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episodio n. 5
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Venere le fece un’occhiataccia avendo sentito la sua ultima affermazione, e disse: <Rassegnati cara!> dunque disse congedandosi: <Ora devo andare… Un bel bagno caldo con l’essenza di sambuco mi aspetta! Ma non ti perdono il fatto che non ti sia piaciuta quella poesia. E’ vero sei la donna d’azione tu, ma non ti farebbe male lasciarti andare un pò di più qualche volta; scommetto che non ricordi neppure il finale di quella poesia, nonostante è esattamente quello che provi per Olimpia!> Poi schioccò le dita e fece per andar via nel suo solito fascio di luce; ma ad un tratto si arrestò e disse: <Ah: non dire niente a Olimpia, almeno non prima di domani; credo che le farai una sorpresa abbastanza gradita portandola da colei che avrebbe sempre voluto sentire declamare… e poi chissà, potresti farti perdonare per la faccenda del certamen di Catullo!> Detto questo le fece l’occhiolino e sparì.
Xena rimase di nuovo sola; il tramonto aveva ceduto ormai posto alle tenebre; stette un attimo a rimuginare su quel che Venere le aveva detto a proposito dei suoi sentimenti per Olimpia; poi delle parole le riaffiorarono spontanee alla mente; era il continuo della poesia che le aveva dedicato: < …poi il fuoco corre sotto la mia pelle e tremo… e cresce il pallore perché mi sto tingendo di questo amore, o almeno questo mi sembra…>
Xena si soffermò costatando, che al contrario di come le aveva detto Venere, ricordava benissimo le parole finali di quella poesia; come ricordava nitidamente, istante per istante, quel rosso tramonto in cui consegnò quella pergamena ad Olimpia; ricordò i loro scherzi, ma soprattutto i loro sguardi carichi del sentimento struggente che provavano l’una per l’altra. Istintivamente rinvenendo da quei ricordi ormai lontani, sospirò e disse: <Forse è meglio andare a riposare; domattina l’arcano sarà svelato ed avrò modo di vederci finalmente chiaro in questa strampalata situazione… Però, avrò modo di rivedere Saffo, e stavolta con Olimpia; chissà che non riesca a portarla anche ad un suo spettacolo. Non me l’ ha mai fatto pesare, ma sono sicura che quando andammo a Tebe e sbagliai la data posticipandomi di un giorno, Olimpia ci restò male quando non incontrò Saffo…>
La guerriera scese sotto coperta e aprì la porta della stanza con molta cautela, cercando di farla cigolare il meno possibile per non svegliare la sua amica che era già addormentata; entrò e richiuse piano la porta dietro di sè. Appena fu all’interno della stanza, si avvicinò all’amica, che infatti dormiva distesa supina su un giaciglio arrangiato alla meglio; Xena si incantò per un attimo a vederla dormire: aveva il viso pallido ma rilassato; poi si accorse che la compagna le aveva lasciato un po’ di spazio per permetterle di coricarsi accanto a lei; c’erano due giacigli, eppure, le due usavano dormire sempre in uno solo, per potersi scambiare tenere effusioni prima di dormire. Dunque si tolse l’armatura e con fare materno rimboccò le coperte all’amica, poi le pose un casto bacio sulla guancia, così leggero che forse Olimpia neppure lo percepì, la fissò ancora, e la sua bocca scivolò su quella della compagna in un bacio delicatissimo, mente le sue mani cominciarono a scorrere lungo i fianchi di Olimpia, per poi fermarsi a massaggiarle vigorosamente i seni, che nonostante lo stato di quescenza del bardo, cominciarono ad erigersi sotto quel piacevole stimolo. Ma decise di fermarsi lì: preferiva farlo quando il suo bardo era più collaborativo, anzi, attivamente collaborativo... Si sdraiò accanto alla giovane e si addormentò.


CAPITOLO 4

Il sole era alto in cielo, quando la nave approdò nel porto di Militene, nel quale pochissimi uomini lavoravano sulle loro imbarcazioni ormeggiate; Xena e Olimpia, caricate delle loro bisacce, erano appena scese dalla nave; non conoscendo assolutamente quel posto, decisero di affidarsi al loro intuito imboccando a caso, una stradina a destra del porto, che percorsero finché non si trovarono in un vasto spazio circolare, pieno di vita, di colori e di profumi; capirono immediatamente di essere giunte al mercato di Militene, nonché centro della città; difatti, nelle polis greche, le zone di rilievo, erano dedicate per lo più al commercio, o al culto delle divinità.
