episodio n. 21
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PROLOGO

- Mmm! Che tranquilla mattinata di primavera! Il sole tiepido è alto in cielo e l’aria è così limpida! Mi sembra già di avvertire il profumo dell’ottimo stufato di mia sorella! Xena, sono sicura che questi giorni di riposo a Potidea gioveranno ad entrambe! - Olimpia declamò con aria estatica.
Xena strabuzzò gli occhi con aria rassegnata: - Siamo alle solite! Ragioniamo con lo stomaco, eh? Ti avviso: cerca di non mangiare e dormire soltanto, in questi giorni di vacanza, perché poi mi costringi a sottoporti ad un rigidissimo allenamento! Sai che non voglio una compagna panciona! Donna avvisata, mezza salvata! - terminò la guerriera, strizzando l’occhio all’amica, - Ad ogni modo… Anch’io credo che staremo bene, senza contare che hai finalmente ottenuto quello che volevi: un po’ di sospirato riposo! -.
- “Meritato riposo”, vorrai dire! - incalzò Olimpia, respirando a pieni polmoni l’aria frizzante e stiracchiando rumorosamente i muscoli delle spalle.
- Sei impagabile! - rise Xena, divertita dai mugugni della compagna, - Sempre a lamentarti! Io ti porto in giro per il mondo, ti faccio conoscere posti nuovi, allargo le tue vedute, le tue conoscenze e che guadagno? Rimproveri perché non ti faccio riposare mai abbastanza!! Ma se la mattina non riesce a svegliarti neppure il suono di un corno! - punzecchiò Xena.
- Già… E questo la direbbe lunga sullo stato in cui mi trovo, se tu mi prestassi un po’ più di attenzioni, cara! - sospirò il bardo. - Ho anni interi di arretrati di sonno, se vogliamo dirla tutta. - bofonchiò fanciullescamente.
La guerriera la guardò intenerita e allungò una mano, ad accarezzare il braccio della compagna.
- Eh, sì, corri ai ripari! - la stuzzicò Olimpia.
Xena ritrasse la mano e, con un tono abbastanza ambiguo, le rispose: - Sai che adoro provocarti… In tutti i sensi! -
Olimpia non si lasciò perdere la battuta: - Che furba! - poi cambiò tono: - Ad ogni modo, sono felice di vederti così serena, anche se è comprensibile… Il ritorno da Thera non è stato semplice per nessuno... - uno sguardo triste le velò per un attimo gli occhi.
La mano di Xena si poggiò nuovamente sulla spalla della giovane. Lo sguardo della guerriera si fece vago. La donna inspirò, come a voler inalare quanta più aria pulita possibile, e disse: - Si, è vero... Ma non pensiamoci più, almeno per un po'! Cerchiamo di distrarci e riposiamo! - ciò detto, abbracciò Olimpia con trasporto.
La giovane assaporò il momento d’intimità con la compagna, ripensando a ciò che era successo poche ore prima.

All’alba Xena, srotolando dalle coperte Olimpia, come sempre d’altronde, per svegliarla, le aveva urlato: - Forza ghiro! La strada è lunga e per quando il sole sarà allo zenit, dovremo essere arrivate a destinazione! -
- Mmm Xena… Ancora qualche istante… Sei peggio di un esercito di centauri al galoppo… Non sai usare le maniere dolci, tu? - . Olimpia aveva aperto un occhio e, con fare mellifluo, l’aveva invitata: - Tipo le coccole: funzionano, sai? Vieni qui ed abbracciami un po’. Tu non mi coccoli mai! - e aveva sorriso.
Xena, con un’incredibile pazienza, si era chinata verso di lei, stringendola forte fra le braccia e sussurrandole in un orecchio: - Forza! Oggi andiamo a Potidea da Leuca. Sbaglio o è il suo compleanno? -
A quella frase, Olimpia era scattata in piedi, sistemandosi alla meglio i capelli tutti arruffati dal sonno, aveva sollevato le coperte e sistemato in un battibaleno l’accampamento, tanto da strappare a Xena commenti entusiastici sui diversi stratagemmi per farla alzare, che aveva imparato negli anni. - Bastava dirlo che la parola Potidea ti mette carica: non avrei passato lustri a tentare di convincerti a metterti in piedi! -
- Ma Xena… Tutti i tuoi successi sono stati preceduti da gloriosi tentativi… - sorrise maliziosamente il bardo. - Hai imparato molto bene… - aggiunse, stampando un sonoro bacio sulla guancia della compagna.
