CAPITOLO 5
La casa di Saffo, dall’esterno sembrava essere una specie di
tempio, anche se era meno alta di una simile costruzione; era impossibile
non riscontrare in quell’edificio le forme classiche del Partenone
o di altri importanti templi, che venivano messe ancora più
in risalto, da quel dorato tramonto. La residenza era circondata da
un ampio giardino, e il sentiero che portava all’ingresso di
questa abitazione, era costeggiato di piante di betulle e piccoli
fiori profumati. Appena Olimpia vide tutto ciò, vi affogò
gli occhi, perdendosi in quella infinita bellezza; solo adesso stava
poco a poco riuscendo a capire, come mai la somma poetessa, aveva
nelle sue opere quell’ispirazione così “celestiale”.
Xena d’altronde era ancora imbronciata per quel che era accaduto
al mercato; così non fece molto caso a tutto ciò che
la circondava, ma non poté fare a meno di staccare gli occhi
di dosso a Olimpia: <Quanto è felice!> Pensava.
Attraversando il vialetto, nei pressi dell’uscio dell’abitazione,
Olimpia recitò dei versi: <Messaggero di primavera, usignolo
dal canto soave.> Ma subito una voce, fece loro da sottofondo:
<Ehi, prodi guerriere, da questa parte!>
Olimpia ebbe un tuffo al cuore, quando vide sotto l’uscio della
casa, una donna non molto alta, con i capelli castani lunghi e ricci
acconciati in un piccola treccia. Tutta un fremito, si volse verso
Xena chiedendole:
<Xena, è lei?>
La guerriera rispose con un’alzata di spalle come per dire:
<Mi sembra di no.>
La donna le invitava ad avvicinarsi senza aver paura; così
le due eseguirono. Appena furono abbastanza vicine, la piccola donna
disse:
<Buongiorno guerriere, io sono Cleide, vi stavo aspettando; sapevo
che Attis non avrebbe lasciato mia madre nei guai!> Olimpia balbettò
un confuso:
<S..sei Saffo?>
Cleide la guardò perplessa e schiarendosi la voce disse: <No,
sono sua figlia.>
Xena si rese conto che la compagna era in preda ad una forte emozione,
così prese parola presentandosi: <Piacere Cleide, io sono
Xena e lei e Olimpia…>
Fu interrotta da Cleide che con un guizzo di meraviglia spalancò
gli occhi e disse:
<Xena di Anfipoli e Olimpia di Potidea? Le due guerriere più
forti del mondo?>
Olimpia disse ritrovando la sua solita loquacità: <Beh,
non esageriamo adesso… Comunque credo che tu abbia capito perfettamente
chi siamo!>
Cleide con riverenza: <E’ un onore per me ospitarvi nella
mia umile abitazione..>
Xena pensò tra sè e sè: <Mica tanto umile,
questo posto sembra quasi un tempio! Credo che se Minerva lo vedesse,
per la sua particolare ubicazione, e per tutto quel che lo circonda,
abbandonerebbe il Partendone sull’acropoli di Atene, e trasferirebbe
il suo culto qua!>
Olimpia la guardò mentre inarcava il sopracciglio cercando
di intuire quali pensieri, quella mente inaccessibile stava facendo;
ma Cleide le riportò alla realtà dicendo:
<Oh Dei, se Attis mi avesse detto che avrei ospitato voi due, avrei
preparato un’accoglienza più sfarzosa!>
Olimpia le disse un po’ a disagio: <No Cleide… Va bene
così, credimi.>
<Ah già, la vostra fama di grande umiltà vi precede,
e non solo quella! Anche noi abitanti di questa relegata isola, sappiamo
quali siano state le vostre imprese nell’arco di tutti questi
anni… Deve essere eccitante vivere una vita come la vostra!>
Xena adombrandosi le disse: <Noi non agiamo per avere la gloria,
per essere guide intellettuali o militari del popolo greco o di qualsiasi
popolo del mondo; il nostro operato è frutto di tanti sacrifici
che la vita ogni giorno ci impone di fare. Non cadere nell’errore
di essere così superficiale, perché ti assicuro che
la nostra vita non è bella e facile come può sembrare!>
Olimpia le disse con tono di ammonimento: <Va bene Xena, penso
che abbia capito, stai esagerando ora!> poi continuò: <Comunque
stiamo perdendo di vista l’obiettivo fondamentale: aiutare Saffo!>
Xena disse calmandosi un po’: < Olimpia ha ragione; Cleide
scusami, è che non amo parlare della mia vita privata nè
come guerriera, nè come donna!>
Cleide ammiccò maliziosamente sia lei che Olimpia, poi di nuovo
entrambe, e disse: <Capisco…>
Le due guerriere si accorsero che quelllo sguardo rispecchiava l’ambigua
valenza dei suoi pensieri; si guardarono ed arrossirono dalla vergogna:
ma Xena cercò di recuperare il suo autocontrollo dicendo: <Cleide,
spiegaci quel che è successo; Attis ci ha chiesto aiuto, ma
è stata piuttosto vaga sull’accaduto!>
La donna disse: <Xena, non so dirtelo con precisione, ho solo intuito
qualcosa; ma credo che sia giunto il momento per voi, di fare una
chiacchierata con mia madre. Entrate vi prego, vi condurrò
nei suoi appartamenti.>
Le guerriere non se lo fecero ripetere due volte, e seguirono Cleide
entrando in casa.
Un lungo corridoio illuminato da qualche fiaccola qua e là,
poi un’ampia sala con un camino e delle sedie con un tavolo;
Cleide fece accomodare le sue ospiti là; poi sparì in
fondo alla sala imboccando un breve corridoio. Le due si guardarono
attorno stupite, notando tanti splendidi quadri e statue di tutte
le divinità; inoltre la stanza era ben pulita, ordinata, ed
un odore di incenso vi si espandeva, fino ad inebriare anche le loro
narici. Dalla finestra di quella camera la luce del tramonto penetrava,
eseguendo un suggestivo gioco luci ed ombre; tutto ciò che
c’era in quella casa, dava loro un senso di pace e serenità,
tanto che non riuscivano a spiegarsi, come mai Saffo fosse piombata
in crisi; così nella magia di quel momento, senza nemmeno accorgersene,
le due guerriere si lasciarono trasportare in un tenerissimo bacio
davanti a quella finestra che illuminava d’ambrato i loro visi
stanchi al crepuscolo.
