episodio n. 21
stampa

2
3
4
5

Il sole stava scivolando lentamente dietro all'orizzonte, tingendo di arancione tutto ciò che i suoi raggi ancora riuscivano ad illuminare.
Proprio mentre lunghe ombre si allungavano, come veloci artigli, sopra ogni cosa, Xena ed Olimpia entrarono nel villaggio amazzone, dove tutte le donne guerriere aspettavano trepidanti buone notizie.
Appena furono scorte Anfitea, in evidente stato di agitazione, scaraventò in terra le funi con cui stava inutilmente armeggiando da ore e corse verso le sue amiche urlando: - Per gli dei, finalmente! Che notizie ci portate? -
Il cavallo di Xena rallentò dal trotto al passo, per permettere all’amazzone di raggiungerle, poi si fermò e concesse ad Olimpia di scendere, aiutata da Xena.
La fanciulla si sistemò un attimo i vestiti, scuotendo da loro la polvere, fissò tristemente negli occhi Anfitea e, poggiando una mano sulla sua spalla, disse: - Sorella: è tempo che le amazzoni scelgano la loro nuova regina… -
- Allora, è morta? - domandò Anfitea tirando un sospiro di sollievo.
- Si… - fu la flebile risposta di Olimpia che si scansò per andare a rinfrescarsi.
Anfitea guardò interrogativa Xena negli occhi, prima di parlare a bassa voce: - Non capisco: cos’ha adesso? –
La guerriera scosse la testa, fissando l'amica che si allontanava con piglio deciso: - Non saprei… E' stata zitta per tutto il viaggio, cosa che solitamente non si addice a lei! - cercò di sfoderare un tono semiserio ed un sorriso scherzoso, pur non riuscendo nell'intento. Poi, ridivenne seria: - Forse è ancora scossa e provata dalle ultime vicende... – considerò.
- Certo… - concordò Anfitea: - Xena, ad ogni modo, cerca di parlarle! - le poggiò delicatamente una mano sull'avambraccio.
La guerriera la guardò schiettamente negli occhi: - Sicuro. - rispose seria, - Appena ho capito cosa le prende… - . La guerriera afferrò Argo per le briglie e, schioccando la lingua, diede al cavallo il segnale di partire.
Dopo aver sistemato il palomino nella stalla, Xena si recò nella tenda di Olimpia.
- Permesso? - chiese Xena sorridente. Stranamente, non ebbe risposta alcuna.
Pur non invitata, decise di entrare comunque e vide Olimpia seduta sul suo giaciglio. Cercando di intuire cosa avesse, la guerriera le si avvicinò: - Per stanotte ho avuto dalle amazzoni il permesso di dormire qua! Meglio, così non starò sola ed impaurita nel bosco senza nessuno che mi difenda! - le disse sedendosi a sua volta e notando con sollievo di essere riuscita a strappare all'amica un lieve sorriso. Dopodiché, Olimpia rimase silente, gli occhi verdi persi a fissare il vuoto. Xena, sempre più allarmata dallo strano comportamento, allungò una mano, posandola sul ginocchio del bardo: - Una monetina per i tuoi pensieri… - sorrise dolcemente, - Vuoi dire alla tua migliore amica cosa ti sta succedendo? –
- No, nulla… - cercò di giustificarsi Olimpia fissando sempre un punto indefinito del suolo.
- Non credo che tu non abbia nulla... Credi che non mi sia accorta che c'è qualcosa che non va? Per tutto il viaggio non mi hai praticamente rivolto la parola... Non è da te! Andiamo… mi fai preoccupare così! - la voce di Xena vibrava d'apprensione. Olimpia si alzò, togliendo con la propria la mano di Xena dal suo ginocchio. Si recò verso il tavolo dove poggiò parte dei suoi vestiti, bevve un sorso d’acqua dalla borraccia, poi si decise a parlare: - Se devi dormire qui ti consiglio di preparati per andare a letto: non ho nessuna intenzione di fare le ore piccole. Altrimenti va a dormire da qualche altra parte! - il tono era perentorio e dolorosamente freddo.
