episodio n. 6
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CAPITOLO I

Nel tempio di Marte tutto è silenzio: il dio della guerra sta riposando sul suo trono.
La stanza oscura è illuminata solo da un lieve bagliore di luce soffusa proveniente da alcune fessure tra le mura gelide e grigie cui sono appese armi d'ogni tipo; per qualche tempo tutto rimane immobile. Poi ad un tratto un lampo di luce oscura dalle sfumature violastre illumina per un attimo tutta la stanza. La figura che appare, resta confusa dall'ombra delle colonne che si ergono imponenti nel tempio; poi si avvicina lentamente senza far alcun rumore verso Marte. Egli si ridesta dal suo sonno inquietato dalla presenza di qualcuno; quando riapre gli occhi trova di fronte a sè una donna alta, dal corpo sottile e dallo sguardo accigliato, i lunghi capelli neri e lisci e gli occhi color ghiaccio. Una bella visione se non fosse stato per lo sguardo incupito da un'espressione costante di rabbia, quasi una maschera.
- E tu per gl'inferi chi sei? - gli chiede mentre si alza di scatto dal suo trono.
La donna ignorando la domanda rivoltale lo guarda con aria di sfida e si volta dandogli di spalle.
- Ehi sto parlando con te .. come hai fatto a entrare nel mio tempio? -
- E così questa specie di tana tu la chiami tempio? Ci vuole un bel coraggio! - ribatte l'intrusa mentre inizia a guardarsi intorno.
- Mi sfugge l'ironia di questa battuta .. scusa se non rido …- risponde Marte con tono piuttosto seccato - Sai … io odio i mortali che s'intrufolano con prepotenza qui e mi disturbano con i loro assurdi progetti … perciò ti conviene darmi un valido motivo per essere qui ora e usare con me questo tono strafottente!-
Lo sguardo della donna continua frugare tra gli angoli del tempio fino a fermarsi su un enorme specchio rettangolare molto alto. È circondato da una cornice lavorata, cesellata da contorte lingue di metallo che serpeggiano sul muro; lo specchio riflette una limpida luce azzurrina, quasi liquida che somiglia molto alla superficie mossa di un lago.
La ragazza gli si avvicina ignorando totalmente la presenza di Marte. Egli la segue con lo sguardo e gli corre dietro ponendosi davanti al suo scopo.
- Non ti avvicinare a quello specchio … ma si può sapere che vuoi? -
L'intrusa lo guarda con disprezzo per qualche attimo, poi cogliendolo di sorpresa gli tira una ginocchiata in pieno torace. Il dio si arresta un attimo e accusa il colpo mentre la donna lo oltrepassa. Innervosito, Marte tende una gamba, appoggia una mano al suolo e ruotandosi fa uno sgambetto alla nemica facendola cadere. Ella si rialza in un balzo seguita dal dio della guerra; i loro occhi si incrociano per un attimo. Poi la donna lo attacca con un calcio laterale che il dio para a fatica; con rapidità, poi, fa leva sulla caviglia e roteando su stessa gli sferra un pugno colpendolo sullo zigomo. Marte sempre più irritato si massaggia la guancia per un istante - Questo è il tuo modo di presentarti? … Originale, mi piace. - la sua l'espressione si contrae in uno smorfia di rabbia e risponde al gancio dell'avversaria tirandogli un pugno nella stessa posizione. - Comunque come vedi, è un linguaggio che conosco molto bene anch'io. - aggiunge mettendo le mani sui fianchi.
L'espressione fino ad ora agghiacciante della ragazza lascia ora trasparire un filo di collera. I suoi occhi corrono per un attimo in direzione dello specchio e poi nuovamente su Marte. In seguito, senza batter ciglio, con un balzo gli si scaglia contro e lo colpisce allo sterno con un pugno, lo afferra dietro al collo avvicinandolo a se e con una ginocchiata in pieno volto lo fa cadere a terra di spalle. Profondamente innervosito, il dio si rialza di scatto e afferra una lancia appesa alla parete e la scaglia contro l'intrusa trafiggendola da parte a parte poco sopra la vita.
La donna non ha alcuna reazione: osserva indifferente la lancia e rivolgendosi a Marte con arroganza dice - Questo non è molto simpatico da parte tua … lo sai che le donne non dovrebbero essere toccate nemmeno con un fiore? -
Come se nulla fosse si estrae dal corpo la lancia e la spezza in due sul ginocchio destro. Il dio della guerra resta incredulo osservando la ragazza che non riporta alcuna ferita e sorpreso balbetta - Ma tu non sei una comune mortale … -
La ragazza si passa una mano sulla fronte allontanando un ciuffo di frangia dalla fronte e con un ghigno altezzoso sulle labbra si avvicina all'avversario fermandosi a pochi centimetri da lui. Mantenendo lo sguardo fisso su di lui gli si avvicina sussurrandogli nell'orecchio - Vuoi sapere chi sono? Io sono la tua ombra, la tua coscienza, il tuo rimorso .. io sono il peggiore dei tuoi incubi. -
Il dio resta scosso da queste parole soffuse bisbigliatogli nelle orecchie e percosso da un brivido si scosta da lei che ancora lo guarda in modo freddo e altezzoso. Cala di nuovo il silenzio nel tempio e i due sfidanti restano immobili osservandosi a vicenda.Un istante dopo la donna contrae le sue labbra in un freddo sorriso e fa scaturire dal palmo della sua mano una sfera luminosa di energia lanciandola con violenza contro Marte, che travolto finisce contro la parete dove resta per qualche attimo incapace di reagire. L'intrusa soddisfatta corre verso lo specchio e appoggia la mano sulla superficie; in pochi secondi penetra al suo interno sprigionando un'intensa luce che a fasci si scaglia nella stanza, illuminandone ogni più piccolo angolo. Un istante dopo, con un movimento brusco estrae il polso dallo specchio sottraendo così la leggendaria spada di Marte.
Il dio si rialza velocemente da terra e cerca di avvicinarsi a lei per strappargli di mano la sua preziosa spada, ma prima che la potesse raggiungere ella scompare nel nulla in una sonora risata che per qualche attimo riecheggia tra le pareti della stanza. Un istante dopo Marte sente che le sue forze vengono meno e si inginocchia a terra: gli arti si fanno terribilmente pesanti, la circolazione sanguigna rallenta e sente ogni angolo del corpo invaso da brividi si freddo. E mentre la testa lo logora con forti fitte di dolore, sente che in un lampo la sua divinità lo abbandona portandolo ancora una volta ad una condizione mortale.

