Venere
le fece un’occhiataccia avendo sentito la sua ultima affermazione,
e disse: <Rassegnati cara!> dunque disse congedandosi: <Ora
devo andare… Un bel bagno caldo con l’essenza di sambuco
mi aspetta! Ma non ti perdono il fatto che non ti sia piaciuta quella
poesia. E’ vero sei la donna d’azione tu, ma non ti farebbe
male lasciarti andare un pò di più qualche volta; scommetto
che non ricordi neppure il finale di quella poesia, nonostante è
esattamente quello che provi per Olimpia!> Poi schioccò
le dita e fece per andar via nel suo solito fascio di luce; ma ad
un tratto si arrestò e disse: <Ah: non dire niente a Olimpia,
almeno non prima di domani; credo che le farai una sorpresa abbastanza
gradita portandola da colei che avrebbe sempre voluto sentire declamare…
e poi chissà, potresti farti perdonare per la faccenda del
certamen di Catullo!> Detto questo le fece l’occhiolino e
sparì.
Xena rimase di nuovo sola; il tramonto aveva ceduto ormai posto alle
tenebre; stette un attimo a rimuginare su quel che Venere le aveva
detto a proposito dei suoi sentimenti per Olimpia; poi delle parole
le riaffiorarono spontanee alla mente; era il continuo della poesia
che le aveva dedicato: < …poi il fuoco corre sotto la mia
pelle e tremo… e cresce il pallore perché mi sto tingendo
di questo amore, o almeno questo mi sembra…>
Xena si soffermò costatando, che al contrario di come le aveva
detto Venere, ricordava benissimo le parole finali di quella poesia;
come ricordava nitidamente, istante per istante, quel rosso tramonto
in cui consegnò quella pergamena ad Olimpia; ricordò
i loro scherzi, ma soprattutto i loro sguardi carichi del sentimento
struggente che provavano l’una per l’altra. Istintivamente
rinvenendo da quei ricordi ormai lontani, sospirò e disse:
<Forse è meglio andare a riposare; domattina l’arcano
sarà svelato ed avrò modo di vederci finalmente chiaro
in questa strampalata situazione… Però, avrò modo
di rivedere Saffo, e stavolta con Olimpia; chissà che non riesca
a portarla anche ad un suo spettacolo. Non me l’ ha mai fatto
pesare, ma sono sicura che quando andammo a Tebe e sbagliai la data
posticipandomi di un giorno, Olimpia ci restò male quando non
incontrò Saffo…>
La guerriera scese sotto coperta e aprì la porta della stanza
con molta cautela, cercando di farla cigolare il meno possibile per
non svegliare la sua amica che era già addormentata; entrò
e richiuse piano la porta dietro di sè. Appena fu all’interno
della stanza, si avvicinò all’amica, che infatti dormiva
distesa supina su un giaciglio arrangiato alla meglio; Xena si incantò
per un attimo a vederla dormire: aveva il viso pallido ma rilassato;
poi si accorse che la compagna le aveva lasciato un po’ di spazio
per permetterle di coricarsi accanto a lei; c’erano due giacigli,
eppure, le due usavano dormire sempre in uno solo, per potersi scambiare
tenere effusioni prima di dormire. Dunque si tolse l’armatura
e con fare materno rimboccò le coperte all’amica, poi
le pose un casto bacio sulla guancia, così leggero che forse
Olimpia neppure lo percepì, la fissò ancora, e la sua
bocca scivolò su quella della compagna in un bacio delicatissimo,
mente le sue mani cominciarono a scorrere lungo i fianchi di Olimpia,
per poi fermarsi a massaggiarle vigorosamente i seni, che nonostante
lo stato di quescenza del bardo, cominciarono ad erigersi sotto quel
piacevole stimolo. Ma decise di fermarsi lì: preferiva farlo
quando il suo bardo era più collaborativo, anzi, attivamente
collaborativo... Si sdraiò accanto alla giovane e si addormentò.
CAPITOLO 4
Il sole era alto in cielo, quando la nave approdò nel porto
di Militene, nel quale pochissimi uomini lavoravano sulle loro imbarcazioni
ormeggiate; Xena e Olimpia, caricate delle loro bisacce, erano appena
scese dalla nave; non conoscendo assolutamente quel posto, decisero
di affidarsi al loro intuito imboccando a caso, una stradina a destra
del porto, che percorsero finché non si trovarono in un vasto
spazio circolare, pieno di vita, di colori e di profumi; capirono
immediatamente di essere giunte al mercato di Militene, nonché
centro della città; difatti, nelle polis greche, le zone di
rilievo, erano dedicate per lo più al commercio, o al culto
delle divinità.