Quella tenerissima scena fu interrotta da Saffo che schiarendosi la
voce cominciò a parlare:
<Ehm… buonasera care amiche! A che devo l’onore di
avervi ospiti a casa mia?>
Le due guerriere si voltarono di scatto sobbalzando, fu allora che
videro Saffo poggiata vicino allo stipite della porta di quella stanza
che le guardava con le braccia conserte; poi si avvicinò, come
per cercare di guardare meglio le due guerriere.
Xena le si avvicinò porgendole una mano in segno di saluto
e disse: <Saffo! E’ da un po’ che non ci si vede eh?>
La poetessa accolse la mano di Xena nella sua e disse:< Si, non
ci vediamo da quando mi chiedesti di scrivere quella poesia per la
tua compagna! Oh, devo dire che ti trovo in ottima forma… un
po’ sciupata forse, ma bene!> Xena la ringraziò, poi
si apprestò a fare le presentazioni con Olimpia; il bardo sentiva
le ginocchia che le tremavano, ed il cuore battere all’impazzata
nel petto, come se volesse sfondare la gabbia toracica per uscire
via… aveva di fronte la somma poetessa e… ed erano tutte
sensazioni incredibilmente stroncanti e belle; le mancavano le parole,
non sapeva cosa dire per non rischiare di risultare banale, finché
Xena non fece avvicinare Saffo dicendole:
<Saffo, questa è Olimpia!>
La donna si avvicino alla bionda porgendogli la mano, ed istantaneamente
la fissò negli occhi, rimanendo profondamente affascinata da
quegli stupendi occhi smeraldo che adesso sembravano persi ed inespressivi;
Xena vedendo l’espressione intontita dell’amica, le mise
una mano sulla spalla e la scosse leggermente;
Olimpia ritornò in se e vide che Saffo stava porgendole la
mano; fulmineamente l’afferrò e disse: <Onorata di
fare la tua conoscenza o somma poetessa!> e fece un inchino, ma
Saffo la trattenne dicendole:
<No Olimpia, alzati, non c’è bisogno di fare l’inchino;
non sono una divinità!>
E le tre si misero a ridere.
Si sedettero al tavolo bevendo del latte addolcito col miele; a Xena
quella bevanda così dolce e vellutata, ricordava molto il modo
di essere della sua Olimpia, per cui ne beveva avidamente come se
avesse voluto invece divorare il corpo della compagna.
Saffo guardando Olimpia le disse: <Sicché conosco finalmente
la compagna di Xena!> il bardo annuì; poi si voltò
verso la Principessa Guerriera:
<Devo ammetterlo Xena, è davvero una donna fantastica; ora
capisco perché hai voluto che ti scrivessi quella poesia! Ma
guardala, è perfetta: ciocche bionde del colore del grano al
sole, occhi verdi intensi come la vegetazione di un bosco lussureggiante,
labbra carnose...>
Xena con una punta di imbarazzo, ma soprattutto con gelosia, le disse:
<Eh già! Sono contenta che ti ehm.. sia simpatica!>
Saffo incalzò: <Oh, mi è molto più che simpatica:
mi piace proprio! E una donna favolosa!>
Olimpia che fino ad allora aveva ascoltato la conversazione, fece
dei colpi di tosse nervosi ed imbarazzati, perché il latte
che aveva bevuto, udendo quelle parole le era andato di traverso.
Xena invece, le fece una guardataccia, poi Saffo scoppiò a
ridere e le disse: <Tranquilla, non te la rubo mica sai!?!>
Xena si tranquillizzò e le disse: <Sono contenta, sai che
anche lei è una poetessa?> Olimpia subito la rimproverò:
<Xena… ma perché non ti impicci degli affari tuoi?>
Saffo la guardò sorpresa e le disse: <Ma davvero?>
Olimpia le disse: <Non darle retta Saffo, Xena esagera sempre quando
si tratta di esaltare le mie qualità di scrittrice!>
Saffo si alzò facendo un giro per la stanza, la squadrò
tutta dicendole:<E’ incredibile come una donna dall’apparenza
guerriera come te, coltivi la passione per la poesia… Ma io
purtroppo credo che o si sappia usare bene la spada nella vita, o
la penna… Scusa, senza sminuire te, si intende!>
Xena notando una punta di delusione nella sua donna, disse: <Ed
invece ti dico che Olimpia le sa usare entrambe, ed anche molto bene!>
Saffo avvicinandole la bocca vicino all’orecchio le si rivolse
con aria maliziosa: <E sa fare anche qualcos’altro molto
bene?> Olimpia diventò tutta rossa in volto, ma anche Xena
era in evidente imbarazzo, così dopo qualche istante di silenzio
Saffo continuò scherzosa: <Ehi, non siate così pudiche;
stavo solo scherzando. Non abbiate vergogna!>
Poi si incupì e rimase taciturna guardando il soggiungere delle
tenebre dalla finestra.
