episodio n. 15
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la donna si dimenò nel tentativo di salvarsi, ma Xena la stringeva sempre più violentemente e domandò una seconda volta:-come posso aprire questo diavolo pezzo di pietra!-
L’egiziana disse a stento:-non puoi… e ora vattene ..vuoi forse morire?…-
Xena, innervosita e punta nell’orgoglio per non poter ottenere ciò che voleva, la sbatté al muro e disse:-no…. ma se non mi aiuterai ti assicuro che presto lo farai tu…-
-non.. puoi…vattene.…non capisci cosa hai fatto, ora l’Egitto sarà in pericolo!.- disse l’egiziana con le ultime forze. Xena la buttò a terra.
Poi disse rivolta a Seth:-e va bene! me ne infischio io, del tuo Talismano e del tuo stupido Egitto!-
Poi ordinò in fretta agli uomini di andarsene, voleva rimanere sola. Gli uomini ubbidirono e lei prese una vasca dorata che si trovava nel tempio, poi vide un cobra sopra l’altare, lo uccise lo dissanguò in modo che il sangue e il veleno confluisse copioso nella vasca. La sua furia omicida si riversò verso la donna che poveraccia giaceva ancora a terra respirando affannosamente. La prese e le tagliò la gola… fece colare il suo sangue finché la vasca non fu abbastanza piena, e poi, toltasi tutto, vi si immerse. Restò lì per un po’, poi si rivestì e firmò l’atto compiuto incidendo il suo nome sulle pareti.
Sapeva d’essere stata maledetta, ma ciò non le importava.
Non sapeva ancora che la maledizione che Seth gli aveva gettato, sarebbe ricaduta, in futuro, su chi amava..

-Xena, va tutto bene?- domandò Tanus con ansia, bagnandole il volto con uno straccio umido. Xena si guardò intorno, si trovava fuori dalle mura, accanto ai cammelli e ormai era quasi ora di rientrare per cena. Non capiva però come poteva stare lì… poco prima si trovava immersa nei suoi ricordi, e prima ancora nelle rovine…
- chi mi ha portato qui?-
Tanus rispose fiero:-io… mi sono preoccupato non vedendoti arrivare e ti ho trovata svenuta a terra…. E in questo stato… ma chi ti ha ridotto così?- domandò l’uomo notando lo zigomo rosso, il labbro rotto e una ferita all’altezza del sopracciglio.
Xena si alzò a sedere e notò con curiosità le ferite che riportava… evidentemente quando credeva che qualcuno la colpiva, ciò accadeva sul serio.. e purtroppo lei sapeva chi era. –non lo so…- mentì.
-non lo sai?..- domandò anche un po’ impaurito Tanus.:- hai affrontato qualcuno?-
Xena si rialzò completamente e ritrovò un po’ di forza e vigore, cosa che all’interno di Asyut, sembrava aver perso. –se avessi affrontato qualcuno me ne ricorderei. Invece tutto ciò che so è che, mi sono sentita male e sono svenuta.-
Tanus si accorse che l’aveva trattata da stupida e si affrettò a scusarsi:-scusami… ma questo posto è maledetto.. rende cattivi e strani chiunque ci si presenti-
Xena mise una mano sulla spalla di Tanus e ringraziò:-grazie Tanus, senza di te forse sarei morta. Sentivo come se la pressione mi stesse schiacciando. Grazie ancora-
Tanus la guardò negli occhi:-allora ho fatto bene a seguire l’istinto e accompagnarti.-
Xena montò in groppa del suo cammello:-diciamo di si-
Entrambi si diressero verso casa da Murel e da Olimpia.

-casa tua è bellissima Murel.. dico sul serio… io visto solo una casa, in tutto l’Egitto, più bella di questa..- disse Olimpia mentre passeggiavano nei corridoi della casa di Murel. La ragazza incuriosita domandò:- di chi?-
-di Cleopatra-
-tu hai conosciuto la grande Cleopatra???- domandò l’Egiziana con immenso stupore e anche un po’ d’invidia.
