La sua reazione
fu esplosiva: - Ma cosa stai dicendo! Non puoi obbligare tua figlia
a fare questo passo se non si sente pronta! - urlò furiosa.
Messa alle corde, Leuca cominciò a raccontare: - Vedete, tutto
è cominciato quando Selina è ritornata a Potidea dopo
la schiavitù di Ghurkan… Voi la riportaste a casa sana
e salva ma, dal giorno in cui fece ritorno, la sua vita fu ancora
più tormentata di prima. Sapete com’è: il paese
è piccolo, la gente mormora… - sospirò.
- E così si venne a sapere dove fosse stata e cosa avesse fatto
per sopravvivere in tutti quegli anni… - tagliò corto
Xena.
Leuca annuì, poi riprese: - Proprio per la voce che si era
sparsa, tutti cominciarono ad evitare mia figlia, come se fosse un’appestata.
Tutti… Compresi i giovani del villaggio che stava frequentando.
Così Selina, che sognava un grande amore, un matrimonio felice
e tanti bei bambini, rimase sola, abbandonata e dimenticata da tutti,
messa praticamente ai margini della nostra società… Anche
qualche pretendente, che si era fatto avanti per chiedere la sua mano,
ritirò l’offerta e decise di non sposarla più.
- cercando appoggio, la donna fece vagare lo sguardo sulle due guerriere.
Xena e Olimpia ascoltavano costernate. Leuca riprese: - Poco tempo
dopo che anche l’ultima speranza di matrimonio se n’era
andata in fumo, un uomo, Zeto, che aveva conosciuto Selina al mercato,
si presentò da me, dicendo che se avessi voluto riscattare
la condizione sociale di mia figlia, lui l’avrebbe sposata ben
volentieri, perché, morta sua moglie, gli serviva una donna
che badasse alle faccende domestiche e che accudisse suo figlio. Quindi
io la promisi in sposa a lui… - S’interruppe.
Olimpia la guardò sgomenta: - E poi? -
Tirando un grande respiro Leuca continuò: - Feci in modo che
i due si conoscessero meglio e Selina sembrava apparentemente contenta
di aver avuto la sua rivincita sociale, soprattutto perché
si stava rendendo utile al giovane figlio di Zeto. Finché,
un giorno, non lessi uno scritto cadutole per sbaglio, una poesia
in cui manifestava palesemente il suo amore per Atreo, tra l’altro
pienamente ricambiato… -
- E chi sarebbe Atreo? - chiese Xena, sempre più disorientata.
- Atreo è il figlio di Zeto. - rispose semplicemente Leuca.
- No, c’è qualcosa che non torna. - esclamò spazientita
Olimpia, - Ma se Selina ama Atreo e Zeto ha dichiarato che non era
un problema per lui sposare una persona considerata una poco di buono,
che differenza fa se, invece di Zeto, la sposasse Atreo? Visto che
si amano…- tagliò corto il bardo.
- Io non voglio che sposi Atreo! - urlò a sorpresa Leuca. -
E’ cieco, non ha un lavoro: passa tutto il giorno a comporre
canzoni con la sua cetra! Non le potrebbe offrire nulla di buono!
-.
La determinazione e l’ottusità della donna irritarono
Xena: - Stai parlando di questo ragazzo come fosse un delinquente!
Che colpa ne ha se è cieco? Vuoi il bene di tua figlia? Beh,
stai sicura che obbligandola a sposarsi con un uomo che non ama non
lo farai di certo! Anzi, in cambio otterrai da lei soltanto disprezzo!-
- Non voglio! Selina deve sposare Zeto: e così sarà.
Mia figlia deve scordare quel giovane. Non fa per lei! -
Le due capirono che, almeno per quella sera, non ci sarebbe stato
verso di far ragionare Leuca.