Xena la guardò, con falso imbarazzo: - Olimpia… Sai meglio di me che molte volte, anziché farti alzare, sono finita io tra le lenzuola! - rise, stando al gioco della compagna.
- Appunto! E’ la sperimentazione sul campo ciò che ti rende onore, mia guerriera! -poi, senza che Xena avesse tempo di ribattere, il bardo cambiò radicalmente discorso: - Allora? Si parte o no? Allo zenit dovremo essere a Potidea: possiamo riuscirci! -
Xena l’osservò perplessa poi, sorridendo, prese le briglie di Argo II, seguita dalla compagna.

Olimpia e Xena si ritrovarono a camminare nel bel mezzo d’assolati campi, procedendo a passo sostenuto, ma senza eccessiva fretta, tenendo i cavalli per le redini, ciascuna persa nei propri pensieri.
- E’ meraviglioso scoprire ogni volta che il profumo dell’aria non è cambiato affatto… - parlò per prima Olimpia, - Anni fa sarei stata disposta a tutto pur d’andarmene da qui. Ora è come rinascere ogni volta che ritorno… - ponderò seriamente.
- Non devi stupirti. - disse la guerriera dopo qualche attimo di silenzio, - Sono le tue radici: è logico che il cuore ti riporti a ciò a cui appartieni di diritto. - le rivolse il più dolce dei sorrisi.
Il bardo prese la compagna per mano: - Non è proprio così, Xena. Se c’è qualcuno, bada bene: non qualcosa, che possa accampare diritti su di me, quella sei tu. Io ti appartengo, di diritto… - si fermò, come a dare peso ulteriore alle parole appena dette.
Xena mimò l’azione dell’amica e le due si fissarono a lungo, prima che la bruna si decidesse a proferire parola: - Ti amo, lo sai, vero? -
- Sciocca che sei… - rispose Olimpia: - L’ho sempre saputo, da sempre: dalla prima volta che ti vidi… - s’interruppe, presa dall’unico ricordo che le smuovesse emozioni particolarmente intense, - La prima volta che ti vidi seppi all’istante che sarei stata tua… E che tu saresti stata mia. - guardò intensamente negl’occhi azzurri di fronte a lei.
Xena si chinò piano, finché le labbra delle due donne non s’incontrarono e i loro fiati si fusero e si persero insieme.
Staccandosi, la guerriera accarezzò il viso della compagna: - Ti amo. Sei l’unica certezza che abbia nella vita: ricordatelo. -
Come tutta risposta, Olimpia la prese per mano e così, rimessesi nuovamente in cammino, s’avviarono a raggiungere il piccolo borgo agreste.
La luminosità del sole allo zenit rendeva ancora più particolari tutte le peculiarità di Potidea, nella quale Xena e Olimpia si apprestavano ad entrare. Dinnanzi ai loro occhi si parò subito la parte più viva e pulsante della cittadina: il mercato, che a quell’ora era più affollato che in ogni altro momento. Dalle case, ubicate tutte a schiera su un unico rettilineo, provenivano profumi molto invitanti che non passarono inosservati alle narici del bardo, la quale, estasiata da ogni intensa fragranza, chiudeva gli occhi tirando il naso in su, ed inspirando profondamente.
Anche in periferia, dove si trovava la casa di Leuca, il sole indorava maggiormente i biondi campi di grano mentre gli alberi, carichi di fiori, sprigionavano intense fragranze, che si mescolavano tra loro nell’aria. - Xena, Xena! Siamo a casa! - urlò felice Olimpia.
La guerriera la fissò negli occhi color smeraldo, contenta d’averle restituito un po’ di serenità e, parca di parole come sempre, le rispose sfoderando un sorriso allegro. Olimpia le si gettò al collo, abbracciandola forte, poi s’avviò verso casa, salutando tutte le persone per via, anche quelle a lei sconosciute.