-si… fu un po’ di tempo fa…- disse Olimpia con aria sognante e piena di ricordi.
-e…com’era?- domandò Murel, con la curiosità tipica di una ragazza ancora molto giovane. Olimpia arrossendo lievemente, rispose con aria sognante:-bellissima. Sai, faceva persino il bagno nel latte per rendere la sua pelle più morbida… era incantevole…-
Murel l’interruppe:-e… che mi dici di Marco Antonio? Pare che sia stato molto bello pure lui!- Olimpia, rispose leggermente più triste:-non era un gran che…-
-e Cleopatra lo amava molto?- chiese Murel. Olimpia deglutì e disse:-non lo so… -
-si dice che sia stata una delle più belle storie d’amore della storia…- continuò Murel, sognando ad occhi aperti. Olimpia rimase in silenzio, annebbiata e triste tra i ricordi.
Arrivarono in fondo ad un corridoio, nel quale c’era un ultima stanza, dalla quale proveniva un profumo strano, Olimpia guardava incuriosita in quella direzione e si chiese per quale motivo Murel non gli avesse fatto visitare anche quel locale..
Murel capì il corso dei suoi pensieri e disse:-Olimpia… ora tu e Xena sarete mie ospiti, almeno finché non dovremo spostarci e potrete utilizzare il mio palazzo a vostro piacimento… tranne che in quella stanza. Ti chiedo di non metterci mai piede, Olimpia.-
Olimpia fissò negli occhi Murel e capì che quel locale doveva per forza centrare con quello che stava accadendo in Egitto, ma non investigò, anzi si limitò a dire:-certo Murel, faremo come desideri-
In quell’istante arrivò una serva che annunciò l’arrivo di Xena e Tanus.
Olimpia cercò subito con gli occhi Xena e quando la vide le corse in contro, abbracciandola, anche Xena ricambiò l’abbraccio.
Olimpia si perse in quell’attimo, poi notò le strane ferite che Xena portava al viso e disse preoccupata:-Xena.. che ti è successo??-
La principessa guerriera avrebbe voluto dire cosa o meglio chi, credeva l’avesse colpita ma preferì tacere anche con lei:-non lo so, Olimpia. Non so,sono solo svenuta-
Olimpia annuì, ma capì subito che mentiva, tuttavia credette che l’avesse fatto solamente perché presenti anche Murel e Tanus.
-vuoi che ti faccia medicare?-domandò Murel ansiosa. Ma Xena negò dicendo che non era nulla di importante e che aveva già provveduto lei a disinfettarsi le ferite.
I quattro si recarono a cena, se cena si poteva definire. La carestia in tutto l’Egitto era così grave che era quasi impensabile di poter mangiare poco più di una minestrina riscaldata.
Xena sedeva accanto ad Olimpia, gli occhi fissi ed inespressivi sul suo piatto ancora pieno di minestra, mentre ancora reggeva il cucchiaio in mano. Olimpia la scosse dal torpore:-Xena. Va tutto bene?-
La principessa guerriera annuì, ma disse che si sentiva molto affaticata e se ne sarebbe andata subito a dormire; Olimpia preoccupata si congedò pure lei e seguì a ruota la principessa guerriera.
Olimpia e Xena si diressero in una stanza, semplice ma molto raffinata come,del resto, era tutta la casa di Murel. Per terra un bellissimo tappeto, mentre alle pareti dei papiri dipinti con evidente raffinatezza e minuziosità. Poi due giacigli di semplice lino bianco. Xena si rammaricò che Murel avesse fatto preparare una camera con due letti… forse era stata un po’ dura e distaccata da Olimpia, forse troppo e l’egiziana non aveva capito la vera natura del loro rapporto.
