PROLOGO
Tipica sera primaverile… Il cielo era sereno, punteggiato da
mille piccoli e luminosi astri: milioni di lucciole che schiarivano
le tenebre. La luna splendeva sulla sua testa con un tenue pallore;
l’aria fresca della sera le sembrava tanto limpida e pulita,
mentre una lieve brezza le passava sulle ciocche castane, scompigliando
i capelli della donna, che posando una mano sulla chioma, cercava
invano di domare quei ricci ribelli; le lacrime, che nascevano dai
suoi caldi occhi bagnati, le scendevano sul volto, come tante piccole
perle, destinate a perdersi ogni volta che si frangevano sotto il
suo mento; nelle mani una pergamena vergine, forse una delle ultime
che avrebbe avuto occasione di scrivere… si, perché il
Fato, era stato ancora una volta poco benevolo nei suoi riguardi.
Saffo era affacciata al davanzale della sua loggia, immersa completamente
nell’oscurità proveniente dalla sua stanza da letto;
solo quelle stelle che rischiarivano la volta celeste, le facevano
da lampada. Il suo animo era triste, sconvolto da una profonda crisi
interiore; una delle tante nella sua vita; anzi, forse la prova più
difficile che le si fosse presentata innanzi… Mentre le lacrime
continuavano a sgorgare copiose dai suoi scuri iridi, la poetessa
alzò gli occhi al cielo, cominciando a singhiozzare delle parole,
che sembravano essere dei versi:
<Madre dolce, più non riesco a tesser la tela; sono domata
dal desiderio di un ragazzo, a causa di Venere molle.> Attanagliata
dal dolore, Saffo alzò contrita i palmi delle mani al cielo,
stringendoli poi a pugno e recitando con tutto il suo dolore: <Venere,
tronoadorno, immortale, figlia di Zeus, che le reti intessi, ti prego:
l'animo non piegarmi, o signora, con tormenti e affanni. Vieni qui:
come altre volte, udendo la mia voce di lontano, mi esaudisti; e lasciata
la casa d'oro del padre venisti, aggiogato il carro. Belli e veloci
passeri ti conducevano, intorno alla terra nera, con battito fitto
di ali, dal cielo attraverso l'aere. E presto giunsero. Tu, beata,
sorridevi nel tuo volto immortale e mi chiedevi del mio nuovo soffrire:
perché di nuovo ti invocavo: cosa mai desideravo che avvenisse
al mio animo folle. "Chi di nuovo devo persuadere a rispondere
al tuo amore? Chi è ingiusto verso te, Saffo?
Se ora fugge, presto ti inseguirà: se non accetta doni, te
ne offrirà: se non ti ama, subito ti amerà pur se non
vuole." Vieni da me anche ora: liberami dagli affanni angosciosi:
colma tutti i desideri dell'animo mio; e proprio tu sii la mia alleata…>
Appena terminati questi versetti, vi fu un attimo di silenzio nel
quale riecheggiavano solo i singhiozzi della donna; poi un urlo si
levò al cielo: <Venere! O Dea dell’amore, perché
mi hai abbandonata anche tu? Perché lasci che la tua prediletta
soffra mille tribolazioni a causa dell’amore non corrisposto
del bel Faone? Perché! Perché…>
Una giovane figura, giunta lì appena sentito l’urlo,
rimase silenziosa sull’uscio della porta della camera di Saffo,
muta ad ascoltare il suo sfogo…
<Se questa è un’altra delle prove a cui il Fato vuole
sottopormi…mi spiace, ma ha già vinto: Sono stanca di
soffrire per amore; di amare persone che puntualmente vanno via; o
peggio ancora che non corrispondono il mio sentimento… Se il
Fato vuole questo, non lo accontenterò stavolta… preferisco
morire ponendo per sempre fine alle mie pene d’amore. E neppure
tu, Venere, se non puoi darmi aiuto, potrai impedirmelo!>
CAPITOLO 1
Era una tiepida e tranquilla mattina di primavera; il sole era sorto
da poco, ed illuminava con i suoi primi tiepidi raggi, i giacigli
disfatti delle due guerriere, che anche quella notte, come del resto
quasi tutte le altre trascorse insieme, avevano dormito nel bosco.