Xena si rilassò, ma notò il suo strano comportamento
e le disse diventando di colpo seria: <Saffo, cosa c’è
che non va?>
Saffo le rispose nervosamente cercando di mascherare il suo forte
dolore interno:
<Nulla! Ti sembro per caso una persona a cui le cose non vadano
bene?>
Xena disse: <No, mi sembri solo una persona in preda a delle crisi
depressive!>
Saffo si spostò dalla finestra dicendo a Xena: <Xena io
sto benissimo!> La guerriera cominciò a parlarle spazientita:
<Saffo se tu fossi stata benissimo come dici, Cleide non avrebbe
mandato un messaggero in Grecia in cerca di aiuto; se fossi stata
bene, Attis non ci avrebbe cercato in lungo ed in largo per farci
venire da te; e sempre se fossi stata bene, avresti continuato a rivolgere
le tue suppliche a Venere! Credo che tu non stia poi così bene
come vuoi farci credere!>
Saffo diventò triste, si girò di nuovo verso la finestra
e si mise a guardare la luna alta nel cielo;
Olimpia si alzò andandole vicino e ponendole una mano sulla
spalla commentò: <Saffo, quello che sta cercando di dirti
Xena, è che ci sono tante persone che sono preoccupate per
te, se non ci dici quello che ti succede come possiamo aiutarti?>
La donna si girò per incontrare il suo sguardo che le trasmise
un senso di serenità, ma disse: <Scusatemi, ma adesso non
mi va di parlarne… Si è fatto tardi.>
Poi deviando il discorso disse: <Rimanete a dormire qua stanotte
vero? Cleide ha già preparato la stanza per voi…>
Olimpia disse: <Si, penso che ci convenga fermarci qua stanotte;
potremo riprendere la nostra discussione domani, intanto possiamo
andare a riposare; così domattina saremo come nuove.> Xena
annuì consenziente; in quel momento entrò Cleide che
in seguito condusse le due nella loro stanza.
Appena entrate, le due richiusero la porta dietro di loro. La prima
cosa che Xena notò entrando in quella stanza, fu il giaciglio
abbastanza grande da ospitare comodamente entrambe per quella notte;
da ciò ebbe la conferma che Saffo e la figlia avevano inteso
correttamente, nonostante le inutili deviazioni discorsive, quale
fosse il rapporto che aveva con Olimpia; ma d’altronde come
darle torto? Anche altre persone prima di loro l’avevano intuito,
ma a volte anche giudicato quel loro rapporto, e questo la faceva
stare male.
<Abbiamo praticamente passato una vita insieme io e Olimpia; abbiamo
avuto mille avventure; lei sa tutto di me, ed io so tutto di lei…
e ci ritroveremo legate anche in vite future. Eppure sento che non
le ho mai detto abbastanza quanto sia importante per me, anche nel
senso in cui intende Saffo, ma soprattutto perchè sono pazza
di lei!>
Olimpia, che si era seduta sul giaciglio le chiese: <Xena, ti sei
preoccupata fino e adesso per Saffo; ma tu invece come stai?>
Rinvenendo dai suoi pensieri, la guerriera rispose: <Bene, perché?>
Olimpia: <Voglio dire: Sei ancora arrabbiata per la faccenda del
mercato?> Xena le andò vicino sedendosi e guardando fuori
dalla finestra: <Con Venere? No…>
Olimpia aggiunse: <No ma…>
<Che vuoi dire?> Olimpia tirò un sospiro e disse: <Tu
e Saffo avete la testardaggine in comune; questo difetto che non vi
permette di sfogarvi con chi vi tende la mano per aiutarvi…con
chi vi ama...>
Xena senza degnarla di uno sguardo le disse: < Non è vero!>
Olimpia le incalzò: <Si che lo è! Altrimenti non
avresti paura di dirmi che non sei arrabbiata con Venere, ma solo
con te stessa, per un tuo problema di coscienza; perché pensi
che per quanti sforzi tu faccia, non riesci mai a rendermi la felicità
che vorresti che avessi! Sai che puoi nascondere a tutti i tuoi stati
d’animo, ma non a me che ti conosco da quando ero solo una fanciulla…>
Xena si sentì messa a nudo; effettivamente il discorso di Olimpia
era molto sensato; non poteva più nasconderle che aveva centrato
il punto della situazione, così commentò:
< E allora?>
Olimpia si pose in ginocchio sul giaciglio, dietro di lei slacciandole
l’armatura e cominciò a farle un vigoroso massaggio sulle
spalle, i cui muscoli erano tesi dall’inquietudine poi le disse
dolcemente: <Rilassati Principessa Guerriera; sembra che tu stia
portando il peso di tutto il mondo sulle tue spalle… Io credo
solo che tu debba smetterla di tormentarti per tutto, anche per le
cose che non commetti! Xena sei un’umana ed in quanto tale hai
i tuoi limiti e le tue sofferenze; non puoi farti carico anche di
quelle di tutto il resto del mondo; e soprattutto non puoi creartene
altre con il tuo modo ostinato di vedere la vita. Anche a causa di
questo sei morta in Giappone!>
Xena che stava davvero cominciando a rilassarsi sotto il tocco talora
deciso e vigoroso, talora dolce e vellutato, del massaggio di Olimpia,
le disse: <Ma…> ma Olimpia la fermò ponendole un
dito sulle labbra ed aggiunse sussurrandole nell’orecchio: <Niente
ma! Ricordi che ti ho detto stamattina? Ebbene, ti ho detto: “Io
ti apprezzo lo stesso, non hai bisogno di dimostrarmi assolutamente
nulla, perché so quanto grande è l’amore che provi
per me!”>
Xena la guardò finalmente negli occhi e disse: <Si, ricordo
ma non capisco…>
Olimpia si sedette accanto a lei ponendole il capo sulla spalla e
disse: <E’ questo il punto: Tu non capisci che cerchi in
maniera sbagliata di rendermi felice; so che vuoi darmi solo il meglio,
per farmi vivere questa vita già piena di privazioni in un
modo migliore. Tu desideri la mia felicità, ma non ti accorgi
che l’unica vera felicità, per me è averti accanto;
ed è una felicità che non potrà mai essere ripagata
con un tramonto sul mare; o con un regalo sontuoso; tantomeno con
i versi di Saffo! Perché l’unica cosa che mi rende davvero
felice è poterti vedere e parlare quando lo desidero, e sapere
che tu sarai là, sempre con me, sempre per me! Ti amo Xena,
Dei se ti amo! Sei tutta la mia vita!>
Quelle parole quanto mai dolci, furono per Xena un grande incoraggiamento;
fu felice che il suo bardo gliele stesse dicendo e così le
pose una mano sui capelli, accarezzandoglieli. Poi le alzò
il mento e la guardò negli occhi e le pose un bacio straripante
di tutto il suo amore sulle labbra, un bacio teneramente passionale,
una bacio il cui respiro fu mozzato da un tanto sospirato: <Ti
amo Olimpia, ti amo infinitamente!>
Olimpia le sorrise, e si accoccolò sulle sue ginocchia perdendo,
ad ogni tocco della mano di Xena sui suoi capelli, sempre più
il contatto con la realtà, finché, nel relax più
completo, si addormentò.