Colpita dalla risposta sgarbata appena ricevuta Xena cercò le parole giuste per non far precipitare ulteriormente la situazione. Decise che avrebbe giocato la carta della spigliatezza, forse così avrebbe sciolto un po' il ghiaccio che circondava Olimpia.
- Va bene, ho capito hai la luna di traverso! - la guerriera sforzò un sorriso, - Se proprio non ti va di parlare, cerca almeno di essere cortese con chi ti sta offrendo il suo aiuto... – aggiunse a bassa voce.
- Non ho nulla e non ho bisogno del tuo aiuto, intesi? Ora, per favore, dormiamo? - terminò Olimpia.
Infastidita dal comportamento della compagna, Xena dovette esercitare tutto l'autocontrollo di cui era capace, nel rispondere alla giovane: - Si, per carità, e chi osa contraddirti! Ti chiedo però di smettere di tenere il muso per qualcosa che forse... - si fermò per una frazione di secondo, - Forse neppure esiste. –
“Ah, qui ti volevo! - disse tra sé Olimpia, - Come avevo ragione... Per te il bacio che mi hai dato neppure esiste... Per gli dei, Xena...”, scosse la testa nervosamente e replicò, reprimendo a stento la sua rabbia nei riguardi della principessa guerriera: - Sei sempre così perspicace in genere, perché ora no? Non riesci a capire che sono stanca? - sospirò rumorosamente, - Ho bisogno di un po’ di riposo: gli ultimi avvenimenti mi hanno distrutta... –
- Mi spiace! - le rispose Xena con tono più pacato: - Se hai bisogno di riposo potremo fermarci qualche ora in più qui al villaggio, così potrai recuperare un po’ di carica… - abbassò gli occhi, mentre procedeva a liberare i piedi dalle pesanti calzature. - E di buona educazione, che non guasta mai! ”- aggiunse a bassa voce.
- Sì, fermarci al villaggio…- rifletté ad alta voce Olimpia.
- Si, ci potremmo fermare per qualche ora in più, così avrai modo di riprenderti. - ribadì Xena.
- Ora? - il bardo sospirò nervosamente. - Forse non hai capito bene, Xena. Se dovessi fermarmi, non sarebbe questione di ore! Parlo di giorni, mesi, lustri, non so, ma non certo di qualche ora! - tuonò impetuosa Olimpia.
Xena alzò leggermente il sopracciglio destro e contorse la faccia in una smorfia di stupore: - Non capisco. Perché vuoi fermarti così a lungo? Qual è il problema? –
- E va bene, visto che proprio non ci arrivi: ora sono io la regina delle Amazzoni! - si fermò per un istante, giusto per vedere la reazione della compagna. Xena, però, si mantenne fredda e distaccata. - Capirai, quindi, che ho molte responsabilità. - il bardo si morse il labbro inferiore, - Non... Non credo di poterti più seguire… - chiosò nervosamente, tutto d'un fiato, Olimpia.
A questo punto Xena ruppe gli argini: - Non capisco... -
- Ma è semplice Xena, io... - la interruppe Olimpia, nel tentativo di spiegarsi ancora.
- Lasciami finire! - intervenne la guerriera, - Non riesco a capire se a te faccia realmente piacere rimanere o se lo fai solo perché sei vincolata dalla legge amazzone! - le mani di Xena tremavano, mentre cercavano inutilmente di slacciare il chakram dalla cintola.
Il bardo la guardò a lungo, prima di proferire parola. Poi, mostrando l'indulgenza urtante di chi cerca di spiegare qualcosa di difficile ad un bambino troppo piccolo per capire, si rivolse all'amica: - La legge amazzone impone che, quando muore la regina, debba salire al trono la persona designata come sua erede. Io ero l’erede di Melanippe, Velsinea era un’usurpatrice. Ora lei è morta ed io devo prendere la reggenza del trono per guidare il popolo amazzone ed onorare la fiducia che Melanippe ha riposto in me! Cosa c’è, adesso, che non capisci?- , la voce della ragazza aveva assunto un tono quasi canzonatorio.