Il fuocherello che avevano acceso la notte prima per scaldarsi, era
ormai spento da un bel po’, tuttavia sotto le ceneri dei tizzoni
bruciati, ardeva ancora una lieve brace. L’accampamento nel
quale si erano sistemate Xena e Olimpia, pareva però deserto…
certo vi erano i loro cavalli, le loro bisacce, le loro armi, ma delle
guerriere nessuna traccia. Ad un tratto, giocosi schiamazzi ruppero
la quiete di quel silenzioso mattino; dunque poco lontani dall’accampamento,
sparsi un po’ per terra, un po’ appesi ad un tronco, nei
pressi di un lago, vi erano gli indumenti delle due, che ridevano
a più non posso nell’acqua, facendosi i dispetti a vicenda.
Era sempre stata loro abitudine fare un bagno rigenerante mattutino,
e quel giorno non fece eccezione! Xena e Olimpia si divertivano come
matte: Si bagnavano, si schizzavano dandosi battaglia fino all’ultima
goccia, e la cosa più divertente era vedere come quelle due
donne “grandi e grosse”, si comportavano in quel momento
ricreativo, come due bambine dispettose:
<Xena! Beccati questo gavettone!>
<Non avrai mica intenzione di…> Purtroppo Xena non riuscì
neppure a finire la frase che si trovò travolta dall’acqua
che la fece andare a testa sotto. Appena riemerse, disse all’amica
sputacchiando ancora l’acqua che aveva bevuto: <Ma brava!
Poi se mi vendico per questo brutto tiro, dici pure che sono sempre
in competizione con te!>
Olimpia cercando di istigarla: <Perché, vuoi dire che non
è così?>
Xena: <E mi spieghi perché dovrei voler competere con te?>
Olimpia: <Non lo so; ma è una cosa che hai sempre fatto!
Ed ora dovresti essere più motivata di prima, perché
adesso anch’io sono la guerriera della situazione!> Così
dicendo si avvicinò a Xena dandole un pizzicotto sulla guancia.
Xena con un pizzico di ironia: <Ma sentila! Caro il mio amato bardo,
le faccio notare che da quando ha imparato ad usare il pinch, e a
lanciare il chackram, si sta esaltando un po’ troppo…
Non sono questi dei validi argomenti per poter affermare di essere
una guerriera!>
Olimpia canzonandola: <Oh già! Avevo dimenticato di non
avere a che fare con una guerriera qualunque: Scusami grande Principessa
Guerriera!> e fece un sardonico inchino davanti alla sua compagna.
Xena incalzò: <Si si, fai pure la spiritosa, ma ti ricordo
che nessuno sa che io sono morta e poi ritornata alla vita…>
Olimpia la interruppe: <E con ciò?>
Xena continuò sicura di sè: <Vedrai: La gente che
avrà bisogno di aiuto verrà a cercare Xena la principessa
guerriera, non OIlimpia il bardo di Potidea!>
Olimpia: <Ne sei proprio sicura?>
Xena con atteggiamento di sfida: <Scommettiamo?> Olimpia, che
era stata messa K.O dalla disarmante sicurezza dell’amica, le
fece un'eloquente smorfia, ma vedendosi messa alle strette, strinse
la mano che Xena le aveva teso per stipulare la sommessa, formulando
poi un abbastanza tentennante: <Scommettiamo…>
A quel punto Xena tornò alla carica: <Se perdi pescherai
con me per tutte le idi di marzo…>
Olimpia si lamentò: <Xena, ma sai che odio pescare!>
Xena con un ghigno malizioso la rimproverò: <Niente ma!
E’ un pegno, e le vere guerriere, i pegni li pagano! Ma non
ho finito, dicevamo: pescherai con me per tutte le idi di marzo e…
sarai per quel periodo la mia schiava... Eh... Già pregusto
le cure che le tue sapienti manine sapranno donarmi ovunque!>
Olimpia le rispose con finto tono piagnucolante: <Xena, tu non
sei una benefattrice dell’umanità; tu sei una sfruttatrice!
Mi ero illusa che fossi diventata meno profittatrice da quando sei
ritornata a vivere sulla terra con me, ed invece…>
Xena la guardò in volto, fissando i suoi occhi in quelli smeraldini
della compagna; sapeva quanto Olimpia fosse cresciuta interiormente,
e quanta strada avesse fatto anche come guerriera; tuttavia, pronunciando
quella frase, le era parso per un momento, di ritornare a vedere in
lei, quell’indifesa fanciulla che aveva conosciuto molti anni
prima; le si avvicinò ponendole una mano sulla spalla, che
massaggiò delicatamente sussurrandole poi nell’orecchio,
con voce molto sensuale:
<Va bene, ho capito: Vuoi le coccole vero? Che ne dici se mi faccio
perdonare…> La guerriera finì col terminare quella
frase, con le labbra strette, quasi serrate su quelle della sua compagna,
impegnandosi in un bacio tenero e passionale, che il bardo a sua volta
accolse con ardore.