CAPITOLO II

E' una giornata di primavera: l'aria è calda e tutt'intorno si estende una vasta prateria dall'erba verde e profumata ancora bagnata dalla pioggia della sera precedente. Xena e Olimpia camminano lungo un sentiero costeggiato da faggi e ciliegi che le conduce verso una collina arrotondata. Si sono appena lasciate alle spalle uno splendido fiumiciattolo dall'acqua limpida e fresca, dove fino a poche ore prima si erano intrattenute pescando.
- Avanti provaci, non essere timida! - dice Xena.
- Smettila Xena! Non mi piace farlo davanti agli altri! -
- Andiamo! Dobbiamo pur passare il tempo prima di arrivare a Melfi! -
- Bè trovati un altro passatempo, perché non ho nessuna intenzione di spaventare gli animali del bosco! -
- Ma hai una bellissima voce, ti ho sentita prima, mentre lavavi le stoviglie al fiume! - continua Xena cercando di trattenere un sorriso.
- Credevo che nessuno mi ascoltasse! E non insistere più, non voglio cantare! -
Un po' imbarazzata Olimpia comincia a giocare con i lacci della spallina della sacca che porta in spalla e fa finta di niente sentendosi addosso lo sguardo di Xena. Dopo aver proseguito il cammino in silenzio per un paio di minuti vedono due figure stese sull'erba sotto un albero: sono due giovani in tenere effusioni. Xena vedendoli da lontano si ferma:
- Uh!…Sarà meglio cambiare sentiero -
- Già meglio non disturbare - risponde prontamente Olimpia.
Le due cambiano direzione e un istante dopo compare davanti a loro Venere nella sua solita mise rosa tutta trasparenze:
- Ragazze che fate ve ne andate senza salutarmi?! Come mai avete tutta questa fretta? -
La dea dell'amore sorride in attesa di un saluto e di una risposta da parte delle sue amiche.
- Venere!…Dovevamo immaginarlo che fossi qui! - dice Olimpia facendo segno ai due ragazzi da cui si erano allontanate poco fa che si stanno ancora baciando.
- Già, sono due dei tanti che avevano bisogno di un piccolo aiuto da parte mia. Ma voi piuttosto che fate di bello? -.
- Stiamo andando a Melfi. L'oracolo ci ha mandato a chiamare. -
La bionda guerriera si interrompe osservando l'espressione assunta da Xena a proposito di quello che ha appena rivelato a Venere.
La principessa guerriera infatti non si aspettava tanta eloquenza da parte dell'amica e la guarda rassegnata come per dire "Ormai lo hai detto!".
Tra le tre cala per un attimo il silenzio fino a quando Venere interviene con tono annoiato:
- Ho capito … si tratta di una delle vostre solite "missioni umanitarie"? Non mi competono queste cose e poi adesso vi devo proprio lasciare perché mi aspetta un massaggio. -
La dea dell'amore saluta le due guerriere facendo loro l'occhiolino e schioccando le dita scompare in un bagliore luccicante.