Disse:-uniamo i letti, o ci mettiamo sul mio?- -va benissimo il tuo-
Olimpia si sdraiò e chiese :-cosa ti è successo??-
Xena si sdraiò accanto a lei e le prese dolcemente la mano. Olimpia si avvicinò di più e appoggiò la testa sulla sua spalla forte e rassicurante , e chiuse gli occhi mentre con l’altro braccio le cingeva il ventre. La principessa prese forza e lentamente spiegò:-quello che sta accadendo in Egitto, è colpa mia. È a causa mia che ogni giorno perdono la vita decine di persone, tra terremoti, rapine e assassini -
Olimpia staccò il capo dal suo corpo, per guardarla negli occhi. Xena lesse in quegli occhi smeraldini, tanta ansia e preoccupazione, tanta comprensione e al contempo voglia di capire. –cosa?-
-sono io, quella guerriera di cui ha parlato Murel, quella che trenta anni fa trovò il talismano. Ho commesso io, lo scempio.-
-come…- ripeté ancora Olimpia, incredula. –capisci, Olimpia? Sono io la guerriera che sfidò Seth, la guerriera maledetta. Oggi, credo sia stato lui a ridurmi così. – si portò una mano sulla fronte e chiuse gli occhi.
Olimpia abbracciò forte Xena, cercava le parole per confortarla e rassicurala, ma non sapeva spiegarselo, in quel momento non le riusciva di dire nulla,se non abbracciarla e darle tutto il conforto del loro amore. Xena apprezzò molto quel gesto, più esplicito di mille parole, e abbracciando la sua amata, continuò a dire:-dovrò dirlo a Tanus e Murel? Pensi che si lasceranno aiutare da me?-
-non lo so, ma credo sia giusto dir loro tutta la verità. Perché non me ne hai mai parlato?-
-è difficile ammettere il male commesso, e poi avevo come dimenticato la vicenda. Ora ho solo una paura: che la sfida che feci a Seth sia ancora valida e le conseguenze ricadano su chi amo….-
-… ma no… non pensarci. comunque domani andremo dalla sacerdotessa, ponile i tuoi quesiti, lei saprà risponderti-
-hai ragione-
Olimpia si alzò leggermente e con un sguardo malizioso, si fece più vicina a Xena.
-voglio distrarti….- sussurrò alla guerriera mora...ma subito dopo si rese conto che la sua amata non era dell’umore adatto. Xena la baciò con impeto e passione, Olimpia rispose al bacio ma poi la staccò lentamente da se, non prima di accarezzarle la schiena ed averla baciata al collo.
-ma ora dormiamo amore, mio- disse Olimpia chiudendo gli occhi, Xena l’imito velocemente e con poco, entrambe furono prese tra le rilassanti braccia di Morfeo.

Lo strisciare impercettibile del serpente si diffondeva nella stanza avvolta nella penombra ed illuminata solo dalla fioca luce di una candela. L’animale incauto si aggirava nell’enorme salone ove al centro spiccava la figura di una donna avvolta nell’oscurità e che sedeva su un divanetto alla maniera egizia.
Riposava, forse dormiva. Indossava un leggerissimo abito di lino bianco che lasciava leggermente trasparire le sue forme. La candela era su un tavolinetto di fronte ad ella ed illuminava a stento i lineamenti della giovane. Il serpente si avventurava nella stanza in direzione della donna. Un serpente non sarebbe dovuto stare lì.
Nei giorni precedenti non c’erano state tempeste di sabbia, cambiamenti di clima. Eppure lui si trovava nel grande salone di una casa egizia.
Non si poteva neppure capire come fosse entrato. Lui c’era e basta.
E da sola la sua presenza pareva un sicuro presagio di morte.
La ragazza era sveglia, gli occhi aperti e fissi, insicuri sulla candela, guardavano il volteggiare delle fiamme.
Il cobra salì sulla sponda del divanetto, inseguiva una meta precisa.