Dopo quel momento quasi magico, in cui il tempo parve fermarsi, Xena
si rese conto che si stava facendo tardi, perciò si affrettò
e rivolgendosi dolcemente ad Olimpia le disse: <Dai, piccola, vieni
che ti lavo la schiena.> Olimpia sembrava rilassarsi tantissimo
al piacere che quelle mani, dure ma allo stesso tempo tenere, sapevano
darle, quando improvvisamente ripensò alla scommessa poco prima
stipulata:
<Ehi, principesa imbrogliona, tu hai dettato le tue condizioni,
ma se vincessi io? Quali sarebbero le mie condizioni?>
Xena con atteggiamento di sufficienza: <Bhè… farò
per un lustro tutto quello che vuoi tu! E’ un prezzo da pagare
troppo alto rispetto al tuo pegno, ma… è talmente remota
la possibilità che tu vinca… >
Olimpia farsescamente arrabbiata si girò verso di lei, serrò
a pugno la mano, e la colpì sul petto, forte, ma non abbastanza
da farle male, poi ribatté:
<Continui ad infierire su una donna morta!! Hai un cuore di pietra!>
Xena per tutta risposta si limitò a fissarla divertita, poi
divenne di colpo seria, passandole una mano sul viso, per carezzarglielo
delicatamente, spostandole una bionda ciocca bagnata, che le penzolava
davanti gli occhi, e di nuovo la sua bocca si unì a quella
della compagna che sembrava partecipare con fervore a quell’
intreccio amoroso di lingue. Un brivido corse lungo la schiena di
Olimpia: Com’era possibile che quella donna tanto forte e brutale
sapesse essere all’occorrenza, e con lei soprattutto, così
dolce e delicata? Com’era possibile che quelle mani possenti
e vincenti in battaglia sapevano procurarle intensi brividi ogni volta
che la sfioravano, annientando le sue difese? La guerriera continuò
quell’effusione e mentre la carezzava, le disse molto dolcemente:
<Se avessi il cuore di pietra, allora non proverei quello che sento
per te, questo amore così...>
L’idillio di quel momento fu però interrotto da un prolungato
brusio tra gli alberi, che mise in allerta le due guerriere:
<Olimpia…>
Ma la donna l’anticipò: <Xena, lo so! C’è
qualcuno dietro quel cespuglio di more… E a quanto pare, è
li che ci sta spiando da un bel po’!>
Xena guardò la compagna stupefatta; pensò: <Allora
ho davvero creato la copia bionda di me stessa?>; ma non v’era
tempo per compiacersi dell’intuizione del bardo; così
con un paio di scatti silenziosi e repentini, furono subito fuori
dall’acqua, nei pressi del cespuglio “sospetto”;
quasi fulmineamente Xena, affiancata dall’altro lato dal bardo,
spostò la chioma di quell’arbusto, per vedere cosa, o
più probabilmente chi, si celasse dietro di esso.
CAPITOLO 2
Quando la guerriera mosse con molta cautela le fronde di quel cespuglio;
tale fu la sorpresa delle due, vedendo sbucare fuori da esso una donna
piuttosto mingherlina, con grossi occhi neri e capelli altrettanto
scuri, ma con i tratti somatici caratteristici dei paesi ellenici.
Era vestita con una tunica bianca di pizzo, ricamata agli orli e con
dei calzari preziosi; così la guerriera intuì subito
che doveva provenire da una famiglia abbastanza agiata. Istintivamente
Xena si mise in posizione d’attacco, più per abitudine
però, che per paura che quella donna potesse effettivamente
far loro del male, comunque la ragazza alquanto impaurita riuscì
a dirle: <Non farmi del male; non sono armata e vengo in pace!>
Xena ruppe la posizione d’attacco, così si ritirò;
i suoi muscoli si allentarono dalla tensione che li aveva imprigionati
poco prima, ed anche il suo viso assunse un portamento più
sereno.