Olimpia, sorpresa di trovare nella sorella una donna completamente
diversa da quella che si ricordava, le disse, prima di congedarsi:
- Fa un po’ quello che credi, ma non decidere tu la vita di
tua figlia! Non ripetere l’errore di nostro padre. - voltatele
le spalle, s’accinse a salire le scale.
- Ho sempre sentito dire che l’amore è cieco, ma non
pensavo che Selina prendesse alla lettera questo motto! - si sfogò
Leuca, portandosi le mani al viso per asciugarsi una lacrima scesa
a rigarle il volto.
- Dimentichi una cosa, sorella: l’amore è cieco, ma guarda
lontano. - le rispose Olimpia, ancora troppo scossa dal litigio e,
senza proferire altre parole, se ne andò via, lasciando la
donna sola coi suoi pensieri.
- Comincia ad andare, Xena. - sussurrò il bardo, spossato da
quella situazione assurda, - Io vado a fare un giro, al fresco, per
cercare di mandare giù un po’ meglio questo peso che
mi porto dentro… -
- Sicura? Non vuoi che ti tenga compagnia? - le propose la guerriera,
poggiandole le mani sulle spalle.
- Senza offesa, ma preferisco stare sola. -
- Come vuoi. - le sorrise la donna, - Ma non fare tardi: ti aspetto
alzata. -
- Non ti prometto nulla… E se ti addormenterai non me la prenderò…
- il bardo accolse il bacio della compagna e lo ricambiò con
dolcezza.
- A dopo… - le disse Xena.
Così, mentre la guerriera si dirigeva verso la camera, Olimpia
uscì dal portico. In realtà, sperava in cuor suo di
trovare la nipote da qualche parte nei dintorni, per poter parlare
un po’ con lei.
Olimpia passeggiava
verso il granaio, stringendosi le spalle in un telo che aveva trovato
su un tavolo nel portico quando, improvvisamente, la sua attenzione
fu catturata da brusii che le arrivavano, confusi, dalla stalla dove
riposavano il suo cavallo ed Argo II. Più per precauzione che
non perché sentisse davvero l’imminente pericolo, sfoderò
un sai dal calzare e si avviò di soppiatto verso quei rumori.
Giunse alla stalla da dietro e camminò nascosta dai cespugli,
finché arrivò sul lato davanti dove, con sua grande
sorpresa, vide seduti su una panca Selina ed un ragazzo, intenti a
parlare abbracciati. Olimpia cercò di non farsi intenerire
da quella scena e, tentando di fare meno rumore possibile, cominciò
ad ascoltare la loro conversazione.
-…E così, ho scagliato via il calice col vino e sono
corsa fuori. Speravo saresti riuscito a venire anche stasera! –
stava mormorando Selina.
- Non è stato facile, devo ammetterlo: ho aspettato che mio
padre andasse a dormire, poi con grande fatica, muovendomi a tentoni,
sono uscito dalla finestra della mia stanza. Ho rischiato, ma non
resistevo senza incontrarti! - parlò il giovane.
- Atreo! Quanto ti amo! Nessuno può immaginare quanto tu sia
importante per me! –
- E’ lo stesso per me, mia piccola stella polare! –
- E se ci dividessero? - chiese preoccupata Selina al suo fidanzato.
- Ecco, a tal proposito, volevo proporti una cosa, anche se so che
forse è una pazzia…- le rispose Atreo.
- Nulla mi sembra più folle del fatto che ci vogliano dividere…
- affermò tristemente la ragazza. – Avanti, dimmi tutto!
- lo incitò Selina.
Il giovane prese fiato e, continuando sulle parole dette poco prima,
disse: - …Una fuga! –
- Una fuga? - chiese riflettendo la giovane.
- Si, - fu la risposta candida del ragazzo – Pensaci: potremo
fuggire lontano da Potidea, andare in qualche villaggio dove nessuno
sappia chi siamo e sposarci, per rimanere sempre uniti. E se anche
un giorno dovessimo fare ritorno a Potidea, non credo che i nostri
genitori, di fronte all’impegno che abbiamo assunto davanti
ad un sommo sacerdote, possano avanzare pretese o porre obiezioni
sulla nostra relazione. Che ne dici? - Chiese Atreo, entusiasta dell’idea
che aveva avuto.