Fu a quel punto che la donna lo vide. Fiero e tranquillo il velenoso annuncio del male si avventurava accanto alla gamba della donna. I suoi occhi fissavano quelli dell’animale come se si guardassero veramente ognuno nelle pupille dell’altro. La lingua del cobra era leggermente in fuori, le fauci pronte a mordere, a punire.
La donna deglutì. Poi respirò profondamente e senza muovere la testa cercava con gli occhi l’unica persona che avrebbe potuto aiutarla, ma invano.
Perché lei sapeva che non c’era.
Tuttavia la paura cieca infonde anche cieca ed immotivata speranza.
Dalla bocca spalancata dall’orrore uscì un debolissimo ed appena percettibile
-Xena…- Olimpia.
Olimpia sapeva che la cosa più sbagliata sarebbe stata muoversi.
Anche volendo non avrebbe potuto. Si rese conto che ogni muscolo era immobilizzato dal terrore e che niente avrebbe potuto, ora, schiodarla da quel divano. Niente oramai avrebbe potuto. E lei non aveva scampo.
Chiuse i verdi occhi. “se ne andrà” sperò. Ma il suo cuore sapeva che non se ne sarebbe mai andato. Ed ora era sempre più vicino.
Camminando sulle sue gambe distese o leggermente piegate, l’animale arrivò fino al suo ventre. Si eresse, mostrando il suo muso alla donna. Gli occhi assetati di sangue, le fauci aperte ove mettevano mostra di due canini imbevuti di sangue e veleno che miravano sicuri al suo braccio sinistro. Olimpia, in un ultimo barlume di speranza urlò con tutto il fiato che aveva :-Xena!-
Ma nessuno sarebbe arrivato. Lei era sola. E dinnanzi a lei, la morte.
E la morte non tardò. Quasi a rispondere al richiamo di Olimpia,il cobra la morse con impeto al polso sinistro. Poi si staccò.
Olimpia si teneva il polso, dove già comparivano i due solchi del morso del serpente da cui uscivano pus e materia mischiata a sangue. Poi senza quasi badare a quello che faceva, prese un sai e tagliò il serpente a metà.
Ma la morte non si può uccidere. Il male non si può sconfiggere.
Dalla parte tagliata del serpente, ricrebbero presto le sue spire ma molto più grandi e lunghe delle precedenti e perfino la testa era più grande e imponente.
Il cobra si avvicinò velocemente al collo di Olimpia e lo avvolse con le potenti spire,
-lasciami!- urlò Olimpia in preda a soffocamento mentre con le mani cercava di costringere il serpente a mollare la presa. Ma inutilmente.
Il cobra le si parò con il muso proprio di fronte a lei e spalancò la bocca che ormai stava diventando enorme e sembrava inghiottirla…
-sei tu la prescelta!-
-NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO.-
fu l’ultima cosa che Olimpia disse, poi il buio.
Freddo e gelido avviso della morte.

Olimpia si svegliò di soprassalto, saltando con un balzo dal letto.
Credette d’aver urlato ma, era evidente, dalla sua bocca non era uscito alcun suono.
Si passò una mano tra i capelli sudati, cercò la presenza di Xena e la trovò esattamente come l’aveva lasciata, addormentata accanto a lei. Olimpia si sentì la testa, come se qualcuno la stesse martellando con un bastone e convenì con se stessa che aveva bisogno d’acqua, anche se si trattasse di quell’acquaccia gialla che aveva visto a pranzo, quella che tanto la disgustava.
“sei tu la prescelta” questa frase le rimbombava ancora nella mente, mentre il suo corpo era ancora scosso da brividi e paura, non sapeva che volesse dire..
Non svegliò Xena, era così bella quando era addormentata e sembrava così serena.
Ancora tremante ed insicura Olimpia scese dal letto e presa una candela, si avventurò nella casa di Murel, completamente nel buio e nel silenzio. Avanzò passi ansiosi e, cercando di camminare il più silenziosamente possibile, si inoltrò nel corridoio.
