Ti abbiamo già detto che non abbiamo più intenzione
di aiutarti Marte. - contrasta Atropo.
- Abbiamo assecondato fin troppo i tuoi assurdi progetti. - continua
Lachesi.
- Forse state dimenticando che noi abbiamo un accordo … mi dispiace
per voi ma non potete sottrarvi e badate … la mia pazienza è
limitata, non vi conviene farmi arrabbiare. - intima il dio della
guerra - Rispettate i patti o affronterete la mia collera! -
- Noi non ti temiamo! - contrasta ancora una volta Atropo.
Il dio della guerra si avvicina alle tre sorelle con sguardo minaccioso
e visibilmente irritato:
- Forse non me … ma Giove si! Non sfidatemi! -
Mentre i quattro
sono intenti nel dialogo, una presenza furtiva si introduce nel tempio
nascondendosi nella penombra delle alte colonne: Olimpia ha raggiunto
il tempio ma non avrebbe creduto di trovare lì Marte. Intuendo
la serietà del dialogo si avvicina lentamente all’altare
e inginocchiandosi a terra si nasconde dietro la lastra di marmo per
origliare:
- Non osare ricattarci!
- intima Atropo.
- Siete voi che mi state costringendo. Vi devo ricordare che ciò
che abbiamo fatto per cambiare le nostre sorti nel futuro non sarebbe
molto gradito a mio padre? -
- Sappiamo bene come sono andate le cose - risponde Atropo.
- Bene, allora se non volete che Giove venga a sapere che avete cambiato
il destino per salvare la vostra immortalità vi conviene collaborare!
-
- Tu periresti con noi! - controbatte Cloto.
- No … è qui che ti sbagli, mio padre non può
nulla contro di me … ma voi …beh, lo sapete da sole come
finirebbe! -
Le tre donne restano in silenzio per qualche istante mentre Marte
scoppia in una risata di soddisfazione. Lui non rischia granchè
di fronte al padre degli dei ma loro …
Olimpia ascolta
il dialogo nascosta dietro all’altare e intuisce che si sta
parlando del debito delle tre sorelle padrone del destino con Marte
e nonostante non sappia di cosa si tratti, realizza che non riceverà
l’aiuto che si aspettava. Deve elaborare un nuovo piano ma prima
di tutto deve allontanarsi e far ritorno al tempio della guerra prima
che il dio la scopra. Facendo attenzione a non farsi vedere, il bardo
si dirige verso l’uscita e corre al tempio prima che Marte faccia
ritorno alla sua dimora.
- E va bene Marte,
non abbiamo scelta … ti aiuteremo ancora una volta … -
riprende dialogo Cloto.
- … Ma sia chiaro che dopo che il matrimonio sarà celebrato
… - continua Lachesi.
- … Il nostro debito nei tuoi confronti sarà saldato.
- conclude Atropo.
- Uhm … potrebbe anche starmi bene, ma no … potrei avere
ancora bisogno di voi. La Xena del presente potrebbe crearmi dei problemi,
è da tempo che sta cercando disperatamente la sua Olimpia dopo
la sua caduta nel cratere infuocato insieme a Speranza … Sto
facendo in modo che non rappresenti una minaccia ai miei piani ma
nel caso che qualcosa andasse storto avrò bisogno ancora una
volta di voi per sistemare anche lei. -
Il dio si interrompe per qualche istante, considerando il da farsi
accarezzandosi più volte il mento con una mano:
- Celebrerete le mie nozze con Olimpia e se sarà necessario
mi aiuterete a sistemare Xena. A quel punto considererò chiusa
la faccenda e vi garantirò il mio silenzio nei confronti di
Giove. -
- D’accordo … - accetta Atropo rassegnata.
- Molto bene, celebreremo le nozze al più presto … -
conclude Marte soddisfatto congedandosi da loro.
di
Darkamy e Xandrella