Poco dopo, Olimpia era addormentata; la guerriera però non
riusciva a prender sonno; proprio per questo, decise di andare fuori
a prendere una boccata d’aria.
Stava dunque attraversando il corridoio, quando, passando dal salone,
dove poco prima aveva conversato con Saffo e Olimpia, vide un tenue
bagliore provenire da quella stanza; decise di entrare per darvi un’occhiata.
Xena entrò e si accorse allora, di una figura che vi gironzolava;
la guerriera fece per accendere un ulteriore candela sul tavolo di
legno ruvido, ed improvvisamente la fiammella smorzò il buio
di quella stanza con una luce soffusa. Sentì poi una voce rompere
il silenzio: <Xena, che ci fai ancora alzata?>
La guerriera rispose senza scomporsi più di tanto: <Piuttosto
sono io che dovrei farti questa domanda, vero Saffo?>
La poetessa le si avvicinò stando dall’altra parte del
tavolo, la guardò e le chiese: <Mi fai compagnia?> Xena
ci pensò un attimo su, poi le disse: <Veramente stavo andando
a fare quattro passi in giardino perché non riuscivo a dormire;
ma visto che me lo chiedi…volentieri!>
Le due si sedettero così, nei pressi della finestra e spensero
le candele. Le stelle erano accese nel cielo terso, e l’aria
si era rinfrescata; c’era una quiete che rasserenava l’anima,
ed il silenzio di quella stanza era solo, di tanto in tanto, rotto
dallo stridulo verso di qualche civetta passeggera, o da qualche insonne
cicala. Le due donne stavano in silenzio godendosi quel momento di
tranquillità, finché Saffo non chiese a Xena: <Allora,
che mi dici di Olimpia?>
<Beh, cosa vuoi che ti dica… lei è la mia inseparabile
compagna di avventure, e...beh, insomma, l’avrai capito da te...>
<Questo lo so; ma dove e come l’ hai conosciuta?>
La guerriera tirò un sospiro e disse: <Dunque: è
stato molto tempo fa, lei era poco più che una fanciulla. Non
sono sempre stata la buona vecchia Xena che conoscete; in passato
infatti, quando la conobbi, stavo attraversando un profondo periodo
di crisi… Sai, io ero cambiata, avevo scelto davvero di stare
dalla parte del bene, ma dopo tutti i crimini che avevo compiuto,
nessuno credeva più in me; poi all’improvviso è
apparsa lei, una popolana di Potidea, fatta prigioniera con i suoi
amici, dagli uomini di Draco. Io la liberai, ma venni ferita, quindi
lei mi portò in casa sua per medicarmi; il padre mi cacciò.
Prima di andare via, mi chiese di prenderla con me, poiché
credeva che Potidea non fosse il posto giusto per lei. In principio
rifiutai, ma la sua caparbietà, la spinse a scappare di casa
per raggiungermi… E ringrazio tuttora gli Dei, che hanno voluto
così, perché mi salvò da una lapidazione, voluta
dagli abitanti di Anphipoli, compresa mia madre Irene, che intendevano
giustiziarmi per i miei torti. Ma lei, li convinse a lasciar perdere…>
Saffo chiese incuriosita: <E come ci riuscì, sapeva già
combattere?>
La donna sorridendole le disse: <No, ma sapeva già usare
bene la sua arma migliore!>
<E qual’era, il sai?>
Un altro sorriso, poi rispose: <No! La lingua!!>
<Vuoi dire che la tua donna li convinse solo parlando?>
<Beh, avresti dovuto vederla… fu molto convincente! Comunque
da allora è sempre rimasta con me.>
Saffo ascoltava divertita il discorso, per poi dire facendosi seria:
<Quanto importante per te?>
Xena ci pensò, quindi sospirando disse: <Vorrei poter essere
poetica in questa risposta ma, temo che dovrai accontentarti della
verità nuda e cruda: Olimpia è la cosa più importante
per me… Credo che tutta la mia vita non sarebbe valsa la pena
di viverla, se non fosse stata lei al mio fianco! Ma non è
solo questo; è tanto difficile da spiegare...> Saffo con
un espressione mista tra il malizioso e il curioso incalzò:
<Provaci…>
Xena rassegnandosi disse: <Siamo alle solite, sempre a fraintendere
stai?! Comunque…io credo di avere un debito enorme nei confronti
di Olimpia: Ti ho già spiegato che ho avuto un passato parecchio
turbolento. Vedi, credo che non ne sarei mai potuta uscire se non
fosse stato per lei… Quando più nessuno, nemmeno mia
madre, era disposta a starmi vicino, a guidarmi sul giusto cammino,
a fidarsi di me, mi sono ritrovata smarrita, sul punto di cadere in
un baratro; ma mentre stavo lasciandomi andare, ho sentito le sue
mani forti ed amorevoli afferrarmi, la sua presenza costante; ho avuto
a che fare con il suo carattere, ed in qualche modo la sua dolcezza,
la sua determinazione, il suo altruismo, la sua generosità,
sono a poco a poco diventati una torcia perennemente accesa, che illumina
e rischiara il mio cammino, ogniqualvolta percorro sentieri oscuri.