La mora non si lasciò maltrattare oltre: - Ti accontento: non capisco te ed il tuo stupido modo di fare! Olimpia, la legge va cambiata se costringe una persona a salire al trono anche se non ne ha nessuna voglia! –
- Ma io non posso… - si difese Olimpia che, per un attimo, vacillò, chiedendosi se Xena non avesse avuto ragione, come suo solito, ma fu interrotta dalla principessa guerriera: - Olimpia, te lo ripeto: ti fa piacere rimanere o lo fai solo perché la legge amazzone vuole così? -
Cadde per qualche attimo il silenzio tra le due che, pur condividendo lo stesso ampio giaciglio, si trovavano alle due estremità opposte del letto, quasi come se ad entrambe desse fastidio il benché minimo contatto fisico con l’altra.
- Sto aspettando una risposta. - incalzò Xena.
Olimpia si alzò, spense l’unica fiaccola accesa in quella stanza, poi tornò nel letto. - Sono stanca, buonanotte. - disse con tono scostante, glissando completamente la domanda della compagna.
Dopo l’iniziale collera per essere stata ignorata dall’amica, Xena si voltò su un fianco e pensò: - “E’ stato il più grande errore della mia vita baciarla...” - Stette ancora un po’ con gli occhi aperti, al buio, rimuginando, mentre una rabbia cocente iniziava a bollire nella sua testa e nel suo cuore: - “Olimpia... Se resterai al villaggio Amazzone perché ti senti obbligata, giuro che non mi rivedrai più per tutta la tua vita!” - Forzò gli occhi a restare chiusi, finché un sonno agitato non la strappò dalla triste realtà in cui stava vivendo.

Il sole penetrava da un’apertura della tenda: una luce leggera, ma abbastanza fastidiosa da svegliare Xena, che aprì lentamente prima un occhio, poi l’altro, per abituarsi alla luminosità del luogo. Appena fu completamente desta, udì il gallo cantare: era giunto il momento di alzarsi.
Senza fare il minimo rumore si tolse la coperta di dosso, si mise seduta sul letto ed indossò i suoi stivali; poi, si alzò in sottoveste e si diresse verso il tavolo dove la sera prima aveva poggiato l’armatura.
Appena giunta al tavolo si abbassò per prendere una borraccia dalla bisaccia. Rovistò un po’ prima di trovarla, riversando alcuni oggetti in terra, finché non si ritrovò una pergamena di Olimpia in mano: non resistette alla tentazione di aprirla e leggere quel che Olimpia aveva da poco cominciato a scrivere, scegliendo casualmente il rigo da cui iniziare.
“I miei viaggi con Xena sono fantastici: trascorriamo tutto il tempo a metterci nei guai e ad escogitare stratagemmi per venirne fuori! Lei è davvero una persona speciale... - Xena sorrise al pensiero che, davanti a lei, Olimpia non aveva mai osato definire le loro avventure “guai da cui tirarsi fuori” poi, curiosa di andare avanti, tornò sul rigo appena interrotto." … Ultimamente, però, sono io che sto cambiando. Non so, forse sto crescendo, o forse ho soltanto voglia di fermarmi per un po’, stanziarmi in un posto, avere tanta gente intorno a me, proprio come quando ero a Potidea… Solo che al mio villaggio non posso più tornare, altrimenti darei modo a mio padre di credere che con Xena non mi sono trovata bene ed aumenterei le sue antipatie nei riguardi della mia compagna di viaggio… Non so se a lei venga mai voglia di tornare a casa sua per un po’… Ma so che io ho bisogno di sentirmi a casa quando ci sono cose o situazioni così delicate che neppure lei può capire…”- Il sorriso che Xena aveva sfoderato qualche istante prima si tramutò in una smorfia dolorosa, non appena la donna ebbe letto quelle parole.