Illuminandosi in volto, e prendendogli le mani tra le sue, Selina
gli rispose: - Atreo, è un’ottima idea! Solo che non
posso costringerti ad andare via di casa, non nella tua situazione,
ecco… voglio dire… -
Atreo l’anticipò: - Ti riferisci per caso alla mia cecità?
– Selina sospirò ed egli riprese: - Oh, ma non sarà
certo la mia cecità a fermarmi. Se credi che la mia cecità
valga per me più di un eventuale futuro insieme, allora non
hai capito nulla! Io ho deciso che voglio vivere la mia vita con te
e per farlo mi rendo conto che l’unica opportunità che
abbiamo è fuggire da qui! - Selina si convinse che effettivamente
le osservazioni di Atreo erano più che giuste, allora gli rispose:
- Va bene amore! Se è l’unico modo per rimanere insieme,
fuggiremo domani stesso! -
Olimpia, che aveva ascoltato basita tutta la loro conversazione, si
rese conto che doveva intervenire subito, per evitare alla nipote
uno degli sbagli di cui si sarebbe poi pentita a vita. Mentre i due
discutevano infervorati, progettando ogni dettaglio della loro fuga,
senza fare il benché minimo rumore Olimpia uscì dal
cespuglio e si posizionò alle loro spalle, poco distante da
loro. Poi, parlò con tono autorevole.
- Sinceramente, credo che voi stiate sbagliando tutto, se considerate
la fuga come unica via d’uscita ai vostri problemi d’amore...
–
Selina si voltò di scatto e vide la zia, dietro di lei, fissarla
a braccia conserte. La giovane esclamò: - E tu cosa ci fai
ancora alzata a quest’ora? -
Poi tranquillizzò il suo fidanzato, che nel frattempo era scattato
in piedi con i nervi tesi ed un bastone in mano, pronto a difendere
la sua donna da pericoli a lui ignoti : - Metti giù quel bastone,
è solo mia zia. Non ha alcuna intenzione di farci del male.
–
Olimpia rispose: - Certo! Non voglio farvi alcun male, né voglio
permettere a voi stessi di farvene! Scappare è un errore! –
- Non abbiamo altra scelta purtroppo... - replicò il giovane
abbassando il capo in segno di resa.
- C’è sempre un’altra scelta! - lo rimbrottò
Olimpia.
Selina s’inserì, decisa: - Olimpia, sai che ti rispetto
e che mi lega a te un sentimento di affetto profondo. Ti sono grata
perché mi hai restituito la libertà, ma se sei venuta
qui a farmi la predica, risparmia pure il fiato: tutto quel che hai
fatto per me non basta a farmi rinunciare ad Atreo! – cercò
con la mano quella del proprio compagno e gliela strinse forte.
- Selina, io non sto dicendo che il vostro amore sia sbagliato, sto
solo dicendo che la vostra fuga è sbagliata! – s'infervorò
Olimpia.
La giovane sembrò rasserenarsi un attimo alle parole del bardo,
così assunse un atteggiamento meno ostile nei suoi riguardi.
Poi Olimpia continuò, avvicinandosi a loro: - Siete entrambi
inesperti, la realtà al di fuori di Potidea non è bella
come sembra: ve lo dice una che il mondo l’ha girato! –
s’interruppe, apprestandosi ai due amanti, - Se voi attuerete
la vostra fuga, dove andrete? Cosa farete per poter sopravvivere?
Qui almeno siete protetti dalle vostre famiglie, dalla gente del paese;
un tetto in testa lo avete e, fortunatamente, un piatto caldo non
vi manca. Avete mai pensato che, fuggendo, tutto questo potreste non
lo averlo più? -
- Ma saremmo insieme!- esclamò Atreo, con foga.