Xena e Olimpia camminavano per il mercato, assaporando quella miriade di sensazioni che solo il contatto con l’altra gente, e con diverse culture può dare; ma una cosa in particolare non passò loro inosservata:
<Xena, hai notato che in questo paese ci sono solo donne?>
<Si, l’ ho notato.>
Olimpia enormemente incuriosita: <Ma dove saranno gli uomini?>
Xena le rispose delucidandola: <Credo che a parte quelli che abbiamo visto sulle loro barche, intenti a selezionare il pesce da vendere al mercato, non ne troveremo molti qua: recentemente in Asia Minore, si sono verificati nuovi conflitti tra i greci e i persiani, per il dominio di un pezzo di terra a confine con la Grecia; deduco che essendo Lesbo così vicina all’Asia Minore, probabilmente gli uomini saranno stati chiamati a combattere…>
Xena stava per concludere, ma Olimpia l’anticipò: <…Lasciando quindi le loro donne a gestire gli affari per non perdere l’attività!>
Xena, che nel frattempo aveva preso una mela da un cesto esposto su una bancarella, ed aveva cominciato a mordicchiarla la guardò ponendole una mano sulla spalla e confermando: <Esattamente!>
Olimpia alquanto stupita disse: <O hanno una stima incondizionata nelle loro mogli questi uomini, o sono avari di prima categoria se mandano le donne a lavorare al loro posto!>
Xena le disse: <Anche se non vi è la presenza maschile, questa città è comunque perfettamente gestita; ciò significa che non vi è sempre bisogno degli uomini per governarla; difatti questo magnifico paese, dalla fama artistica e letteraria nota in tutta la Grecia viene portato avanti dagli sforzi congiunti di tutte le donne del luogo; riunite in comunità e talvolta guidate da “menti eccelse”>
Olimpia rimase affascinata sentendo parlare Xena delle tradizioni di quel paese che conosceva molto bene anche se non vi aveva mai messo piede prima d’ora; istintivamente un pensiero balordo ma divertente le saltò in testa:
<Ma allora Xena non è un’ignorante; sotto a quel suo modo di comportarsi rude e grezzo, si nasconde una vera e propria antropologa!> E prese a ridacchiare; Xena, che se ne era accorta, le chiese: <Cos’hai da ridere tu?>
Olimpia le rispose: <Xena, mi stupisco di quante cose tu sappia, eppure non hai seguito neppure una volta il sommo Pierus Angelorus!>
Xena immediatamente virò d’umore e disse: <Ma allora! Perché tutti continuate a parlare di questo Plinius...ehm...Pirus...Pierus Angelorum o chi diamine è lui? Perchè date per scontato che io lo debba conoscere?>
Olimpia ancora più divertita da quella buffa reazione, mista fra l’interrogativo, il curioso ed il meravigliato, non poté che sorridere nuovamente; intanto, bofonchiando, Xena si avviò verso una bancarella a prendere notizie su Cleide;
Olimpia la osservava allontanarsi con un enorme sorriso sulle labbra, dicendo : <Che buffo che è a volte l’amore mio!>
La guerriera tornò giusto in tempo per vedere quel ghigno disegnato sul volto della compagna; incuriosita le chiese: <Che hai da ridere?>
<Niente! Niente!>
In verità sembrava che, una volta tanto,- non fosse Olimpia il “cicerone” della situazione, ma la sua amica.
Poi ebbe una folgorazione: <Xena sai che mi pare che Saffo abiti proprio a Lesbo?>
La donna si sentì in un certo senso scoperta; ma volendo tenere segreta fino alla fine la misteriosa identità della donna che dovevano incontrare, che altri non era che Saffo, la liquidò dicendole: <Ah, non chiederlo a me; sei tu l’estimatrice della somma poetessa!> <Già! Cosa non darei per sentirla declamare almeno una volta!> Xena moriva dalla voglia rivelarle tutto, ma così facendo le avrebbe rovinato la sorpresa; riuscì perciò a controllarsi dicendole soltanto, senza sbilanciarsi troppo: <Ehi, mai dire mai nella vita!>
Olimpia si guardava attorno divertita, compiaciuta dallo spettacolo tipicamente etnico, che le veniva riservato da quella gente; le era sempre piaciuto girare per i mercati, soprattutto per quelli di paesi stranieri; non che Lesbo fosse poi tanto diversa da una comunissima città del Peloponneso, della Tracia, o della Macedonia; ma tutto era per lei una novità in quel momento, anche il fatto di vedere le donne alle bancarelle delle stoffe, dei fiori, e persino alle botteghe dei maniscalchi e dei fabbri, che sostituivano i loro mariti; e la speranza che nutriva in cuor suo, di poter finalmente vedere Saffo in carne ed ossa, rendeva quei luoghi, e quella gente ancora più speciali.
