- In verità
non ero morta del tutto, ero come in una specie di limbo: sospesa
tra la morte e la vita. Non so neppure io perché... Bastava
realmente poco per farmi precipitare dall’una o dall’altra
parte. L’unico modo per poter tornare completamente in vita,
era quello di assaggiare un pezzetto di Ambrosia… - spiegò
Xena.
- Il cibo degli dei?? Oh, Xena, sempre soluzioni semplici per te,
vero? - Irene rise bonariamente. - Ebbene? Ci riuscisti, a quanto
vedo... -
La guerriera si passò una mano sul viso, quasi a cacciarne
l'ombra che vi si era dipinta: - Sì... Olimpia giocò
un ruolo determinante, perché trovò l’Ambrosia
e si occupò personalmente di farmela avere. Ma le cose non
furono tanto facili, perché anche Velsinea, spinta dalla brama
di potere ed invincibilità, era sulle sue tracce, e fece di
tutto per sottrarre ad Olimpia il cibo degli dei. Ad ogni modo, alla
fine, grazie a lei e ad altri nostri amici riuscimmo ad averla vinta
e potei ritornare in vita… -
- Quindi devo ad Olimpia se ti ho potuto riabbracciare? - chiese Irene
piena di ammirazione e gratitudine nei riguardi della fanciulla.
- Beh, si! - concluse Xena, arrossendo.
Irene rifletté un attimo, prima di rivolgersi alla figlia:
- Ricordami di ringraziarla quando la vedo la prossima volta…
- ma si arrestò immediatamente, bloccata dallo sguardo turbato
della figlia. - Perché la rivedrò ancora, non è
vero? - chiese preoccupata.
Xena abbassò lo sguardo e sospirò: - Non lo so.. -
- Ma se lei ti ha salvata e tutti erano felici e contenti, perché
poi siete arrivate ad una rottura? -
- Vedi madre, quando ero in quel... limbo... potevo sentire e vedere
tutto quello che accadeva nel mondo dei vivi, ma non avevo la possibilità
di far capire alle persone che io ero con loro perché non potevo
toccarle, né loro potevano udire la mia voce, divenuta impercettibile
come soffi di vento. Però dovevo far capire ad Olimpia che
c’ero, che ascoltavo le sue preghiere, ed asciugavo le sue lacrime
di notte, facendola poggiare sul mio petto finché non cedeva
alla stanchezza... Scoprii che l’unico modo per comunicare con
lei era impadronirsi del corpo di qualcuno: solo attraverso il corpo
del nostro amico Autolico riuscii a manifestarmi a lei, darle disposizioni
circa il piano e, non so come, trasportarla nella mia dimensione,
dove riuscimmo a vederci… - si arrestò, alzandosi a prendere
una coperta da mettere sulle gambe perché infreddolita.
Irene stentava a credere alle proprie orecchie: - E’ incredibile...
- riuscì a dire con un filo di voce. Xena approfittò
di essere in piedi per buttare qualche altro tronchetto nel camino
e ravvivare il fuoco: - Arrivo al punto… - si arrestò
un istante per poi voltarsi a guardare la madre negli occhi. Non usò
mezzi termini: - Quando l’ho rivista l’ho baciata sulle
labbra. -
Irene fece una smorfia di stupore, sgranò gli occhi, spalancando
la bocca: - Ba… Baciata? -, balbettò incredula.
- Si, madre, l’ho baciata! - rispose con calma Xena.
Irene mandò giù tutto d’un sorso il latte rimasto
nel boccale, poi chiese inesorabile: - E perché l'hai fatto?
-
Xena tornò a sedersi: - Perché si bacia una persona?
- domandò a sua volta.
- Nel tuo caso, proprio non lo so: io non ho mai baciato un’amica
sulle labbra! - le rispose sua madre, sarcasticamente.
- L’ho fatto perché, in quell’istante, ho capito
di amarla non più come semplice amica… Tutto l’insieme
di forti emozioni di quel momento, unito al fatto che non sapevo se
avrei potuto rivederla ancora, mi ha portato a quel bacio! -
- L’hai baciata… - considerò seriamente Irene,
- Quindi la ami davvero? - il suo tono era di chi cercava una conferma
a ciò che aveva udito.
- Purtroppo sì... - rispose Xena, rassegnandosi alla verità
dei fatti.
- Perché purtroppo? Amare è una cosa bellissima. - Xena
sgranò gli occhi. - Tesoro, non condivido la scelta che hai
fatto ma non ti posso biasimare. Personalmente ti avrei vista meglio
con un uomo… Ma la vita è tua e io ti voglio bene e voglio
il tuo bene. Da sempre e sarà sempre così... Sono tua
madre, no? - chinò la testa, per incontrare lo sguardo di Xena,
che aveva abbassato gli occhi.