Olimpia porgendo una mano alla donna, aiutandola così ad uscire
dal suo “improvvisato” nascondiglio, le chiese:
<Chi sei? Perché ci stavi spiando?> La donna sembrò
del tutto riprendersi dallo spavento di poco prima tirando un profondo
sospiro per lo scampato pericolo; cominciò quindi a pulirsi
con una mano, il terreno che le sporcava la tunica all’altezza
delle ginocchia. Si gettò all’indietro i capelli ormai
sconquassati, con molta disinvoltura, e poi si mise finalmente in
posizione eretta stiracchiandosi; in quel momento, si rivelò
alle due, come una donna abbastanza alta, molto aggraziata e bella.
Xena era però spazientita da quell’atteggiamento vanitoso
della donna che non si affrettava a rispondere al suo bardo;
le intimò quindi: <Ehi, sei sorda? Perché non rispondi
alla domanda che ti ha fatto?> La donna distolse gli occhi dal
suo vestito sgualcito e fissò le due guerriere, squadrandole
da capo a piedi; rimanendo però muta dinnanzi allo spettacolo
che i suoi occhi le offrivano; solo in quel momento Xena e Olimpia,
guardandosi a vicenda, si accorsero di essere ancora del tutto nude…
Alla donna che continuava a fissarle con insistenza, scappò
dalla bocca in un sottile bisbiglio quasi impercettibile:
<Stupende!> E piene di imbarazzo le guerriere presero i primi
stracci che avevano sotto mano per coprirsi temporaneamente, almeno
finché quella donna non avesse smesso di guardarle inebetita.
La bionda, alquanto infastidita dallo sguardo insistente e penetrante
della donna, le chiese:
< Per gli Dei! Che hai da guardare? Insomma, vuoi dirci chi sei?>
Fu solo in quel momento, che la donna sembrò abbandonare il
suo stato di estasi tornando alla realtà; si degnò dunque
di rispondere alle due che attendevano ansiosamente che lei proferisse
parola:
<Scusatemi se vi ho disturbato meravigliose fanciulle, passavo
di qua per caso, ma sono stata vinta dalla curiosità di sbirciare,
per vedere da dove provenivano quegli allegri schiamazzi… Dunque
ho trovato voi, mi dispiace se ho interrotto qualcosa di così
incredibilmente romantico...> Xena con atteggiamento misto fra
lo spazientito e l’imbarazzato le disse:
<Si, ma taglia corto, vuoi dirci una buona volta chi sei?>
La donna rispose: <Il mio nome è Attis, lieta di fare la
vostra conoscenza…>
Xena seccata rispose: <Se la situazione fosse diversa direi che
il piacere è tutto nostro, ma… ehi, la smetti di fissarmi
come una che non ha mai visto una donna?>
Attis le rivolse parola con fare dolce e suadente, ed un aria ancor
più trasognata: <Scusa è che sei una creatura meravigliosa…>
Xena abbassò il capo scoraggiata in segno di resa… Olimpia
invece, fu colta da una folle gelosia a causa di quelle parole; non
le capitava mai di essere incredibilmente gelosa di qualcuno, ma Xena
era l’unica eccezione che confermava la regola; tuttavia cercò
di controllarsi, e già che c’era, deviò anche
il discorso, che altrimenti sarebbe diventato insostenibile per tutte
e tre, perciò disse:
<Sembri un’aristocratica, cosa ci fai tutta sola in un bosco?
Perché passavi di qui per caso? Dove eri diretta?>
Attis, che fino ad un istante prima, fissava le donne con uno sguardo
acceso e luminoso, improvvisamente si incupì in volto; questo
mutamento riuscì ad essere così palese che Xena e Olimpia
lo carpirono contemporaneamente, fissandosi a vicenda come per dirsi:
<E adesso che ha?>. La loro curiosità fu però,
subito fugata dalla donna che si mise a sedere con fare molto svogliato
sul prato verde, e martorizzando un ciuffetto d’erba, cominciò
a parlare con tono triste guardando un punto dell’orizzonte
non definito: <Bhè, in effetti… sono un’aristocratica,
ma la mia storia è lunga e triste, e non vorrei annoiarvi…>
Mentre Olimpia indossava il suo corsaletto cominciando a rivestirsi,
intimò alla donna di parlare: <Attis, spiegaci meglio quello
che vuoi dire! Accidenti, l’Oracolo di Delfi sarebbe meno misterioso
di te!!>
Intanto Xena, che non proferiva parola, imitò l’amica
rivestendosi, e in un baleno fu di nuovo bella, pronta e sistemata.