Xena la osservava a pochi passi di distanza: le piaceva vedere Olimpia in questo stato di euforia. Solo Potidea riusciva a smuoverle queste sensazioni, la guerriera lo sapeva perfettamente. Talvolta si ritrovava a pensare con malcelata gelosia a tutto ciò che faceva parte della vita della sua compagna e che non la riguardava: gli anni dell’infanzia, quelli dell’adolescenza, le prime cotte per i compagni di gioco, i sogni per un futuro tranquillo, le chiacchiere con le amiche al pozzo, i rossori ai primi sguardi furtivi del ragazzo preferito… Tutte cose che a lei, Xena da Anfipoli, erano state negate. Mentre Olimpia giocava a diventare grande, Xena assoldava uomini e guidava armate.
Vedendo Olimpia fischiettare allegramente per il sentiero sterrato, la guerriera realizzò una volta di più quanto immenso fosse stato il sacrificio fatto dalla compagna per lasciare le sua casa e seguirla fino in capo al mondo, ipotecando la sua vita serena con lotte turbolente e viaggi interminabili, tutto solo in nome dell’amore per lei; quanto amore doveva esserci in quella creatura, ai suoi occhi così perfetta.
La donna sorrise e richiamò a sé il bardo: - Olimpia, calma! Rischi di scoppiare da un momento all’altro! -
Olimpia si fermò, permettendo a Xena di raggiungerla, poi, diventando di colpo seria, le chiese: - Xena, credi che Leuca sarà felice di rivedermi? Voglio dire: è passato tanto di quel tempo e non so se… -
Xena le prese il viso tra le mani, guardandola seriamente negli occhi: - Olimpia, cosa sono questi brutti pensieri? Non devi assolutamente pensarlo: Leuca è tua sorella e, se anche il destino vi ha separate, il vostro legame di sangue non si può cancellare, quindi sta tranquilla! -
Olimpia non poté fare a meno di perdersi nei due zaffiri davanti a sé, aperti e vigili sul mondo solo per proteggerla, quindi le sussurrò: - Grazie! - le sfiorò il viso col dorso della mano, - Mi fai vedere il mondo sempre dal lato giusto! -
La guerriera si schermò: - Oh, è semplice: il mio lato giusto del mondo è quello in cui ci sei tu! - le due donne si sorrisero.
D’improvviso ad Olimpia venne un’idea: - Xena, che ne dici se prendessimo dei fiori lungo il tragitto da portare a Leuca come dono? -
- Dico che è un’ottima idea! Sei un genio! -
Così cominciarono a raccogliere qualche fiore qua e là, mentre le loro cavalcature procedevano pacificamente, brucando l’erba tenera.

La prima cosa che videro di loro furono le schiene, chine sul campo contiguo all’aia. Leuca e Selina raccoglievano le primizie di stagione ed estirpavano le erbacce dalle piante di grano; un cagnolino gironzolava loro intorno, festoso. Capre e mucche pascolavano placide, libere per il prato e, dagli alberi, proveniva insistente e laborioso il ronzio delle api, in cerca polline.
Intenta al proprio lavoro, e persa nelle proprie congetture, Selina venne interrotta dal discorso della madre: - Forza figlia mia, che stasera festeggeremo questa giornata come si deve. - Leuca si alzò dolorante ed accennò un sorriso, - Mi sono permessa di invitare anche Zeto, quindi occorre che tutto sia pronto alla perfezione: metteremo nello stufato una parte in più della carne che abbiamo conservato sotto sale, apriremo la forma di formaggio più grande e saporita, cucineremo il pane con mezzo sacco della farina che abbiamo stivato nel granaio e faremo anche qualche focaccina dolce. La frutta fresca c’è… Credo che possa bastare, no? -
Selina sbuffò il suo dissenso, eclissando così l’euforia della madre: - Non vedo cosa ci sia di così eccezionale da meritare grandi festeggiamenti; posso capire che tu voglia festeggiare il tuo compleanno, e ne sono felice, ma fare i preparativi come se questa fosse una cena di solstizio… Sinceramente mi sembra eccessivo! -
Con l’aria di chi deve spiegare pazientemente una cosa difficile ad un bambino, Leuca guardò schiettamente la figlia negl’occhi: - Tu proprio non vuoi capire! Dobbiamo essere contente, perché gli dei hanno messo Zeto sulla nostra strada ed è stata una benedizione per questa famiglia! Non puoi neppure immaginare quanto ho aspettato questo momento: si tratta della tua vita, Selina! -
La ragazza scoccò un’eloquentissima occhiataccia alla madre: - Ecco, appunto: “della mia vita”! Non della tua! Sai che io non voglio! - la voce le vibrò di rabbia repressa.