“Per gli dei, Olimpia... - pensò tristemente la guerriera, - Non mi hai mai fatto capire che ti trovassi così a disagio con me. Perché? - sospirò, - Se me lo avessi detto, tante cose sarebbero state diverse…” -
Xena trasalì appena udì i primi accenni di risveglio di Olimpia: si affrettò a riordinare tutto, bevve l'acqua e si mise l’armatura. Prima di lasciare la tenda, si avvicinò alla compagna, che stava ancora sonnecchiando, ed ammirò quanto bella ed innocente apparisse quando riposava con gli occhi socchiusi, la bocca semiaperta ed il palmo della mano sinistra chiuso a pugno sul cuscino . Il suo primo istinto fu di carezzarle il viso, poi le parole della sera precedente, mescolate a quello che aveva appena letto, contribuirono a farle cambiare dolorosamente idea e a farle lasciare la tenda senza dire, o fare, nulla.
Qualche istante dopo, Olimpia cominciò a muoversi nel letto, in uno stato di dormiveglia: allungò la mano, tastandolo, alla ricerca del corpo dell’amica, ma non lo trovò. Si svegliò così di soprassalto, ricordandosi immediatamente del brusco trattamento che le aveva riservato la sera precedente. Si alzò di scatto, si vestì ed uscì precipitosamente dalla tenda.
Le amazzoni del villaggio erano già al lavoro, compresa Anfitea, che intrecciava dei rami per preparare delle gerle con le quali avrebbero trasportato il grano al forno per polverizzarlo e farci il pane.
Dopo averla localizzata, Olimpia si avviò verso lei. Anfitea sollevò per un attimo gli occhi dal proprio lavoro e, vedendola arrivare, la salutò gioiosa: - Buongiorno Olimpia! Ben svegliata! -
- Buongiorno. - ricambiò frettolosamente Olimpia, : - Hai per caso visto Xena? - chiese bruscamente, in tono vagamente preoccupato.
Anfitea, che nel frattempo aveva ripreso a lavorare, iniziò a preoccuparsi seriamente per tutta la situazione che si andava creando: - Xena? E’ uscita dalla tenda poco fa e, a giudicare dalla sua espressione, non sembrava affatto serena. E’ successo qualcosa? - le chiese, sollevando gli occhi dalla canestra, in tempo per vedere che Olimpia si stava avviando in tutta fretta verso la stalla.
- Tranquilla! Argo è nella stalla…Vedrai, Xena ritornerà più tardi! - la fermò l'amazzone.
- Naturalmente! Già... - Olimpia ostentò un sorriso sicuro, nel tentativo di mascherare la paura che ancora l'attanagliava.
- Perché non ti siedi e parliamo un po’? E’ da tanto che non lo facciamo... - le propose Anfitea.
- Volentieri, ma...- principiò Olimpia, torturandosi le dita della mano destra con la sinistra.
- Non essere così tesa, come se dovessimo partire per la guerra! Ci siamo appena liberate di un grande pericolo, dovresti essere contenta e invece… - si spostò un poco di lato, - Dai, vieni a sederti qui! - l'amazzone batté qualche colpetto con la mano sulla pelle su cui era accucciata e dove avrebbe dovuto sedersi la fanciulla.
- Ma non devi allenarti? - le chiese Olimpia.
- E perché mai? Al contrario di te, non vedo minacce incombenti! E’ vero che siamo donne guerriere, ma tra poco arriverà l’inverno e noi dobbiamo fare scorte di provviste: dovremo pur mangiare! - rise, guardandosi attorno. Poi espirò rumorosamente: - Sfrutta questi attimi di pace per i lavori domestici! - le sorrise bonaria Anfitea. Convinta da quelle parole, la giovane si sedette e, taciturna, si mise a giocare con qualche ramoscello raccolto da terra.
Anfitea la fissò qualche attimo, poi si decise a parlare: - Sei sicura che vada tutto bene? Mi sembra che tu sia angustiata per qualcosa, ma non ho capito bene cosa… - Olimpia rimase ostinatamente muta, così Anfitea le diede bonariamente un colpetto con la spalla facendola sbilanciare lievemente: - E dai! Olimpia, mi spiace per te, ma sei brava a recitare tanto quanto Velsinea era brava a comandare noi amazzoni! - rise e strizzò l'occhio all'amica.