Attis che nel frattempo aveva calato lo sguardo su quel ciuffetto
di erba che stringeva in mano, lo risollevò quasi intimidita,
guardando sott’occhio a che punto fosse la fase di vestizione
delle due guerriere, poi si schiarì la voce e continuò:
<Come vi dicevo sono un’aristocratica, ma non perché
le mie origini fossero nobili, infatti provengo da una famiglia poverissima
che vive tuttora oggi sull’isola di Lesbo, la mia patria; ma
sposando Alceo, ho ereditato il suo titolo nobiliare, nonché
tutte le sue ricchezze; purtroppo però, è stato un matrimonio
combinato… Io neppure lo volevo sposare quello là!>
Xena la interruppe chiedendole di delucidarla: <Ehi, un momento,
scusa, ma di quale Alceo stai parlando? E’ per caso quel riccone
che con la sua politica pedestre crede di voler apportare grossi cambiamenti
al sistema politico (che tra l’altro è uno schifo) in
Lamia e successivamente anche in tutta la Grecia?>
Olimpia si intromise incuriosita: <Xena, ma Alceo, non era il Signore
del villaggio in cui siamo state quattro lune fa?> La guerriera
prontamente le rispose: <Assolutamente si! E’ di lui infatti
che sto parlando!!>
Attis alzò lo sguardo fissandolo in quello della guerriera:
<Lo conosci allora il mio sposo?> Xena riluttante rispose: <Si
che lo conosco… per sentito dire, si intende; ma posso assicurarti
che non gode di buona fama tra gli abitanti di Lamia! E a dire la
verità neppure da qui ad Eubea è ben visto!>
La donna quasi per giustificarsi disse: <Si… ma io non condivido
le sue scelte…> Olimpia non riusciva a trovare il nesso tra
tutte quelle situazioni, così si sedette sull’erba, vicino
ad Attis e la interrogò: <Andiamo con calma: dunque ti sei
sposata contro voglia, ma non capisco perché tu ti sia ritrovata
improvvisamente tutta sola in un bosco… Stavi per caso scappando
da lui?>
Attis rispose con un tono di voce abbastanza meravigliato: <Oh…
no di certo! Nonostante tutto, Alceo è buono con me! Io non
stavo scappando; la verità è che io mi sono messa in
viaggio tutta sola perché devo cercare delle persone a cui
so di poter chiedere aiuto…>
Xena drizzò le orecchie, e di colpo si fece più interessata
alla situazione; disse con tono meno burbero di prima: <Attis,
non possiamo aiutarti se non ci dici qual è il problema!>
La donna le sorrise amaramente e disse: <Oh fanciulla… apprezzo
il vostro altruismo, ma purtroppo non siete voi che potete aiutarmi!>
Olimpia rispose: <Possiamo sapere almeno chi cerchi?> Attis
irruppe in un pianto disperato: <…Fatemi finire di raccontare
e capirete: Quando mi sono sposata, ho lasciato la persona più
importante della mia vita a Lesbo, ora so che questa persona è
in grosse difficoltà. Vorrei poter andare da lei e soccorrerla,
ma purtroppo non posso: Alceo me lo impedisce. Ero disperata, finché
una delle mie ancelle personali, che conosce la mia storia, mi disse
che forse c’era un modo per aiutarla: Mandare da lei due guerriere…>
Di colpo la mente di Xena si aprì, cercò di parlarle,
aveva capito che Attis stava cercando loro e stava per dirgli che
i suoi guai erano finiti perché aveva trovato coloro che cercava,
ma fu subito arrestata da Attis che riprese fiato, asciugò
le lacrime con un pezzetto di stoffa che Olimpia le aveva porto, e
riprese il racconto:
<… Mi disse che queste due guerriere sono molto buone, e
aiutano sempre chi si trova in difficoltà. Mi informò
che erano recentemente state nel mio villaggio, così ho pensato
di andarle a cercare al mercato di Lamia; speravo davvero di poterle
trovare là, ma così non è stato… in seguito,
rifocillandomi ad una taverna, riuscii a sapere dall’oste che
erano andate via proprio quella mattina, e che probabilmente erano
dirette in Calcide. Mi affrettai dunque a prepararmi per mettermi
in viaggio e raggiungere le due guerriere, sapendo però che
Alceo non avrebbe condiviso ne permesso il mio modo di agire; ovviamente
ho dovuto mentire dicendogli che andavo da una parente ad Eubea per
due giorni… so che altrimenti non mi avrebbe permesso in alcun
modo di partire per aiutarla! Tutto il resto della storia è
quello che sto vivendo con voi adesso…>
Xena sentì un brivido percorrerle la schiena; aveva giudicato
male e con troppa fretta quella donna, che aldilà della sua
stupida vanità, era realmente in pena per la questa persona
più importante della sua vita… in un certo senso si sentì
come partecipe di quel dolore: Quante volte, in vita ma anche nell’aldilà
aveva temuto per le sorti della sua piccola compagna? Quanto forte
era il dolore che provava ogni volta che la sapeva in pericolo e non
poteva far nulla per aiutarla? Per quella donna, evidentemente non
doveva essere tanto diverso… A quel pensiero posò per
un attimo lo sguardo sul bardo che nonostante avesse dovuto affrontare
mille e più pericoli, adesso era comunque lì con lei.