- E invece dovrai! - gridò la madre, spazientita. - Sai benissimo che in paese nessuno ti vuole sposare perché… bah, lasciamo perdere! Sai che ti dico? Non hai scelta figlia mia: accetta il tuo destino! -
Selina, offesa e furente per le parole della madre, le ringhiò contro: - Il destino si cambia, madre! E tua sorella ne è una prova evidente! - respirò profondamente, rassegnata alla testardaggine della donna davanti a lei, - Se solo zia Olimpia fosse qui… - mormorò, gettando la falce a terra ed apprestandosi ad andarsene via.
- A causa della sua testardaggine, tua zia ha sempre rischiato molto nella vita, specialmente stando con Xena! - rispose secca Leuca, mentre Selina si era ormai già avviata verso casa.
Verso il limitare del campo, la ragazza guardò l’orizzonte ed intravide due figure a cavallo; quando quei puntini all’orizzonte furono abbastanza vicini da poter essere distinti, Selina sussultò di gioia e, tornando sui suoi passi, esclamò: - Madre! Madre! Ci sono Olimpia e Xena! -
Sorpresa, Leuca gettò la cesta con gli zucchini in terra e alzò il capo, come una bimbetta impaziente di vedere il proprio genitore quando torna dal lavoro. In breve tempo, Xena e Olimpia furono davanti alla casa e in un momento di commozione generale si scambiarono i saluti: - Olimpia, che gioia avervi qui! - rise la giovane, improvvisamente immemore dell’arrabbiatura di pochi istanti prima.
- Selina, ti trovo proprio bene! - rispose il bardo, abbracciandola con trasporto.
- Grazie zia! Anche tu: sembra che il tempo non abbia effetto su di te! -
Poi, Olimpia e la sorella si abbracciarono: - Olimpia! Da quanto tempo… Mi sei mancata. Sono contenta di riabbracciarti! - Leuca ricacciò faticosamente una lacrima.
- Anche io Leuca, credimi! Ti ho portato questi fiori… Buon compleanno! - le disse, porgendole il mazzolino fatto poco prima.
La donna ammirò apertamente il mazzo tra le sue mani: - E’ bellissimo! - esclamò felice, inspirando a pieni polmoni l’intenso profumo delle fresie.
Olimpia continuò: - E’ stata Xena ad aiutarmi! Bello, eh? Chi l’avrebbe detto che una rude guerriera fosse capace di un pensiero così delicato, vero? - guardò la compagna e le strizzò l’occhio, - Ed invece è stata proprio sua l’idea delle fresie! -
- Oh, non ho alcun dubbio sulle capacità di Xena, altrimenti non saresti rimasta così a lungo con lei, lontana dalla tua famiglia! - l’interruppe Leuca, lanciandosi verso la guerriera per stringerle calorosamente la mano. Gesto ricambiato dall’altra donna con altrettanto affetto.
- Allora, Olimpia, tu e Xena vi fermate qua per stasera? -
- No Selina. - rispose il bardo. Di fronte all’espressione rammaricata della giovane, Olimpia completò la frase: - Se a tua madre non dispiace, ci fermiamo per qualche giorno! Vero Xe? - .
La guerriera, chiamata in causa, rispose: - Sapete com’è… La vostra cara Olimpia mi ha messo a riposo forzato per qualche giorno e… Spero che per voi non sia di disturbo! -
- Per carità! Quale disturbo! - Esclamò Leuca, per poi rivolgersi alla figlia: - Forza Selina! Prepariamo due letti comodi per le nostre graditissime ospiti! - E, prendendo la figlia sotto braccio, entrò in casa, invitando anche le due guerriere a seguirla.

Appena il sole cominciò a calare, imbrunendo il paesaggio, tutto fu pronto per la cena.
- Dei, Xena! Sto morendo di fame! - esclamò Olimpia, tenendosi lo stomaco brontolante.
- Lo sento! Eccome se sento! - la schernì Xena.