- E’ vero, - riprese Olimpia, - Ma per quanto? Per quanto grande
sia la forza di questo sentimento, non potreste vivere solo di amore
ed aria! - il bardo prese tra le mani un piccolo ramoscello e iniziò
a girarlo tra le dita: - Se il vostro amore è realmente così
grande, perché invece di fuggire non rimanete qui, a casa vostra,
per combattere e difendere il vostro sentimento? –
Selina rise amaramente: - Combattere per il nostro amore è
troppo difficile, perché nessuno capirebbe mai… Sarebbe
una battaglia persa in partenza! –
- Tutte le più grandi battaglie sono state difficili, per questo
hanno sempre portato a grandi trionfi! E, comunque, non c’è
nulla di più grande per cui valga la pena di lottare che l’amore!
– ribatté con foga il bardo.
Selina ed Atreo tornarono a sedersi scoraggiati, mano nella mano,
ed all’unisono risposero: - Tu parli facile! – Poi, Selina
continuò da sola: - Chi sarebbe disposto ad accettare nella
società una ex puttana ed un cieco che non può far nulla
se non suonare la sua cetra? Eh? –
Olimpia non prese bene quelle parole cariche di risentimento; era
tentata di andare via ed abbandonare quei due al loro destino, ma
si fermò un attimo a pensare, socchiuse gli occhi e, subito,
le venne in mente Xena. “Che cosa ne sarebbe stato della
mia vita se la mia compagna non mi avesse salvata da me stessa e del
mio destino segnato di popolana campagnola intrappolata in questo
piccolo, ottuso paesino?”, pensò. Proseguì
poi ad alta voce: - Se tu per prima consideri il tuo ragazzo un cieco
buono a nulla e te stessa una sgualdrina, mi dici chi mai potrà
credere nell’autenticità del vostro amore? –
- Belle parole zia, ma sono soltanto frasi melense dette da una poetessa,
che per di più è anche un’eterna ottimista! La
verità è che tu non sei mai stata innamorata veramente!
– le rispose astiosa Selina
- E come fai ad essere così sicura di questo? - la rimproverò
Olimpia, portandosi a sedere su un masso poco distante dai due.
- Parliamoci chiaro Olimpia… - le disse la nipote, - …A
meno che tu non sia innamorata di Xena, mi risulta molto difficile
credere che tu abbia mai amato qualcuno, altrimenti ti saresti comportata
diversamente e la tua vita avrebbe preso tutt'altra piega! –
continuò sprezzante Selina.
- Fossi in te andrei piano con gli insulti! - l’apostrofò
Olimpia, rossa di rabbia, - E’ proprio perché il mio
stare con Xena non è stata cosa facile che ora vi dico questo!
–
Selina si fermò qualche istante, confusa, ma i suoi dubbi furono
subito fugati da Olimpia che, tutto d’un fiato, disse: - Vuoi
sapere se io e Xena stiamo insieme? Se siamo una coppia? Ti accontento
volentieri: è vero, io e Xena siamo compagne. Non amiche, hai
capito bene: compagne. –
I due giovani, a quella rivelazione, sembrarono mostrare molto più
interesse in ciò che il bardo diceva loro. Tornarono a sedersi
tenendosi per mano: Selina non staccava gli occhi dal bardo, come
se la notizia avesse acceso in lei una curiosità difficilmente
controllabile.
Quello sguardo indagatore iniziò a mettere a disagio Olimpia:
- Non guardarmi come se fossi un mostro, Selina… - le sussurrò
con un filo di voce, - I tuoi occhi valgono più di mille parole,
in questo momento. So bene cosa stai pensando… - terminò
tristemente, accennando ad andarsene.
Sul viso della ragazza si disegnò allora un’espressione
stupefatta. Sgranò gli occhi ed allungò una mano, quasi
a voler fermare, con quel gesto, la donna: - No! Non andare…
-
A quelle parole Olimpia si voltò.