Olimpia d’altronde, riuscì a scorgere l’amarezza
nelle parole di quella donna, e sinceramente colpita da quel racconto
le si rivolse:
<Devi volere molto bene a questa persona, è così?>
Attis la fissò per un attimo nei suoi occhi color smeraldo,
accorgendosi solo allora di quanto fossero belli, e della sensazione
contagiosa di pace che emanavano; poi sembrò rivolgere lo sguardo
all’orizzonte perdendosi per un attimo nei suoi ricordi, dunque
le rispose: < E tu? Ci tieni molto alla tua compagna?>
Olimpia rimase perplessa, guardò Attis, guardò Xena,
poi di nuovo Attis; prese coraggio e disse: <E’ tutto quello
che ho di più caro al mondo!>
<Allora cosa faresti se la sapessi in difficoltà?>
Olimpia rispose, stavolta senza esitazione, guardando la guerriera
negli occhi cerulei: <Farei esattamente quello che stai facendo
tu adesso, anzi se potessi, anche molto di più! Andrei fino
ai confini del mondo e tornerei per lei!>
Attis accennò un piccolo sorriso e disse: <Allora mi capisci?>
Olimpia annuì osservando: <Anche se credo che la nostra
situazione sia diversa dalla tua... voglio dire: Noi stiamo insieme...>
Attis la interruppe rispondendo: <Forse non è poi così
tanto diversa la tua situazione dalla mia... anche io l'amavo alla
follia ed avrei fatto qualsiasi cosa per lei...> Olimpia allora
rifletté fra sè e sè: <Allora questa persona
che per Attis è così importante è una donna...>
ma la giovane interruppe i suoi pensieri continuando: <Ora però
sono presa dallo sconforto; sono due giorni che sono nei pressi della
Calcide e non ho ancora nessuna idea di dove poter trovare le guerriere.
Accidenti, ma dove saranno? Mi pare che si chiamassero Xena e…
O.. Olinda? >
Xena sorrise sentendo quel nome e pensò: <Poverina, se Olimpia
si fosse chiamata così, non so fino a quando le avrei permesso
di seguirmi! Quanto è brutto questo nome!>
Poi guardò Olimpia con il suo solito sorrisetto beffardo e
col sopracciglio inarcato; il bardo recepì che il suo messaggio
velato era: <Tesoro, hai perso la scommessa! Pronta a pagare pegno?>
<Sicuramente mi vorrà dire questo…> pensava. Dunque
Xena si voltò verso Attis, stava per rivelarle il vero nome
della sua compagna di avventure, quando per l’ennesima volta
fu messa a tacere da quella logorroica donna che sembrò avere
come una folgorazione ed urlò: <No! Olimpia! Ma adesso devo
andare, devo trovarle prima che accada il peggio grazie per avermi
ascoltato e…>
Sembrò ritornare di nuovo cupa in volto: <…E non separatevi
mai l’una dall’altra, perché l’amore che
vi lega è qualcosa di speciale! E’ grandissimo l’amore
che potete dare l’una all’altra! Siete l’una il
completamento, la parte mancante dell’altra… Ed io di
queste cose me ne intendo, fidatevi!> Detto questo, fece per alzarsi
e per andarsene, ma Xena la fermò: <Attis, dove vuoi andare,
vieni qua ti aiutiamo noi!> La donna si voltò e disse: <Non
credo proprio che possiate...> e ritornò sui suoi passi;
Xena e Olimpia si guardarono confuse, poi il bardo disse: <Ma non
puoi andare via così!>
Improvvisamente Attis si rivoltò pensierosa: <Hai ragione:
Prima di andare via, leggiadre fanciulle, posso sapere i vostri nomi?>
Un senso di scoramento prese le due guerriere che non erano ancora
riuscite a capire, il modo di comportarsi di quella donna che alternava
stadi di serenità, a stadi di profondo tormento interiore;
poi Olimpia prese la palla al balzo e disse: <Indovina un po’?