- Stai forse insinuando che sono una pessima commediante? - le rispose Olimpia guardandola divertita.
- Non lo sto insinuando, lo sto affermando! - rispose Anfitea. Le due iniziarono a ridere insieme.
Olimpia divenne lentamente più seria ed Anfitea capì che, forse, avrebbe iniziato a confidarsi.
Il bardo si schiarì la voce e prese a piegare il ramoscello che aveva in mano. Anfitea la spronò ad incominciare: - Se vuoi parlare, sono qui... -
In un momento di esitazione Olimpia disse: - Promettimi che, dopo quello che sto per dirti, non mi giudicherai in maniera sbagliata… -
L'amazzone le prese le mani tra le sue: - Ma certo, come potrei? Siamo amiche, Olimpia. -
La ragazza sospirò, annuendo con il capo: - Dunque… Tutto è cominciato quando io ed Autolico, che ospitava l'anima di Xena il lui, fuggimmo dal villaggio… Appena fummo abbastanza lontani da non poter essere presi, io chiesi ad Autolico come avesse fatto Xena ad insinuarsi in lui. Ovviamente la risposta del re dei ladri fu secca: -“Non lo so”-. Così, sentendo un'atroce nostalgia della voce di Xena, gli chiesi se per caso non potesse mettermi in contatto con lei. Sulle prime si mostrò un po’ restio ma, mentre ancora stava discutendo sui suoi diritti, Xena si impadronì di nuovo del suo corpo. Mi ordinò di chiudere gli occhi e di pensare intensamente a lei, così mi ritrovai subito in una dimensione parallela, una sorta di limbo, nel quale Xena appariva viva. - Il bardo chiuse gli occhi, ricreando nella sua mente quegli istanti magici in cui aveva creduto che il suo cuore non avrebbe retto al tumulto di emozioni che aveva scatenato in lei il rivedere la donna che amava e che credeva di aver perso per sempre. - <Sono qui, Olimpia> mi disse, mentre avevo già perso il controllo delle mie emozioni e piangevo come una bimba... Volevo toccarla, stringerla, portarla via con me: il tormento che mi attanagliava da quando era morta mi stava uccidendo lentamente: impazzivo all'idea di lasciarla in quel luogo senza spazio e tempo... - Olimpia si asciugò fugacemente una lacrima spuntatale all'improvviso, - Forse lei capì... Non so. Fatto sta che mi interruppe, mettendomi le mani sulle spalle, e mi disse che tutto sarebbe andato bene se avessimo recuperato l’ambrosia. Io allora, disperata e straziata dalla sua mancanza, le dissi: <Xena, non posso perderti ancora…>. Senza dir nulla, lei si abbassò e poggiò delicatamente le sue labbra sulle mie imprimendovi un dolcissimo bacio… - la giovane trasse un lungo respiro. - Deduco che sia stata quella la sua risposta… - Olimpia si fermò qualche attimo per riprendere fiato: era così particolareggiata la sua ricostruzione, che anche Anfitea aveva immaginato senza alcuna difficoltà tutta la scena in maniera nitida. L’amazzone commentò: - Deve essere stato semplicemente stupendo! Immagino che sia stato un passo importante di Xena nei tuoi riguardi, qualcosa che ti abbia fatto capire il sentimento che prova per te! -
- Magari fosse tutto così facile… - rispose sconsolata Olimpia.