Uno strano vento gelido la invase e le passò attraverso, ella fu scossa da un brivido e la candela si spense.
Iniziò ad avere paura… come se sentisse una presenza intorno a sé, inevitabilmente il suo pensiero corse al sogno e a quel cobra, che altro non era che un presagio di morte.
Sentì una seconda volta lo strano vento: ormai era certa che non si trattava di un vento notturno, proveniva infatti da quella stanza che Murel le aveva vietato di visitare. Qualcosa le diceva di entrare.
Olimpia si convinse che doveva dare un’occhiata ed iniziò ad udire delle piccole e flebili grida… provenienti dalla misteriosa stanza. Istintivamente, mise mani ai suoi sais e li impugnò con forza, cercando di non avere paura. Arrivò alla stanza e tremando leggermente scostò il velo bianco che ne copriva l’entrata.
Appena entrata Olimpia, convenì che avrebbe dovuto consultare Xena e decise di andarsene, scostò il telo bianco, ma dietro d’esso, inaspettatamente c’era un muro.
Era in trappola. S’appiattì con la schiena contro il muro, e posizionò i sais in postura di difesa, mentre i suoi occhi viaggiavano con orrore, perlustrando la stanza.
Il pavimento era completamente coperto di sangue, che era leggermente condensato, mentre in parte sembrava addirittura fresco, centinaia di ossa erano depositate per tutta la stanza, anch’esse imbrattate di sangue.
Teschi, graffi e sangue sporcavano le pareti assieme a dipinti che raffiguravano uno scheletro seduto su un trono con in mano un muscolo..forse un cuore.
Sul pavimento oltre a quello già descritto, c’era uno strano portale nero con una scritta in copto. Olimpia si sporse leggermente per leggere, forse troppo, camminando tra le immonde cose che inondavano tutto. Al suo passaggio, Olimpia non se ne accorse, le ossa sembravano muoversi in uno spasimo, poi ritornavano ferme.
-Seth..- lesse la donna e subito, colta da paura, ritornò suoi propri passi, ma fu trattenuta da qualcosa. Una mano scheletrica e in avanzato stato di decomposizione, le afferrò la sua caviglia. Olimpia si sentì gelare, e fu presa da terrore.
-lasciami- urlò strattonando la caviglia,ma ben presto un’altra mano le prese l’altro piede. Olimpia era terrorizzata ma cercò di reagire, con il sais tagliò le ossa della mano; velocemente si ricomposero e ripresero a strattonarla.
E lentamente la trascinavano a terra. Olimpia iniziò a sudare freddo.
Le ossa erano così affilate che tagliarono i suoi calzari e s’infilzarono nella morbida carne. Olimpia cercò ancora di più di liberarsi, era certa che sarebbero arrivate all’osso. Camminò con evidente sforzo, cercando di svincolarsi e lottando contro la resistenza imposta dalle ossa.
S’aggrappò al telo bianco ove c’era la porta, tenendosi forte con le dita; il telo, come prevedibile, si strappò.. Olimpia perse l’equilibrio.
-XENNNAAAAAA!- urlò mentre le mani morte la trascinavano a terra, dove altre centinaia di ossa, non attendevano altro che afferrarla e affondare le loro spire nelle sue carni.

Improvvisamente gli occhi blu di Xena si spalancarono e la donna si svegliò, colta improvvisamente da un presentimento. Guardò velocemente accanto a sé e Olimpia non c’era; si alzò velocemente e prendendo una candela, iniziò a cercarla per casa.
-Olimpia- la chiamava,e anche se tutto era in un completo silenzio, si sentiva inquieta e percepiva ancora un volta il pericolo; ancora uno strano vento gelido.
-Olimpia..- ripeté questa volta con la certezza che le stesse accadendo qualcosa.