– Resta con noi ancora un po’. Sei stata l’unica
a capirci e a provare a parlare con noi: nessuno aveva mai trovato
interesse nell’ascoltare cosa avessimo da dire. – Selina
trasse un profondo respiro, - Era come se fossimo spettatori inermi
di fronte a chi stava organizzando la nostra vita. Tu invece…
- guardò la zia con riconoscenza, - tu ci hai ascoltati: è
importante. Tu sei importante, Olimpia. Non m’importa come tu
abbia scelto di vivere la tua vita. M’importa che tu sia felice
e se con Xena hai trovato quello che cercavi per me sta bene. –
Come attratta dalle parole della nipote, il bardo s’avvicinò
ai due e, istintivamente, prese tra le sue la mano che Selina le stava
ancora tendendo.
- Non sei arrabbiata con me, quindi? – la domanda le scivolò
dalle labbra ancora prima che avesse il tempo di formularla nella
sua mente.
- E perché dovrei? – ripose la ragazza, candidamente.
– Tu mi hai salvata dall’inferno di Gurkhan, mi hai ridato
la vita, ora mi ascolti e dimostri una volta di più di volermi
bene. Perché dovrei avercela con te? Ti prego, fermati ancora
un po’ e raccontaci la tua storia -
Olimpia fissava commossa la nipote, stringendole ancora la mano. Sorrise:
- E sia, vi racconterò la nostra storia… Anche noi siamo
scappate per un po’, spesso anche da noi stesse, ma più
scappavamo più capivamo che era inutile! – fece una breve
pausa, - Ecco perché non serve a nulla partire, lasciare tutto
nella convinzione che la distanza sia d’aiuto. A poco giova
la fuga, quando sono dentro di noi le cose da cui fuggiamo…
-
Atreo assentì col capo: - Seneca… -
Olimpia sorrise: - Non è solo filosofia, Atreo: presto capirai
che anche la vita vera è riassumibile in poche parole…
E comunque, sì, è proprio Seneca. -
Il bardo cominciò ad accendere un piccolo fuoco, per la lunga
notte che avrebbero dovuto attraversare, poi tornò a sedersi,
stendendo a terra il telo che aveva usato per coprirsi e, alimentando
il fuoco con rametti secchi sparsi lì intorno, cominciò
a raccontare: - Dunque, tantissimo tempo fa Xena ed io…-
ATTO 1
30 ANNI PRIMA
La lava incandescente
ribolliva al di sotto del precipizio dalle quali erano affacciate
Xena ed Olimpia. L’aria era pesante, maleodorante e carica di
gas; la vegetazione circostante ricopriva qualche piccola solfatara,
che contribuiva a rendere più malsano il posto. Le due guerriere
tendevano l’orecchio, attente a carpire qualsiasi suono che
potesse far loro capire se Callisto e Velsinea, precipitate pochi
istanti prima, fossero vive o morte: non percepivano altro che i gorgoglii
delle bolle infuocate, che si frangevano rumorosamente al contatto
con l’aria.
- Sono ancora vive? - domandò impaurita e tremante Olimpia,
mentre stringeva sempre di più il braccio di Xena. Continuando
accuratamente l’ispezione, Xena rispose: - Non lo so…
Ma credo di no, Olimpia. Non c’è traccia di esseri umani
qui sotto… Mi risulta un po’ difficile credere che, seppure
fossero semidivinità, siano riuscite a sopravvivere all’unico
elemento che può distruggerle. – in cuor suo la guerriera
sperava che le sue parole corrispondessero al vero.
- Pensi che potremo dormire sogni tranquilli ora? - ribatté
rincuorata Olimpia, recuperando un po’ di colorito sulle guance
dopo il tremendo spavento.
- Spero di si… - sussurrò Xena, - Vieni, andiamo via
da qua e portiamo la notizia alle amazzoni! – passò protettivamente
un braccio intorno alle spalle dell’amica.