Le due riprendono il cammino. Una volta oltrepassata la collina si ritrovano davanti a un bosco piuttosto rado e spoglio. Xena decide di fermarsi un attimo e permettere ai cavalli di abbeverarsi. Lega le briglie di Argo al tronco secco di un vecchio albero e si siede su una roccia. Olimpia si trattiene un attimo in più: lega in suo stallone bianco vicino al destriero di Xena, prende dalla sua sacca un paio di mele e un otre d'acqua e raggiunge la compagna.
- Perché non hai voluto che parlassi a Venere dell'oracolo? - chiede la bionda fanciulla mentre porge la mela a Xena.
- Non lo so. L'oracolo ci ha chiesto massima discrezione e sappiamo entrambe che a Venere è meglio non fare molte confidenze .. non vorrei che per caso se lo facesse scappare con qualcuno -
- Xena, rilassati ogni tanto, ti preoccupi anche troppo ultimante … a chi vuoi che lo vada a dire?! -
- Si, forse hai ragione tu … Senti … Melfi è ancora molto distante e il tramonto è ormai prossimo… se ti va per stanotte potremmo accamparci qui … domani all'alba ripartiamo. -
- Per me va bene … vado a cercare un po' di legna per il fuoco. -
- Ok … io intanto provo ad andare a cercare la cena che ne dici? -
- D'accordo ci ritroviamo qui al calar del sole. -