- Strano... Per tutta la vita anche io mi sono immaginata con un uomo
al mio fianco, non necessariamente lo stesso... Fino a che non ho
incontrato lei…- la guerriera sospirò, ricambiando lo
sguardo di sua madre – Poi... è stato come se Giove mi
colpisse con uno dei suoi fulmini in pieno petto! Lei mi è
diventata più indispensabile dell'aria che respiro... E non
per la sua bellezza, che è un fattore secondario, ma per la
sua purezza d’animo! -
- E lei cosa prova nei tuoi riguardi? - Irene sospirò profondamente,
rassegnata alla consapevolezza che sua figlia non avrebbe mai fatto
marcia indietro, rinnegando i suoi sentimenti per quella donna.
- Non lo so… - fu la risposta demoralizzata di Xena, - Ed è
l’incertezza una delle cause scatenanti del nostro litigio…
-
- Ma tu hai mai provato a parlarle? - Irene, seduta stante, mise da
parte la sua opinione personale per dare manforte alla figlia.
- No… Non ne ho mai avuto né la possibilità, né
il coraggio di farlo… Per paura di un rifiuto… - sorrise,
più a se stessa che alla donna di fronte a lei, - Incredibile
da parte mia, eh? D’altronde, da quando sono tornata in vita,
lei non ha fatto il benché minimo accenno a quel momento di
intimità fra di noi… - terminò tristemente, lo
sguardo di nuovo basso.
- E perché, tu l’hai forse fatto? Hai mai portato i vostri
discorsi sul bacio che vi siete scambiate? - Irene sorrise, sicura
delle proprie parole. - Conoscendoti, figliola cara, direi proprio
di no! L’avrai sicuramente fuorviata per non farti chiedere
dell’accaduto! - Xena arrossì violentemente, ma ciò
non fece desistere la madre dall'andare avanti nelle sue considerazioni.
- Non hai mai pensato che lei fosse spaventata dei suoi sentimenti
almeno quanto te? In fondo ha ricambiato il bacio senza batter ciglio,
giusto? Questo vuol dire che non le sei indifferente! -
- Non lo so madre, sono molto confusa! - esclamò Xena, portandosi
entrambe le mani ai lati della testa e scrollandola come per azzerare
tutti i suoi pensieri
- Se ho ben capito tu muori, lei si dispera e, a quel punto, tu ti
rendi conto di aver fatto una delle più grandi idiozie della
tua vita… La cerchi per farti aiutare, lei ti trova, tu la baci
e manifesti palesemente quali sono i tuoi sentimenti nei suoi riguardi,
Olimpia ti salva, tu ritorni tra i vivi e da allora non vi siete chiarite
più? - riassunse Irene in poche frasi, guardando intensamente,
ma senza vedere, le lingue di fuoco che si sprigionavano dai ciocchi
nel camino. Quando alzò gli occhi, la donna si ritrovò
di fronte allo sguardo basito della figlia. Irene fissò Xena,
in attesa di una risposta.
- Si, è andata precisamente così… - rispose Xena
ancora sconvolta dalla perspicacia della madre.
- E perché, per Giunone? Lei ora dov’è? - Irene
sentì che si stava innervosendo: sua figlia non si decideva
a capire che stava sbagliando su tutta la linea. Da certi errori non
si può tornare indietro a piacimento, poi...
- L'ho lasciata nell’unico posto dove sapevo sarebbe stata al
sicuro e in pace: il villaggio amazzone della nostra amica Anfitea…
- rispose rassegnata Xena.
- Vuoi dire che è tornata per farsi proclamare regina? - le
chiese meravigliata la madre.
Xena si avvicinò al camino, giocherellando nervosamente con
un gingillo trovato sulla mensola della cappa: - Esatto... -
Irene scosse nervosamente la testa: - Perché state giocando
a ferirvi a vicenda? Vi state facendo così tanto male, che
rischiate un’incrinatura definitiva del vostro rapporto. Dimmi:
è questo che vuoi? Non credi che sarebbe più facile
parlarne e chiarirvi una volta per tutte? - incalzò ancora
- Ormai è troppo tardi! - Xena, stizzita, picchiò un
pugno vicino alla parete. Davanti allo sguardo allarmato ed incredulo
della madre, la guerriera continuò: - Se Olimpia ha deciso
di rimanere al villaggio significa che per adesso è quello
il tipo di vita che vuole; proprio perché la amo, sono disposta
a concederle il tempo che le serve per riflettere… - la voce
di Xena era flebile e pacata.