Iniziò a correre per casa, la girò tutta ma di Olimpia non c’era traccia, così andò a svegliare Murel. Entrò nella stanza di Murel, dove la ragazzina dormiva serenamente.
Xena la strattonò con poca poesia,e la donna spalancò gli occhi impaurita.-ma cosa..??-
-calma Murel, sono Xena… non riesco a trovare Olimpia, sento che le è successo qualcosa…- farfugliò velocemente la guerriera.
l’egiziana fissò lo sguardo, pensierosa...poi si riscosse, come se avesse capito cosa stava accadendo.
-la stanza di Rehusi…..-sussurrò , poi s’alzò bruscamente e scostò Xena con braccio, si fece spazio per correre meglio verso la stanza ove stava accadendo quel trambusto. Nella confusione, si svegliò pure Tanus, che anche se non capiva ciò che stava accadendo, seguì a ruota Xena che andava dietro a Murel.
L’Egiziana corse fino ad arrivare alla stanza di sua sorella Rehusi e disse agli altri due di zittirsi. Xena aveva il cuore in gola, aveva paura per Olimpia.
-Olimpia…- chiamò lentamente Murel, poi scostò il velo bianco e notò il muro che si era formato. Dall’altra parte, chiare le grida di dolore di Olimpia.
Xena iniziò ad agitarsi, s’avvicinò al muro e urlò:-Olimpia.. mi senti???- ma nessuno rispose. L’egiziana si girò, verso di loro e disse:-temo sia troppo tardi.-
Xena le mise le mani al collo e la sbatté al muro, colma d’ira:-troppo tardi.. per cosa?- si rese conto che la sua voce vibrava anche e soprattutto, di paura.
Murel impaurita s’affrettò a dire:-tenterò di salvarla Xena, ma io l’avevo avvertita-
Olimpia gridava, mille morse taglienti, si erano infilzate nel suo corpo e il suo sangue si era mischiato a quello immondo che ricopriva il pavimento.
Cercò ancora una volta di liberarsi e quando, finalmente, decise di abbandonarsi alla morte, vide il telo bianco di lino che si era strappato poco fa, volteggiare come se ci fosse vento. Subito dopo vide che il muro si stava aprendo lentamente come se si sciogliesse e piano piano iniziava a vedere i lineamenti di una donna che entrava nella stanza. Olimpia riconobbe Murel e senza chiedersi molte spiegazioni, urlò:-Murel…. Aiutami! Mi stanno uccidendo!!!!!-
L’egiziana non sapeva che fare, subito alcune lacrime si fecero strada sul suo viso,con l’ansia nel cuore, cercò di staccare le mani ossute dal corpo di Olimpia.
Ma non ce la faceva, erano strette in una morsa fortissima.
-non ce la faccio, Olimpia non ce la faccio!!!- urlò la ragazza, piangendo per non riuscire ad aiutarla ed impotente di fronte all’amica che soffriva.
-Murel.. di a Xena che…..- disse Olimpia, rantolando dal dolore, non riuscì a finire la frase, le parole le morirono in bocca, mentre le labbra si contorcevano in una smorfia di dolore. A Murel venne un’idea: prese con entrambe le mani un sai di Olimpia e lo alzò verso il soffitto della stanza.
Poi disse con voce solenne, anche se impastata dal pianto:- Osiride dammi la forza, scaccia il male!-
E gettò il sai ,con forza ,su una delle mani: le ossa della mano si scomposero e come quelle anche le altre che tenevano imprigionata Olimpia. La poetessa non riusciva a credere d’essere libera e dai suoi occhi uscirono lacrime di gioia e gratitudine.
Murel notò che Olimpia era molto provata e non riusciva ad alzarsi… prese le sue armi e prendendola in braccio, sorretta dalla forza di Osiride, riuscì ad attraversare di nuovo il muro, che nuovamente si era chiuso.

di Diomeche

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