CAPITOLO III

La dea dell'amore torna nel suo tempio. Le stanze, piene di statue dorate, sono illuminate da colori vivaci e alle mura sono appesi molti quadri.
Con aria svogliata Venere si avvicina ad una lunga tavolata carica di doni che i suoi devoti le hanno portato nel corso della giornata in segno di devozione alla sua divinità. La sua attenzione si perde su un ciondolo che porta al collo, mentre con una mano inizia a pizzicare una grappolo di uva bianca.
Qualche istante dopo richiama l'attenzione di qualcuno con uno schiocco di dita. Da un'altra stanza arriva velocemente un ragazza sulla ventina dal fisico snello e slanciato. I suoi occhi chiari sono parzialmente coperti da un velo che le copre il volto e da qualche ciocca di capelli color castano.
- Dimmi mia dea -
- Milena .. prepara l'acqua … voglio farmi un bel bagno e rilassarmi .. oggi sono proprio stanca … ho dovuto seguire ben tre coppiette in crisi! -
- Subito Venere -
La giovane fa un breve inchino e si allontana di corsa verso un'altra stanza in cui c'è un immensa vasca dal fondo argentato. Si avvicina a un piccolo tavolino di legno e inizia a leggere le etichette di alcune piccole ampolle di vetro dalle forme più varie. Con cura versa alcune gocce di diverse essenze all'interno della vasca che iniziano subito ad espandere il loro aroma particolare nell'aria. Poi si lega i capelli con un nastro che teneva appeso alla cintura e dopo un piccolo sospiro prende in mano un secchio di legno e esce dal tempio passando per una piccola porta ovale posta sul retro della stanza. Canticchiando percorre un breve sentiero che la porta a un piccolo pozzo di pietra semi illuminato dalla fioca luce della luna. Dopo aver legato l'estremità del secchio a un gancio metallico, inizia a spingere la corda all'interno del pozzo; in breve il secchio viene invaso da un flusso d'acqua limpida e fresca che la ragazza raccoglie. Per un attimo resta a guardarne la superficie immobile nella quale riesce a specchiare l'immagine del suo volto; i suoi pensieri corrono altrove ma vengono disturbati dal verso di un corvo che prende il volo da un ramo di un albero vicino. Milena si spaventa un attimo e porta il suo sguardo al volatile per poi riportarlo nuovamente sulla superficie dell'acqua che stavolta, invece di riflettere la sua immagine mostra il volto di una donna dai lunghi capelli corvini e gli occhi agghiaccianti. Di scatto si volta verso questa figura che le fa segno di mantenere il silenzio mettendo un dito davanti alle labbra.
- Non aver paura … non voglio farti del male … -
- Chi sei? -
- Sono un'amica … Milena. -
- Ma io non ti conosco .. come sai il mio nome? -
- Sono un'amica di tua madre … è per suo conto che sono qui. -
- Mia madre?! Le è successo qualcosa? -
- Purtroppo si .. la sua malattia è degenerata .. mi dispiace .. è in punto di morte. -
- Ma è impossibile .. il curatore aveva detto che non era nulla di grave e che si sarebbe ripresa!! -
- E invece non è così. -
- Ma siamo sicuri che parliamo della stessa persona … io non ti ho mai vista prima d'ora .. -
- Non ti preoccupare e ascoltami ora … se ci tieni a tua madre tu sei l'unica che la può aiutare. -
- Io? E come? -
- La cintura d'oro di Venere è l'unica cosa che può essere utile a tua madre. -
- La cintura di Venere? … Ma che c'entra … i suoi poteri come possono esserle utili? -
- Non importa ora .. non ho tempo di spiegarti … ora è importante che tu sottragga la cintura alla dea!! -
- Portargliela via? .. Non posso … io sono al suo servizio fin da bambina .. non posso sottrargliela con l'inganno … perderebbe la sua immortalità. -
- A te che importa?! Conta di più lei o tua madre? -
- No, mi spiace … non posso farlo. -
La donna misteriosa dalla scura chioma raccoglie le labbra in un gelido sorriso e posa una mano sulla fronte della ragazza.
- A te non importa nulla delle sorti di Venere … ora ciò che conta davvero e che tu sottragga la sua cintura. -
Gli occhi della ragazza si fanno cupi, come se fosse sotto ipnosi e chiaramente sotto il flusso di un sortilegio fa un breve senso di assenso con il capo.
- Prendi il tuo secchio d'acqua e torna al tempio a fare ciò che devi. -
- ….Si, mia signora. -
Milena torna lentamente verso il tempio osservata da quella donna misteriosa che sussurra:
- Ora che anche Venere come Marte è sistemata non mi resta che porre fine ai giorni di quella dannata guerriera … a quel punto nessuno potrà più contrastarmi! -

La giovane torna al tempio dove Venere l'attende spazientita:
- Alleluia Milena … ma che fine avevi fatto? … E' un bel po' che sei in giro! Cos'è, ti sei persa di nuovo?! -
- Scusami Venere … se vuoi ti faccio un massaggio prima del bagno. -
- Si perché no … non è una cattiva idea. -
La dea dell'amore si leva lentamente il suo abito tutto veli e trasparenze e lo adagia sul tavolo. Pochi istanti dopo, alla luce compare intorno alla sua vita la leggendaria cintura d'oro … che conferisce alla dea il potere di far innamorare di lei ogni uomo.
Con cautela si slaccia la cintura che posa delicatamente su di un gonfio cuscino rivestito di seta rossa. Con sguardo assonnato si sdraia su di un giaciglio appoggiando i polsi sotto il mento e chiude gli occhi in attesa dell'arrivo della ragazza che nel frattempo ha aperto una piccola ampolla d'olio e dopo essersene versate due gocce sulla mani, inizia a massaggiarsele con calma. Lentamente si avvicina alla dea iniziando a massaggiarle con cura la schiena: in pochi istanti Venere si rilassa e finisce quasi per addormentarsi; Milena approfitta dell'occasione e con un colpo deciso al collo fa perdere i sensi alla dea. Rapidamente si avvicina alla cintura, la prende e corre via dal tempio un po' spaventata. Lungo il sentiero incrocia nuovamente la misteriosa donna di prima:
- Mia signora … -
- Brava la mia ragazza … mi hai portato la cintura. -
- Si signora … come mi avevi ordinato. -
La giovane dà la cintura alla donna che con uno sguardo compiaciuto fa scaturire dal palmo della sua mano un globo di fuoco e mantenendo lo sguardo fisso sul " bottino" la lancia contro Milena. La giovane spaventata tenta di sottrarsi alla sua condanna scappando in direzione del tempio ma inutilmente; di lei in breve non restano che piccoli brandelli di tela arsi come il resto del corpo.

di Darkamy e Xandrella

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