- E se, invece, fosse rimasta per scappare dai suoi sentimenti? -
controbatté Irene, decisa a dare una scossa a quella sua figlia
così ostinatamente ottusa in certi campi: - Dopotutto, nonostante
quello che dici, sono convinta che anche tu sia scappata da lei perché
non riuscivi a sostenere il peso dei tuoi sentimenti! Solo che non
lo vuoi ammettere! -
Xena tacque per qualche istante, meditando su ciò che la madre
le aveva detto: - Ormai è troppo tardi… -, terminò
laconica.
- No Xena, non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto
a cui tieni… Guarda noi due! - Irene si alzò e corse
ad abbracciare la figlia.
Xena accolse l’abbraccio materno come una fanciulla bisognosa
di coccole e poggiò il mento sulla spalla della madre: - Io...
ho letto le sue pergamene… parlavano chiaro… -
- Quali pergamene? - chiese Irene, carezzandole i capelli proprio
come se la guerriera fosse una bambina. Quanto le era mancato il contatto
fisico con la figlia in tutti questi anni!
- Le pergamene dei resoconti delle nostre avventure, che lei ama tanto
scrivere… -
- E dunque? -
Xena si sciolse dall’abbraccio e si asciugò furtivamente
una lacrima: - Lei ha scritto che, all’inizio, è stata
bene con me: le piaceva la sua nuova vita piena di avventure. Ero
un punto di riferimento per lei. Poi… - s'interruppe, ricacciando
indietro il groppo che aveva alla gola: era o non era una forte guerriera,
in fin dei conti? - Poi tutto è mutato... Ha cominciata ad
avvertire l’esigenza di fermarsi stabilmente in un posto, di
stare a contatto con molta gente, perché la mia sola presenza
nella sua vita cominciava a starle stretta.. Di stare ad ascoltare
anche se stessa e i suoi bisogni, che le imponevano di farsi una famiglia
e una vita sedentaria… - terminò con un sospiro.
- Non puoi biasimarla per questo… -
-No, hai ragione… Ma per il fatto di avermi escluso dalla sua
vita, quasi come se fossi una minaccia per le sue esigenze, di questo
posso biasimarla eccome! - la tristezza della guerriera aveva ceduto
il posto alla collera. - Non mi ha detto nulla, ha deciso tutto da
sola pur sapendo di compiere una scelta importante. Sapeva di decidere
una cosa che avrebbe messo in gioco il nostro rapporto, che avrebbe
previsto una separazione o una rottura... Eppure non ha mai tenuto
in considerazione il mio punto di vista, anzi, ha fatto in modo che
gli eventi precipitassero ed io mi trovassi con le spalle al muro.
E’ stata scorretta nei miei riguardi perché io e lei
ci siamo sempre consultate, prima di decidere cose importanti…
-
- Ma... - l'interruppe Irene, - Ma se ti avesse chiesto di fermarti,
l’avresti accontentata? -
- No! - esclamò con tono secco Xena
- Vedi? - Irene afferrò per le spalle la figlia, - Devi ammettere
a te stessa che, sotto certi aspetti, lei ti conosce perfino meglio
di me! Come puoi pretendere, allora, che avesse potuto chiedere un
consiglio proprio a te, su qualcosa di cui eri contraria fin dall’inizio?
- l'incaponirsi testardo della figlia l'aveva fatta arrabbiare, -
Vedi, quando si ama bisogna essere disposti a donarsi completamente
alla persona amata, anche a costo di sacrificare la propria esistenza
ed i propri valori. Sta a te, se davvero credi di amarla come ora
stai dicendo, compiere la scelta! Se sai che per starle accanto devi
rinnegare la tua vita di avventure e mettere da parte la tua indole
vagabonda, e sei pronta a farlo, allora agisci! Ma fallo in fretta,
perché il tempo è poco e rischi di perderla… -
si arrestò un istante, sospirando - E ricorda che nulla ha
più valore di una vita spesa nell’amore, nella stima
e nella più completa dedizione alla persona che ami! -
Xena, che fino ad allora era rimasta in silenzio ad ascoltare, sorrise
amaramente: - Non è giusto: sono venuta a conoscenza dei suoi
stati d’animo solo attraverso una pergamena... E se non l’avessi
mai letta? Quando avrebbe avuto l’intenzione di parlarmi? -
si staccò dalla madre, con aria insofferente. Irene non poté
far altro che cercare una soluzione di fronte al dolore della figlia,
che sembrava non avere fine. - Comunque non mi ha mai dato ad intendere
che si trovasse così a disagio con me… Se lo avesse fatto,
tante cose sarebbero state diverse… -
- Ma ora lo sai e puoi ancora renderle diverse! - le disse accorata
Irene.