Selina e Leuca, nel frattempo, stavano preparando le ultime cose: la ragazza portò del pane a tavola, con fare visibilmente svogliato, e lasciò letteralmente cadere il paniere sul piano di legno. La cosa, naturalmente, non passò inosservata a Xena, che chiese sottovoce ad Olimpia: - Che cos’ha tua nipote? Passa continuamente dall’euforia alla costernazione: la cosa non mi piace… -
- Non lo so, ma avverto tensione nell’aria…Non sembra anche a te? -
- Già… L’avevo notato arrivando, ricordi? Lei stava abbandonando il campo in fretta e furia. S’è fermata solo perché ci ha viste…. Non avevo intenzione di parlartene, perché non volevo ti rovinassi la festa… Ma la cosa mi sembra andata troppo in là. -
- Ad ogni modo, sono sicura che lo scopriremo presto! - concluse Olimpia, con lo sguardo preoccupato puntato sulla giovane affaccendata intorno alla tavola.
Un improvviso picchiare alla porta di casa distolse le due donne dai loro discorsi. Olimpia si recò ad aprire e restò sorpresa quando, sull’uscio di casa, si ritrovò un estraneo: un uomo alto e smilzo, piuttosto su d’età, canuto e con gli occhi azzurri, avvolto in una tunica rossa. Diffidente, Olimpia lo squadrò da capo a piedi.
- Cosa desidera a quest’ora, buon uomo? - chiese cortesemente.
- Desidererei entrare, signorina. Sa com’è: a quest’ora, anche se siamo in primavera, fa sempre troppo freddo per un uomo della mia età! -
Olimpia si voltò verso Xena con un’aria interrogativa: la guerriera le rispose inarcando inverosimilmente un sopracciglio. Proprio in quel momento, comparve nella stanza Leuca, che sciolse l’enigma.
- Zeto! Sono felice che alla fine tu sia venuto! Prego, accomodati! La mia dimora è umile, ma il posto d’onore per te c’è sempre! -. Presa dalle cerimonie dell’ospite, la donna scostò bruscamente di lato Olimpia, che la guardò con un misto di disapprovazione e di curiosità.
Con fare stranamente compiacente, Leuca continuò il suo soliloquio: - Selina si sta ancora preparando, ma tra qualche attimo ci raggiungerà! -
Xena e Olimpia si guardarono esterrefatte, non capendo assolutamente nulla di quella situazione, poi Xena avanzò un’ipotesi: - Chissà, Olimpia… E se tua sorella si fosse cercata un compagno per non invecchiare da sola? Il ragionamento non fa una grinza, a ben guardare. -
- No… - Ribatté Olimpia dubbiosa, - La conosco fin troppo bene: dopo la morte dei nostri genitori e del suo sposo, ha indossato il lutto. Da che ne so non l’ha ancora tolto, quindi dubito si sia scelta un compagno! -
Xena guardò i due che, nel frattempo, s’erano portati al centro della stanza e ciarlavano rumorosamente. - Eppure mi sembra una situazione così strana… - constatò.
Qualche attimo dopo, fece la sua comparsa Selina, vestita con una lunga tunica candida, i capelli raccolti ed un paio di sandali allacciati alla romana. Xena ed Olimpia non poterono fare a meno di notare la sua bellezza.
Zeto le si avvicinò e, con fare untuoso, le baciò la mano. Selina accettò quel gesto senza dir nulla, ma con un evidente disagio dipinto sul volto.
- La cena è pronta! A tavola, signori miei! - con aria euforica, Leuca invitò i presenti a sedersi. Osservando le disposizioni decise dalla padrona di casa, Xena non poté far a meno di notare l’intenzionalità con cui Selina era stata messa accanto a Zeto. Leuca, a capotavola, le ricordava Minerva, sul trono del padre, nell’ultimo, disperato tentativo di salvare il proprio mondo. Anche la sorella di Olimpia, come la dea, malcelava la disperazione, nello sguardo volutamente fiero.
“C’è qualcosa che non mi convince…” pensò tra sé, affondando per un attimo il capo nella ciotola di stufato, prima di osservare Olimpia che, invece di mangiare, fissava insistentemente Leuca, Selina e Zeto, come se stesse cercando di carpire ogni singolo e particolare movimento di uno dei tre, che potesse darle qualche indizio in più.