- Ora avranno bisogno di una regina nuova… - constatò
amareggiata Olimpia.
- Già! - fu l’unica risposta di Xena. La guerriera fischiò
ed in pochi minuti Argo comparve come dal nulla per riportarle al
villaggio.
Il viaggio non
era molto lungo ma il persistente mutismo instauratosi tra le due
sembrò trasformare poche ore in lustri interi. Inspiegabilmente,
tra Xena ed Olimpia era piombato il silenzio. Ma l’assenza di
suoni era solo apparente: a quel silenzio, nelle loro menti, corrispondeva
tanta confusione.
In realtà, ciascuna delle due stava ripercorrendo mentalmente
le ultime ore della loro avventura: dalla morte di Xena al suo ritorno
in vita, ed entrambe meditavano su una cosa in particolare, un piccolo
gesto che, anche se si sforzavano di ricacciare nell’angolo
più profondo dei loro cuori, tornava sempre a galla: il loro
bacio nell’aldilà.
A dire il vero, Olimpia non era affatto turbata dalla morte di Callisto,
tanto meno da quella di Velsinea. L’unica cosa che la sconvolgeva
profondamente era il fatto che, dopo essere tornata in vita per merito
suo e di Autolico, Xena non aveva fatto il benché minimo accenno
a ciò che era successo mentre si trovavano entrambe nella dimensione
parallela. E questo la faceva stare male perché, per lei, quel
bacio aveva voluto dire tanto.
La fanciulla era affranta: non riusciva a dimenticare quelle labbra,
la trepidazione che aveva preso per qualche istante il suo corpo;
tutto il buono ed il bello che di Xena aveva potuto vedere quando
era entrata in lei; il calore, la protezione, l’umanità
e l’immensa sensibilità propria solo di chi nella vita
ha un unico scopo: proteggere i più deboli; l’amore e
la dedizione che metteva nel fare qualsiasi cosa, della più
banale alla più impegnativa. Per lei Xena era tutto questo;
per tutti questi motivi sentiva di amarla profondamente. Impazziva
all’idea di aver frainteso tutto: con quel bacio lei aveva toccato
il cielo con un dito, aveva creduto che finalmente la natura più
profonda della loro relazione si stesse in quel momento delineando
e che, da allora, tutto sarebbe stato diverso, loro sarebbero cambiate,
ed entrambe avrebbero visto l’altra con occhi diversi. Aveva
creduto che, finalmente, avrebbe potuto lasciarsi andare e confidare
alla compagna le forti emozioni che le procurava ogni suo sguardo,
ogni suo movimento, ogni suo singolo gesto. Avrebbe potuto aprirle
il cuore, rivelandole che sentiva di amarla da sempre… Invece,
tutto adesso sembrava così confuso...
Olimpia rifletté: “Forse ho frainteso tutto? Per
quale motivo Xena mi ha baciata se non prova amore nei miei riguardi?
O quanto meno non me lo dimostra… E perché io mi sono
lasciata baciare?”. Sospirò rumorosamente, “
Probabilmente, ero così ansiosa di dimostrarle quanto fossi
capace di amarla, che non mi sarei potuta fermare neppure se avessi
voluto. In quel momento c’eravamo solo io, lei, i nostri cuori
e le nostre labbra che si univano... Dei! Che meravigliosa sensazione:
se anche fossi morta in quell’istante non avrei avuto nessun
rimpianto… Mi scoppiava il cuore dalla gioia...”