Xena e Olimpia camminavano per il mercato, assaporando quella miriade
di sensazioni che solo il contatto con l’altra gente, e con
diverse culture può dare; ma una cosa in particolare non passò
loro inosservata:
<Xena, hai notato che in questo paese ci sono solo donne?>
<Si, l’ ho notato.>
Olimpia enormemente incuriosita: <Ma dove saranno gli uomini?>
Xena le rispose delucidandola: <Credo che a parte quelli che abbiamo
visto sulle loro barche, intenti a selezionare il pesce da vendere
al mercato, non ne troveremo molti qua: recentemente in Asia Minore,
si sono verificati nuovi conflitti tra i greci e i persiani, per il
dominio di un pezzo di terra a confine con la Grecia; deduco che essendo
Lesbo così vicina all’Asia Minore, probabilmente gli
uomini saranno stati chiamati a combattere…>
Xena stava per concludere, ma Olimpia l’anticipò: <…Lasciando
quindi le loro donne a gestire gli affari per non perdere l’attività!>
Xena, che nel frattempo aveva preso una mela da un cesto esposto su
una bancarella, ed aveva cominciato a mordicchiarla la guardò
ponendole una mano sulla spalla e confermando: <Esattamente!>
Olimpia alquanto stupita disse: <O hanno una stima incondizionata
nelle loro mogli questi uomini, o sono avari di prima categoria se
mandano le donne a lavorare al loro posto!>
Xena le disse: <Anche se non vi è la presenza maschile,
questa città è comunque perfettamente gestita; ciò
significa che non vi è sempre bisogno degli uomini per governarla;
difatti questo magnifico paese, dalla fama artistica e letteraria
nota in tutta la Grecia viene portato avanti dagli sforzi congiunti
di tutte le donne del luogo; riunite in comunità e talvolta
guidate da “menti eccelse”>
Olimpia rimase affascinata sentendo parlare Xena delle tradizioni
di quel paese che conosceva molto bene anche se non vi aveva mai messo
piede prima d’ora; istintivamente un pensiero balordo ma divertente
le saltò in testa:
<Ma allora Xena non è un’ignorante; sotto a quel suo
modo di comportarsi rude e grezzo, si nasconde una vera e propria
antropologa!> E prese a ridacchiare; Xena, che se ne era accorta,
le chiese: <Cos’hai da ridere tu?>
Olimpia le rispose: <Xena, mi stupisco di quante cose tu sappia,
eppure non hai seguito neppure una volta il sommo Pierus Angelorus!>
Xena immediatamente virò d’umore e disse: <Ma allora!
Perché tutti continuate a parlare di questo Plinius...ehm...Pirus...Pierus
Angelorum o chi diamine è lui? Perchè date per scontato
che io lo debba conoscere?>
Olimpia ancora più divertita da quella buffa reazione, mista
fra l’interrogativo, il curioso ed il meravigliato, non poté
che sorridere nuovamente; intanto, bofonchiando, Xena si avviò
verso una bancarella a prendere notizie su Cleide;
Olimpia la osservava allontanarsi con un enorme sorriso sulle labbra,
dicendo : <Che buffo che è a volte l’amore mio!>
La guerriera tornò giusto in tempo per vedere quel ghigno disegnato
sul volto della compagna; incuriosita le chiese: <Che hai da ridere?>
<Niente! Niente!>
In verità sembrava che, una volta tanto,- non fosse Olimpia
il “cicerone” della situazione, ma la sua amica.
Poi ebbe una folgorazione: <Xena sai che mi pare che Saffo abiti
proprio a Lesbo?>
La donna si sentì in un certo senso scoperta; ma volendo tenere
segreta fino alla fine la misteriosa identità della donna che
dovevano incontrare, che altri non era che Saffo, la liquidò
dicendole: <Ah, non chiederlo a me; sei tu l’estimatrice
della somma poetessa!> <Già! Cosa non darei per sentirla
declamare almeno una volta!> Xena moriva dalla voglia rivelarle
tutto, ma così facendo le avrebbe rovinato la sorpresa; riuscì
perciò a controllarsi dicendole soltanto, senza sbilanciarsi
troppo: <Ehi, mai dire mai nella vita!>
Olimpia si guardava attorno divertita, compiaciuta dallo spettacolo
tipicamente etnico, che le veniva riservato da quella gente; le era
sempre piaciuto girare per i mercati, soprattutto per quelli di paesi
stranieri; non che Lesbo fosse poi tanto diversa da una comunissima
città del Peloponneso, della Tracia, o della Macedonia; ma
tutto era per lei una novità in quel momento, anche il fatto
di vedere le donne alle bancarelle delle stoffe, dei fiori, e persino
alle botteghe dei maniscalchi e dei fabbri, che sostituivano i loro
mariti; e la speranza che nutriva in cuor suo, di poter finalmente
vedere Saffo in carne ed ossa, rendeva quei luoghi, e quella gente
ancora più speciali.