Mi è sempre stata accanto, ed è diventata tutto per
me; non potrei mai pensare di perderla, se questo dovesse accadere,
io la seguirei, perché non posso stare lontana da lei…>
Così dicendo, Saffo la guardò negli occhi accorgendosi
che erano lucidi, presi dalla commozione;
Saffo le rispose: <Non immagini quanto sia tremendo perdere una
persona che ami!> Xena poi continuò: <Ho dovuto conoscere
e amare Olimpia per ritrovare me stessa.>
Saffo assunse un espressione solenne, e fissando la luna si limitò
a dire: <Xena, l’ ho sempre saputo che il vostro amore non
è un legame fisico, ma un vincolo fortemente spirituale; è
così giusto?>
La guerriera poggiò le mani incrociate dietro il capo e si
stiracchiò sulla sedia annuendo, poi disse: <Ma tu? Dimmi,
chi è questa Attis?>
La poetessa guardandola soggiunse: <Ora tocca a me sentirmi in
imbarazzo…> E fece un sorriso provocatorio, poi aggiunse:
<Lei è stata una delle mie amanti; Beh, all’inizio
non era una storia seria: Noi organizzavamo i nostri incontri amorosi
nel tiaso giù a Militene… poi alla fine, lei è
diventata la mia Olimpia.>
Detto questo si rattristò, ma Xena si accorse di questo repentino
cambiamento d’umore, così le chiese: <E in seguito?..>
Saffo non rispose, facendole palesemente capire che quello era un
argomento sul quale non voleva spingersi oltre per quella sera.
Così, deviando il discorso, chiese a Xena: <Sai Xena, credo
di essere rimasta molto affascinata da Olimpia, accetteresti che io
le facessi la corte?> Xena da che stava spaparanzata sulla sedia,
fece un balzo all’indietro per evitare di finire col volto sul
davanzale della finestra, tanto che le era giunta inaspettata quella
domanda; poi arrossendo evidentemente borbottò: <M…ma
che domande mi fai?>
Saffo invitandola ad una veloce risposta le disse: <Veramente Xena,
rispondi: Sei gelosa se io ipoteticamente la corteggiassi?>
Xena arrossì ancora abbassando lo sguardo e disse: <Si,
la verità è che sono gelosa marcia della mia donna,
non accetterei da nessuno la pretesa di farle la corte, neppure da
te; mi dispiace, ma dovrai tenerti la tua attenzione per te: non provarci
con la mia donna!> Poi alzandosi e sviando il discorso disse: <Comunque
si è fatto tardi, vado a dormire e faresti bene a farlo anche
tu!>
Mentre la guerriera stava uscendo dalla stanza, Saffo richiamò
la sua attenzione dicendo: <Dovresti dirgli più spesso quanto
la ami, potresti rischiare di perderla per il tuo orgoglio; dovrai
dirglielo, ma spero per te che quel giorno non sarà troppo
tardi! Non capisco perchè ti ostini a rivestirti di una corazza
di impenetrabile forza, mentre il suo amore è l’unica
cosa che vi dà forza: Perchè?> la guerriera continuò
a camminare per tutto il tempo della frase di Saffo, poi si arrestò
e le disse:
<Saffo, non sono l’unica ad avere dei segreti, che in quanto
tali, non voglio siano svelati; perciò non accetto la predica
da te! Tu piuttosto, cerca di non concentrarti troppo su questi tuoi
“amori impossibili” e sai benissimo che non mi riferisco
assolutamente a Olimpia, che hai gettato nel discorso solo perchè
volevi provocarmi!> E andò via. La poetessa rimase per un
po’ a fissare un punto indefinito della stanza;
<Come avrà fatto ad intuire quali sono i miei problemi?>
pensò.
CAPITOLO 6
Una nuova mattinata era sorta per le nostre eroine, che quel giorno
erano impegnate a cimentarsi in una “giornata tipo” di
una donna di Lesbo. Fu così che insieme a Saffo, lasciarono
la residenza apprestandosi a raggiungere il cuore di Militene.
Anche quel giorno, come un po’ di tempo a quella parte, quando
non era in giro a declamare le sue poesie, Saffo si dedicava alle
giovani donne del “tiaso”…
<Vedete..> spiegava Saffo <…Il tiaso è una comunità
femminile in cui una veterana istruisce le più giovani, iniziandole
al canto, alla poesia ed alla musica. Generalmente in ogni tiaso,
è anche istituito il culto delle divinità, ed il nostro
si regge sulla protezione di Venere!>
Le due guerriere si scambiarono rapidi cenni di intesa fra di loro,
poi la bionda disse ironicamente: <Oh, naturalmente!>
Istintivamente Xena si voltò dietro, sentendo un’altra
presenza alle loro spalle, ed effettivamente costatò che la
Dea dell’Amore era apparsa poco prima. Anche Olimpia, facendole
cenno di sparire si voltò, ma Venere le rassicurò dicendo
loro che Saffo non poteva vederla. La divinità, si piazzò
quindi fra le due guerriere, continuando insieme con loro il tragitto
per un pò. Appena arrivate all’edificio, dall’imponente
sembianza di un tempio, sull’acropoli di Militene, Saffo e Olimpia
vi entrarono subito, poiché la somma poetessa, aveva invitato
la bionda guerriera a toccare con mano l’esperienza del tiaso;
Olimpia, che era affascinata da quella nuova esperienza, decise di
seguirla. Xena invece, rimase ancora un po’ fuori a parlare
con Venere.
Venere la guardò chiedendole: <Scusami, so che sei ancora
arrabbiata con me perchè ho rovinato la sorpresa per Olimpia...>
Ma Xena le disse: <No, non scusarti, sono io che ho esagerato.
Vedi, volevo che stavolta la sorpresa riuscisse perfettamente, ma
ho perso la testa quando tu gliel'hai rivelata. Mi sono arrabbiata
perchè è successo per la seconda volta consecutiva;
Ma mi ha fatto infuriare ancora di più il fatto che io non
riesca mai a renderla felice come vorrei!>
Venere allora cercò di consolarla dicendole: <Oh, ma lei
lo sa perfettamente che tu vuoi solo il meglio per lei!>
Xena incalzò: <Si, ma a me non basta che lei lo sappia!