Anfitea perse istantaneamente il buonumore: - Perché mai? -
Olimpia riprese a raccontare, perdendosi in alcune sue congetture: - All’inizio pensavo anch'io che da quel bacio in poi sarebbe mutato tutto il modo di intendere il nostro rapporto. Voglio dire: Un bacio è pur sempre un bacio, no? Se io bacio una persona, si presuppone che lo faccio perché provo un forte sentimento nei suoi riguardi. Se la supplico di riportarmi in vita è perché voglio trascorrere la vita con lei…Se la proteggo e la curo sempre con tanto amore e dedizione è perché forse sento il peso delle mie responsabilità su di lei, e le responsabilità sono sintomo di... -
- Olimpia! - la interruppe Anfitea, - Basta con queste divagazioni filosofiche! Vieni al dunque! - Olimpia trasalì come se si ricordasse solo in quel momento di non essere sola: - Scusa! - arrossì lievemente, poi continuò con tono deluso: - Ad ogni modo, la questione è che, da quando è tornata in vita, non ha fatto accenno alcuno al bacio, tanto meno ha manifestato la sua gioia nell’essere tornata con me! - il bastoncino di legno non sopportò oltre la pressione dell'incurvatura esercitata dal bardo e si ruppe con un rumore secco.
- Olimpia… Mi dispiace... - Anfitea le tolse delicatamente di mano i due pezzi di legno, - Però chi meglio di te sa com’è fatta Xena? Non dovrebbe esserti così difficile capirla: è così schiva e timida che non penso abbia avuto la forza di riparlartene, soprattutto se sa di avere agito d'istinto! -
Il bardo scosse ostinatamente il capo: - No, non credo sia questo... Ormai abbiamo tanta confidenza, ci diciamo praticamente tutto, viaggio da tempo incalcolabile con lei, e non ammetto un discorso del genere! - ribadì animatamente: - La verità è che a lei non importa nulla di me, mi vede solo come l'amica con la quale passa il tempo durante i suoi viaggi... Tempo che altrimenti passerebbe sola! - concluse tristemente.
- Sai che ti rispetto ed ho profonda stima di te, ma non ti sembra di essere saltata subito a conclusioni troppo avventate? - la ammonì Anfitea.
- No, non penso di aver avuto troppa fretta nel trarre le mie conclusioni, perché ogni suo atteggiamento, ogni suo gesto, da un po’ mi danno ad intendere che ho ragione! - Olimpia si alterò. - Per Diana, Olimpia! Ma è della tua compagna che stai parlando! Come puoi pensare questo di lei? - urlò Anfitea. Poi, recuperata la calma cercò di portare alla ragione l'amica: - E va bene, ammettiamo pure per un attimo che tu abbia ragione. Cosa vuoi fare? Fino ad ora mi hai detto che Xena ti ha baciata e poi non ti ha più detto assolutamente nulla in proposito, ma tu? Come ti sei comportata nei suoi confronti? Hai fatto accenno a quel bacio, dopo che lei è ritornata? -
- Xena mi ha baciata e sta a lei dichiararsi! - affermò Olimpia con tono fanciullesco, incrociando le braccia al petto.
L’amazzone scosse il capo, disapprovando: “Testarda!” , pensò. Poi si rivolse ancora alla giovane: - Posso farti una domanda? -
- E sia! - rispose con sufficienza Olimpia.
Anfitea fu chiara ed inesorabile: - Sinceramente, cosa provi per Xena? -.
La domanda, che metteva Olimpia di fronte alle sue responsabilità ed alla sua coscienza, le impose di rispondere con tutta la sincerità di cui era capace. Il bardo tirò un sospiro, afferrando un rametto dalla fascina accanto a lei: - Io la amo dal più profondo del mio cuore... - fissò lo sguardo nell'intensità amichevole di quello dell'amazzone di fronte a lei.
- E allora, cosa ti impedisce di parl… - iniziò Anfitea
- No! - tagliò corto Olimpia che, poggiate le mani a terra, fece forza su di esse per rialzarsi.
“Perfetto! Fine della discussione!”, realizzò Anfitea.
La giovane si alzò, gettando i rametti, ormai ridotti a poche fibre sfilacciate, nel fuoco: - Al vostro villaggio manca una regina, come avete pensato di fare? - aggiunse in tono autoritario.
- Beh… Non sappiamo ancora… - rifletté l'amazzone, grattandosi sbadatamente la guancia. - In effetti, ora che ci penso, per adesso la regina ci sarebbe… - rispose Anfitea, squadrando il bardo da capo a piedi.