Rassegnandosi, anche Olimpia, su tacito invito di Xena, cominciò a mangiare tranquillamente, gradendo tutto e tranquillizzandosi, almeno fin quando non fu il momento di brindare. La tradizione della famiglia contadina di Olimpia voleva che, solo in casi eccezionali, generalmente di matrimoni imminenti, si brindasse bevendo un vino raro, fatto con la mescolanza di due tipi di uva bianca propria solo di pochi poderi di Potidea. Era un vino dal gusto frizzante e molto dolce, invecchiato generalmente non in otri, ma in botti di legno di faggio e, per questo, considerato molto prezioso. Vedendo Leuca prendere una giara di quel tipo di vino, il bardo rimase ancora più confuso, tanto da chiedere spiegazioni del gesto: - Leuca, cosa fai? Sai che quello è un vino particolare! Perché stai andando contro le tradizioni di famiglia? -
Notando lo sguardo interrogativo di Xena, la compagna si sentì in dovere di giustificare le proprie parole: - Quel vino è pregiatissimo e la tradizione vuole che sia usato solamente per… -
- Per festeggiare i matrimoni! - la interruppe entusiasta Leuca, concludendo.
Olimpia rimase sbigottita: - Cosa? Mi sono forse persa qualche capitolo della vostra vita? –
Leuca la guardò un istante, poi abbassò gli occhi, versò il vino nei boccali ed invitò i presenti ad alzarli verso l’alto. Solo allora, schiarendosi la voce, disse: - Voglio brindare con voi tutti, parte della mia famiglia, non solo al mio compleanno, ma anche e soprattutto all’imminente matrimonio di mia figlia Selina con il caro Zeto! - quindi alzò il calice con l’aria di chi non ammette repliche.
Olimpia e Xena si guardarono, perplesse, e notarono un forte imbarazzo sul volto di Selina che, dopo le parole della madre, s’era tinto di un rosso acceso. Zeto alzò repentinamente il proprio calice, per congiungerlo a quello di Leuca; sentendosi messe alle strette, anche le due guerriere si unirono al brindisi, seppur di malavoglia.
- Che le nostre famiglie possano diventare una sola: grande e felice. E che tu, figlia mia, possa essere madre di tanti bei bambini! Perché i figli sono il dono più bello che si possa avere e tu e il tuo sposo ne avrete tanti! - Il viso di Leuca esprimeva il trionfo completo. Rivolse lo sguardo verso la figlia, come ad invogliarla ad unirsi al brindisi. Nel silenzio che seguì l’augurio di Leuca, la tensione si fece pesante ed insopportabile. Selina si alzò lentamente dal proprio posto, alzò il calice verso l’alto e poi, improvvisamente, lo scagliò violentemente a terra. Prima che tutti i presenti, esterrefatti, potessero riprendersi, la ragazza si avviò verso l’uscio di casa ed uscì correndo nella notte. Xena e Olimpia scattarono all’unisono, dirigendosi verso la porta, ma furono fermate da Leuca: - No! Non vi preoccupate, è soltanto nervosa! Ha bisogno di fare due passi, così si calmerà!-
Seppur mal volentieri, le due guerriere prestarono ascolto e tornarono in casa.
Poco dopo, Zeto si congedò. Proprio allora, approfittando del momento propizio, Olimpia, complice anche la sua compagna, chiese alla sorella le dovute spiegazioni: - Ho l’impressione che tu mi debba chiarire molte cose, Leuca. Stasera qui dentro è stata presa una decisione non condivisa da tutti, a quanto pare… O sbaglio? – rivolse alla donna uno sguardo freddo, che non lasciava vie d’uscita.
Dal canto suo Leuca, sfaccendando per casa, cercò di sdrammatizzare: - Ma nulla! Sai come sono le spose prima del matrimonio, s’innervosiscono per nulla! -
- Eppure, Selina non m’è sembrata solo “nervosa”. Direi piuttosto che era alquanto turbata da questa situazione… - osservò Xena, facendo scorrere le dita sui ricami della tovaglia. Olimpia, intuendo esattamente dove Xena volesse arrivare, incalzò: - Leuca, sei sicura che Selina voglia sposare quell’uomo? -
La donna si sentì colta in castagna, si fermò di colpo, si sedette accanto alle guerriere e sbottò, con lo sguardo perso nel vuoto: - Che le piaccia o no dovrà farlo! - Rivolse alle donne uno sguardo carico di dolore e di rassegnazione, ma anche d’orgoglio.
Olimpia vi riconobbe lo stesso del padre, lo stesso sguardo ottuso e fobico di quando s’era coalizzato con gli altri abitanti di Potidea per cacciare Xena, senza tener conto che li avesse o no appena salvati da Draco.

di Dori e Bard and Warrior

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