Siamo Xena e Olimpia!>
Xena aggiunse in tono ironico: <Sorpresa!> La donna lasciò
cadere la bisaccia che aveva in mano, per terra, provocando un sordo
tonfo; sgranò gli occhi dallo sgomento poi disse balbettando:
<E’…è…impossibile! Stavo parlando da tutto
questo tempo con le donne che sto cercando da giorni e voi non mi
dite niente?> Xena le fece notare con un tono abbastanza pungente:
<Ma sai che sei proprio strana? Ho cercato di parlarti più
di una volta, tu mi hai sempre interrotto!> poi continuò
imitando il tono di voce di Attis: < “Fatemi finire e capirete”…Ah
no, non puoi biasimare noi adesso!> Poi prese parola Olimpia: <Guarda
il positivo: Ti sei sfogata e ci hai già detto cosa ti è
accaduto, così ora non sarai più costretta a rinnovare
il tuo dolore ogni volta che ci parli della tua amica!>
Xena disse: <Senti: allora, ti serve il nostro aiuto o ti arrangi
da sola? No perché non possiamo stare qua tutto il giorn…
Ehi, ma mi senti?> Attis, come aveva intuito Xena, non la stava
proprio calcolando, e guardava le due donne con un aria stupita, imbambolata.
Olimpia disse: <La smetti di guardarci come se fossimo due creature
a te sconosciute?>
Attis si riprese e disse: <Scusatemi; è che immaginavo Xena
e Olimpia, queste due leggendarie guerriere più alte…>
Il bardo si grattò il capo squadrandosi tutta, aveva sempre
avuto il complesso di essere bassa, ma chiunque lo era se messa vicino
alla Principessa Guerriera;
Xena le si avvicinò sussurrandole provocatoria nell’orecchio:
<Credo proprio che ce l’abbia con te!!>
Olimpia rispose con un sorrisetto dispettoso: <Tu dici? Strano,
mi sembra che abbia parlato al plurale!>
Attis continuò: <…Più muscolose…>
Xena arrabbiandosi disse: <Ehi, cos’ hanno che non vanno
i miei muscoli?> Olimpia la trattenne per evitare il peggio, poiché
sapeva quanto Xena faticava per tenersi in forma, e proprio non accettava
quando le si diceva che era fuori forma; quindi chiese ad Attis: <Attis,
ma ti aspettavi di avere a che fare con due guerriere o con i titani?
No perché da come ci stai descrivendo, nella tua fantasia sembriamo
due titanesse!> La donna si difese: <No…è che circolano
così tante leggende sul vostro conto e tutti vi enfatizzano…
Io vi immaginavo così per quello che ho sentito dire, ed il
fatto di avere di fronte a me le due più impavide guerriere
del mondo, che hanno il mio stesso esile aspetto, è stata per
me una tale sorpresa…>
Xena si rivolse a Olimpia preoccupata: <Esile? Sono esile secondo
te?> il bardo le disse: <Bhe, effettivamente da quando sei tornata
mi sembri un po’ più sciupata… Ma non farne un
dramma adesso...> continuò sussurrandole all’orecchio:
<...Ma forse è solo colpa degli intensi sforzi fisici a
cui ci sottoponiamo da un pò di notti a questa parte...>
Xena le sorrise bonaria dicendole: <Ah! Se ci penso...> Poi
ricordandosi che c’era anche Attis con loro le si rivolse: <Allora,
te lo ripeto per l’ultima volta, vuoi il nostro aiuto?>
<Certo che lo voglio!! Che domande, mica ho girato giorni e giorni
per ritornarmene a Lamia senza mandare soccorso alla mia donna o ex
donna... ad ogni modo a questa persona così speciale per me!?!>
di
Bard and Warrior
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