Xena, stanca della conversazione, che secondo la sua opinione, non
faceva altro che confonderle le idee, si voltò per lasciare
la stanza: - Sono stufa di questa lunga ed inutile conversazione…
E’ tardi: tra poco sorgerà il sole, andiamo a riposare
qualche ora prima di ricominciare la giornata! - e uscì dalla
cucina.
- Pensaci, Xena... - mentre era ormai già sulle scale per salire
in camera, il suo udito allenato percepì la frase sussurrata
dalla madre.
Appena richiusa la porta della camera dietro di lei, Xena si rilassò
poggiando mollemente le spalle alla parete e sospirò. Si diresse
stancamente verso il letto e cominciò a prepararsi per la notte.
Mentre si sfilava i calzari, il suo sguardo inavvertitamente cadde
sul braccialetto che la mattina prima si era infilata al polso. Carezzando
con la punta delle dita i nastri intrecciati prese a riflettere: “Talvolta
mi è insopportabile sostenere il peso delle tue decisioni,
Olimpia. Sei così presa dalla tua visione del mondo, così
impegnata a rincorrere le tue utopie ed i tuoi ideali, che non pensi
alle conseguenze che i tuoi comportamenti possono avere sugli altri…
Dovresti tenere più a freno l’ardore e la determinazione
che hai…” -
La guerriera si medicò rapidamente la ferita, ormai in via
di guarigione, poi sollevò i piedi sul letto, si avvolse in
una coperta e, voltatasi sul lato sinistro, si addormentò presa
dalla stanchezza.
ATTO 4
Passeggiava
per il bosco placidamente, con il suo cavallo, in cerca di un corso
d’acqua presso il quale abbeverarsi e di un riparo nel quale
aspettare che spiovesse. All'improvviso, la loro pausa fu turbata
da improvvisi e lontani schiamazzi. Drizzò le orecchie e poté
distinguere nitidamente urla e stridori metallici di spade che si
incrociavano: sicuramente oltre il bosco si stava svolgendo una battaglia.
Decise di andare a vedere di cosa si trattasse, ma fu subito raggiunta
da una donna vestita di pelle che le corse incontro barcollando ed
urlando scompostamente: - Aiuto, aiuto! - Appena la donna arrivò
vicino alla guerriera, cadde a terra riversa ed esanime mostrando
un pugnale conficcato nella schiena. Allarmata da ciò a cui
aveva appena assistito, decise di intervenire subito. In un gesto
di compassione nei riguardi della donna morta, si abbassò e
le chiuse gli occhi. Poi, ordinò al cavallo di rimanere nascosto
e, correndo, si avviò nella direzione dalla quale era sbucata
la guerriera, uscendo dal bosco e dirigendosi verso un prato.
Lo spettacolo che le si parò dinnanzi quando giunse a destinazione
le mozzò il fiato: una radura desolata, colpita dalla pioggia
battente che nel frattempo era cominciata a cadere, alcuni corpi senza
vita, riversi nelle pozze del loro stesso sangue, due figure alzate
che stavano energicamente combattendo fra di loro. Un brivido corse
lungo la schiena della donna che, faticosamente, cominciò a
farsi strada tra tutta quella morte; la sua attenzione fu richiamata
da una guerriera agonizzante, che le si aggrappò alle caviglie.
Impallidì quando, abbassandosi per prestarle soccorso, vide
che era Anfitea che, prima di soccombere, le indicò il combattimento
poco distante con un dito: - Ol…Olim.. pia! -.
Capì ogni cosa, ma si ritrovò paralizzata: qualcosa
le impediva qualsiasi sorta di movimento. Poté così
vedere gli ultimi istanti della lotta cruenta: l’uomo, alto
e robusto, lanciò un fendente con la sua spada, Olimpia lo
scansò, ma perse l’equilibrio cadendo in ginocchio e
perdendo il bastone con il quale stava lottando. La ragazza cercò
ancora di difendersi, afferrando una spada infilzata nel terreno,
ma il guerriero era così forte che la disarmò in un
attimo. Sbloccandosi dalla sua paralisi, ebbe l’idea di tirare
il chackram per soccorrere la sua amica. Fece correre la mano lungo
il fianco, ma non lo trovò appeso alla cintola: com'era possibile?
Non potendo fare altro, cominciò a correre verso i duellanti
con la spada sguainata. In poche frazioni di attimi il dramma si consumò
davanti ai suoi occhi: l’abilissimo guerriero roteò due
volte su se stesso, si arrestò un attimo, fece un passo all’indietro
e subito dopo uno scatto in avanti, tirando un fendente dritto al
cuore di Olimpia, centrandola in pieno.
- Nooo!!! - gli urlò contro, avvicinandosi. L’uomo, impaurito
e stremato, scappò via ed alla principessa guerriera non rimase
che abbracciare il corpo della sua Olimpia, imbrattato di sangue ed
esanime…
- Olimpia! - urlò
disperata Xena, ridestandosi di botto, con la fronte madida di sudore.