Io voglio proteggerla, voglio che lei possa essere libera e felice
di fare ciò che vuole.>
Venere continuò: <Xena ma lo stai già facendo: Ogni
volta che combatti per rendere il mondo un pochino migliore, tu combatti
non solo per tutte le persone indifese, ma anche perchè Olimpia
possa vivere la sua vita senza ulteriori tribolazioni!>
<E' vero, ma esigo di più!> disse decisa Xena. <Non
ti sembra di volere un pò troppo da te stessa? Scusa se te
lo faccio notare, so che sono la persona meno adatta a giudicare,
ma questa tua ostinazione, talvolta ossessiva, ti rende irrazionale,
e finisci col commettere errori enormi... Ad esempio, in Giappone,
tu eri convinta che per poter salvare le anime dei quarantamila periti
ad Higuchi, rimanere morta era l'unica soluzione possibile; hai compiuto
la tua redenzione, è vero... Ma non hai calcolato quanto questa
tua decisione avesse potuto incidere su coloro che avevi lasciato
qua... E sai quanto terribile sia stato per Olimpia, vederti andar
via all'imbrunire, quando poteva restituirti la vita... Dimmi ora:
A cosa è servita questa tua ostinazione?>
Xena l'ascoltava senza fiatare, trovando le sue convinzioni abbastanza
veritiere; per quanto si sforzasse dunque, non riuscì a trovare
una risposta a quella domanda; così la Dea continuò:
<Voglio dire: Smettila, almeno con lei, di fare la testarda, perchè
è questo tuo modo di porti che la rende infelice! E' il fatto
che tu decida tutto e sempre, senza interpellare nessuno, che la fa
star male! Non ti accorgi che molto spesso compi dei gesti nobili
che poi richiedono sacrifici talmente grandi come la tua o la sua
vita? Perchè comportarti così quando invece potreste
prendere le decisioni importanti insieme, come una qualsiasi normale
coppia che ha deciso di costruire qualcosa di bello e impegnativo?>
Xena riflettendo su quello che stava ascoltando disse: <Tu credi?...>
Venere aggiunse: <Certo che lo credo! E se lo dico io, fidati...
in fondo sono pur sempre una Dea! Anzi sono la Dea dell’Amore!>
Le due risero di gusto, poi Venere tornò seria dicendole: <Ora
va, ti aspetta. Ma ricordati che lei non cerca la sua felicità
lontano come pensi tu! Perchè la sua vera felicità,
è averti accanto quando si sveglia, poter stare con te tutti
i giorni della sua vita, ed augurarti la buonanotte quando va a dormire!
Non occorre compiere gesti grandi in amore; esso si nutre di tutte
le più piccole e banali occasioni!>
Xena le sorrise dicendole: < Grazie di tutto! Comunque adesso renditi
utile e cerca di scoprire qualcosa di più sulle pene di Saffo.
Sei pur sempre una Dea, no!?! Allora non sfruttare i tuoi poteri solo
per giocare a nascondino con noi!>
<Però l'idea di questo nuovo gioco, non è malaccio;
ci manca solo una persona che aspetti che gli altri si nascondano
e poi si metta a cercarli; perfetto!!>
Xena le fece un'occhiataccia; al che, Venere sparì nel suo
dorato fascio di luce dicendole: <Scherzavo naturalmente! Anche
se chissà... Magari potrei proporlo ad Marte!>
Dunque Xena entrò nel grande edificio.
Poco dopo, raggiunse Olimpia e Saffo; la poetessa stava impartendo
uno dei suoi insegnamenti di canto, mentre la bionda guerriera, in
disparte in un angolino della stanza, la guardava attenta. Xena le
mise la mano sulla spalla e lei si voltò riconoscendo il volto
sorridente dell'amica. Stettero per un po' ad osservare, poi Olimpia
si rivolse a Xena: <Guarda è perfetta, è solare...
raggiante! Non sembra neppure la persona piena di problemi che abbiamo
conosciuto ieri sera.>
<Già, ma nonostante le apparenze, credo che Saffo stia reagendo
piuttosto male alla sua crisi... anche se davanti agli altri, non
lo da a vedere. Pensa che stamattina Cleide prima di uscire, mi ha
raccontato che è stata la sua preoccupazione a spingerla a
mandare quel messaggio ad Attis, perchè non molte sere fa,
ha udito il pianto disperato della madre, ed alcune sue invocazioni
a Venere; poi ha parlato di un giovane Paone... Vaone... non ricordo
il nome preciso adesso. Infine ha chiaramente detto che il Fato stavolta
non si accanirà contro di lei...>
Olimpia si adombrò, rimuginando su quelle ultime parole: <Credi
che Saffo abbia intenzione di uccidersi?> chiese preoccupata. <Penso
che sia probabile; comunque ho incaricato Venere di scoprirne di più>
le rispose Xena, giocherellando nervosamente col chackram che teneva
appeso come sempre vicino alla cintola.
<A proposito, com'è andata con Venere?> soggiunse Olimpia
<Beh, ci siamo chiarite e...>
<E...> continuò Olimpia curiosa.