Improvvisamente però, un bagliore dietro ad un tendone, attirò
le due eroine che accorsero per vedere cosa fosse successo; fu così
che trovarono Venere intenta a risistemarsi le sue succinte vesti.
Era tornata come aveva promesso a Xena la sera precedente.
Olimpia fu abbastanza stupita di vedere la sua amica proprio in quel
frangente, così le chiese: <Buongiorno Venere! Ti sei alzata
presto stamattina, Zeus ti ha scaraventata giù dal letto?>
Venere rispose dandole un pizzicotto sulla guancia: <Ma che simpatica
questa ragazza! Noto che chi va con lo zoppo impara a zoppicare…>
Ed accennò uno sguardo a Xena, poi continuò: <…Vero
Xena?>
La guerriera incalzò: <Ehi, non prendertela con me, è
lei che ti ha risposto in quel modo! Io non c’entro niente!!>
Venere diventò più seria: <Ad ogni modo, sono venuta
a portarvi alcune informazioni preziosissime…>
Con una terribile ansia Olimpia le chiese: <Allora che aspetti
a darcele?>
Venere la guardò per un momento negli occhi, riuscendo a scovare
in essi tutta l’impazienza del bardo; poi disse: <Dunque:
Voi state cercando Cleide… Ebbene ho scoperto che abita in una
residenza a picco sul mare sulla strada che conduce verso Leucade…>
Xena la interruppe avvicinandosi, e con lo stesso tono di voce, grave
come quello assunto da Venere poco prima, le disse ironicamente: <Venere,
non avevamo bisogno di scomodare la Dea dell’Amore in persona
per avere queste informazioni “preziosissime”! Pensa un
po’: È bastato chiederle a quella gentile donna con la
bancarella ad angolo!> Olimpia sorrise a quella scena tragicomica,
ma Venere continuò offesa:
<Dimmi un po’ grande guerriera, sai anche che Cleide è
la figlia di Saffo? E sai pure che Saffo abita con lei? Questo non
credo ti sia passato per la mente di chiederlo!>
La Principessa Guerriera lanciò un’occhiata assassina
alla divinità, che aveva svelato il mistero che fino a poco
fa aveva taciuto con Olimpia. Se c’era una persona che aveva
tutto il diritto di dire a Olimpia, che tra poco avrebbe incontrato
finalmente Saffo, quella doveva essere proprio lei;
la mandava in bestia il fatto che lei aveva faticato così tanto
per mantenere il segreto con la sua donna, ed ora Venere, da impicciona
che non era altro, l’aveva anticipata… la cosa più
assurda poi, era che lei stessa aveva consigliato a Xena, la sera
prima, di non dire nulla a Olimpia.
In quel momento si arrabbiò tantissimo, tanto che credeva di
poter scoppiare, ma fu trattenuta da Olimpia che le pose una mano
sull’avambraccio;
Xena si voltò per guardarla; aveva sul viso disegnato uno stupore
sempre crescente;
Il bardo le disse: <Xena, ma allora andiamo proprio da Saffo? E’
lei che ci ha mandato a chiamare?> Xena stava rodendosi dalla rabbia,
ma cercò di controllarsi solo per la sua compagna, così
si limitò a risponderle voltandosi verso la divinità:
<Hai capito bene… C’è sempre questa impicciona
a guastare le sorprese!>
Solo allora Venere capì il guaio che aveva combinato, e quanto
profondamente arrabbiata fosse Xena con lei; dopotutto era la seconda
volta che le rovinava una sorpresa del genere, e sapeva quanto Xena
ci tenesse a far andare tutto liscio stavolta; aveva sbagliato, era
questa la verità, così non sapendo cosa dire assunse
un atteggiamento pentito: <Scusate… sono stata inopportuna...>
Poi sparì nel suo solito lampo di luce dorata.
di
Bard and Warrior
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