I suoi occhi si aprirono rivelando la semioscurità della stanza;
intuendo che era solo un sogno, Xena cercò di darsi un contegno:
- E’ stato solo un incubo… Per gli dei. - inghiottì
faticosamente per un paio di volte, - Un incubo... Olimpia sta bene…
-
La guerriera rimase seduta ancora per qualche istante, grattandosi
nervosamente il mento con il pollice e l’indice: chiaro sintomo
che qualcosa la stesse affliggendo. Cercò di scacciare dalla
sua testa i tanti, brutti pensieri che vi si annidavano, finché
non le venne un’idea: “E se fosse un sogno premonitore?”
Dopotutto, non era la prima volta che faceva un sogno che la avvertiva
di una situazione che sarebbe accaduta realmente. L’idea seppure
remota che un sogno potesse rivelarle il suo destino la tormentava,
le rendeva impossibile chiudere occhio: doveva trovare una soluzione
per avvisare la sua amica del pericolo che stava correndo. Già,
ma come?
Giunse all’unica conclusione possibile: - Devo ritornare da
Olimpia per parlarle, affrontarla faccia a faccia e dichiarale tutto
il mio amore e, nel caso in cui il sogno si rivelasse un presagio,
cercare in tutti i modi di non perderla. E' quanto di più prezioso
la vita abbia potuto concedermi e non voglio perdere questo privilegio!
- La sua espressione si distese notevolmente, il sonno si rimpossessò
di lei: chiuse gli occhi sorridendo, al pensiero che al più
presto avrebbe rivisto Olimpia: - Domani stesso mi metterò
in cammino! Aspettami amore sto venendo a riparare ai miei sbagli…
-
Gli uccellini
cinguettavano fuori dalla finestra della stanza. Xena, rapita dal
suono melodioso, si svegliò ristorata e pronta per rimettersi
in viaggio. La guerriera si mise seduta al centro del letto, si stiracchiò
alzando le braccia in alto, si scoprì, mettendo uno alla volta
i piedi a terra.
Si diresse subito verso la finestra, che aprì per permettere
ai tiepidi raggi del sole di entrare nella stanza e scaldarla un po’.
Lei stessa rimase qualche istante ad osservare il paesaggio affacciata
alla finestra, incantata da quella veduta: quando era tornata, non
si era accorta di quanto belli e rigogliosi fossero diventati gli
olivi dei poderi contigui, né di quanto profumato fosse l'alloro
al di sotto della sua finestra. Poco più in là, scorgeva
una piccola altura circondata da tassi e cipressi che fungeva da luogo
di sepoltura per tutti coloro che non avevano famiglia. Non poté
far a meno di sospirare: - Quanta pace e serenità è
capace di infondere un paesaggio del genere! Quanta prosperità
c’è nella vita rurale! Forse è questo che Olimpia
avrebbe sempre voluto per noi… Chissà… Forse, un
giorno, le proporrò di fermarci per un po’ qui ad Anfipoli…
-
Il suo personale idillio fu interrotto dalla madre che bussò
con gentilezza alla sua porta: - Xena, sei sveglia? - chiese Irene
da dietro l'uscio.
- Certo! Entra pure: la porta è aperta! - rispose cordialmente
Xena.
La donna spalancò la porta cigolante: - Accidenti come scricchiola!
Prima o poi dovrò decidermi a chiamare un bravo falegname per
farla sostituire! - Poi alzò lo sguardo e si trovò faccia
a faccia con la figlia, che nel frattempo aveva preso in mano la bisaccia
e raccattato dal tavolo tutti i suoi oggetti personali.
- Cosa stai facendo? - chiese incuriosita Irene, - Hai un istinto
così nomade che devi cambiare la disposizione della stanza
giorno per giorno per sentirti in un posto nuovo? - scherzò.
Xena distolse lo sguardo dalle sue faccende, la fissò negli
occhi e sorrise; poi divenne seria: - Cosa faccio? Semplice, quello
che avrei dovuto fare fin dall’inizio: vado a parlare con Olimpia!
- sfoderò un sorriso a trentadue denti.
- Per gli dei, Xena, cosa ti ha fatto cambiare idea, visto che ieri
sera eri irremovibile? - Irene era stupita dalla decisione presa in
così breve tempo dalla figlia.
- Prendimi pure per sciocca, ma stanotte ho fatto un sogno che mi
ha fatto cambiare idea! - chiosò Xena, visibilmente turbata,
perdendo tutta la gaiezza di poco prima.