Improvvisamente però, un bagliore dietro ad un tendone, attirò le due eroine che accorsero per vedere cosa fosse successo; fu così che trovarono Venere intenta a risistemarsi le sue succinte vesti. Era tornata come aveva promesso a Xena la sera precedente.
Olimpia fu abbastanza stupita di vedere la sua amica proprio in quel frangente, così le chiese: <Buongiorno Venere! Ti sei alzata presto stamattina, Zeus ti ha scaraventata giù dal letto?>
Venere rispose dandole un pizzicotto sulla guancia: <Ma che simpatica questa ragazza! Noto che chi va con lo zoppo impara a zoppicare…>
Ed accennò uno sguardo a Xena, poi continuò: <…Vero Xena?>
La guerriera incalzò: <Ehi, non prendertela con me, è lei che ti ha risposto in quel modo! Io non c’entro niente!!>
Venere diventò più seria: <Ad ogni modo, sono venuta a portarvi alcune informazioni preziosissime…>
Con una terribile ansia Olimpia le chiese: <Allora che aspetti a darcele?>
Venere la guardò per un momento negli occhi, riuscendo a scovare in essi tutta l’impazienza del bardo; poi disse: <Dunque: Voi state cercando Cleide… Ebbene ho scoperto che abita in una residenza a picco sul mare sulla strada che conduce verso Leucade…>
Xena la interruppe avvicinandosi, e con lo stesso tono di voce, grave come quello assunto da Venere poco prima, le disse ironicamente: <Venere, non avevamo bisogno di scomodare la Dea dell’Amore in persona per avere queste informazioni “preziosissime”! Pensa un po’: È bastato chiederle a quella gentile donna con la bancarella ad angolo!> Olimpia sorrise a quella scena tragicomica, ma Venere continuò offesa:
<Dimmi un po’ grande guerriera, sai anche che Cleide è la figlia di Saffo? E sai pure che Saffo abita con lei? Questo non credo ti sia passato per la mente di chiederlo!>
La Principessa Guerriera lanciò un’occhiata assassina alla divinità, che aveva svelato il mistero che fino a poco fa aveva taciuto con Olimpia. Se c’era una persona che aveva tutto il diritto di dire a Olimpia, che tra poco avrebbe incontrato finalmente Saffo, quella doveva essere proprio lei;
la mandava in bestia il fatto che lei aveva faticato così tanto per mantenere il segreto con la sua donna, ed ora Venere, da impicciona che non era altro, l’aveva anticipata… la cosa più assurda poi, era che lei stessa aveva consigliato a Xena, la sera prima, di non dire nulla a Olimpia.
In quel momento si arrabbiò tantissimo, tanto che credeva di poter scoppiare, ma fu trattenuta da Olimpia che le pose una mano sull’avambraccio;
Xena si voltò per guardarla; aveva sul viso disegnato uno stupore sempre crescente;
Il bardo le disse: <Xena, ma allora andiamo proprio da Saffo? E’ lei che ci ha mandato a chiamare?> Xena stava rodendosi dalla rabbia, ma cercò di controllarsi solo per la sua compagna, così si limitò a risponderle voltandosi verso la divinità:
<Hai capito bene… C’è sempre questa impicciona a guastare le sorprese!>
Solo allora Venere capì il guaio che aveva combinato, e quanto profondamente arrabbiata fosse Xena con lei; dopotutto era la seconda volta che le rovinava una sorpresa del genere, e sapeva quanto Xena ci tenesse a far andare tutto liscio stavolta; aveva sbagliato, era questa la verità, così non sapendo cosa dire assunse un atteggiamento pentito: <Scusate… sono stata inopportuna...> Poi sparì nel suo solito lampo di luce dorata.

di Bard and Warrior

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