Xena non trovò il coraggio per raccontarle di quello che si
erano dette, tacque così per l'ennesima volta e si giustificò
dicendo: <E mi ha promesso che ci avrebbe aiutato...>
Fra le due cadde il silenzio, un silenzio che fu spezzato solo poco
dopo, dalle voci congiunte di entrambe: <Xena>
<Olimpia>, quindi si interruppero, per poi parlare ancora insieme:
<No, parla prima tu!> Vedendo che nessuna delle due riusciva
a spiccicare una sola parola, si sorrisero imbarazzate, e fu in quel
momento che Saffo le chiamò per presentarle alle sue giovani
fanciulle: <Fanciulle, vi presento due donne straordinarie: Xena
di Anphipoli e Olimpia di Potidea. Credo che abbiate sentito già
qualche leggenda sul loro conto...>
Le fanciulle sobbalzarono di gioia e subito si attorniarono alle due
eroine, che letteralmente sommerse, si sentirono a disagio; qualcuna
di loro chiedeva di raccontare i loro ultimi viaggi, qualcuna come
avessero fatto a conoscere Saffo; solo un paio di loro, le invitarono
addirittura ad accompagnarle quella sera all'anfiteatro del paese,
per sentire declamare Saffo. Quando le due appresero che quella sera
la somma poetessa avrebbe declamato, la donna più famosa di
Lesbo le guardò dicendo: <Che avete da guardarmi, ve lo
avrei detto dopo! Comunque spero che vi uniate a noi!>
Xena con un tono abbastanza seccato per l’inaspettata sorpresa
rispose: <Naturalmente...>
Quindi Saffo continuò rivolgendosi alle pretendenti delle guerriere:
<Anattoria, Ero: credo che il vostro sia tutto tempo sprecato,
se pensate di conquistare qualcuna delle due. Vedete ormai loro sono
talmente legate l’una all’altra da un amore profondissimo,
e non credo che amino relazioni di tipo orgiastico o collettivo! L’amore
è bello se si è in due!!> Poi si abbassò sussurrando
maliziosamente qualcosa nell’orecchio delle due fanciulle, di
cui Xena e Olimpia non riuscirono ad afferrare il significato. Dopo
di ciò, le giovani si ritirarono di “buon ordine”
e Saffo sorrise alle due come per dire:
<Tranquille, ho sistemato tutto.>
Quello stesso pomeriggio, Xena e Olimpia erano sedute sul prato, all’ombra
di un oleandro, e respiravano la fresca aria campestre della residenza
di Saffo. Ad un certo punto la bionda chiese: <Xena, cosa volevi
dirmi oggi, prima che Saffo ci interrompesse?> La guerriera fece
per ricordare, poi disse: <Ah, niente di importante>
<Sicura? Mi sembravi piuttosto imbarazzata...> incalzò
Olimpia.
<Nulla, davvero...Tu piuttosto cosa dovevi dirmi?> Olimpia si
interruppe un attimo per respirare quell’aria carica di profumi
di fiori primaverili, poi continuò:
<Niente di importante, mi chiedevo solo dove fossi andata ieri
notte; mi sono accorta che non eri accanto a me; per la verità
l’aria primaverile pungente mi causava qualche brivido ed avrei
voluto farmi scaldare da te...>
<Beh, non riuscivo a dormire e sono andata a fare due passi; poi
ho incontrato Saffo e ci siamo intrattenute a parlare.>
<Ah, capisco...> poi Olimpia aggiunse: <Di che avete parlato?>
Xena la fissò di nuovo imbarazzata, poi disse distogliendo
lo sguardo da lei: <Oh beh, nulla di particolare... Niente di serio...>
Ma il loro discorso fu interrotto dall’arrivo di Venere;
Olimpia esclamò: <Accidenti ogni volta che parliamo un po’
per conto nostro veniamo interrotte!>
Xena invece pensò: <E’ stato davvero provvidenziale
l’arrivo di Venere stavolta; ero a corto di argomenti...>
Venere sembrava piuttosto allarmata, e con voce grave disse: <Ragazze,
forse ci sono... So qual’è il problema che affligge Saffo!>
Le due risposero all’unisono: <E qual’è?>
Prima di continuare, Venere si sedette accanto a loro sull’erba
e tristemente disse: <Credo che sia il momento di rivelarvi un
fatto che mi accadde moltissimo tempo fa... Per una faccenda delicata,
dovetti un giorno, recarmi a Lesbo; non potei andarci teletrasportandomi,
ma dovetti spostarmi come una comune mortale. Partii dunque dalla
Grecia e navigai per mare, fino a che non raggiunsi quest’isola.
Il vecchio traghettatore che conduceva quella “tinozza galleggiante”,
mi traspostò fino a destinazione, senza farmi pagare nulla;
io fui rimasta talmente colpita da quella sua gentilezza, che volli
premiarlo... Gli regalai un balsamo che ebbe il potere di trasformarlo
in un giovane bellissimo, tanto che tutte le donne di Lesbo se ne
innamorarono. Quel giovane era Faone...>
Xena sobbalzò stupita chiedendo: <Quel Faone?> la Dea
annui, mentre Olimpia le guardava smarrita: <Scusate, volete spiegarmi
cosa sta accadendo? Forse mi sono persa qualche passaggio!?! Chi è
questo Faone?> disse.
Venere e Xena fugarono insieme la sua curiosità: <E’
la causa delle pene d’amore di Saffo!>
<Volete dire che Saffo sta soffrendo per amore? E’ questo
il suo problema?>
Venere rispose: <Credo proprio di si...>
Il bardo continuò: <Ma come?... E’ una bella donna,
è intelligente, famosa... Credevo che si trovasse bene, e che
fosse legata sentimentalmente anche alle fanciulle del tiaso...>
Venere rispose: <Ascolta: Saffo ha una personalità focosa,
passionale... Tuttavia ha anche un incredibile sensibilità...
Lei ha amato il suo sposo dal quale ha avuto Cleide; ma la sua concezione
dell’amore, la spinge aldilà delle differenze fisiche
tra uomo e donna, perciò ha amato anche tante fanciulle del
tiaso, tra queste prima tra tutte Attis. Ma ora purtroppo, si è
follemente invaghita di Faone...>
Olimpia chiese: <Come può una persona nella cui vita entrano
più persone che in un porto di mare, amare così tanto?