- sorrise a se stessa, - “E pensare che per poco non glielo
dicevo! < Xena ti amo da morire, torna da me perché senza
te non posso vivere!>”, sovrappensiero si morse il labbro
inferiore, arrossendo per i suoi stessi pensieri: “Non oso
pensare al pasticcio che avrei combinato se mi fosse sfuggita di bocca
quella frase…”. Malgrado l'umore nero, un attimo
di esaltazione la colse, al ricordo di quelle labbra calde fuse alle
sue, ma tutto svanì quando realizzò: “Sono
così confusa… Non so che fare, sono talmente imbarazzata
da non riuscire neppure a guardarla negli occhi per più di
un istante… Come farò a conviverci una vita intera, specialmente
se dovesse dirmi che non prova i miei stessi sentimenti?”.
Dal canto suo, anche Xena era molto più silenziosa del solito,
rintanata com'era nei suoi pensieri: “L’ho baciata!
Sono riuscita a baciare la donna che amo, l’unica persona che
abbia mai amato nella mia vita… Ho buone probabilità
di poterle dichiarare i miei sentimenti allora!”. Sorrise,
ripensando al bacio: “ Se ci ripenso, mi viene quasi la
pelle d’oca… E’ stato così dolce, intenso,
carico di passione… Ho assaggiato per la prima volta le sue
labbra... Non ero mai rimasta così spiazzata da un semplice
bacio. Forse perché non l’ho mai desiderato più
di qualsiasi altra cosa al mondo!”, la donna sorrise al
ricordo intenso, capace in ogni momento di provocarle brividi di eccitazione
lungo tutta la schiena. Ben presto, però, la sua eccitazione
si tramutò in panico, mentre la consapevolezza di ciò
che era realmente accaduto tra loro due prendeva lentamente piede
nella sua testa: “ Oh Dei! Ho baciato Olimpia! E’
stata una follia: così rischio di perderla! Quel bacio è
stato sicuramente frutto del mio irrefrenabile istinto; accidenti
a lui che me l’ha fatta baciare senza curarmi di nulla!”,
istintivamente, contrasse i muscoli della mandibola, come sempre quando
un pensiero importante le infastidiva la mente: “Il fatto
che lei stia sempre con me e che io mi prenda cura di lei, non mi
autorizza a baciarla solo perché muoio dalla voglia di sfiorarle
le labbra…”, scosse la testa in senso di diniego,
“Xena, Xena... non hai pensato alle conseguenze che avrebbe
avuto quel gesto??”, sospirò rumorosamente, “Ero
così ansiosa di dimostrarle quanto fossi capace di amarla,
che non ho pensato che magari lei non prova le stesse cose per me…”,
Xena sentì che il cuore iniziava a batterle all'impazzata:
era pazzesco! Neppure in battaglia le era mai capitato di avere paura!
E ora, il solo pensiero di poter perdere Olimpia l'agitava più
di ogni altra cosa al mondo. “Ora che sono tornata in vita,
lei non ha più accennato a quel momento: temo che abbia accettato
il mio bacio solo perché c’era il rischio di non vederci
più...”.
La guerriera si voltò per un attimo, giusto il tempo di assicurarsi
che il viaggio di Olimpia procedesse bene. Constatato che l'amica
la stesse seguendo, senza dir nulla si calò di nuovo nei suoi
pensieri: “In fondo è stata chiara: con me si sente
protetta, quindi cerca un’amica, una sorella maggiore…
Null’altro. Se solo sapesse che sono follemente innamorata di
lei! Ma in quel caso, però, forse la perderei per sempre. Sono
così confusa… Non so che fare, sono talmente imbarazzata
da non riuscire neppure a guardarla negli occhi. Non riesco a parlarle
se non con freddezza e superficialità, talvolta sono addirittura
offensiva nei suoi confronti, pur senza volerlo… Come farò
a conviverci una vita intera senza poterle mai dire “ti amo”?
Senza poterle carezzare il viso e sperare che si possa andare oltre?
Senza abbracciarla e rimanere incollata a lei il più a lungo
possibile? Senza poter fantasticare sempre su nuovi regali o pensieri
che possano renderla felice nella nostra intimità?”.
Perse nei loro
pensieri, le due si avvicinarono al villaggio amazzone.
di
Dori e Bard and Warrior