- Deduco che non sia stato un sogno piacevole... - considerò
la madre
- Infatti. Ho sognato di perderla... Non potrei mai permettermi una
vita senza Olimpia... -
- Vedo che stai cominciando a capire quello che cercavo di dirti ieri
sera! - constatò Irene, soddisfatta per il cambio di rotta
di Xena.
- Sì, devo in gran parte a te la mia decisione…- dichiarò
la donna, interrompendosi un istante e gettando un’altra rapida
occhiata al panorama, - … Ma è stato anche questo paesaggio
che ha sortito un effetto rigenerante su di me... Sai, presa dal mio
mondo, dalle mie lotte e dai miei ideali avevo completamente dimenticato
la serenità che può dare la natura quando ti senti in
completa armonia con essa… La stessa serenità che provavo
quando, da piccola, mi affacciavo a questa finestra che domina la
vallata di Anfipoli e mi sentivo la persona più ricca del mondo
perché avevo tutto: una casa, una famiglia, un’infanzia
felice… E proprio come ho dimenticato, nel tempo, di essere
stata una bimba felice, la rabbia mi ha fatto dimenticare la serenità
che provo nell’avere ogni giorno Olimpia al mio fianco…
Dei, come ho potuto rinnegare le cose più importanti della
mia vita? -
Irene la guardò colma di compassione. Fece per parlare, ma
Xena l'interruppe: - Avevi ragione: “Quando si ama bisogna
essere disposti a donarsi completamente alla persona amata, anche
a costo di sacrificare la propria esistenza ed i propri valori”.
Sono consapevole che lei vorrebbe poter avere per un po’ una
vita sedentaria, senza troppi rischi e pericoli; vorrebbe potersi
dedicare alla scrittura, vorrebbe condurre una vita normale che fino
ad ora credevo di non poterle offrire. Ma, come tu stessa hai detto,
l’idea di rinunciare per un po’ alla mia vita di scorribande
è un sacrificio più che giusto da fare, se c’è
in ballo Olimpia. - il suo sguardo divenne serio, - Perché
nessuna vita, seppur avvincente, può equiparare un solo istante
della felicità che il mio bardo sa darmi... - aggiunse sotto
voce.
Irene rimase disarmata di fronte alla forza ed alla purezza del sentimento
che sua figlia provava nei riguardi della piccola Olimpia e, trattenendo
a fatica la commozione, si avvicinò a Xena, prendendole la
mano: - E’ incredibile quanto tu sia cambiata ultimamente, bambina
mia! Ai miei occhi sei di nuovo una fanciulla pura, sensibile ed innocente!
- le lacrime, senza freno, ormai, presero a scorrere libere sulle
sue gote. - La Xena dall’infanzia felice non è mai morta,
era solo andata via per un po’... - sorrise, - Poi è
sbucata fuori al momento giusto, quando ha capito di poter condividere
il suo cammino con quello di un’altra creatura meravigliosa
come lei! -
Xena non rispose, ma si lasciò avvolgere dalle braccia della
madre, che la strinsero e la cullarono a lungo.
- Non sei arrabbiata con me per la mia scelta? - le parole le sfuggirono
ancora prima che potesse pensare di fermarle.
Irene scostò un poco la figlia, per fissarla negli occhi: -
Arrabbiata... No. Sei la mia bambina, non posso tagliare i ponti con
te solo perché non hai scelto la strada che avrei desiderato
io. - le prese il viso tra le mani. - Hai la mia benedizione, Xena:
sei tornata da me, sei rinata grazie a lei: nel mio cuore c'è
posto anche per Olimpia, se è la compagna che ti sei scelta...
-
- Grazie... - fu tutto ciò che la guerriera riuscì a
dire, ancorandosi alla madre ed affondando il viso sulla sua spalla.
Dopo qualche istante di silenzio, Xena si sciolse dall’abbraccio
e riprese a sistemare la bisaccia: - Ora è meglio che prepari
la mia roba, altrimenti rischio di non arrivare più da lei...
-
- A quando la partenza, allora? -
- Avrei deciso di mettermi in cammino poco dopo lo zenit…Mi
spiace lasciarti sola, ma… -
- Non dirlo neppure! Sono tua madre e voglio innanzitutto la tua felicità.
Va', riportala indietro, falla vivere con te e, quando vi troverete
a passare da qui, sarete sempre le benvenute in casa mia!
Xena sorrise: - Toglimi una curiosità, cosa volevi prima, quando
hai bussato alla porta? -
- Oh, nulla di particolare, volevo solo vedere come stavi... Mi raccomando,
durante il viaggio sta attenta…- Irene si sedette sul letto,
osservando la figlia piegare le coperte e metterle nella bisaccia.
- Perché? - chiese incuriosita Xena.