Voglio dire...>
La dea la interruppe continuando: <So quello che vuoi dire: <Ti
stai chiedendo se quello che prova per tutte queste persone sia vero
amore o solo attrazione fisica... Ma ti posso assicurare che, ahimé,
è proprio amore!> Io so riconoscerlo, no!?!> ed aggiunse:
<Vedete ragazze, la realtà è che l’amore ha
sempre fatto soffrire Saffo. Olimpia, tu conosci qualche suo verso,
vero? Ti sei mai chiesta da dove venga la sua ispirazione? Ebbene,
se noti attentamente, ti accorgi che in essi traspare tutto il suo
dolore nel momento in cui perdeva qualcuno a lei caro... Questo fatto
si è andato rafforzando specialmente quando nel tiaso, lei
si affezzionava alle fanciulle, poi loro dovevano abbandonarla, o
perchè andavano in un’altra città, o perchè,
come Attis si sposavano... Saffo sembra una persona che dalla vita
ha avuto tutto, ma non è così!>
Olimpia rimase in silenzio, pensierosa, mentre Xena, che aveva ascoltato
tutto chiese: <Ma se Faone è così a causa di un tuo
incantesimo, potresti fargliene un altro.>
Venere rispose addolorata: <E’ questo il punto: Quell’incantesimo
era irreversibile; temo di non poter fare assolutamente nulla per
aiutare Saffo!>
Olimpia si alzò di scatto; sembrava furiosa, poi puntò
il dito contro Venere e disse: <Come può la dea dell’amore
non fare nulla per cancellare un suo sortilegio? E’ assurdo!>
Detto ciò, si allontanò. Venere rimase meravigliata
e mortificata allo stesso tempo;
Xena accortasene le disse: <Dalle tempo Venere, le passerà...
in fondo non è facile per lei accettare che Saffo stia considerando
il suicidio; e probabilmente è quello che farà. La mia
Olimpia si sente così impotente quando non può far nulla
per aiutare le persone che le sono accanto, specialmente se è
legata da un profondo affetto... Vedrai, dopo questo momento tornerete
ad essere le amiche di sempre...>
Venere abbassò lo sguardo dicendo affranta: <Non è
facile neppure per me Xena, specialmente perchè io sono la
causa di tutto ciò!>
La guerriera le pose una mano sulla spalla.
Nel frattempo, Olimpia era rientrata in casa, per recarsi nella stanza
di Saffo. Aprì con violenza la porta trovandovi la poetessa
intenta a prepararsi per lo spettacolo di quella sera. Saffo fu molto
sorpresa nel vedersela piombare in camera in quel modo; soprattutto
perchè sapeva che Olimpia era una persona estremamente educata,
ma se aveva agito così, doveva essere profondamente turbata
perciò le chiese: <Olimpia! Che ci fai qui?>
La bionda rispose: <Saffo, cos’è questa storia?>
La poetessa non capiva il suo atteggiamento, così con fare
accomodante le disse:<Ti ho visto poco fa dalla finestra, eri in
giardino con Xena, e sembrava che stesse parlando di cose importanti...>
Olimpia tagliò corto dicendo: <Ma ora sono qua!> Saffo
con un atteggiamento provocatorio le chiese beffarda: <Lo vedo...
ma sei venuta per qualche prestazione ehm...particolare!?!>
Olimpia la rimproverò: <Ma che dici! Voglio solo sapere
che cos’è questa storia!!>
<Che storia?> rispose Saffo ingenuamente.
Olimpia esplose dalla rabbia e molto istericamente le disse: <Smettila
di fingere con me! Saffo, non nascondere il tuo dolore sotto quella
coltre di sprezzante sfrontatezza e apparente serenità; voglio
sapere cosa ti sta accadendo, ma soprattutto chi è questo Faone!>
A quelle parole, Saffo si rabbuiò chiedendole: <Chi ti ha
detto quel nome?>
<Non ha importanza. Avanti, parla!>
Le lacrime calde cominciarono a bagnare il volto di Saffo, che ora
agli occhi di Olimpia appariva come una fanciulletta alle prese con
la sua prima cotta, poi schiarendosi la voce le parlò: <Faone
è un giovane che amo alla follia. Siamo stati amanti per un
pò; ma poi...>
<Poi? Continua!> chiese impaziente di una risposta Olimpia.
Saffo si asciugò le lacrime, e riprendendosi disse: <Nulla,
sto meglio. E scusami, ma non ho voglia di parlare di questo argomento,
nè ora, nè mai!>
Olimpia l’ammonì dicendole: <Ma potresti sfogarti!
Sono sicura che ti gioverebbe...>
Ma fu interrotta dalla poetessa che, avendo mille risorse, sviò
abilmente la conversazione chiedendole: <Posso fare una domanda
a te, invece?>
Olimpia fu infastidita dal fatto che ancora una volta la poetessa
non stesse affrontando l’argomento; com’era possibile
che una donna così forte, stesse scappando dai suoi problemi?
Saffo distolse i suoi pensieri e incalzò: <Allora?>
<Avanti, sentiamo!>
<Quanto ami Xena?>
Olimpia notò: <Ma non capisco cosa c’entri adesso
Xena con...>
<Allora vuoi rispondermi?> controbatté la poetessa.
Olimpia prese fiato e rispose: <Se anche avessi tutte le stelle
del cielo, tutte le conchiglie del mare, tutti i granelli di sabbia,
senza di lei, la mia vita sarebbe comunque vuota... E se possedessi
anche tutto l’oro di questo mondo, ma non avessi lei, sarei
la persona più povera che esista! Lei è quanto di più
caro ho al mondo: è la mia mia migliore amica, la mia confidente,
mia sorella, la mia donna, la mia amante... la mia anima gemella!
Siamo complementari, diverse come il giorno e la notte, eppure i nostri
cammini, sono destinati a rimanere uniti in eterno, ma sento che il
nostro amore andrà anche oltre l’eternità!>
Saffo le sorrise dicendole: <E’ molto bello sai, quello che
hai detto! Devi amarla infinitamente!>
<E’ così infatti; ma non credere che io mi sia dimenticata
che stavamo parlando di te; allora?>
La donna la rimproverò: <Non per essere scortese, ma è
meglio che pensi agli affari tuoi! Vuoi un consiglio biondina? Cerca
di spingere la tua amica ad aprirsi di più con te, siete insieme
da tanti anni, ma quella testarda si ostina a non dirti mai qualcosa
di estremamente importante, invece di perdere tempo con una vecchia
poetessa volubile, che crede ancora all’amore, nonostante l’amore
non l’abbia mai portata a nulla di buono!>
di
Bard and Warrior
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il racconto