Olimpia capì benissimo che l’amazzone stava parlando di lei: “Finora ho dato ad intendere a Xena che mi sarei fermata qua solo per suscitare una sua reazione, ma se mi fermassi davvero? - iniziò a rimuginare tra sé, - In fondo, ho tutto il diritto di ricoprire l’incarico che mi è stato affidato da Melanippe! E poi ho sempre sognato un po’ di tranquillità, una certa stabilità della mia vita: andare a dormire in un giaciglio vero, una comunità con cui interagire… Ammettiamolo, sono molti di più i vantaggi di una vita sedentaria con le amazzoni. - osservò sovrappensiero le labili lingue di fuoco che si alzavano dal falò ai suoi piedi, - E poi voglio allontanarmi per un po’ da Xena, perché sono confusa ed ho bisogno di fare chiarezza dentro me... E credo che anche lei abbia bisogno di questo! Si, forse è la soluzione ideale...”-
Interpretando il prolungato silenzio di Olimpia come un cenno di dissenso, Anfitea corse imbarazzata ai ripari: - E’ solo un’ipotesi tra le tante! Naturalmente, sempre se tu decidessi di rimanere… - si giustificò con il tono di chi sa di aver fatto una proposta inaccettabile. Ma non appena terminò la frase, buttata lì anche un po’ per provocazione, il bardo le rispose: - Si... -
- Cosa??? - chiese incredula Anfitea, strabuzzando gli occhi.
- Ho detto di sì: significa che rimango con voi e prendo il posto di regina! - il tono di Olimpia non ammetteva repliche.
- Quindi vuoi dire che da oggi e per tutta la tua vita sarai tu la nostra regina? - il tono costernato della donna non sfuggì alla giovane.
- Perché ti spiace? - Olimpia pose la domanda in modo alquanto freddo.
- No, no! Sai che ho estrema fiducia in te! E’ solo che qualche tempo fa non avresti preso questa decisione così a cuor leggero, e mi domandavo se… -
- Se Xena c’entri qualcosa? - l'anticipò Olimpia.
Anfitea si sollevò con uno slancio scattante dalla posizione seduta e si mise di fronte ad Olimpia raccogliendo le gerle che aveva appena preparato. Fissò la giovane di fronte a lei per un istante, poi le rispose fermamente: - Esatto. -
- Oh andiamo Anfitea! La mia vita non ruota tutta intorno a Xena! Se lei mi ama resterà con me! E comunque, in ogni caso, una pausa nel nostro rapporto non potrà che farci bene. - Olimpia cercò di assumere un atteggiamento quanto più risoluto possibile.
Anfitea, interpretando chiaramente la volontà di Olimpia, si chinò per onorare la nuova regina e, ancora a testa bassa, le chiese: - Quando avrà luogo la cerimonia dell’incoronazione? -
La ragazza sorrise: - Come “quando”! Dopodomani: la luna piena sarà alta nel cielo! Questo è il rito d'incoronazione delle regine amazzoni, dovresti saperlo! - si burlò Olimpia.
- Certo… regina! - rispose con una punta d'astio Anfitea.
L’amazzone spense il fuoco che aveva acceso, gettandovi col piede della sabbia e, prendendo in groppa tutte le sporte create, si allontanò: - Vado a comunicare la notizia alle altre amazzoni: data la tua fretta di essere incoronata regina, dovremo lavorare giorno e notte per preparare la cerimonia! - Il tono pungente dell'amica non sfuggì ad Olimpia che, però, preferì non ribattere, ma annuì e andò verso la tenda della regina, ancora vuota dopo che Velsinea l'aveva lasciata, per sistemare tutti i suoi effetti personali. Entrata, respirò l'aria carica di spezie e si guardò intorno, abbracciando con lo sguardo il posto in cui, entro non molto tempo, avrebbe dovuto stabilirsi.
Anfitea la seguì con lo sguardo finché non scomparve all’interno della tenda e, prima di tornare alle sue faccende, mormorò tra sé preoccupata: - “Xena non la prenderà molto bene!”-

di Dori e Bard and Warrior

2
3
4
5

Stampa il racconto


www.xandrella.com