- Pochi giorni fa, prima che tu arrivassi, è passato di qui
un tizio con un folto gruppo di guerrieri a suo seguito. Si sono fermati
alla taverna per consumare un veloce pasto, poi si sono rimessi in
viaggio… Magari mi sono sbagliata, ma è sempre meglio
essere cauti, non avevano l’aria di essere pacifici… -
lo sguardo della taverniera si era fatto estremamente preoccupato.
- Non temere! Sono pur sempre una guerriera, no? In fondo, anche se
sono cambiata, molti mi conoscono ancora come la “Distruttrice
di Nazioni”… - rispose Xena con una punta di amarezza.
- Sul serio: sta attenta, non giocare con il fuoco… Niente riesce
a togliermi dalla mente quelle lame lucide come specchi e l’elsa
di tutte le spade, tempestata di gemme preziose… -.
Xena lasciò cadere con un pesante tonfo la bisaccia e, quasi
come se avesse visto un fantasma, si rivolse alla madre: - Com’erano
le spade? -
Irene la guardò incerta, nello sforzo di ricordare: - Ricordo
bene: spade appuntite, affusolate, dalla lama lucida e dall’elsa
tempestata di gemme preziose… Perché? -
Senza fiatare Xena ripensò al sogno della notte appena trascorsa:
anche l’uomo che trafiggeva il cuore di Olimpia aveva una spada
dall’elsa tempestata di gemme preziose!
- Com’era il capo del drappello? L'hai visto? - chiese trepidante.
Smarrita a causa della situazione, Irene si chiese se, per caso, non
avesse detto qualcosa di sbagliato, per portare la figlia ad uno stato
tale di apprensione: - C’era folla, non ho potuto vederlo in
faccia, ma mi è sembrato alto. Aveva un abito rosso porpora
sotto una splendida armatura borchiata… -
Xena impallidì; anche Irene notò il suo repentino cambiamento
di colore: - Ti senti bene? Che cos’hai? -
La donna riprese fiato a fatica: - Ti sembrerà assurdo, ma
è simile all’uomo che ho visto in sogno… - tossì
un attimo, - Dov'erano diretti? -
Irene pensò qualche istante: - Mi sembra ad ovest… -
- Per gli Dei, madre, il villaggio amazzone è a ovest! -
- Calma Xena, non è per forza detto che andasse al villaggio!
- Irene cercò di rassicurare la figlia, alzandosi e poggiandole
una mano sulla spalla. - E poi, un sogno rimane pur sempre un sogno!
Tranquillizzati, Olimpia sta bene… -
- Forse hai ragione tu, ma non sono tranquilla... Quanti giorni fa
è venuto? - insistette Xena.
- Mmm… Tre, o forse quattro, non ricordo con precisione…
- si sforzò di ricordare la donna.
- Hanno quattro giorni di vantaggio su di me… - calcolò
Xena: la guerriera aveva già ripreso il posto della taverniera.
- Devo partire immediatamente per accorciare il vantaggio che ha su
di me…-
Senza preoccuparsi dell’ordine, Xena scaraventò tutto
nella bisaccia e corse a sellare Argo. La madre la seguì nelle
stalle e, quando fu pronta, le passò la bisaccia: - Sta attenta...
-
Xena annuì e salutò, ma fu trattenuta da Irene che le
porse un sacchetto di tela marrone, chiuso da uno spago di canapa.
- Che cos’è? - chiese incuriosita.
- Sono cento denari per te. - le disse sua madre pacatamente.
Xena sgranò gli occhi dallo stupore: - Non posso accettarli!
-
Irene sorrise: - Certo che devi! Sono tuoi di diritto perché
sono la metà della tua dote. Ho promesso a tuo padre che te
li avrei dati solo nel giorno in cui avresti conosciuto il vero amore.
Quel giorno è arrivato e io devo onorare la mia promessa! Custodiscili
con cura perché ad una persona che viaggia sempre, come te,
possono servire… - Irene strinse le mani della figlia nelle
proprie.
- Ti voglio bene… - le disse Xena, mentre spronava Argo ad allontanarsi.
- Anche io te ne voglio molto! - sua madre le sorrise teneramente:
- Quando hai chiarito con Olimpia, tornate insieme qui: ho il desiderio
di trascorrere un po’ di tempo con voi… Senza contare
che devo darti l’altra metà della tua dote! -
Xena sorrise a sua volta, mentre cominciava ad allontanarsi: - A presto!
- saluto, alzando la mano.
- Sta attenta per favore! - gridò Irene, sperando che riuscisse
a sentirla. - Sta attenta… - ripete più sommessamente,
rientrando in casa.
“Mi
manchi da morire Xena. Forse ho sbagliato a non seguirti perché
la mia vita ha senso solo se vivo mille avventure al tuo fianco…
Qui al villaggio è tutto così monotono, così
piatto… Fin troppo perfetto per i miei gusti… Invece con
te ogni giorno era una scoperta; ogni giorno c’era una nuova
avventura e qualcosa da imparare… Che stupida sono stata a volerti
fuori dalla mia vita! Non ho pensato che sei tu la mia vita: sei l’aria
che respiro, l’unica cosa capace di consolarmi anche nei momenti
più brutti… Se solo sapessi dove sei, ti verrei a cercare,
ti parlerei e ti direi tutte le cose che non ho mai avuto il coraggio
di dirti…” Olimpia rifletteva, impugnando uno stilo
che gocciolava inchiostro sulla pergamena che stava scrivendo, senza
per altro che la giovane, troppo distratta, se ne accorgesse.
- Regina Olimpia! - la voce di Anfitea fece sussultare Olimpia, ridestandola
dai suoi pensieri. Si risistemò la pesante corona, che nel
frattempo aveva tolto, sul capo e disse cordialmente: - Entra pure!
-
L’amazzone sollevò leggermente un lembo della tenda ed
incontrò con il suo lo sguardo di Olimpia. - Cosa c’è
? Mi sembri turbata… -
Anfitea farfugliò: - Non è nulla; è solo che…
-
- Parla, per gli dei! Cosa accade? - la incitò l'altra.
La donna fece un cenno di dissenso con il capo: - Non ti farà
piacere la notizia che sto per darti… -
- Ti decidi a parlare? - la spronò ulteriormente Olimpia.
L'amazzone si sedette su uno sgabello, prese fiato e cominciò
a raccontare: - Olimpia, due delle amazzoni in avanscoperta hanno
avvistato un plotone di uomini armati nei paraggi, così ho
mandato Artemia a spiarli… Aspetto un suo rapporto, ma credo
che non verrà a dirci nulla di buono... -
Nell’istante in cui Anfitea finì di parlare, l’amazzone
Artemia fece irruzione nella tenda della sovrana, visibilmente angosciata.
Olimpia notò la sua inquietudine e cercò di metterla
a proprio agio: - Quali notizie ci porti? -
- Regina, quegli uomini sono qui perché vogliono farci tutte
schiave! Il capo del plotone è un certo Cin… - parlò
Artemia senza giri di parole e molto sinteticamente.
- Cinno? - chiese allarmata la regina, terminando per lei il nome.
- Si… - sospirò rassegnata Artemia.
Anfitea fissò le due confusa, quasi come se si fosse persa
un passaggio, poi si rivolse ad Olimpia: - Vuoi spigarmi chi è
questo Cinno? Lo conosci? -
Il bardo cercò di riordinare le idee prima di risponderle,
perché sapeva che stava per dare all’amazzone una pessima
notizia, ma voleva farlo nel modo più delicato possibile.
- Si… Non personalmente, ma ho sentito che qualche volta Xena
ne parlava e lo dipingeva come uno dei più spietati mercanti
di schiave… Attacca tutti i villaggi della Tracia per prendere
in ostaggio le donne… Le più belle le tiene per sé,
le usa per un po’, poi le uccide; le altre vengono vendute come
schiave, prevalentemente in oriente, ed abbandonate alla crudeltà
ed alla ferocia dei sultani… Le sue vittime predilette sono…
-
- Le amazzoni… - terminò Artemia al posto di Olimpia
che, dal canto suo, non trovava più la forza di proseguire.
- Sì! - sussurrò la regina con malcelato panico.
- Olimpia cosa facciamo? - chiese preoccupata Anfitea.
La sovrana si sedette pesantemente sul trono, sospirando: - C’è
ben poco da fare… Prepariamoci a combattere… - abbassò
gli occhi, non essendo più in grado di sostenere lo sguardo
preoccupato delle altre due. Olimpia tentò di organizzare una
tattica di guerra, seppure del tutto rudimentale, ma era ancora molto
inesperta e non sapeva bene da dove cominciare, perciò cercò
di pensare a come Xena avrebbe agito in quella situazione.
- Ci serve un’amazzone veloce ed agile che vada in avanscoperta;
Artemia, te la senti di… -
- Certamente regina. Dammi il tempo di sistemare una questione personale
e parto subito! -
Sia Anfitea che Artemia uscirono dalla tenda, per attuare il piano
che la regina aveva suggerito; solo allora Olimpia poté lasciarsi
andare a tutto lo scoramento che l’aveva assalita a causa di
quella terribile notizia. - “ Come farò adesso?”
- pensò.
- Xena? Perché non sei qui? - disse al vuoto davanti a lei,
battendo un pugno sul tavolo, mentre una grossa lacrima scendeva a
rigarle il volto.
FINE PRIMA
PARTE
di
Dori e Bard and Warrior